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Il consolidamento del Movimento 5 stelle e il basso potenziale coali zionale del Pd

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 123-126)

6. Il voto in Toscana: un’eredità contesa o dilapidata?

6.6. Il consolidamento del Movimento 5 stelle e il basso potenziale coali zionale del Pd

In Toscana, il M5s non conquista alcun comune, né giunge al ballottag- gio. Si sbaglierebbe, tuttavia, a considerare questo dato come una conferma della tesi, che alcuni commentatori hanno avanzato nel dopo-elezioni, secondo cui Roma e Torino sarebbero delle eccezioni, in un quadro segnato da risultati generalmente modesti. Almeno in Toscana, non è così: se guardiamo la tabella 6.4, in cui sono riportate le percentuali di voto raccolte dal M5s nei comuni in cui era presente, il dato che risalta è un altro: un diffuso processo di consoli- damento ed estensione della presenza del M5s. Il M5s concorre in 12 comuni su 26, con percentuali sempre cospicue, ed è assente solo nei comuni più pic- coli. Nelle precedenti elezioni amministrative era presente solo in tre comuni, e con percentuali modeste, intorno al 5%.

Tab. 6.4. Percentuali di voti validi ottenute dal M5s e dal Pd nei comuni toscani in cui erano presenti nel 2016

Elettori % M5s % Pd

Grosseto (Gr) 65.083 19,7 19,0

Sesto Fiorentino (Fi) 38.239 10,0 28,7

Cascina (Pi) 35.941 17,9 30,2 Montevarchi (Ar) 18.144 10,8 19,9 Sansepolcro (Ar) 12.921 8,6 23,9 Orbetello (Gr) 12.424 17,8 n. p. Altopascio (Lu) 11.577 n. p. 27,2 Seravezza (Pi) 11.454 15,4 n. p. Carmignano (Po) 11.013 24,7 n. p. Vecchiano (Pi) 10.377 n. p. n. p. Montignoso (Ms) 8.714 14,1 (plurisimbolo) Pontremoli (Ms) 8.426 n. p. n. p.

Civitella Val Di Chiana (Ar) 7.293 17,7 n. p.

Chiusi (Si) 6.669 13,5 64,3

Castiglion Della Pescaia (Gr) 6.361 18,0 n.p

o 5.292 n. p. n.p

Buti (Pi) 4.740 n. p. n.p

Anghiari (Ar) 4.725 23,3 n.p

Scansano (Gr) 3.434 n. p. n.p

Pieve Fosciana (Pi) 2.470 n. p. n.p

Piazza Al Serchio (Pi) 2.366 n. p. n.p

Santa Luce (Pi) 1.397 n. p. n.p

Trequanda (Si) 1.047 n. p. n.p

Roccalbegna (Gr) 845 n. p. n.p

Ortignano Raggiolo (Ar) 750 n. p. n.p

Capraia Isola (Li) 403 n. p. n.p

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Questo dato non può essere sottovalutato, soprattutto se consideriamo il complesso retroterra organizzativo che comporta una presenza diffusa alle ele- zioni amministrative: firme da raccogliere, candidati da trovare, campagne elettorali da condurre. Un processo che ci spinge a sottolineare come, se ri- mangono intatte le ragioni top-down che motivano un voto d’opinione per il M5s, siano oramai decisive anche le logiche bottom-up: la presenza di un dif- fuso tessuto politico-associativo che si sta «istituzionalizzando» e struttu- rando. Il voto in Toscana mostra come, tra gli «eredi» più o meno «legittimi» che si contendono la scena, è da annoverare a pieno titolo anche il movimento di Grillo. Che paga, semmai, la scelta isolazionista, sul piano delle possibili alleanze.

Ma nel risultato toscano del M5s è possibile cogliere un possibile segnale di ordine più generale: i due risultati più bassi, per il M5s, si registrano proprio a Sansepolcro e a Sesto Fiorentino, ovvero in quei due comuni dove il quadro dell’offerta elettorale era caratterizzato da una robusta presenza a sinistra del Pd. Forse è troppo poco per ricavarne delle indicazioni più generali; ma sem- bra possibile ipotizzare che il M5s si giovi ampiamente di quelle situazioni in cui sembra emergere come l’unica alternativa credibile al Pd.

Anche per questo, occorre guardare ad un altro dato emergente da queste elezioni: il venir meno di un ampio sistema di possibili alleanze per il Pd, il basso potenziale coalizionale di questo partito. Anzi, si direbbe, persino una peculiare capacità di catalizzare il «voto contro» che, naturalmente, pesa molto sugli esiti dei ballottaggi (e forse non è un caso se l’unico ballottaggio vinto dal Pd, ad Altopascio, si verifica in un comune in cui il M5s non è pre- sente).

