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CANDY HILLENBRAND

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 26-36)

L’EREDITÀ DI DANE RUDHYAR (1895-1985)

strologia non si cita il suo nome, non si raccomandano i suoi libri e non gli si dà credito per le molte innovazioni che oggi diamo tanto per scontate.

In diversi libri che attingono alle sue idee, non si fa riferimento a Rudhyar, né nella bibliografia, né nelle note. Similmente, all’interno dei gruppi di discussione in Internet, ho osservato ciò che sembra una generale ignoranza circa il contributo di Rudhyar all’astrologia, persino tra i nostri rappresentanti più eminenti. Durante un incontro con uno dei suoi studenti – che personalmente conosco - Rudhyar espres-se, a quanto pare, il timore che il suo lavoro sarebbe andato perduto dopo la sua morte. In base a quanto si racconta, sembra che per tutta la vita egli fu convinto che la sua opera non fosse adeguatamente compresa, anche da coloro che si dedi-carono più intensamente a studiarla. Oggi, a circa sedici anni dalla sua morte, vi è ancora chi dice che i suoi libri sono difficili da leggere – addirittura oscuri ed impe-netrabili. In realtà, abbiamo a disposizione molti libri pieni zeppi di parole, spesso privi di un adeguato indice che permetta di accedere a piccole, ma interessanti informazioni, tanto importanti in qualsiasi opera di vaste dimensioni. Bisogna leg-gere Rudhyar da cima a fondo, ma nel frettoloso mondo moderno, molti di noi hanno poco tempo per concedersi un tale lusso.

A prima vista, appare arduo accostarsi immediatamente all’opera di Rudhyar, tuttavia il suo messaggio può essere in qualche modo semplificato. Parafrasando (e mi scuso con Rudhyar), l’universo è un sistema nel quale una “totalità” s’inserisce in un’altra, che s’inserisce in un’altra ancora e via dicendo. Un essere umano, il nostro pianeta, il nostro sistema solare, la galassia – ognuno è una “totalità” che s’inserisce in una “totalità” maggiore. Tutti siamo nati con un compito: rispondere ad un biso-gno fondamentale della “totalità” più grande. L’astrologia può aiutarci ad entrare in sintonia con quel fine, a diventare personalità più integrate, a realizzare le nostre potenzialità innate – contenute in forma di seme alla nascita, proprio come la ghianda contiene in sé il potenziale per diventare una quercia. In definitiva, il no-stro scopo è realizzare il nono-stro legame con il “tutto” e dedicarci alla sua consacra-zione, servire l‘umanità. Questa, ritengo, è la filosofia fondamentale che sta dietro l’opera di Rudhyar.

Egli non soltanto fu responsabile dell’elaborazione di un nuovo “paradigma” per l’astrologia; a lui si deve anche la diffusione più ampia di quest’ultima dagli an-ni ’30 in poi, attraverso tanti articoli sulle riviste specializzate, in particolare

Ameri-can Astrology. Si crede, inoltre, che Rudhyar sia stato il pioniere degli oroscopi dei

segni solari. Egli recuperò l’idea della ciclicità, diffuse e sviluppò i simboli sabiani ed introdusse l’uso del ciclo di lunazione. Fu l’iniziatore dell’astrologia umanistica, a lui si deve l’invenzione, addirittura negli anni ’20,2del termine “transpersonale” e tanto altro ancora. Quasi non ci sorprende che il Sole natale di Rudhyar fosse nel primo grado dell’Ariete!

I primi anni della sua vita

Daniel Chennevière nacque il 23 marzo 1895, alle 0.42 L.M.T. a Parigi, in Francia (ve-di tema).

Era un bambino di salute cagionevole e tali problemi avrebbero continuato ad affliggerlo durante tutta la sua vita. Dopo aver subito un grave intervento chirurgi-co all’età di dodici anni – gli furono asportati il rene sinistro e la surrenale –, il gio-vane Daniel cominciò a sviluppare le sue capacità mentali. A sedici anni, superò gli esami di baccalaureato alla Sorbona, specializzandosi in filosofia.3Successivamente, frequentò gli ambienti artistici e musicali parigini e rimase fortemente influenzato dalle idee radicali di Friedrich Nietzsche. In questo periodo, poco dopo la morte del padre, Daniel ebbe un’esperienza “mistica” o una sorta di presa di coscienza: “Di-venni intuitivamente consapevole della natura ciclica di tutta l’esistenza e del fatto che la civiltà occidentale stava per giungere ad una ‘autunnale’ conclusione”. Rudhyar in seguito scrisse di aver “cercato di ottenere una più chiara comprensione dei modelli ciclici e del significato essenziale dell’esistenza.”4

