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L’inizio di questo capitolo riprende alcuni temi accennati in quello precedente: gli stregoni, ma anche coloro che sono mossi dalle passioni o dalla malattia, non possono

raggiungere la verità. La verità non è qualcosa che potrebbe verificarsi per caso, né

potrebbe essere il prodotto di un accordo tra le cose fatte e coloro che le fanno.

Giamblico parla della verità che è sempre in atto e allo stesso modo, apportatrice di

tutta la conoscenza di ciò che esiste e, per tale motivo, legata alla sostanza delle cose,

stabile, immutabile e perfetta, alla quale sola deve ricondursi la divinazione. Non

dunque una verità naturale, quale può essere la prescienza dei terremoti e delle

inondazioni, diffusa persino tra gli animali perché determinata dalla simpatia cosmica.

Avere qualche intuizione che dalla natura porti l’uomo alla considerazione della realtà

o a qualche contatto con il futuro non significa, in modo alcuno, possedere una

prescienza di divinazione, giacché tale capacità non sempre è presente e si rende

operativa. In relazione a ciò, Giamblico fa l’esempio dell’arte medica e della

navigazione, esempi di una scienza che osserva in anticipo il futuro per via di analogia,

verosimiglianze e segni, ma che di fatto non ha niente in comune con la prescienza

divina. Per contro, la provvidenza divina del futuro discende senza possibilità di errore

da certe cause e la sua comprensione è legata indefettibilmente con il tutto,

permanendo stabile fra tutte le cose.

161.10-162.2

Polla\ me\n ouÅn aÃn tij qauma/seie kaiì aÃlla th=j a)ntilogikh=j kainotomi¿aj, a)ta\r dh\ kaiì th\n e)nanti¿wsin tw½n docasma/twn kataplhgei¿h aÄn ei¹ko/twj, ei¹ th=j oÀlhj u(poqe/sewj fainome/nhj mo/non para\ toiÍj go/hsin, ouÃshj d' ou)damw½j, kaiì para\ toiÍj e)k pa/qouj hÄ nosh/matoj w¨rmhme/noij, a)pathlw½j pa/ntv diakeime/noij, tolm#= le/gein w¨j eÃnesti kaiì th=j a)lhqei¿aj au)tou\j tugxa/nein.574 Poi¿a ga\r a)rxh\ tw½n

574 161.10-16:

Polla\ … tugxa/nein, Giamblico attacca nuovamente la contraddittorietà delle opinioni sostenute da Porfirio, e si scaglia contro gli stregoni (toi'" gohvsin) da un lato, e contro coloro che sono

134

a)lhqw½n hÄ ti¿j a)formh\ hÄ mikra\ hÄ mei¿zwn e)nupa/rceie th=j e)piì to\ e)n au)toiÍj e)pibolh=j;575

162.2-14

deiÍ de\ mh\ toiau/thn lamba/nein th\n a)lh/qeian, oiàa ge/noit' aÃn pote kaiì kata\ suntuxi¿an (e)pei¿ toi¿ ge kaiì toiÍj ei¹kh= ferome/noij sumpi¿ptei gra/fesqai): mhde\ toiau/thn oiâa ta\ drw¯mena pro\j ta\ drw½nta sunomologeiÍ sumfw¯nwj (kaiì ga\r kaiì taiÍj ai¹sqh/sesi kaiì taiÍj fantasi¿aij tw½n z%¯wn tau=ta su/nestin) ou)de\n ouÅn eÃxei oi¹keiÍon ou)de\ qeiÍon ou)de\ kreiÍtton th=j koinh=j fu/sewj a)lhqe/j!576 a)ll' hÀtij eÀsthke kat' e)ne/rgeian w¨sau/twj kaiì parou=san eÃxei tw½n oÃntwn th\n oÀlhn eiãdhsin, tv= te ou)si¿# tw½n pragma/twn sumfuh/j e)sti kaiì a)ptw½ti t%½ lo/g% xrh=tai kaiì telei¿wj oiåde pa/nta kaiì a)raro/twj kaiì w¨risme/nwj. Tau/thn tv= mantei¿# sunapte/on.577

agitati dalle passioni (ejk pavqou") o le malattie (noshvmato") dall’altro. La figura del goeta si contrappone,

di fatto, a quella del teurgo: il primo agisce tecnicamente, sfruttando la simpatia cosmica, dunque muovendosi nell’ambito della sola fuvsi"; il secondo, invece, agisce teurgicamente, accogliendo un dio

oppure la vita divina dentro di sé. Si tratta, allora, di distinguere due diversi tipi di processi: uno ha luogo nell’ambito della magia, l’altro opera rigorosamente all’interno di una normatività rituale con finalità soteriologiche; cfr. Shaw, Theurgy and the soul, pp. 129-131. Nel De abstinentia (II, 41, 5), inoltre, Porfirio aveva affermato esplicitamente che, mediante i demoni malvagi, si compiono tutta quanta la magia (gohteiva) e le pratiche magiche. L’evocazione dei demoni da parte degli stregoni non ha nulla a che vedere con la discesa degli dèi nel rituale teurgico. Per quanto concerne coloro che sono affetti da passioni e malattie, essi rientrano in un’altra categoria ancora, non direttamente afferente alla prima, ma nondimeno esecrabile in quanto attribuisce al corpo la causa della divinazione divina.