A Cascina, nel 2011, il sindaco Pd era stato eletto con il 66% dei voti e con il Pd al 42%; la coalizione, nel 2011, comprendeva altri 4 partiti (Sel, Rc- PdcI, Idv e Psi). Nel 2016, il candidato sindaco si ferma al 42% e il Pd al 30%: le altre liste della coalizione sono solo liste civiche, dai nomi poco fantasiosi, indistinguibili e sostanzialmente prive di identità politica (Cascini@amo, Ri-

formisti per Cascina, Sinistra per Cascina, Cittadini per Cascina, In lista per Cascina). In un quadro di arretramento, il «peso» degli alleati passa dal 24%

del 2011 al 12% del 2016. E come abbiamo già detto sopra, al ballottaggio emerge la debole capacità espansiva del candidato del Pd rispetto alla rivale leghista.

A Montevarchi, nel 2011, il sindaco del Pd era stato eletto al ballottaggio, riportando al primo turno il 43% dei voti, con il Pd al 28,5, e una coalizione comprendente due liste di partito (Sinistra e Idv) e due liste civiche. Nel 2016, sempre al primo turno, il candidato del Pd, poi sconfitto al ballottaggio, ottiene il 31% dei voti, con il Pd al 20% e soltanto altre due liste civiche. Anche in questo caso, in un quadro di arretramento, il «peso» degli alleati passa dal 15%

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del 2011 all’11% del 2016. Al ballottaggio, la candidata sindaca del centrode- stra viene eletta con quasi il 60% dei voti, passando da 3.800 a 5.900 voti; il candidato sindaco del Pd passa da 3.400 a 4.000 voti, raccogliendo solo una piccola parte dei voti raccolti dall’ex-sindaco Pd (un segno inequivocabile delle profonde fratture che si erano prodotte).

A Sesto Fiorentino, nel 2014, la candidata sindaco del Pd venne eletta con il 56% dei voti, con il Pd al 48,5%, con due partiti alleati e una lista civica. Nel 2016, il candidato del Pd si ferma al 32,5% e la lista del Pd al 28,7%, mentre la coalizione vede solo altre due liste civiche. Al ballottaggio, il can- didato del Pd non riesce a tenere nemmeno i voti del primo turno.

A Grosseto: nel 2011 il sindaco del Pd aveva raccolto al primo turno il 45,8% dei voti, con il Pd al 28,4% e la presenza nella coalizione di altre quattro liste (tre di partito – Riformisti e socialisti, Udc, Idv – e una civica), che com- plessivamente raccoglievano circa il 20%. Al ballottaggio, nel 2011, il candi- dato del Pd cresceva di circa 2.000 voti (attingendo, verosimilmente, ai quasi 4.000 voti, pari all’8,3%, raccolti al primo turno dalla candidata di Sel e Ri- fondazione comunista). Nel 2016, il candidato del Pd si attesta al 34,5% e il Pd al 19%, con una coalizione che vede una lista civica «personalizzata» creata intorno al candidato (9,5%), una lista civica centrista (4%) e una lista «riformisti-Psi» (3,6%). Al ballottaggio il candidato eletto del centrodestra passa da 16.777 voti a 19.511, giovandosi certamente di una parte dei voti raccolti al primo turno dal M5s (8.385, pari al 19,7%). Il candidato del Pd cresce di soli 1.500 voti.

A Sansepolcro, oltre ai dati già sopra richiamati, va notato il mutato sce- nario competitivo al ballottaggio: nel 2011 la candidata eletta del Pd vinceva grazie all’apporto dei voti del terzo candidato (espressione di forze della sini- stra e vicine allo stesso Pd), passando da 3.302 a 5.137 voti, contro il candidato del centrodestra; nel 2001, non ha più alcun potenziale bacino di voti a cui appellarsi nel confronto con il nuovo candidato civico, e non riesce a tenere i voti del primo turno.

Il quadro che emerge, pur nella varietà delle situazioni locali, mostra chiaramente una diffusa condizione di isolamento del Pd e una sorta di «inco- municabilità» rispetto ad altri settori dell’elettorato. Il Pd si rivela un partito «divisivo»: che mantiene, in molti casi, una forza rilevante, ma che alimenta anche diffuse «antipatie». Un partito, insomma, che non appare quasi mai – nell’ordinamento delle preferenze degli elettori – come un possibile second

best. E tutto ciò, quando la competizione si fonda sui ballottaggi, non si può

dire certo che costituisca un vantaggio competitivo5.

5 Così ha commentato il voto Vincenzo Ceccarelli, assessore regionale alle infrastrutture

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6.7. Possibili controtendenze? Il «microcosmo» di Sesto Fiorentino

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 123-126)