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Gli eretici di Colonia (1144-1163)

Nel documento Il rogo degli eretici nel Medioevo (pagine 128-132)

CAP III: I PRINCIPALI ROGHI PRIMA DELL’INQUISIZIONE.

6. Gli eretici di Colonia (1144-1163)

La città di Colonia, come attestato dalle fonti, fu al centro di diversi episodi di fermento ereticale. Il primo di cui siamo a conscenza è riportato in una lettera, scritta nel 1144, da Evervino di Steinfeld a Bernardo di Chiaravalle387. Il vescovo chiede aiuto al santo su quale sia la maniera migliore per combattere gli eretici, preoccupato per la grande e rapida diffusione che gli eterodossi stavano avendo: “illos habere maximam multitudinem fere ubique terrarum sparsamet habere eos plures ex nostris clericis et monachis”. Evervino racconta a Bernardo di aver appreso queste cose da alcuni eretici scoperti e interrogati. Quasi tutti confessarono i loro peccati e fecero penitenza, tranne due di loro, uno dei quali diceva di essere vescovo. Evervino ci racconta che furono messi di fronte ad un’assemblea composta da laici e ecclesiastici e alla presenza dell’ arcivescovo:

“Sed, cum vidissent se non posse procedere, petientur ut eis statueretur dies, in quo adducerent de suis viros fidei suae peritos; promittentes se velle Ecclesiae sociari, si magistros suos viderent in responsione deficere: alioquin se velle potius mori, quam ab hac sententia deflecti. Quo audito, cum per triduum essent admoniti, et resipicere noluissent, rapti sunt a populis nimio zelo permotis, nobis tamen invitis, et in ignem

385 G.G. MERLO, Eretici ed eresie cit., p. 23.

386 Sulla fine di Enrico abbiamo poche notizie, sappiamo soltanto che fu catturato intorno al 1145 in

Linguadoca e consegnato al legato papale, il cardinale vescovo di Ostia Alberico. Per approfondire la vicenda di Enrico si rimanda a R. MANSELLI, Studi cit., pp. 93-109; ID., Il monaco Enrico e la sua

eresia, in “Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medioevo e Archivio muratoriano”, 65

(1953), pp. 1-63; A.H. BREDERO, Henri de Lausanne: réformateur devenu hérétique, in Pascua

mediaevalia. Studies voor prof. Dr. J.M. De Smet, a cura di R. LIEVENS, E. VAN MINGROOT, W.

VERBEKE, Leuven/Louvain 1983, pp. 108-123; G.G. MERLO, Eretici ed eresie cit., pp. 27-31.

positi, atque cremati; et, quod magis mirabile est, ipsi tormentantum ignis non solum cum patientia, sed et cum laetitia introierunt et sostinuerunt”388.

Gli eretici si mostrano ostinati e questo genera nella parte laica indignazione, anche qui ricompare lo “zelo populus”, che mette a morte gli eretici sul rogo. Risulterebbe quindi confermata l’ipotesi che dietro il topos dello zelo popolare ci sia il sostegno dell’autorità secolare nella condanna a morte degli eretici. I condannati accettarono il tormento senza timore e accolsero l’abbraccio mortale delle fiamme cum laetitia.

Il secondo caso di eresia risale al 5 agosto 1163, scoperto a Colonia, dall’arcivescovo Reinaldo, e riguarda un gruppo di cinque eretici provenienti dalle Fiandre389. È interessante notare che il gruppo in questione fu sottoposto a interrogatorio non dal vescovo ma da una commissione di literati viri e risultati colpevoli, condannati per iudicium saeculare al rogo. Vennero condotti fuori dalle mura della città, dove il rogo era stato allestito nei pressi del cimitero giudaico “iuxta cimiterium Judaeorum simul in ignem missi”, come riferisce Cesario. Quando gli eretici erano già sulla pira, uno degli eretici di nome Arnoldo, con ogni probabilità il maestro, semiustus, impose le mani sulla testa dei discepoli dicendo: “Constantes estote in fide vestra, quia eritis cum Laurentio”, riferendosi a San Lorenzo che era stato martirizzato su di una graticola ardente.

Tra di loro c’era anche una ragazza, che i presenti cercarono di salvare promettendole: “(…) vel eam viro traderent, vel si hoc magis placeret, in monasterio virginum locarent”390. Divincolatasi dalla presa delle loro mani corse verso il suo maestro e si gettò senza alcuna esitazione nelle fiamme abbracciando

388 EVERVINO DI STEINFELD, De haereticis cit., col. 677.

389 Il rogo degli eretici di Colonia del 1163 è testimoniato da diverse fonti: Chronica regia

Coloniensis, a cura di G. WAITZ, in Scriptores Rerum Germanicarum in usum scholarum ex MGH,

Hannoverae 1880, p. 114, in cui sono riportate due versioni dell’avvenimento: recensio I e II; CESARIUS VON HEISTERBACH, Dialogus Miraculorum, a cura di H. SCHNEIDER-N. NÖSGES, III,

capitulum 19, Turnhout 2009, pp. 1014-1018; ECBERTO DI SCHÖNAU, Sermones, P. L., 195, col. 16,

il riferimento è brevissimo: “ (…) cum examinarentur a clero in civitate Colonia, ubi et a populo ferventis zeli combusti sunt”; per quanto riguarda la storiografia si veda: A. HAUCK,

Kirchengeschichte Deutschlands, IV, Berlin 1958, p. 890; R. MANSELLI, L’eresia cit., pp. 162-163.

la triste sorte dei compagni: “ex manibus illorum elapsa, facie veste tecta, super exstincti corpus ruit, et cum illo in infernum perpetuo arsura descendit”391.