575

161.16-162.2: Poi¿a

e)pibolh=j

,

è chiaro, dal punto di vista giamblicheo, che né gli indovini, né coloro che sono mossi da passioni e malattie, siano in grado di rintracciare (ejpibolh'") il principio delle

verità riguardanti la prescienza. L’ajrxhv indica, anche in questo caso, la presenza e l’azione divina, le quali non possono operare al di fuori del rituale teurgico.

576

Commento 162.2-9: il passo può essere diviso in due parti: la verità 1) non va confusa con un accadimento fortuito (kata\ suntuxi¿an); 2) non è frutto di un accordo tra le cose fatte e coloro che le fanno. Un particolare di rilievo riguarda, nel primo caso, il riferimento di Giamblico ad una verità che può rintracciarsi mediante la scrittura (gravfesqai), a partire dai fatti. Le ipotesi a tale proposito possono essere le seguenti: Giamblico sta qui riferendosi all’impiego di formule scritte in grado di provocare all’opera le potenze magiche, oppure, molto più semplicemente, egli vuole sostenere che, mediante un processo di scrittura creativa, chiunque può rintracciare talune verità, desunte dall’esperienza, ma non per questo afferenti al nucleo veritativo della prescienza divina. Per quanto invece concerne la seconda parte del passo, l’A. chiama in causa quel tipo di verità il cui sostrato è comune sia agli uomini che agli animali, trattando delle sensazioni e delle immaginazioni, e che dunque conferisce loro carattere di provvisorietà; una sorta di necessità cosmica che non si può dire né divina, né superiore alla natura comune.

577 162.9-13:

a)ll’ hÀtij … sunapte/on, la sola verità che interessa Giamblico è quella che permane sempre in atto e allo stesso modo: essa racchiude in sé tutta la scienza degli enti (tw½n oÃntwn th\n oÀlhn eiãdhsin) ed è connaturale (sumfuh/j) con l’essenza dei fatti; inoltre impiega un ragionamento infallibile e

135

162.14-163.4

Pollou= aÃra deiÍ fusikh/ tij eiånai auÀth, oiàa tw½n z%¯wn e)ni¿oij seismw½n pote kaiì

u(etw½n e)mpe/fuke pro/lhyij.578 Sumpaqh\j ga\r auÀth aÃllwj sumbai¿nei

sugkinoume/nwn tinw½n z%¯wn moi¿raij tisiì tou= panto\j kaiì duna/mesin, hÄ dia/ tina ai¹sqh/sewj o)cu/thta proaisqanome/nwn tw½n periì to\n a)e/ra me\n hÃdh sumpipto/ntwn pragma/twn ou)de/pw de\ toiÍj periì gh=n to/poij sumferome/nwn.579

163.5-17

Ei¹ dh\ tau=ta a)lhqh= le/gomen, ou) deiÍ, eiã tina e)k fu/sewj e)pibolh\n ei¹j ta\ oÃnta pareilh/famen hÄ tou= me/llontoj e)pafh/n, e)gkri¿nein tau/thn w¨j mantikh\n pro/gnwsin!580 a)ll' o(moi¿a me/n e)sti mantikv=, plh\n ou)de\n auÀth bebaio/thtoj hÄ a)lhqei¿aj a)polei¿petai, to\ d' w¨j e)piì to\ polu\ tugxa/non ou)k a)eiì de\ kaiì e)pi¿ tinwn me\n ou)xiì d' e)piì pa/ntwn ai¸rou=sa!581 oÀqen dh\ ou)d' eiã ti¿j e)stin e)n taiÍj te/xnaij, wÐsper e)n kubernhtikv= te kaiì i¹atrikv=, proskopou=sa to\ me/llon ma/qhsij, ou)de\n prosh/kei tv= qei¿# prognw¯sei! e)c ei¹ko/twn ga\r a)nalogi¿zetai to\ me/llon kaiì shmei¿oij tisiì tekmhriou=tai kaiì tou/toij ou)k a)eiì pistoiÍj ou)d' w¨sau/twj sunhrthme/non eÃxousi to\ dhlou/menon, ouÂpe/r e)sti ta\ shmeiÍa dei¿gmata.582

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