Secondo quanto scrive Leyla Raël, la quarta moglie di Rudhyar e sua partner al momento della morte, egli credeva che ogni persona, vivente durante tale periodo ‘autunnale’, è posta di fronte ad una scelta fondamentale: identificarsi con le foglie morte (ciò che termina) oppure con “i piccoli ed insignificanti semi che portano la

promessa di una nuova vita per la successiva ‘primavera’.”5 Daniel scelse consape-volmente la “condizione del seme” e nel 1916, all’età di ventun’anni, abbandonò la Francia per dirigersi verso il “Nuovo Mondo”, l’America, lasciandosi alle spalle la pa-tria, il nome e tutti legami con la famiglia e la cultura d’origine. Fu allora che diven-ne Dadiven-ne Rudhyar. Per lui, era di vitale importanza staccarsi dai condizionamenti del passato ed aprirsi ad una ‘mutazione’ radicale, per agire da “individuo-seme” nel corso di una nuova fase o ciclo storico.

La necessità di una trasformazione totale della nostra civiltà era il suo ideale ed il cambiamento di nome ne fu il riflesso simbolico. Il nome Rudhyar deriva dal sanscrito rudra, “che indica l’azione dinamica e l’energia elettrica liberate durante le tempeste.” Nelle scritture vediche, il Dio Rudra è il Distruttore ed il Rigeneratore, “l’energia trasformativa, colui che rompe le vecchie forme ed il potere della volontà o forza vitale.”6

Rudhyar pensava di avere un suo ruolo in questo processo di cambiamento globale. In questo senso, aveva un forte senso del suo compito e del suo destino. Il cuore della sua opera astrologica consiste in una chiamata “agli individui che pos-siedano una visione olistica ed un approccio ‘umanistico,’ affinché operino per la fondazione di una società globale.”7Rudhyar dovette attendere trent’anni prima di trovare, nei giovani americani degli anni ’60 e ’70, terreno fertile per seminare mol-te delle sue idee per un mondo nuovo e migliore.

L’approccio umanistico all’astrologia

In termini astrologici, lo sviluppo di quest’ideale prese il via con la pubblicazione del libro più importante di Rudhyar, L’Astrologia della Personalità, uscito inizialmente nel 1936. In quest’opera, tentò di reinterpretare l’astrologia tradizionale per porre l’accento sull’idea d’integrazione. Egli cercò di presentare l’astrologia come “una fi-losofia, vivente e pratica, per la realizzazione e l’integrazione psicologica.”8

Rudhyar fu uno dei primi astrologi ad evidenziare che nessuna posizione pla-netaria o aspetto sono, in se stessi, buoni o cattivi e che le crisi offrono opportunità di crescita; si trattava di una visione piuttosto radicale in quel periodo. Le basi teo-riche di quest’opera essenziale si trovavano in diversi lavori d’argomento teosofico, psicologico e filosofico. La filosofia olistica fu mutuata da Holism and Evolution di Jan Smuts; la cosmologia da La Dottrina Segreta di Helena Blavatsky ed il “nuovo” approccio psicanalitico dalle opere, appena tradotte, di Carl Jung. I corsi ciclostilati d’astrologia di Marc Edmund Jones fecero intravedere a Rudhyar nuove possibilità per la disciplina, mentre le recenti teorie di Einstein “accesero nella sua mente l’idea di integrare l’astrologia con la psicologia del profondo, nei termini dell’approccio olistico che emergeva nella filosofia e nella fisica atomica.”9

Quando consideriamo che L’Astrologia della Personalità fu scritto nei primi anni ’30, ci rendiamo conto di che notevole tentativo fosse, non solo di operare una sintesi di diverse discipline, ma anche di formulare, partendo da ciò, un paradigma

totalmente nuovo per l’astrologia. Leggendo questo libro, è piuttosto chiaro che Rudhyar fosse più avanti rispetto ai tempi.

