• Non ci sono risultati.

I canonici d’Orléans (1022)

Nel documento Il rogo degli eretici nel Medioevo (pagine 116-119)

CAP III: I PRINCIPALI ROGHI PRIMA DELL’INQUISIZIONE.

1. I canonici d’Orléans (1022)

Il primo episodio che s’inquadra nelle caratteristiche di cui abbiamo già parlato si riferisce al 1022 e riguarda i canonici della Chiesa di S. Croce d’Orléans. La storia dei canonici d’Orléans rappresenta uno dei casi più interessanti di questo secolo, per il livello culturale delle persone coinvolte e, per le tragiche vicende che ne scaturirono.

L’episodio è raccontato da diversi cronisti tra cui Ademaro di Chabannes e Rodolfo Glabro, ai quali si aggiunge un’ampia relazione dei fatti riportata da uno

dei protagonisti della vicenda: il cavaliere Arefasto, che ci consentono una ricostruzione dei fatti piuttosto sicura350.

Eriberto, chierico vicino ad Arefasto, si era recato presso la scuola vescovile d’Orléans per ascoltare l’insegnamento di due canonici molto stimati: Stefano, confessore tra l’altro della regina Costanza, moglie del re di Francia Rodolfo e di Lisoio. Sedotto dalle dottrine insegnate dai due canonici, il giovane tornato da Arefasto volle rendere partecipe anche il cavaliere, che scorgendo la deriva ereticale dei due maestri, si finse molto interessato a conoscere meglio i loro insegnamenti, partecipando alle riunioni segrete dei canonici. Arefasto avvertì immediatamente le più alte cariche del regno, il re, la regina e il Duca di Normandia che immediatamente procedettero a far arrestare i due canonici e i loro sostenitori, traducendoli davanti ad un tribunale composto da vescovi, altri uomini di Chiesa e signori laici, incaricati di esaminarli e giudicarli. Gli aderenti all’eresia costituivano una cerchia ristretta, molto probabilmente meno di una ventina. È evidente che l’intento di Stefano e Lisoio non fosse quello di rivolgersi alle masse popolari, ma di creare un ristretto gruppo di condizione sociale e culturale elevata, quindi risultano di dubbia credibilità le notizie forniteci da Ademaro che i due maestri fossero stati iniziati a questa dottrina da un contadino del Périgord o secondo Rodolfo Glabro da una donna venuta dall’Italia. Gli eretici negavano la Trinità, la natura umana del Cristo e della maternità divina della Madonna; negavano inoltre tutti i sacramenti, rifiutando la Chiesa e la sua gerarchia. Ritenevano le opere ininfluenti per raggiungere la salvezza, così come privo di significato il culto dei santi351.

350 ADEMARO DI CHABANNES, Historiae, ed. G. WAITZ, MGH, SS, IV, lib. III, p. 143; RODOLFO

GLABRO, Historiae, P .L., 142, col. 659-663; PAOLO DI CHARTRES, Vetus Agano, P. L., 155, col. 263- 268. Per quanto riguarda gli studi sugli eretici d’Orléans si vedano ILARINO DA MILANO, Le eresie

popolari del sec. XI, in Studi Gregoriani, II, Roma 1947, pp. 52-60, saggio presente anche in ID., Eresie Medioevali. Scritti minori, Rimini 1983; H. MAISONNEUVE, Études cit., pp. 97-99; R. MANSELLI, L’eresia del male, Napoli 1963, pp. 125-129; L. PAOLINI, Eretici del Medioevo cit., pp. 21-28; Sulle

fonti che ci tramandano l’avvenimento si rimanda ai recenti saggi di M. FRASSETTO, The Heresy at

Orléans in 1022 in the Writings of Contemporary Churchmen, in “Nottingham Medieval Studies”, XLIX

(2005), pp. 1-17 e H. TAVIANI-CAROZZI, Une histoire “édifiante”: l’hérésie à Orléans en 1022, in Faire

l’événement au Moyen Âge, a cura di C. CAROZZI e H. TAVIANI-CAROZZI, Université de Provence

2007, pp. 275-298.

351 Per un quadro più esaustivo delle dottrine professate dalla comunità d’Orléans si rimanda a

Dopo un’intera giornata di discussione, in cui vani furono i tentativi di far abiurare gli eretici – soltanto un chierico e una monaca decisero di ritrattare – furono scomunicati e degradati. A questo punto si scatenò la rabbia popolare, gli eretici furono trascinati fuori dalle porte della città e arsi vivi sul rogo; a questa rappresaglia popolare prese parte anche la regina, che forse sentitasi ingannata dal proprio confessore, lo colpì con lo scettro cavandogli un occhio.

Apprendiamo da Paolo di Chartres che gli eretici non furono arsi su di una pira, ma rinchiusi in una piccola capanna che fu incendiata e divorata dalle fiamme352. Nonostante tutta questa esplosione di violenza e rabbia, Rodolfo Glabro racconta che gli eretici condotti al supplizio, mossi come da una furiosa pazzia, gridavano di desiderare proprio questa fine e si abbandonavano spontaneamente a quelli che li trascinavano al supplizio353. È questo il primo caso documentato di ricorso al fuoco per gli eretici dopo il Mille. Tuttavia il modo di condanna a morte degli eretici non era ancora definitivamente stabilito: si poteva ricorrere anche all’impiccagione com’è il caso degli eretici di Goslar354. Secondo il Manselli, nel regno franco, la pena di morte mediante il rogo sarebbe contemplata già a partire dal 775-790 nel Capitulatio de partibus Saxoniae355. Lo studioso sembra però

ingannarsi perché nel testo della legge non c’è nessun riferimento alla pena del rogo, si stabilisce soltanto che chi farà bruciare il corpo di un defunto, secondo i riti pagani, dovrà essere punito con la pena capitale: “capite punietur” 356. Il ricorso a questa pena sembra in questo caso una dura presa di posizione dei carolingi contro i sassoni, riottosi ad accettare il cristianesimo, non vi si rileva quindi nessun accenno all’applicazione di tale misura nei confronti dell’eresia o un richiamo alla legislazione imperiale romana. Il ricorso al rogo, nell’episodio d’Orléans,

352 “Deinde extra civitatis educti muros, in quodam tuguriolo, copioso igne accenso (…) cremati

sunt”, PAOLO DI CHARTRES, Vetus cit., col. 268.

353 “Ad quem cum ducerentur, rabida adacti dementia, se omnimodis hoc velle proclamabant ac

sese ultro ad ignem trahentibus inferebant”, RODOLFO GLABRO, Historiae cit., col. 663.

354 Secondo il Maisonneuve il ricorso al rogo non sarebbe dovuto all’adozione della legislazione

romana, ma a un riflesso popolare per esorcizzare il carattere maligno dell’eresia: “les méchants, réduits en cendres, ne feront plus jamais peur”, cfr. H. MAISONNEUVE, Études cit., p. 99.

355 Capitularia Regum Francorum, I, in MGH, Legum sectio II, pp 68-70, c. 7: “Si quis corpus defuncti

hominis secundum ritum paganorum flamma consumi fecerit et ossa eius ad cinerem redierit, capite punietur”, p. 60.

sembrerebbe più una ordalia da esegursi nella prova del fuoco, come richiesto dagli stessi eretici, che una vera e propria condanna al rogo357. Inoltre è da rilevare anche un processo post mortem nei confronti del canonico Deodato morto da tre anni, accusato di essere stato uno dei maestri degli eretici e venerato da essi come un santo. Il corpo di Deodato fu riesumato e le sue ossa disperse.

Nel documento Il rogo degli eretici nel Medioevo (pagine 116-119)