5. Bologna: eppur si muove! La contendibilità sbarca sotto le Due Torr
5.6. I risultati del voto
A urne chiuse, quello che maggiormente interessa partiti e opinionisti è il conteggio dei voti, soprattutto di quelli guadagnati o persi. Sono pochi quelli che si interessano del non-voto, cioè del comportamento di quei cittadini che, per una varietà di ragioni, hanno deciso di rimanere a casa per non (farsi) con- tare. Tuttavia, la partecipazione elettorale è il dato più importante per capire e provare a stimare in che misura la disaffezione politica ha colpito i cittadini, in particolare nel rapporto che li lega ai loro rappresentanti nelle istituzioni. In
7 Ulteriori dettagli sui risultati delle primarie di Coalizione civica si trovano qui: http://www.coalizionecivica.it/risultati-consultazioni-civiche/ (ultimo accesso: 17 luglio 2016).
93
questa prospettiva, il caso di Bologna è particolarmente rilevante per due ra- gioni. La prima è legata al ruolo della città felsinea come «capitale» della co- siddetta zona rossa, capace di riassumere in sé tutte le principali caratteristiche della subcultura politica territoriale tipica delle regioni saldamente controllate dai partiti di sinistra, e cioè una diffusa, frequente, stabile partecipazione alle attività politico-associative. Il voto è sempre stato l’espressione suprema di questo robusto sentimento civico, la punta di un iceberg che aveva solide ra- dici nel ricco capitale sociale che caratterizza(va) la regioni dell’Italia centrale (Putnam 1993; Cartocci 2007; Vassallo 2013).
La seconda ragione rimanda, invece, ai risultati delle elezioni regionali del 2014, quando in tutta l’Emilia-Romagna si recarono ai seggi meno di quat- tro elettori su dieci e a Bologna l’affluenza si fermò al 39,7%. Un dato preoc- cupante in una regione tradizionalmente molto partecipativa e che indicava, forse per la prima volta, il venir meno di uno degli elementi portanti della subcultura politica di sinistra: la disponibilità al voto, la volontà di prendere parte al gioco democratico per eccellenza.
Fig. 5.1. Partecipazione elettorale nel comune di Bologna dal 1994 al 2016 (% di votanti su elettori)
Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero dell’Interno.
94,2 91,61 88,65 89,51 86,91 80,63 87,25 77,74 76,04 67,4 39,74 81,31 78,91 83,59 77,45 65,1 87,08 78,85 81,81 76,39 71,41 59,72 30 40 50 60 70 80 90 100 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 20 09 20 10 20 11 20 12 20 13 20 14 20 15 20 16
94
Come mostra la figura 5.1, il dato delle ultime regionali a Bologna è il più basso mai registrato in città dal 1994, con un calo di quasi 30 punti per- centuali rispetto alle votazioni precedenti. All’interno di questo scenario e di fronte a un crollo così netto della partecipazione elettorale, le elezioni comu- nali del 2016 lasciavano poco spazio alle speranze. Il massimo che ci si poteva aspettare era un crollo meno marcato in confronto a quello osservato nel 2014 per l’elezione del presidente della Regione. E così effettivamente è stato. Ri- spetto alle amministrative del 2011, quando si recarono ai seggi oltre 21.000 persone (pari al 71,4%), la partecipazione nel 2016 è calata di quasi 12 punti percentuali, attestandosi al 59,7%. Un calo superiore sia a quello osservato in tutti i comuni andati al voto in Italia in questa tornata elettorale (-5,5 p.p.) sia in confronto con quello dei soli comuni emiliano-romagnoli (-8,4 p.p.). Peral- tro, il dato di Bologna del 2016 è il più basso nell’intera storia della città e segnala – ma in realtà accelera – un trend discendente che era già cominciato a partire dalla metà degli anni duemila, quando la partecipazione elettorale superava ancora l’80%.
Fatta questa necessaria premessa, possiamo passare ad analizzare gli esiti del voto per capire quali partiti hanno perso o preso voti rispetto alle votazioni precedenti. Le tabelle 5.1 e 5.2 ci permettono di fare questo confronto. Il primo dato da evidenziare, probabilmente il più importante, è che la coalizione di centrosinistra guidata dal sindaco uscente Merola non è riuscita a vincere già al primo turno. Nel 2011 Merola ottenne il 50,5% dei voti, diventando così sindaco senza dover ricorrere al ballottaggio. Invece, nel 2016 il centrosinistra non ha superato neppure il 40% dei voti, perdendo esattamente 11 punti per- centuali di consenso.
