• Non ci sono risultati.

SIGNIFICATI PSICOLOGICI: COME INDIVIDUARNE LE RADICI NEL TEMA NATALE

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 57-68)

esclusivamente a quei casi in cui è esente la causa biologica, mentre è certa la radi-ce psicologica.

Per iniziare, ANORESSIA e BULIMIA sono manifestazioni sintomatiche di una problematica unica anche se solitamente si pensa che siano due diverse; è invece pensiero comune a livello di psicologia che quasi tutte le persone anoressiche siano anche bulimiche e che le bulimiche siano potenziali anoressiche o, meglio ancora, anoressiche mancate. In queste problematiche i confini tra normalità e patologia non sempre sono ben definiti, perché in questa precisa fase storica la magrezza – anche eccessiva – spesso viene mostrata come un modello di bellezza contempora-nea e persino anche molto apprezzata.

Nella bulimia, generalmente non è visibile alcun segno esterno: la donna, pur essendo ciclicamente preda di alimentazione compulsiva, riesce a mantenere il con-trollo esterno del peso grazie ad un rapporto molto singolare con il cibo; questa pa-tologia può perdurare anche per molto tempo senza che il mondo esterno, i cono-scenti o gli amici possano rendersene conto. Le bulimiche generalmente scelgono di vivere sole, in questo modo possono apparire assolutamente normali nel sociale ed al lavoro, perché vivono la loro “compulsione” in perfetta solitudine fra le mura do-mestiche.

Le dinamiche alimentari – almeno inizialmente – si possono nascondere dietro alle diete, dietro al culto di un’immagine “di moda” e spesso anche dietro ad un ideale assolutamente falsato di “salute e fisicità” accettato ed ostentato da tutta la società occidentale. In effetti, uno dei grossi problemi della nostra epoca è quello di aver perso il senso del benessere del corpo, per cui molte persone si costringono ad andare in palestra, fanno footing in maniera esagerata, non mangiano, si privano praticamente di qualsiasi forma di gratificazione non per una questione di “salute”, ma per “immagine”; moltissime persone non pensano a “sentirsi in forma”, ma so-lo ad “apparire in forma”, ovviamente poi, l’ideale cui si ispirano è quelso-lo alla mo-da, quello delle modelle per intenderci, per cui vogliono un corpo magro, tonico, elastico e muscoloso, possibilmente compatto, in grado di muoversi a comando: in poche parole trattano il loro corpo come se fosse una macchina che deve risponde-re ed eseguirisponde-re ciò che la testa impone e, soprattutto, un corpo che non deve mo-strare cedimenti o imperfezioni. Esempi limite li vediamo in quelli che praticano il body-building e che usano i pesi per sviluppare muscoli; è provato ormai che que-ste performances sono dannose alla salute sia fisica sia mentale, eppure non ci pen-sano: la muscolatura sviluppata fa apparire belli e in forma per cui, anche se è pro-vato che nel tempo riduce la spontaneità e la vitalità del corpo fino ad interferire in maniera evidente e negativa sulla respirazione, chi pratica body-building sostiene che sono tutte illazioni che mettono in giro gli invidiosi, quelli che non hanno la “volontà” per sottoporsi alle ore di allenamento necessarie per avere un fisico per-fetto…

Ci sono anche testi che inneggiano all’addome piatto, che, guarda caso, si può ottenere esclusivamente a spese dei muscoli addominali che si devono tendere al

punto tale da impedire sul piano fisico la respirazione e generando invece, sul piano psicologico, la contrazione ed il blocco dei sentimenti.

Desidero precisare che sotto il nome latino di “anorexia nervosa” si trovano due sottocategorie di persone:

– quelle affette da bulimie, che presentano iperfagie incontrollate, accompagna-te da comportamenti accompagna-tendenti a prevenire con mezzi assolutamenaccompagna-te efficaci anche se dannosi, l’aumento di peso non voluto: tra questi il vomito provoca-to, l’uso di lassativi e diuretici e l’iperattività fisica;

– quelle invece affette dal tipo restrittivo in cui non ci sono episodi di iperfagia né comportamenti compensatori, ma solo una continua e graduale rinuncia al cibo.