In questa prima fase, egli definì il suo approccio “armonico”. Lo sviluppò ulte-riormente attraverso molti altri libri, ma in seguito coniò l’espressione astrologia “umanistica” o “centrata sulla persona”, in linea con i paralleli sviluppi nell’ambito della psicologia umanistica.

La definizione “centrata sulla persona” fu presa in prestito dallo psicologo di orientamento umanistico Carl Rogers, che aveva scritto La Terapia Centrata sul

Cliente. Ciò costituiva un necessario sviluppo del comportamentismo e della

psico-logia freudiana verso un approccio che poneva il cliente al centro della relazione te-rapeutica. Tale teoria implica che il cliente - non il terapeuta - possegga le soluzioni ai propri problemi – ancora una volta un concetto rivoluzionario per molti astrologi assolutamente convinti nel fornire predizioni al cliente.

Nell’“astrologia tradizionale”, a tutt’oggi ancora popolare, si ritiene che forze al di là del controllo umano agiscano sugli individui. Rudhyar, comunque, cercò di porre al centro la persona, riconoscendola come unica, autonoma e creativa – un individuo capace di crescita, libertà e trasformazione personale; capace di prendere decisioni da solo ed, infine, di operare per il cambiamento di sé, onorando una fina-lità superiore che si estende al di là del sé personale ed abbraccia “totafina-lità” sempre più grandi.

In tutta la sua opera, Rudhyar distingue tra ciò che indica come l’approccio tradizionale centrato sull’evento e quello umanistico. Afferma che tutte le tecniche predittive sono “una forma glorificata di predizione dell’avvenire”, scientifiche o meno che siano. Al contrario, l’astrologo umanistico “non cerca di scoprire ‘come funziona una persona’… Non tenta di ‘analizzare’ un cliente… Cerca, invece, di agire da intermediario, agente focalizzante ed interprete, la cui unica funzione è aiutare l’altro a realizzare se stesso in modo più pieno ed a diventare ‘una persona comple-ta’, un individuo integrato e dai molteplici aspetti, capace di realizzare lo scopo es-senziale del suo esser nato (il suo destino personale) in un particolare momento ed in un particolare ambiente social-planetario.”10

Secondo Rudhyar, questi due approcci di base all’astrologia manifestano una sostanziale differenza nell’atteggiamento e nella visione del mondo di chi la pratica. Rudhyar era più che consapevole del relativismo dell’astrologia, della natura legata al contesto, dell’interpretazione e della funzione che le diverse visioni del mondo svolgono nel determinare il tipo di astrologia che si usa. Tutto ciò è un tratto distin-tivo della prospettiva postmodernista, un approccio che appare poco diffuso in am-bito astrologico ma piuttosto popolare nella maggior parte delle altre discipline ac-cademiche.

Nel suo libro del 1972, L’Astrologia Centrata sulla Persona, Rudhyar delinea in modo più ampio questo metodo. L’“Io” non è al di fuori del tema natale. Gli indivi-dui non sono oggetti, sui quali agiscono forze esterne, secondo la percezione dell’a-strologia tradizionale, orientata sugli eventi. Essi sono, invece, “il soggetto di un

complesso gioco di energie che si manifesta, sulla terra, in un concreto campo di attività…” L’individuo è la totalità del tema e quella totalità è essenzialmente armo-nica – che si tratti di un tipo statico o dinamico di armonia – perché il tema natale rappresenta “l’intero universo concentrato in uno specifico punto nello spazio o nel tempo.” Poiché ogni persona rappresenta un aspetto particolare ed armonioso del-l’intero universo, essa nasce come risposta al bisogno dell’umanità in quel momen-to: “E’ quello che è perché ciò è richiesto in quel preciso momento. Il suo tema na-tale rappresenta la soluzione di quel bisogno. E’ la formula esistenziale del suo es-sere totale – la sua ‘firma’… il suo nome sacro.”11

Rudhyar pone ripetutamente l’accento sul fatto che ogni tema natale è il

mi-gliore per lo scopo specifico dell’individuo al quale si riferisce, poiché “egli è, nella

struttura e nella funzione, questo tema.”12Non esistono temi buoni o cattivi (“Ogni

cosa è buona al posto che le spetta e in relazione ad ogni altra”), non si possono

fare valutazioni di fortuna o sfortuna. Al contrario, l’approccio umanistico è un “di-re sì senza condizioni all’esistenza.”13 Il compito dell’astrologo umanistico – scrive Rudhyar – è “presentare alla coscienza del cliente un concreto quadro esistenziale di ciò che il tema significa – le tensioni da sciogliere ma anche le speciali capacità, i conflitti da armonizzare, le possibilità di disintegrazione da evitare e le opportunità che ci si può attendere di realizzazione individuale. In altre parole, egli cerca di assi-stere il cliente in ciò che Jung chiama ‘l’integrazione della personalità’ – come esse-re una persona completa.”14