Il secondo dato rilevante è la distribuzione del voto tra i partiti che si sono sottoposti al giudizio degli elettori. Se nel 2011 (così come nelle elezioni pre- cedenti) la struttura della competizione inter-partitica, per quanto in modo «imperfetto», era bipolare, tra un polo di centrosinistra e uno di centrodestra, le elezioni del 2016 certificano anche a livello comunale quello che si era già palesato a livello nazionale nel 2013, ossia l’avvento del tripolarismo. Cinque anni fa, i due principali contendenti raccoglievano assieme quasi l’81% dei voti, mentre oggi i tre candidati più votati (Merola, Borgonzoni e Bugani) controllano complessivamente il 78,4% dei consensi. Questo significa, da un lato, che lo «schema di gioco» è ormai diventato tripolare anche a livello mu- nicipale e che, dall’altro lato, è aumentata la frammentazione politica e la forza dei candidati «altri» o relativamente minori.
In terzo luogo, va sottolineato il dato del M5s che, nel giro di un quin- quennio, passa dal 9,5% dei voti al 16,6%, facendo registrare un incremento significativo dei consensi che in buon parte serve a spiegare il nuovo formato tripolare della competizione interpartitica bolognese. Ciò nonostante, il risul- tato del M5s a Bologna ha una natura double-face: è positivo se confrontato
95
in chiava diacronica rispetto alle comunali del 2011, ma assume tutta un’altra luce se il paragone avviene sincronicamente con i risultati delle candidate pen- tastellate nelle altre grandi città al voto nel 2016, a partire da Torino e Roma. In quest’ultimo caso, l’esito del voto per Bugani, leader del M5s sotto le Due Torri, appare piuttosto deludente, anche perché – data la natura «pigliatutti» del partito di Grillo – un suo eventuale accesso al ballottaggio avrebbe potuto significare un successo nel secondo turno.
Tab. 5.1. Risultati delle elezioni comunali (primo turno) a Bologna del 2011 e 2016 (voti assoluti e percentuali, ai candidati e alle liste)
2011 2016
Candidato/lista voti % Candidato/lista voti %
V. Merola 106.070 50,5 V. Merola 68.772 39,5
Pd 72.335 38,3 Pd 60.066 35,5
Per Amelia con Vendola 19.358 10,2 Città comune per Amelia 4.917 2,9
Idv 6.983 3,7 Bologna viva 1.416 0,8
Rif. comunista 2.766 1,5 Cittadini per Bologna 1.325 0,8
Socialisti riformisti 1.118 0,6 Bologna metropolitana 487 0,23
Tot. coalizione 102.560 54,3 Tot. coalizione 70.785 41,8
M. Bernardini 63.799 30,4 L. Borgonzoni 38.807 22,3
Pdl 31.374 16,6 Forza Italia 10.614 6,3
Lega nord 20.268 10,7 Lega nord 17.376 10,3
Uniti si vince 4.176 2,5
Fratelli d’Italia 4.073 2,4
Riprendiamoci Bologna 1.025 0,6
Tot. coalizione 51.642 27,3 Tot. coalizione 37.264 22,9
M. Bugani 19.969 9,5 M. Bugani 28.889 16,6
M5s 17.778 9,4 M5s 28.115 16,6
S. Aldrovandi 10.679 5,1 M. Bernardini 18.188 10,4
Aldrovandi sindaco 8.961 4,7 Insieme Bologna 16.844 9,9
F. Martelloni 12.188 7,0
Coalizione civica 16.844 9,9
Altri candidati 9.668 4,6 Altri candidati 7.343 4,2
Altre liste 8.043 4,3 Altre liste 6.958 4,1
Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero dell’Interno.