Queste patologie sono in continuo aumento nei paesi occidentali, mentre sono praticamente assenti nei paesi del terzo mondo, in Asia ed in Sud America. Sembra dunque che da un lato, si inseriscano nelle patologie dei paesi in cui regna l’abbon-danza; infatti, dove c’è carenza di cibo sono sconosciute; dall’altro, invece, è evi-dente che c’è qualcosa di perverso nei sistemi di vita di questi paesi, che grida at-traverso queste sindromi.

Un altro punto da sottolineare è che si tratta di malattie che non hanno cause organiche: nonostante i molteplici sforzi ed i più moderni strumenti di analisi, non si sono riscontrate alterazioni patogene né degenerazioni di tessuti o cellule: in pra-tica questo dà la certezza che l’anoressia e la bulimia sono malattie con cause psi-chiche in cui la personalità dei soggetti interessati, la loro interpretazione della realtà e la costellazione familiare giocano un ruolo decisivo nel portarli ad espri-mersi attraverso questo sintomo.

Per capire le ragioni dell’anoressia-bulimia bisogna quindi partire da una visio-ne deformata della realtà: le future anoressiche continuano a stare a dieta anche quando l’obiettivo auspicato è già stato raggiunto e superato da tempo. Sono sog-getti che vedono il loro corpo non come un insieme armonioso, ma come un am-masso di pezzi separati: si concentrano sulle cosce, sulla pancia, sui fianchi, ecc. Il loro limite non c’è, o meglio viene costantemente spostato per non raggiungerlo.

C’è quindi alla radice un disturbo nell’immagine corporea che si consolida in una ricerca ossessiva di magrezza; questo disturbo è anche il più difficile da confu-tare in quanto assume il tono di una vera e propria ossessione. La parola ANORES-SIA è però fuorviante nel suo termine, in quanto significa “mancanza di appetito”, mentre in realtà l’anoressica è una persona che soffre la fame, anche se non po-trebbe mai accettare di affermarlo. La sua, infatti, è una vera e propria battaglia in-terna con il cibo, che è la cosa che desidera di più al mondo, pur negandoselo e di conseguenza rinunciando a nutrirsi.

La cosa principale è che queste malattie richiedono una grandissima dose di energia e di volontà: chi è debole non potrebbe mai intraprendere questo tipo di “sintomo”, proprio perché richiede perseveranza e costanza oltre che grande inve-stimento energetico per essere realizzato. Le ragioni per cui una ragazza sana

deci-da ad un certo punto della sua vita di investire tanta energia nel disturbo alimenta-re possono e devono essealimenta-re ricercate nella terapia individuale: infatti, solo durante il trattamento, potranno venire alla luce le cause iniziali che hanno motivato la scelta di questo tipo di sintomo attraverso cui comunicare al mondo il proprio disa-gio interiore; è chiaro che c’è qualcosa nella famiglia, nella madre, nel tipo di edu-cazione e nello stile che è stato assunto per rapportarsi alla figlia. E’, altresì, ovvio che quando sono marcatamente sottopeso, questi soggetti presentano una serie di sintomi collaterali che vanno dalla depressione all’isolamento sociale, ai disturbi dell’umore, irritabilità ed insonnia, oltre a disturbi della sfera sessuale.

Vediamo dunque di comprendere la personalità dell’anoressica

Per prima cosa, anche se l’eziologia di questa sindrome non è ancora totalmente chiara e svelata, sembrerebbe esserci un comune denominatore rappresentato da un ruolo pressoché patogeno della figura materna che quasi sempre è troppo rigida e quindi incapace di fornire risposte adeguate. Proprio per la sua difficoltà a comprendere i veri bisogni della figlia, non ne premia in alcun modo lo svincolo e l’indipendenza, anzi, li blocca; spesso la madre, per usare un simbolo per noi comu-ne, è “saturnina”, ovvero è una donna dedita al lavoro ed alla famiglia, al dovere so-prattutto, risponde alle convenzioni ed alle norme sociali che assumono per lei un’importanza straordinaria.

