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La partecipazione elettorale

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 68-72)

3. Milano: il derby tra i due manager nell’oasi del bipolarismo

4.2. La partecipazione elettorale

Ridotta all’essenziale, una subcultura politica territoriale può essere de- finita come «un sistema politico locale caratterizzato dal predominio di un partito, da una robusta organizzazione della società civile e da un’elevata ca- pacità di mediazione tra diversi interessi» (Ramella 2005, 26). In un formula ancora più sintetica, una subcultura radicata in un determinato territorio è il prodotto di due fattori e può essere espressa in questo modo: «predominio partitico + partecipazione politica (o senso civico) = stabilità istituzionale e continuità elettorale». Se e quando uno dei due fattori viene meno o perde di rilevanza, l’intera costruzione subculturale è destinata a crollare.

Per esaminare più nel dettaglio questi due aspetti, ci concentreremo in questo paragrafo sulla partecipazione elettorale e, in quelli successivi, sulla permanenza di una qualche forma di predominio partitico nelle quattro Re- gioni della «zona rossa». Iniziando dalla partecipazione, la premessa è che, in questa sede, ci soffermeremo esclusivamente sulla sua componente conven- zionale, manifesta o visibile, e cioè il voto, che è abitualmente considerato come la modalità più semplice e anche meno impegnativa di partecipazione politica (Raniolo 2007), in alcuni casi come l’esibizione di una identità (il

sentirsi parte di una comunità) o, in altre circostanze, come una scelta di

campo (il prendere parte tra diversi opzioni politiche).

In entrambe le varianti, l’elevata partecipazione elettorale è sempre stata il fiore all’occhiello della subcultura territoriale rossa, un elemento di vanto rispetto alle altre Regioni italiane (ed europee). L’alta propensione al voto nelle Regioni «rosse» è stata variamente interpretata come l’espressione di un diffuso senso civico (Putnam 1993) o il prodotto di un partito fortemente ra- dicato sul territorio e interessato a coltivare, in tutte le forme, numerosi episodi di partecipazione politica (Bagnasco 1977; Trigilia 1986). Tuttavia, a partire dalla fine degli anni ottanta incomincia a farsi strada anche in quelle Regioni dell’Italia centrale tradizionalmente più «partecipative» il fenomeno dell’astensionismo, prima in forma lieve e poi in «dosi» sempre più acute e massicce. Oggi, all’incirca a trent’anni di distanza, molti studiosi sostengono

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che la «zona rossa» sia ormai entrata in una fase di «normalizzazione», nel senso che la partecipazione elettorale registrata in queste Regioni ha sostan- zialmente raggiunto, soprattutto nelle «elezioni di second’ordine» (Reif e Sch- mitt 1980) quali sono quelle amministrative, i livelli delle altre macro-aree politicamente omogenee, dal Nord al Sud. Probabilmente, la manifestazione più eclatante di questa «discesa libera» verso l’astensionismo si è avuta du- rante le elezioni regionali in Emilia-Romagna nel 2014, quando l’affluenza si fermò al 37,7% dei voti (mentre nelle contestuali elezioni regionali calabresi si recò al voto il 44,1% degli aventi diritto).

Fig. 4.1. Percentuale di votanti alle elezioni comunali del 2016 nella «zona rossa» e confronto con le elezioni comunali precedenti (% su voti validi)

Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero dell’interno.

Se questa tendenza alla «normalizzazione» della partecipazione eletto- rale, vale a dire ad una riduzione – per alcuni fisiologica, per altri patologica – della propensione al voto nella «zona rossa» è effettivamente in atto, do- vremmo poterla individuare anche nel recente voto amministrativo. A tal fine, la figura 4.1 mette a confronto l’affluenza elettorale che si è registrata in tutti i comuni che sono andati al voto nel 2016 e nelle elezioni comunali immedia- tamente precedenti. Come si può notare, nelle Regioni «rosse» la partecipa- zione nel 2016 (65,2%) continua ad essere leggermente superiore rispetto alla

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media nazionale (61,9%). Tuttavia, se osserviamo lo scarto tra il dato nazio- nale e quello della «zona rossa», si nota che nel 2011 c’erano 5,8 punti per- centuali di differenza, mentre oggi si sono ridotti a 3,3. Quindi, da questo punto di vista il trend verso una «normalizzazione» (al ribasso) della parteci- pazione elettorale si conferma anche nelle elezioni amministrative del 2016, con un’affluenza all’interno della subcultura politica territoriale rossa sempre più simile a quello delle altre Regioni.