Per ciò che riguarda il Pd, il risultato del voto del 5 giugno segna il dato più basso mai ottenuto dal partito (compresi i suoi precessori: Pci-Pds- Ds+Margherita) nelle elezioni amministrative bolognesi dal dopoguerra ad oggi (vedi figura 5.2). L’apice del successo si registra nel 1975, quando il Pci sfiora quasi la soglia del 50%. Ma dal 1990 in avanti, con le uniche eccezioni delle elezioni comunali nel 1995 e nel 2004, il Pd o suoi predecessori non hanno mai superato il 40%, toccando il punto più basso proprio nel 2016, con
96
il 35,5% dei voti. Anche in questa chiave, cioè con una contrazione dei con- sensi al partito maggiore della coalizione di centrosinistra, si spiega lo scarso risultato ottenuto da Merola al primo turno.
Fig. 5.2. Voti al Pci, Pds, Ds+Margherita o Pd nelle elezioni comunali di Bologna (% su voti validi)
Fonte: Baldini, Corbetta e Vassallo (2000) per i dati fino al 1990; nostro aggiornamento per le annate
successive. Nota: sono stato conteggiati i voti al Pci dal 1946 al 1990, al Pds/Ds+I Democratici dal 1995 al 1999, ai Ds+La Margherita nel 2004 e al Pd dal 2009.
Tab. 5.2. Confronto tra i voti delle diverse aree politiche nelle elezioni comunali di Bologna 2011 e 2016 (variazioni percentuali e differenza in punti percentuali)
2016 Diff. 2016-2011
v.a. % v.a. % var % var.
p.p. Sinistra
{
12.188 7,0}
-23,7 -4,0 Cen-sin. 106.070 50,5 68.772 39,5 Centro 17.121 8,1 18.188 10,4 +5,9 +2,3 Cen-des. 63.799 30,4 38.807 22,3 -39,2 -8,1 M5s 19.969 9,5 28.889 16,6 +30,9 +7,1 Altri 3.226 1,5 7.343 4,2 +56,1 +2,7 Astenuti 86.300 28,6 121.261 40,4 +28,8 +11,8Nota: la Sinistra include i voti a Martelloni nel 2016; il Centrosinistra si riferisce agli elettori di Merola; il
Centro include i voti di Aldrovandi e Corticelli nel 2011 e di Bernardini nel 2016; il Centrodestra tiene conto dei voti a Cazzola nel 2011 e a Borgonzoni nel 2016.
38,340,4 45,2 45,6 44,8 42,5 49 46,1 44,5 38,7 45 36,8 43,4 39,9 38,3 35,5 20 25 30 35 40 45 50 55 1946195119561960196419701975198019851990199519992004200920112016
97
L’analisi delle votazioni amministrative a Bologna sarebbe però parziale se non includessimo quello che è stato il «secondo tempo», ovvero il turno di ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il numero maggiore di voti il 5 giugno: Virginio Merola e Lucia Borgonzoni. Da questo punto di vista, la storia dei ballottaggi precedenti a Bologna non era particolarmente istruttiva. In due casi, nel 1999 e nel 2009, si era reso necessario un secondo round di votazioni: il primo caso comportò la «sconfitta inattesa» della candidata di centrosinistra (Silvia Bartolini) e la vittoria di un civico come Giorgio Guaz- zaloca, mentre nel secondo caso Flavio Delbono, candidato del centrosinistra, affrontò vittoriosamente l’imprenditore a capo dello schieramento di centro- destra, Alfredo Cazzola.
Nel 2016 il ballottaggio avveniva tra due esponenti di partito, in uno schema classico di competizione tra il centrosinistra (non unitario, vista la componente di Coalizione civica esterna alla coalizione) e il centrodestra a traino leghista. Le previsioni della vigilia davano in vantaggio Merola, ma l’unica, vera incognita era rappresentata dall’elettorato del M5s che nel caso bolognese avrebbe potuto svolgere il ruolo di ago della bilancia, spostando la vittoria da una parte o dall’altra. Come riporta la tabella 5.3, la rimonta di Borgonzoni non è riuscita, nonostante abbia mostrato una capacità di allargare il proprio elettorato di partenza (+30.853) nettamente superiore a quella mo- strata da Merola (+15.185). La vittoria del candidato di centrosinistra è deri- vata in buona parte dal vantaggio accumulato già al primo turno, il che gli ha permesso di vincere al ballottaggio nonostante la sua ridotta forza di espan- sione elettorale. Alla fine Merola si è imposto su Borgonzoni con un distacco di circa 9 punti percentuali: un dato molto inferiore rispetto a quello del 2009, quando Delbono al ballottaggio staccò Cazzola di oltre 21 punti percentuali.