La Palazzoli Selvini ha definito spesso queste donne come troppo legate all’a-deguamento esterno, piuttosto che alla ricerca dello sviluppo delle qualità indivi-duali della figlia. Ciò implica naturalmente un ambiente familiare che, pur non es-sendo contrastato da grandi perturbazioni, mantiene però una costante tensione sotterranea, ben percepibile dalla figlia: una tendenza al malumore ed all’irritabilità e molte volte una depressione strisciante, mai esplicitata perché la madre non può contemplare l’idea di essere infelice. Spesso vi sono aggressività nascoste, non espresse, che però giacciono in attesa di un qualche tipo di sfogo e grandi difficoltà nell’espressione delle emozioni. La madre è solitamente la figura prevalente nella famiglia e questo comporta molto spesso un padre sminuito come figura oppure assente emotivamente, anche se idealizzato. Generalmente non vi è alcun ricono-scimento dei reali bisogni emotivi ed affettivi, tutto in un certo senso è ritualizzato ed oggettivizzato (sono famiglie in genere con buone possibilità economiche in cui i regali ed il possesso hanno sostituito l’affetto e la disponibilità emotiva).

E’ fin troppo chiaro, insomma, che dietro ad una persona anoressica vi sia un difficile rapporto con il “femminile”, cioè con quell’energia che dev’essere introiet-tata attraverso la figura materna e che ha come simboli il “contenere - protegge-re - pprotegge-rendersi cura - nutriprotegge-re fisicamente emotivamente e psicologicamente” fino a produrre quel sentirsi bene con sé stessi e nel proprio corpo che è l’unica vera modalità di vivere un femminile positivo, in cui “essere” si è in contatto con la vita e “imparare” s’impara a proteggersi da ciò che potrebbe essere distruttivo.

Il rapporto CIBO-MADRE è un’equazione elementare nell’infanzia ed è qual-cosa che permette ad ogni bambino di entrare in rapporto con il mondo esterno, potendo fidarsi di esso proprio in virtù di quel “filtro” che la madre ha operato, “pre-masticando” le esperienze, in modo da permetterne l’assimilazione e la dige-stione senza che il bambino ne risulti terrorizzato o distrutto. Nell’anoressica questo filtro è andato perduto insieme al piacere di nutrirsi ed ai fondamentali bisogni di sicurezza e di contenimento, per cui il suo mondo è fatto solo di forza di volontà e, in esso, non vi è posto per una comunicazione sana tra la maschera e l’essere.

L’anoressica non riesce a crescere perché non può sentire il corpo adulto come proprio, in quanto troppo simile al corpo della madre da cui il suo Io tirannico vor-rebbe in ogni modo trovare distinzione e separazione senza però riuscirci totalmen-te. La difesa che viene trovata da parte dell’Io consiste nel rinnegamento del corpo e del cibo-nutrimento, assumendo al suo posto un’immagine ideale di un corpo asessuato, senza forme e, dunque, infantile.

La vita nell’anoressica perde ogni significato ed al suo posto, si fa luce un sen-so di esistenza che si affaccia sul nulla a livello affettivo ed emotivo. Dice Marion Woodman : “L’Io non possiede un suo sistema di valori. Non è padrone in casa sua.

Per tutto il giorno la maschera, o Persona, recita con perfetta efficienza, ma quan-do il lavoro è stato svolto, questi ritmi frenetici ed estranei continuano a quan-dominare il corpo e l’Essere. Non c’è un Io che dica basta, non c’è un Io forte e differenziato capace di scalare le marce per accordarsi su ritmi naturali”.

Qui diventa estremamente interessante il tema natale che mostra quasi sem-pre un aspetto Luna-Saturno, affiancato da un Sole debole, che rapsem-presenta – sim-bolicamente – la difficoltà di giungere ad un accordo tra il bisogno di dominare e controllare il tempo in senso lineare, saturnino, ed il bisogno lunare di mantenere un ritmo ciclico e circolare, il tutto non supportato da un Io forte che sappia pren-dere in mano le redini della vita. Nell’infanzia, questi soggetti sono stati spesso vio-lentati nei loro ritmi naturali fino a perdere il senso del ritmo fisico-corporeo, che finisce per sottomettersi all’inflessibilità ed al controllo saturnino (Crono). Il loro Io non è autonomo e sembra posseduto da un qualche demone sul quale non hanno alcun controllo. Quel demone indossa la maschera della rispettabilità durante il giorno ma, di notte, mostra il suo vero volto. Esso chiede efficienza e perfezione: un mondo perfetto, una pulizia perfetta, un corpo perfetto, delle ossa perfette; ma poiché questi individui sono esseri umani e non pubblicità televisive, barcollano verso il caos perfetto e la morte perfetta. Il demone li annulla e, essendo annullati, finalmente si addormentano.