All’interno della stessa macro-area dell’Italia centrale notiamo però, al- cune differenze significative. In primo luogo, l’Umbria sembra essere la Re- gione dove il virus dell’astensionismo ha colpito meno duramente e la parte- cipazione si mantiene sopra al 70%. In secondo luogo, la diminuzione della partecipazione tra il 2011 e il 2016 è più marcata in Emilia-Romagna (–8,4 p.p.), Toscana (–7,4 p.p.) e Marche (–7,1 p.p.), mentre nel contesto umbro la riduzione si ferma a 3,5 punti percentuali.

Fig. 4.2. Percentuale di votanti alle elezioni comunali del 2016 (primo turno e ballot- taggio) nei comuni superiori ai 15.000 abitanti, per zona geopolitica

Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero dell’interno. Nota: Nord-ovest: Valle d’Aosta, Piemonte,

Liguria, Lombardia; Nord-est: Veneto, Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia-Giulia; Regioni «rosse»: Emi- lia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria; Centro: Lazio, Abruzzi, Sardegna; Sud: Molise, Campania, Basi- licata, Puglia, Calabria, Sicilia.

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Dunque, esistono differenze dentro la «zona rossa», sebbene non ecces- sivamente marcate, per quanto riguarda la partecipazione elettorale nelle ele- zioni amministrative. Ma un altro modo per indagare questi aspetti è quello riportato nella figura 4.2, che riporta i dati sull’affluenza per tutti quei comuni superiori ai 15.000 abitanti chiamati al voto nel 2016 e nel 2011. Come si può osservare, rispetto alla classica geografia della partecipazione elettorale1

(Tuorto 2006), ravvisabile soprattutto nelle elezioni di primo ordine, in queste elezioni amministrative l’affluenza è stata maggiore soprattutto nelle Regioni del Centro (Lazio, Abruzzi, Sardegna) e del Sud (Molise, Campania, Basili- cata, Puglia, Calabria, Sicilia), mentre nelle altre tre aree geo-politiche non ha superato in media il 70%. Quindi, almeno a livello di elezioni amministrative, non solo assistiamo a una «normalizzazione» della partecipazione elettorale, ma le zone (del Centro-sud) solitamente descritte come poco partecipative o dotate di scarso senso civico hanno superato quelle del Nord.

Inoltre, la tesi della sostanziale omogeneizzazione della partecipazione elettorale in Italia trova ulteriore conferma quando si prende in esame il se- condo turno di votazione: in questo caso, con minime differenze, l’affluenza tra le cinque aree geo-politiche si attesta tra il 51 e il 55%, con un calo più consistente soprattutto al Sud (-16,7 p.p.). Non entriamo ora nella spiegazione di questi diversi livelli partecipativi, perché sono temi già affrontati in profon- dità nel Cap. 14 di questo volume. Ci limitiamo, però, a segnalare due aspetti. Primo: da un punto di vista della partecipazione elettorale, ormai non esistono più differenze di rilievo tra le cinque aree geo-politiche che, almeno fino a una ventina di anni fa, servivano a spiegare le diverse (maggiori e minori) propen- sioni al voto dei cittadini italiani. Oggi, ciò che emerge nitidamente è la so- stanziale omogeneità partecipativa tra le Regioni.

Secondo: dentro un distribuzione piuttosto uniforme della partecipazione elettorale lungo tutto il territorio italiano, si nascondono ancora differenti mo- tivazioni od orientamenti che spingono i cittadini alla urne. Detto altrimenti, le strade che conducono a un simile livello di astensionismo sono molteplici, e possono andare da un indebolimento del «voto di scambio» (soprattutto al Sud e in vista dei ballottaggi) a uno «scongelamento» (Ramella 2005) del «voto di appartenenza» (Parisi e Pasquino 1977). Quando non esistono più «grandi storie» all’interno delle quali identificarsi (Valbruzzi 2015) o le «ri- sorse» messe al centro dello scambio elettorale vanno riducendosi, è probabile che l’astensionismo trovi terreno fertile su cui crescere. Certo è che, di fronte

1 Seguendo una tradizione di ricerca sviluppata all’interno dell’Istituto Cattaneo, la divi-

sione dell’Italia in zone geopolitiche è la seguente: Nord-ovest (Valle d’Aosta, Piemonte, Li- guria, Lombardia), Nord-est (Veneto, Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia-Giulia), «zona rossa» (Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria), Centro (Lazio, Abruzzi, Sardegna), Sud (Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia). Questa è la divisione utilizzata nelle analisi del capitolo.

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ai risultati di queste amministrative, emerge nitidamente un’Italia senza «co- lore», o incolore, dove le differenze di appartenenza politica che prima servi- vano anche a spiegare i diversi livelli di partecipazione elettorale oggi spie- gano poco o nulla.

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 68-72)