Tab. 5.3. Risultati del secondo turno delle elezioni comunali a Bologna (2016) e con- fronto col primo turno
% su voti validi % su elettori II – I turno
Merola 83.907 54,6 27,9 +15.185
Borgonzoni 69.660 45,4 23,2 +30.853
Voti validi 153.567 100,0 -20.689
Schede bianche 2.108 +262
Voti nulli 4.143 +989
Voti non espressia 14.7019 48,9 +20.689
Totale votanti 159.818 53,2 -19.507
Totale elettori 300.586 100,0
98
Inoltre, il secondo turno a Bologna mostra anche la crescita di quel gruppo variegato di cittadini che non si recano ai seggi oppure «vanno in bianco», non scegliendo per nessun candidato o annullando la propria scheda. Al ballottaggio la quota di voti non espressi è stata pari al 48,6% e ciò significa che il vincitore delle elezioni è stato scelto da una minoranza di elettori che, nel caso di Merola, equivale al 27,9% (contro il 23,2% di Borgonzoni). Nell’insieme, tutti questi dati segnalano l’avvento di una nuova fase politica a Bologna, che possiamo definire come «era della contendibilità»: nessuna (ren- dita di) posizione può essere più data per scontata. L’elettore è diventato mo- bile e volatile, cioè disponibile a cambiare le proprie, magari anche radicate, preferenze elettorali. Ma quanto movimento ci sia stato in questa tornata di elezioni amministrative lo vedremo più nel dettaglio nel prossimo paragrafo. 5.7. I flussi elettorali a Bologna
Uno degli interrogativi più pressanti che qualsiasi politico e studioso si pone appena chiuse le urne è quello relativo agli interscambi di voto fra i par- titi: da dove vengono i voti dei partiti «vincenti» o dove sono finiti quelli dei partiti «perdenti»? Per rispondere a questo interrogativo, l’analisi si è concen- trata sullo studio dei flussi elettorali avvenuti a Bologna tra le elezioni comu- nali del 2016 e le più recenti votazioni politiche, quelle del 2013. I risultati dell’analisi per la determinazione dei movimenti di voto intercorsi tra i partiti sono inclusi nella tabella 5.4, che include tutti i flussi superiori allo 0,5%8.
Diversi sono gli elementi di interesse. Il primo riguarda la quantità com- plessiva di elettori che hanno cambiato partito fra le due elezioni: in totale, gli elettori bolognesi che si sono messi «in movimento» sono stati il 43,8% sul totale. Il dato è elevato, ma non sorprendente. Infatti, quando si confrontano elezioni di diverso tipo, per di più in una fase politica caratterizzata da elevata mobilità/instabilità, bisogna sempre mettere in conto una sovrastima degli in- terscambi elettorali. Quindi, gli elettori bolognesi che nel 2016 hanno scelto un candidato appoggiato da un partito diverso tra quelli votati nelle elezioni politiche del 2013 sono stati quattro su dieci. Ciò rivela una spiccata disponi- bilità degli elettori a cambiare le proprie scelte politiche, anche a distanza di pochi anni e, soprattutto, in relazione ai diversi contesti nei quali si è chiamati a esprimere il voto.
8 La tecnica utilizzata per stimare i flussi elettorali è il cosiddetto «modello di Goodman»
(Goodman 1953), che consiste nella stima statistica degli spostamenti di voto a partire da dati aggregati su base territoriale, cioè i risultati ufficiali delle sezioni elettorali della città. Per ulte- riori approfondimenti, si veda Schadee e Corbetta (1984).
99
Tab. 5.4. Flussi elettorali a Bologna tra elezioni politiche del 2013 e primo turno delle elezioni comunali 2016 (percentuali sul totale degli elettori))
M5s Sin. Pd Monti Pdl Ln FdI Altri Non-voto Tot
Merola 20,5 1,4 22,9 Borgonz. 2,1 2,1 1,1 5,7 1,0 0,6 12,9 Bugani 5,8 3,6 9,6 Bernard. 1,3 1,7 1,5 0,7 6,0 Martell. 3,0 0,5 4,1 Altri 1,5 2,4 Non-voto 5,9 3,4 2,8 3,4 4,2 1,3 21,1 42,1 Totale 15,1 6,9 32,1 8,1 11,7 1,5 1,1 2,3 21,2 100,0 Fonte: nostre elaborazioni su dati tratti dal sito del comune di Bologna. Note: Sono indicati solo i flussi
superiori allo 0,5% dell’intero elettorato. Monti comprende Scelta civica, Fli e Udc. Pd comprende anche Centro democratico. Pdl comprende anche gli altri partiti della coalizione di centrodestra tranne Ln e FdI. Sinistra comprende Sel e Rivoluzione civile. Il «non-voto» comprende, oltre agli astenuti, anche le schede bianche e nulle. Stime statistiche (Vr = 7,7).