Il ruolo dell’astrologo

Un tema, al quale Rudhyar prestò particolare attenzione, fu la responsabilità ed il

potere dell’astrologo. Egli ci ricorda che il nostro campo include il misterioso,

l’in-comprensibile e l’occulto e che la nostra conoscenza conferisce autorità. Come de-tentori di una conoscenza del “non ancora comprensibile”, dobbiamo accettare una forte responsabilità personale. Rudhyar ha scritto molto sui pericoli della predizione e sulla realtà della profezia che si auto-compie. Evidenzia il bisogno, cruciale per l’astrologo, di comprendere quanto il cliente riesca ad assimilare le informazioni fornite e la reale possibilità di innescarne i timori. Mette in dubbio – al contrario di quanto ritengono molti astrologi – che si debba rispondere a tutti i quesiti del cliente. Rudhyar chiede a tutti noi di domandarci se quanto diciamo ai nostri clienti aiuti il processo d’integrazione o aumenti la loro confusione.

Lo scopo dell’astrologia

Rudhyar riconosce che l’astrologia non fornisce una rapida scorciatoia verso l’inte-grazione. In realtà, si tratta di un processo graduale. Ogni fattore astrologico può contribuire all’integrazione od alla disintegrazione. Il compito dell’astrologia è so-stenere il cliente nel raggiungimento di “un più alto grado di integrazione e salute

fisica e mentale,” e la responsabilità dell’astrologo sta nel modo in cui vengono

pre-sentati i fattori del tema. Secondo Rudhyar, la presentazione può gettare nuova

lu-ce sulle differenti componenti di una carta natale. Da questo punto di vista, il pos-sessore del tema riesce a vedersi in modo più obiettivo; egli “può vedersi ridotto al-l’essenziale… Al di là della confusione della sua esistenza quotidiana, giunge a co-gliere un modello di ordine. Tutte le tendenze conflittuali si rivelano come compo-nenti complementari della sua personalità totale. Si vede completo, nella struttura e nella funzione.”15Come tecnica per ottenere una maggiore integrazione e realiz-zare la propria totalità, l’astrologia umanistica di Rudhyar potrebbe forse essere de-finita “un percorso di guarigione”. In realtà, così egli descrisse la psicologia del profondo di Jung, Progoff e Assagioli che tanto influenzarono il suo lavoro.

Nel corso della sua vita, Rudhyar tenne conferenze per tutti gli Stati Uniti. Era particolarmente sensibile alle istanze della gioventù americana; negli anni ’60, si re-se conto che le giovani generazioni stavano cercando qualcosa di più dei loro pre-decessori, che l’approccio razionale e scientifico aveva scarse attrattive: “Cercavano

un modo di vivere nel quale, alla loro relazione individuale con l’universo, sarebbe

stato attribuito un significato costruttivo. Non volevano tanto conoscere il ‘come,’ quanto scoprire, in una prospettiva nuova e cosmica, il ‘perché’ della loro esistenza. Volevano che li si rendesse completi e trovare il modo migliore per raggiungere ciò.”16

Rudhyar vide che la natura, volta a un fine, della psicologia del profondo cer-cava di rispondere a questo bisogno; nel suo tentativo di “rivelare potenti archetipi” ed evocare una “funzione di riconciliazione” od un’“immagine di salvezza,” la psico-logia del profondo era in essenza un “linguaggio di immagini ricche di significato simbolico.”17 Questo è esattamente il modo in cui Rudhyar percepiva lo scopo pri-mario dell’astrologia – come linguaggio simbolico. Sebbene oggi ciò non sembri un’idea così originale, possiamo comprendere che, negli anni ’30, un tale orienta-mento rappresentasse un radicale allontanarsi dal tipo di astrologia diffusa in quel periodo.