E’ chiaro che quello che deve essere riequilibrato nella personalità di questi soggetti è il principio maschile (razionale, direzionato all’obiettivo), che dev’essere integrato da quello femminile che qui si presenta nella propria modalità “ombra”; in queste donne la parte maschile di animus negativo ha completamente ingoiato quella femminile e così la testa ha perduto il contatto con l’anima. Manca ovvia-mente un rapporto con l’interiorità psichica poiché è stato introiettato un modello

superegoico, invadente, ipercritico e superefficiente, che non ammette repliche e, praticamente, non ammette vita.

La Palazzoni Selvini dice che queste donne trapassano bruscamente dalla fase del lattante a quella della pubertà e dell’adolescenza dopo un lunghissimo periodo di latenza vuoto di esperienze proprie e privo di una consapevolezza di sé. In tal modo il ruolo di donna s’impone alla ragazza in pubertà in maniera improvvisa e scuotente, senza fasi intermedie e questo porta terrore ed angoscia. C’è quindi il vissuto di un corpo pesante, ingombrante e minaccioso, una specie di tiranno che deve essere affamato per impedirgli di diventare immenso, opprimente e pericoloso; a questo proposito sono molto interessanti i disegni che fanno le anoressiche in cui vi è un’esasperazione e dissacrazione delle “forme femminili” viste come qualcosa di demoniaco e di fagocitante.

Nel periodo dell’adolescenza si presentano grandi difficoltà con il mondo esterno che richiede adeguamenti e nuova costruzione di identità. E’ allora che queste ragazze regrediscono somaticamente; il primo effetto è l’assenza di me-struazioni che fornisce loro la certezza di non dover affrontare la struttura di un’i-dentità troppo instabile; secondariamente, questo consente di non affrontare le pulsioni sessuali ed i desideri che non saprebbero dirigere in alcun modo e che quindi devono essere “soppressi”. Il corpo diventa in pratica la parte cattiva materna e di conseguenza deve essere attaccato, perché altrimenti metterebbe in scacco l’Io troppo fragile della ragazza.

Da un punto di vista psicosomatico, però, quest’aumento delle patologie ali-mentari nelle ragazze, lascia intendere che vi sia anche un preciso messaggio del-l’inconscio collettivo attraverso cui prendono vita ansie, angosce, problemi che ap-partengono, con buona probabilità, a tutta la società occidentale. Questo messag-gio ha sicuramente a che fare con l’enorme difficoltà che le donne oggi avvertono con la dimensione “fisica”: da un lato il loro corpo viene sopravvalutato a livello estetico e narcisistico, ma dall’altro viene svalutato totalmente da un punto di vista dell’espressione del “femminile” : è un corpo che sembra servire solo per essere esi-bito e che quindi diventa un oggetto virtuale, anziché un corpo concreto che deve trovare un’armonia con le componenti psichiche.

La medicina psicosomatica individua nelle patologie alimentari il simbolo di sempre più crescenti problemi di relazione tra “genitori-figli” nonché “individuo-so-cietà” che non riescono più ad essere fonti di “buon nutrimento” reciproco, ma di-ventano espressione di esperienze negative che danno origine ad un’insaziabile fa-me psichica che diventa bulimia, oppure ad un rifiuto tradente ed aggressivo del ci-bo che diventa anoressia.

