CAP IV: I PRINCIPALI ROGHI DELL’INQUISIZIONE.
3. Roghi e tumulti popolar
3.1 Il tumulto di Parma (1279)
Nel 1279 l’inquisitore Florio da Vicenza, fu coinvolto nella violenta rivolta popolare che si verificò a Parma493. Il 19 ottobre dello stesso anno, l’inquisitore
490 Les Registres d’Honorius IV, par M. M. PROU, Paris 1886, n. 659, col. 464. Il passo è citato anche
dal Paolini in L. PAOLINI, La Chiesa di Desenzano: un secolo di storia nel panorama del catarismo
padano, in Eretici del Garda. La Chiesa catara di Desenzano del Garda. Atti del convegno Desenzano
del Garda 2 aprile 2005, a cura di L. FLÖSS, Desenzano del Garda 2005, pp. 17-39; il passo in questione lo troviamo citato nella nota 82, p. 38.
491 M. VARANINI, Minima Hereticalia cit., p. 686; p. 10 della versione on-line. 492 L. PAOLINI, La Chiesa di Desenzano cit., p. 39.
493 Del tumulto di Parma si hanno notizie nel Chronicon Parmense, in Rerum Italicarum Scriptores,
IX, 9, a cura di G. BONAZZI, Città di Castello 1902, p. 35, che rappresenta la versione più completa degli avvenimenti; se ne parla anche nella trecentesca Chronica abreviata fr. Johannis de Cornazano, in Chronica parmensia a sec. XI. ad exitum sec. XIV, ed. L. BARBIERI, Parma 1858, p. 361 e nella
Cronica di Salimbene De Adam, SALIMBENE DE ADAM, a cura di G. SCALIA, Parma 2007, Salimbene
ritorna sulla vicenda diverse volte: p. 1398; p. 1416; p. 1614; p. 1650; p. 1730. Se ne sono occupati J. GUIRAUD, Histoire de L’Inquisition au Moyen Age, II, Paris 1938, pp. 575-578; M. DA ALATRI,
L’eresia nella cronica di fra Salimbene, in ID., Eretici e inquisitori in Italia. Studi e documenti, I, Roma
1986, pp. 68-69. L’inquisitore Florio non è mai nominato dalle fonti sopra citate, lo si desume dalla bolla Olim sicut accepimus del 7 maggio 1286 di Onorio IV (POTTHAST 22429), relativa ai fatti di
aveva condannato al rogo l’eretica Todesca, moglie di Ubertino Blancardi, che era stata al servizio di Olivia Fredolfi e precedentemente condotta sul rogo per lo stesso motivo. Salimbene nella sua Cronica, invece, scrive che la sommossa fu causata dall’esecuzione di due eretiche: Halyna e la sua serva, lasciando presupporre che le due furono condannate nello stesso momento494. Durante l’esecuzione della condanna, avvenuta nella piazza del comune extra portam
Capellinam, si verificò un tumulto popolare; la folla inferocita, immediatamente
dalla piazza si spostò al convento dei frati Predicatori. Entrati con la forza, si diedero al saccheggio, picchiarono e ferirono alcuni frati e uccisero frate Giacomo da Ferrara, un uomo anziano e cieco, entrato a far parte dell’Ordine da più di quarant’anni495. Per questa ragione, i frati, raccolti in processione con alla testa il simbolo della croce, abbandonarono la città e si recarono a Firenze dal cardinale legato Latino Malabranca496, passando anche da Bologna, forse per comunicare la decisione al ministro provinciale e concordare con lui l’atteggiamento da seguire. A Firenze, ricevettero anche diverse ambascerie di uomini illustri e di altri religiosi provenienti da Parma che li pregavano di fare ritorno in città497. Le autorità civili
Parma. Sulla figura e l’azione inquisitoriale di Florio da Vicenza si veda: G. ZANELLA, Florio da
Vicenza, in DBI, XLVIII (1197), pp. 357-360; R.PARMEGGIANI, L’inquisitore Florio da Vicenza, in Praedicatores, Inquisitores cit., pp. 681-699; per quanto riguarda il suo diretto coinvolgimento nel
tumulto di Parma si veda p. 684 nota 13.
494 Per i differenti nomi attribuiti alle eretiche si veda M. DA ALATRI, L’eresia nella cronica cit., pp.
68-69 e nota 19.
