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Le sfide aperte dopo le elezioni del

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 177-180)

9. Napoli: la riconferma del sindaco di lotta e di governo

9.2. Le sfide aperte dopo le elezioni del

In primo luogo, le elezioni comunali di Napoli si proponevano come un banco di prova per gli schieramenti e i partiti a livello locale. Anzitutto per il Pd, che nel 2015 si era reinsediato al vertice della Regione anche grazie alla risalita dei livelli di consenso nella città capoluogo e doveva mostrare di

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essere riuscito a mettersi definitivamente alle spalle la cocente sconfitta alle precedenti elezioni comunali. In secondo luogo, per il centrodestra e FI, che dopo aver perso la presidenza della Regione avevano l’opportunità attraverso le elezioni comunali di riproporsi come protagonista nella vicenda politica locale, potendo contare ancora su un potenziale consistente patrimonio elettorale in città. Infine, per il M5s, che aveva l’obiettivo di confermare nella competizione locale il ruolo di attore politico centrale acquisito a livello nazionale.

Inoltre, anche a Napoli, come in altre città, le elezioni comunali erano l’occasione per analizzare l’evoluzione della crisi dei vecchi soggetti che avevano strutturato la competizione elettorale negli ultimi decenni e valutare l’efficacia dei loro tentativi di adeguamento alle mutate condizioni politiche nazionali. Per altro, le elezioni comunali consentivano di osservare il processo di insediamento locale dei nuovi soggetti che si proponevano sulla scena politica e di esaminare le modalità con cui essi definiscono le loro articolazioni territoriali nelle competizioni subnazionali.

Soprattutto, l’aspetto specifico delle elezioni a Napoli riguardava senz’altro la partecipazione alla contesa del sindaco uscente, Luigi De Magistris, che non era collegabile a nessuno dei principali partiti sulla scena politica italiana. In tempi di antipolitica questa condizione rappresentava un indubbio vantaggio competitivo e, infatti, De Magistris era considerato il candidato accreditato delle maggiori chances di vittoria. Tuttavia, l’estraneità rispetto ai partiti aveva delle controindicazioni. Un candidato alla carica di sindaco in una grande città non può fare leva solo sul suo appeal personale, ma, per sviluppare una campagna elettorale efficace, deve dotarsi di una struttura organizzativa e disporre di risorse economiche ed umane.

In verità, era già accaduto nel 2011 che De Magistris riuscisse a prevalere contro i candidati dei principali partiti e schieramenti. Ma quella elezione avrebbe potuto essere considerata una sorta di accidente maturato in condizioni straordinarie e forse irripetibili. Nel 2011 Luigi De Magistris, appena uscito dalla Magistratura ed esponente di un piccolo partito, l’Italia dei valori (Idv), non era accreditato di concrete possibilità di vittoria, sebbene avesse da tempo lanciato la sfida sia al centrodestra che al centrosinistra «ufficiale». Il suo successo era stato agevolato dalle vicende nazionali e locali che in prossimità delle elezioni avevano indebolito i principali competitori.

Da una parte, le lacerazioni del Popolo della libertà (Pdl) avevano provocato la nascita di Futuro e libertà (Fli) che a Napoli aveva ricevuto l’adesione di importanti esponenti di Alleanza nazionale, tra i quali Italo Bocchino. Il centrodestra, che aveva insediato Stefano Caldoro al vertice della Regione Campania anche grazie all’accordo con l’Unione di centro (Udc), alle elezioni di Napoli aveva perso l’appoggio del partito di Casini

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che aveva candidato Raimondo Pasquino, rettore dell’Università di Salerno, alla guida di una coalizione della quale facevano parte anche Fli e altre formazioni centriste.

Dall’altra parte, la fortuna del centrosinistra in Campania, e a Napoli in particolare, sono state a lungo legate, nel bene e nel male, alla parabola politica di Antonio Bassolino (Brancaccio 2002; Amaturo 2003; Musella 2010). Il predominio elettorale e politico del centrosinistra a Napoli, che era iniziato proprio con le sindacature di Bassolino ed era proseguito con quelle di Rosa Russo Iervolino, sembrava avviato ad esaurirsi dopo l’uscita di scena dell’ex governatore della Regione. Del resto, alla vigilia delle elezioni del 2011 la celebrazione delle primarie aveva reso eclatante e plateale la crisi del centrosinistra. La vicenda è nota avendo occupato a lungo le cronache politiche dei principali quotidiani. Il Pd e suoi alleati, ad eccezione di Idv e Rifondazione, avevano deciso di individuare il candidato sindaco attraverso le primarie. L’esito di quella consultazione era stato favorevole ad Andrea Cozzolino, eurodeputato ed ex assessore della giunta regionale presieduta da Bassolino. Quel risultato non era stato convalidato a seguito delle accuse di brogli lanciate dai candidati sconfitti e soprattutto da Umberto Ranieri.

Le polemiche si erano trascinate per lungo tempo indebolendo e incrinando ulteriormente l’immagine e l’appeal del Pd, che successivamente si era impegnato alla disperata ricerca di un candidato autorevole e al di sopra delle parti. Alla fine la scelta era caduta sul prefetto Mario Morcone, il quale – malgrado una carriera esemplare nell’amministrazione dello Stato e prestigiosi incarichi tra i quali quello di direttore dell’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – era poco noto in città e aveva uno scarso seguito elettorale come del resto avrebbero mostrato i successivi risultati elettorali.

De Magistris era riuscito ad accedere al secondo turno di votazione scalzando proprio Morcone. Al ballottaggio, poi, aveva battuto Gianni Lettieri, candidato del centrodestra, il quale non era stato capace di convincere i candidati della coalizione centrista e neppure, verosimilmente, la gran parte dei loro elettori. Al secondo turno De Magistris aveva raddoppiato i consensi, ma non si era apparentato con altre liste di modo da poter contare in Consiglio comunale su una maggioranza piuttosto omogenea1. Nel corso di quella campagna De Magistris aveva tuonato

contro la casta politica corrotta rivolgendo i propri strali in eguale misura verso il centrodestra, il Pdl in particolare, e verso il centrosinistra e in modo specifico verso il Pd. Inoltre, aveva posto al centro della propria

1 Tre delle quattro liste che lo avevano appoggiato avevano eletto 29 consiglieri

comunali (Idv 15, Napoli è tua 8 e Prc-Pdci 6); le due liste che facevano riferimento direttamente a De Magistris disponevano dunque di 23 dei 45 seggi in Consiglio.

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comunicazione il tema dell’onestà e della corretta amministrazione. In qualche misura De Magistris aveva anticipato sul piano locale la retorica e i temi che sarebbero diventati i cavalli di battaglia del M5s (Passarelli, Tronconi e Tuorto 2013)2.

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 177-180)