L’uso della predizione in astrologia

Rudhyar non rifiutò l’uso di tecniche predittive, benché avesse molto da dire su co-me dovessero essere usate. Il tema natale è un simbolo o un mandala del nostro potenziale ed i transiti e le progressioni riflettono il manifestarsi di quest’ultimo nel corso del tempo. Rudhyar afferma chiaramente che transiti e progressioni non rive-lano quanto dovrà accadere, in termini di eventi, “ma i passi sequenziali che sareb-be meglio per noi intraprendere al fine di realizzare il nostro potenziale innato e lo scopo definito dal nostro tema natale”.18

Rudhyar si riferisce all’astrologo orientato alla predizione degli eventi come ad un empirista. Sebbene molti astrologi ritengano che vi sia un abisso tra l’astrologia e la scienza, esiste anche un importante punto d’incontro tra i due ambiti.

L’astrolo-gia orientata sull’evento e le scienze empiriche sono entrambe fortemente interes-sate a predire “che cosa accadrà quando questo e quel fattore si incontreranno in determinate condizioni.” Tuttavia, Rudhyar fa notare che l’astrologo-empirista rara-mente riesce a predire l’esatta natura degli eventi ed in quali precise circostanze avverranno, in che modo influenzeranno la coscienza o la salute di una persona, o la sua modalità di risposta”.19

Secondo Rudhyar, ogni predizione deve tenere in considerazione l’intera vita della persona e contribuire al suo sviluppo, al senso d’interezza psicologica, alla sa-lute ed al benessere essenziale. Afferma che, generalmente, la predizione degli eventi ha un effetto psicologicamente distruttivo – incoraggiando la dipendenza del cliente da consigli esterni, stimolando la tendenza alla fuga ed accondiscenden-do alle sue paure ed insicurezze.

“Gli eventi non accadono a noi, siamo noi che accadiamo agli eventi.” Questa è la frase di Rudhyar più spesso citata e vale la pena ricordarla. Egli elabora ulterior-mente questo tema: “Se un mattone cade sulla testa di un uomo mentre cammina per strada, è responsabilità dell’uomo; era lui che camminava nel raggio d’azione del mattone. L’uomo è accaduto al mattone, perché è un individuo consapevole ed il mattone solo un pezzo della natura universale”.20 Inoltre, Rudhyar sostiene che quanto ci accade, deve accaderci. Ogni crisi è una sfida ed ogni transito o progres-sione presenta “un’opportunità di trasformazione, espanprogres-sione e purificazione.” Il principale compito dell’astrologia – scrive Rudhyar – è “aiutarci ad accogliere sulla soglia ciò che viene verso di noi, non fantasticare su un remoto spalancarsi di porte che ancora non riusciamo a distinguere”.21Il valore dell’astrologia consiste nell’aiu-tare il cliente ad accetnell’aiu-tare se stesso ed a comprendere che cosa succede, o è già successo, nella sua vita.

E’ interessante che Rudhyar definisca il libero arbitrio “la volontà di non ade-guarsi al passato”,22oppure “la misura della capacità di un uomo di essere ed agire come individuo”; il fato è “la misura della sua dipendenza dagli standard collettivi e generici, in quanto strutture determinanti”.23Ognuno di noi ha la libertà di scegliere e prendere decisioni creative – è questo il nostro libero arbitrio. Rudhyar è uno dei pochissimi astrologi ad aver tenuto in considerazione ciò che chiama il “fattore di indeterminatezza,” simile al principio di incertezza di Heisenberg: ciò che non può essere determinato, non può essere predetto e perciò non conosciuto prima dell’e-vento. Questo fattore di indeterminatezza, dice Rudhyar, è la nostra “scintilla divi-na” ed è lì che si trova la nostra libertà. Possiamo scegliere come reagire ai fattori condizionanti dell’eredità genetica, dell’ambiente, della cultura, della religione e co-sì via. Possiamo scegliere in che modo rispondere alle crisi nella nostra vita ed alle opportunità che ci sono offerte.

In definitiva, Rudhyar sostiene che possiamo trasformare il nostro passato, la nostra natura, “attraverso l’introduzione di una visione nuova, una realizzazione od un obiettivo nuovi… Nessuno è assolutamente libero… ma tutti, nei momenti cru-ciali della decisione, possono trasformare fino a un certo punto le loro condizioni

naturali con una risposta creativa, non determinata ed essenzialmente imprevedibi-le fino a che non si sia manifestata”.24

Nei suoi ultimi libri, Rudhyar mosse da un approccio umanistico ad uno che

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