495 “Per sententiam datam a domino Inquisitore haereticae pravitatis quaedam mulier nomine
Todescha, uxor Ubertini Blancardi Albergatoris, de Vicinia Sancti Iacobi de Capite Pontis combureretur in glarea Communis extra portam Capellinam, tamquam haeretica, quae fuerat, pedissequa quondam Dominae Olivae de Fredulfis, quae simul peccato haeresiae combusta extiterat; quidam mali homines instinctu diabolico instigati cucurrerunt ad domum fratrum Praedicatorum, et ipsos per fortiam intraverunt, et exspoliaverunt, et multos ex fratribus percusserunt, et vulneraverunt et quemdam nomine fratrem Jacobum de Ferrariis interfecerunt, qui erat homo annosus et virgo, ut dicebatur, et qui non videbat, et qui steterat in Ordine per XL annos et plus”, Chronicon Parmense cit., p. 35.
496 Sul cardinale legato Latino Malabranca si veda la voce di M. VENDITTELLI, in DBI, LXVII (2007),
pp. 699-703. All’epoca dei fatti, anche se non ne siamo certi, Latino forse ricopriva la carica di
inquisitor generalis già ricoperta dalla zio Giovanni Gaetano Orsini; si veda R.PARMEGGIANI, L’inquisitore Florio cit., p. 684 nota 15.
497 “Qua de causa omnes fratres, cum cruce levata receserunt et, civitatem exeuntes, iverunt
Florentiam ad dominum fratrem Latinum cardinalem et tunc legatum ecclesie in Lombardia, et qui erat eiusdem ordinis, ad se conquerendum de predicto accessu. Post quos fratres, potestas, capitaneus, anciani et canonici parmensis ecllesie et multi alii boni homines iverunt continuo usque Regium, et de Regio Mutinam, et de Mutina Bononiam, semper instantes et supplicantes eisdem fratribus quod placeret eis reddire Parmam, et promitentes eis reficere domos et omnia dampna
per dimostrare la loro estraneità ai fatti, immediatamente svolsero un’indagine per scovare e punire gli autori della rivolta. In molti furono condannati ed espulsi dalla città, altri incarcerati (ad uno fu amputata la mano per aver testimoniato il falso); inoltre furono restituite tutte le proprietà sottratte ai frati498.
Latino Malabanca scomunicò i parmensi, nonostante i loro ripetuti tentativi di riconciliazione e lanciò sulla città l’interdetto, che si protrasse fine al 1° maggio del 1282. I frati però non tornarono subito in città, lo fecero soltanto il 18 gennaio del 1287, a distanza di otto anni dal drammatico avvenimento. La lunga durata dell’esilio, nonostante la revoca dell’interdetto, fu determinata dalla volontà dei predicatori di essere accolti dalla città di Parma con tutti gli onori: “volebant enim a Parmensibus rogari cum honore reverti” ci dice Salimbene, cosa che avvenne con una solenne celebrazione alla presenza delle autorità cittadine e di una maxima
moltitudo hominum499.
A Parma, nonostante i frati Predicatori fossero estranei alla condanna delle due eretiche, imposta e fatta eseguire dal tribunale dell’Inqusizione, presieduto dal Predicatore Florio, la rivolta prese di mira l’intero Ordine, culminanando nell’assalto al convento. Come osservato dal Paolini, nella società si era creato “un processo di identificazione fra inquisizione e ordine che affiora talvolta dagli atti dei tribunali della fede nella comune e diffusa mentalità e che intaccava l’immagine e la funzione stessa dei mendicanti e conseguentemente riduceva il loro consenso popolare”500.
Questa particolare sineddoche, sembra confermata anche dalla Cronica di Salimbene, che indica come autori della condanna delle eretiche i Predicatori, segno che anche all’interno della Chiesa era radicata questa concezione.
restituere ad eorum libitum et eorum nudo verbo credendo. Qui fratres omnino recusaverunt”,
ibidem, p. 35.
498 “Per Commune facta vero inquisitione de praedictis malefactoribus, multi banniti et condemnati
fuerunt, et quidam carcerati, et uni amputata fuit manus propter falsum testimonium, quod in praedictis reddiderat. Et etiam domus omnes dictorum fratrum integraliter per Commune Parmae fuerunt restitutae absque aliqua requisitione”, ibidem, p. 35.
499 Chronicon Parmense cit., p. 53; “Reversi sunt autem in cathedra sancti Petri. Et egressi sunt
obviam eis cum tubis et vexillis Parmenses aliqui et religiosi et honorifice receperunt et introduxerunt eos”, SALIMBENE DE ADAM, Cronica cit., p. 1730.
L’ostilità popolare, anche se non sempre manifesta in casi così eclatanti, indica che l’Inqusizione era mal tollerata all’interno della società cittadina501. Questo malessere era dovuto ai metodi di conduzione dell’azione repressiva; spesso infatti, gli inqusitori si erano macchiati di cupidigia, mostrandosi vendicativi e privi di pietas verso gli imputati, di certo questo atteggiamento non giovò al già basso consenso popolare.