Quello che è importante comprendere è che dietro ad ogni malattia si nascon-de una saggezza nascon-del corpo che cerca disperatamente di condurci ad una consape-volezza altrimenti impossibile. Il dr. Frigoli fa notare che nell’anoressia grave le pa-zienti assumono solo cibo “frammentato e spezzettato” per cui vi è un rifiuto di assimilare forme complete e questo simbolicamente equivale alla

frammentazio-ne che esse vivono con il mondo delle relazioni esterframmentazio-ne. Un’ulteriore regressioframmentazio-ne av-viene quando ingeriscono soltanto liquidi scegliendo via via sostanze senza più al-cun contenuto calorico; qui, Frigoli vede nell’anoressica il bisogno di non confron-tarsi con le forme che simboleggiano strutture formali e come tali difficili da assi-milare, ma solo con parti di esse, per loro più abbordabili, meno paurose. Egli sostie-ne che a questo stadio della malattia, sostie-nell’anoressica risultano attive due compo-nenti:

– la necessità di introiettare e portare dentro un minimo di mondo esterno pur frammentato (perché se ne ha paura), il che significa che l’anoressica ha bisogno di mantenere le relazioni al limite della sopravvivenza;

– un’incapacità a strutturare un rapporto oggettuale se non sulla base della “disorganizzazione” della forma esterna dell’oggetto, fino a renderlo omoge-neo nella fase liquida.

In questa malattia c’è un ritorno, una regressione psichica di ordine filogeneti-co, fino ai confini della vita vegetale. Già la Woodman aveva notato nell’anoressica un pressante bisogno di spiritualizzazione; del resto molte donne divenute sante avevano probabilmente una patologia anoressica, su tutte vale l’esempio di santa Teresa d’Avila. Addirittura l’immagine di nutrirsi di luce risulta molto frequente nelle anoressiche e questo rappresenta anche un desiderio di attuare il digiuno come una forma di catarsi e di purificazione. Vivere di aria e di luce come le piante, sembra ri-correre con frequenza nei pensieri di queste ragazze; al tempo stesso questa moda-lità sembrerebbe simboleggiare un arresto istintuale, un arresto del tempo, il non dover crescere poiché non ce n’è la forza, dato che manca la struttura di base.

E’ interessante a questo punto una puntualizzazione da un punto di vista astrologico, poiché possiamo trovare nei simboli molte di queste tematiche. Innan-zitutto le anoressiche hanno quasi sempre una Luna in segni di Terra, con maggior frequenza nel segno della Vergine o in casa sesta. La Luna in Vergine rappresenta un bisogno di integrità, un ritorno ad un senso di purezza che non può prescindere da un corpo funzionante ed assolutamente ritualizzato, che non ceda a bisogni forse un tempo non riconosciuti e che continuano a non essere riconosciuti. Hilde Bruch, un’autorità in questo campo, sostiene che nell’anoressica vi è un miscuglio indiffe-renziato di emozioni-sensazioni che sono rimaste senza discriminazione nell’infan-zia. In effetti, in casa sesta, noi dobbiamo passare a discriminare tutto ciò che ci ap-partiene e lo facciamo proprio nel confronto con gli altri: in questo caso la ritualiz-zazione, lo sforzo fisico e la volontà – intesa qui come senso del dovere e della resi-stenza – compensano un impossibile rapporto armonioso tra corpo e mente; inoltre c’è quasi sempre uno stato di dipendenza ed un rifiuto della stessa, che non può renderci cosciente, come dimostrano i rapporti costanti di Luna-Saturno che presentano proprio questa dinamica ambivalente. La dinamica Luna Saturno rap-presenta anche un’introiezione di un femminile razionale, asettico, distante e molto incentrato sull’efficienza e sull’autosufficienza, piuttosto che sulla parte contenitiva ed accogliente da un punto di vista emotivo. Quest’aspetto però indica anche che

bisogna diventare autonomi: qualità che all’inizio non si possiede, per cui Saturno agisce come privazione di qualcosa di cui si ha un disperato bisogno. Generalmente, la madre – letta attraverso l’aspetto Luna Saturno – è una donna aggressivamente iperprotettiva, oppure rifiutante, in ogni caso incapace di concepire la figlia come una persona nel suo proprio diritto.

Perché si manifesti una dinamica alimentare, nell’aspetto astrologico entra spesso anche Giove che si presenta come impossibilità di avere una gratificazione, dapprima nel rapporto con il nutrimento ed in seguito nel rapporto con il proprio corpo ed i propri bisogni di crescita, ma che poi rappresenta anche la difficoltà a sentirsi rassicurati dalla vita; nell’anoressica esiste un vero e proprio rifiuto di cre-scere, ma al tempo stesso anche un tentativo di “tenere lontano ciò di cui non si

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 57-68)