La Chronica regia coloniensis nella recensio I racconta che il clero non aveva preso parte all’esecuzione degli eretici, ma era rimasto in città. Aggiunge, che la condanna degli eretici fu benedetta da un evento naturale che aveva delle connotazioni miracolose. Infatti, proprio durante l’esecuzione degli eterodossi, cadde una pioggia veemente che preoccupò le autorità religiose per la riuscita della condanna e che videro in questo evento naturale un segno divino per la poca fede del popolo; straordinariamente sul rogo dove erano stati posti i condannati non cadde neanche una goccia d’acqua:

“Et cum hora combustionis eorum in civitate vehementissima nimis foret pluvia, ita ut clerus, qui in civitate totus remaserat, pluviam exhorreret, propter fidem debilis vulgi ne una quidam gutta tam vehementis pluviae ubi combusti sunt cecidit”392.

Sempre Cesario ci informa di un altro avvenimento avvenuto qualche tempo prima dell’episodio di Colonia. Due eretici furono scoperti nei pressi di Bresançon e condannati al rogo393. Vestiti semplicemente, camminavo a piedi nudi e conducevano una vita molto rigida e pia: “quotidie ieiunantes; matutinis sollemnibus ecclesiae maioris nulla nocte defuerunt, nec aliquid ab aliquo praeter victum tenuem receperunt”394. Nonostante questa parvenza di santità Cesario ci dice che non erano “oves, sed lupi rapaces” arrivati per “latens virus emovere, et novas atque inauditas haereses rudibus praedicare”395. Inoltre, per richiamare l’attenzione del popolo, si vantavano di compiere dei veri e propri miracoli:

“farinam in pavimento cribari iusserunt, et sine vestigii impressione super illam ambulaverunt. Similiter super aquas gradientes non poterant mergi; tuguria etiam super se facientes incendi, postquam in cinerem sunt redacta, egressi sunt illaesi”396.

391 Ibidem, pp. 1016-1018.

392 Chronica regia Coloniensis cit., p. 114.

393 CESARIUS VON HEISTERBACH, Dialogus cit., capitulum 18, pp. 1008-1014. 394 Ibidem, p. 1008.

395 Ibidem, p. 1008. 396 Ibidem, p. 1010.

Venuti a conoscenza di tali fatti il vescovo e il clero locale si allarmarono. Il racconto di Cesario a questo punto si fa molto interessante perché è questa l’unica testimonianza dove un vescovo richiede l’aiuto di un chierico esperto in negromanzia, incaricato di interrogare il diavolo, per smascherare la falsità dei miracoli professati dagli eretici:

“clericum quendam sibi notum, et in nigromantia peritissimum ad se vocans ait: (…) Rogo te ut investiges a diabolo per artem tuam, qui sint, unde veniant, vel qua virtute tanta ac tam stupenda operentur miracula. Impossibile est enim, ut signa faciant virtute divina, quorum doctrina Deo nimis est contraria”397.

Il chierico, interrogato il diavolo, venne a sapere che gli eretici erano in grado di compiere i miracoli suddetti perché avevano stipulato un patto col demonio, il contratto di fedeltà che avevano sottoscritto lo portavano sotto le ascelle, cucito tra le pelle e la carne:

“Cyrographa mea, in quibus hominia mihi ab eis facta, sunt conscripta, sub ascellis suis inter pellem et carnem consuta conservant, quorum beneficio talia operantur, nec ab aliquo laedi poterunt”398.

Il vescovo, scoperto l’inganno del patto segreto stipulato tra gli eretici e il diavolo, decise di convocare tutta la popolazione della città dicendo di voler assistere ai miracoli degli eretici come pastore della comunità e se la loro dottrina fosse stata confermata anche dai loro prodigi, avrebbe accettato la volontà del popolo; in caso contrario gli eretici sarebbero stati puniti per il loro inganno. Convocati gli eretici venne acceso un fuoco al centro della città. Il vescovo però, prima di far svolgere l’ordalia del fuoco, volle incotrare in privato gli eretici, con la scusa di accertare se celassero qualche sortilegio. Gli eretici non sembrarono per nulla turbati da questa richiesta, anzi, spogliandosi con estrema sicurezza, risposero al vescovo che poteva ispezionarli scrupolosamente “tam in corporibus

397 Ibidem, p. 1010. 398 Ibidem, p. 1012.

quam in vestimentis nostris”. A questo punto il vescovo fece entrare le autorità secolari, precedentemente avverite, che trovarono sotto le braccia degli eretici il contratto col demonio, come rivelato dal chierico. Portati di fronte al popolo per eseguire la prova ordalica gli eretici si rifiutarono, dicendo di non potere entrare tra le fiamme. Il vescovo allora mostrò a tutta la comunità, il contratto stipulato dagli eretici col maligno, smascherando il loro inganno. Immediatamente la folla furente si sollevò e “diaboli ministros, cum diabolo in ignibus aeternis cruciandos, in ignem praeparatum proiecerunt”399.

Questo episodio raccontato da Cesario, di là del suo aspetto favolistico, è interessante per vedere come progressivamente ci s’interessi sempre meno delle dottrine realmente professate dagli eretici, ma si tenda ad accentuare il loro aspetto demoniaco e il loro sempre più stretto legame con il demonio400. Gli eretici diventano degli emissari del diavolo mandati sulla terra per trarre in inganno il popolo di Dio ed è per questo che il vescovo può ricorrere a qualsiasi mezzo (nel racconto arrivare perfino ad interrogare il diavolo stesso, elemento favolistico certo, ma che rende chiara la portata del pericolo ereticale) pur di sradicare l’haeretica pravitas.

Nel documento Il rogo degli eretici nel Medioevo (pagine 128-132)