Passando poi ad osservare la composizione dell’elettorato dei cinque principali candidati, si nota che Merola riesce a fare il pieno dei suoi consensi soprattutto tra quegli elettori bolognesi che nel 2013 avevano votato per il Pd (pari al 20,5% dell’intero elettorato). Un flusso minore (1,4%) gli arriva in- vece dagli elettori di Scelta civica nelle elezioni politiche. Se Merola mostra un elettorato poco diversificato, Borgonzoni all’opposto si dimostra capace di intercettare consensi da più parti(ti) e direzioni. Naturalmente, il flusso più significativo (5,7% dell’intero elettorato) è quello che arriva dagli elettori del Pdl, ma ce ne sono altri due egualmente rilevanti: uno che arriva dal M5s (2,1%) e l’altro dal Pd (2,1%). A questi flussi verso Borgonzoni se ne aggiun- gono altri minori dagli elettori di Scelta civica (1,1% sul totale dell’elettorato), della Lega nord (1%) e dei Fratelli d’Italia (0,6%).
Il candidato del M5s, Massimo Bugani, ha invece un elettorato composto essenzialmente da due tipi di elettori: da un lato, e prevedibilmente, quelli che nel 2013 avevano già votato per il partito di Grillo (5,8%) e, dall’altro, da sostenitori, probabilmente delusi, del Pd che nel voto amministrativo hanno optato per il candidato pentastellato.
Analizzando i flussi elettorali verso Manes Bernardini, si osserva la pro- venienza piuttosto diversificata dei suoi consensi. Infatti, il candidato «quasi» civico riesce a «pescare» voti sia tra gli elettori del Pd nel 2013 (1,7% sull’elet- torato totale) sia tra quelli di Scelta civica (1,5%), M5s (1,3%) e Pdl (0,7%). Al contrario, il bacino elettorale di Martelloni è molto più omogeneo: il 3% degli elettori bolognesi aveva votato Sel nel 2013 e ha sostenuto il candidato di Coalizione civica nel 2013 (il quale riceve anche una piccola quota di con- sensi provenienti dal Pdl).
100
Un altro dato di assoluto rilievo è quello riferito agli astenuti che, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, sono cresciuti sensibilmente in questa tornata elettorale. Ma quali elettori hanno maggiormente contribuito alla cre- scita del non voto? L’analisi dei flussi indica che, al di là di coloro che già si erano astenuti nel 2013, la forza politica che più delle altre contribuisce ad allargare la platea del non voto è quella del M5s. Per la precisione, il 5,9% degli elettori che alle politiche aveva votato la lista di Beppe Grillo ha scelto di non scegliere nella consultazione amministrativa. In pratica, quasi il 40% degli elettori pentastellati del 2013 ha preferito astenersi nelle elezioni comu- nali. Questo dato ha almeno due implicazioni. La prima è che, probabilmente, la candidatura del M5s non è stata reputata all’altezza della sfida municipale dagli stessi elettori del movimento grillino. La seconda, più positiva per il M5s, è che esiste una sorta di «capitale dormiente» all’interno dell’elettorato pentastellato che può essere utilmente risvegliato in altre occasioni elettorali, a partire da quelle di rango nazionale.
Per ultimo, a dispetto di molti commenti che si sono letti o ascoltati all’in- domani delle elezioni, è importante notare che gli elettori delusi del Pd hanno preferito spostarsi verso altre forze politiche, a cominciare dal M5s, piuttosto che finire nell’universo del non voto. Un dato che rafforza ancora di più l’im- magine di un «voto di appartenenza» (Parisi e Pasquino 1977) sempre più li- mitato e in costante contrazione.