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Il presente capitolo, variamente articolato, prende in esame la divinazione mediante la fotagogia, ovvero il “portare la luce” L’incontro fra la luce divina ed il veicolo etereo e

luminoso attaccato all’anima dà luogo al vaticinio. L’anima e le sue potenze sono

mosse dal volere degli dèi, in maniera duplice: o quando gli dèi sono presenti

nell’anima o quando fanno brillare su di essa una luce che li precorre, fatto salvo il

carattere trascendente e della presenza divina, e dell’illuminazione che ne consegue. In

questo modo la capacità immaginatrice dell’anima viene ispirata dall’azione degli dèi.

Tuttavia, in virtù del fatto che il contrario può ricevere il contrario, alla pari del simile

che riceve il simile, allora può verificarsi che, talvolta, coloro che portano la luce si

servano anche della tenebra, allo scopo di produrre l’illuminazione. Portare la luce è

possibile anche attraverso l’acqua, oppure proiettando la medesima su una parete o su

di un luogo solido, perché non si disperda. Comune a tutte le altre forme di divinazione

è la caratteristica della fotagogia di provenire dall’esterno e di essere indipendente e

primordiale.

132.3-18

Periì d' aÃllou ge/nouj mantikh=j le/geij tau=ta! "aÃlloi380 parakolouqou=ntej381 e(autoiÍj kata\ ta\ aÃlla, kata\ to\ fantastiko\n qeia/zousin, oi¸ me\n sko/toj sunergo\n labo/ntej oi¸ de\ katapo/seij382 tinw½n oi¸ d' e)p%da\j383 kaiì susta/seij!384

380 132.4-9:

"aÃlloi … ou)rano/n", questa l’opinione di Porfirio: vi sarebbero alcuni che, pure restando coscienti, sono ispirati secondo la loro immaginazione, dopo essersi serviti delle tenebre, di certe droghe, incantesimi e formule. Gli uni hanno visioni attraverso l’acqua; gli altri su di un muro, all’aria aperta, nel sole o in qualche altro corpo celeste. Tutto ciò sembra evocare sintomi allucinogeni tipici dell’uso di sostanze psicotrope: coloro che immaginano (fanta/zontai) avvalendosi di uno stato alterato di coscienza stabiliscono una connessione con gli dèi, benché non creino da se stessi le immagini mediante le quali essi offrono i vaticini.

381 132.4:

parakolouqou=ntej, la valenza di questo termine muta leggermente rispetto alle precedenti occorrenze (cfr. DM 103.2; 109.9). Porfirio vuole esprimere il concetto seguente: benché i profeti conservino integra la capacità di pensare, la loro immaginazione (to\ fantastiko\n), ispirata, si configura come una potenza sganciata dalla facoltà razionale.

382 132.6:

katapo/seij, Muscolino spiega che il sostantivo sottintende l’accompagnamento di labo/ntej, ragion per cui letteralmente la traduzione sarebbe prendendo le deglutizioni di alcune cose. Ecco la

87

kaiì oi¸ me\n di' uÀdatoj385 fanta/zontai oi¸ d' e)n toi¿x% oi¸ d' e)n u(pai¿qr% a)e/ri oi¸ d' e)n h(li¿% hÄ aÃll% tiniì tw½n kat' ou)rano/n". Pa=n dh\ kaiì tou=to oÁ le/geij th=j mantei¿aj ge/noj polueide\j oÄn mi#= sunei¿lhptai duna/mei, hÁn aÃn tij fwto\j a)gwgh\n e)ponoma/seien.386 AuÀth dh/ pou to\ perikei¿menon tv= yuxv= ai¹qerw½dej kaiì au)goeide\j oÃxhma e)pila/mpei qei¿% fwti¿, e)c ou dh\ fantasi¿ai qeiÍai katalamba/nousi th\n e)n h(miÍn fantastikh\n du/namin, kinou/menai u(po\ th=j boulh/sewj tw½n qew½n.387 àOlh ga\r h( zwh\ th=j yuxh=j kaiì pa=sai ai¸ e)n au)tv= duna/meij u(pokei¿menai toiÍj qeoiÍj kinou=ntai, oÀpwj aÄn <oi¸> h(gemo/nej au)th=j e)qe/lwsin.388

spiegazione fornita da Muscolino, Lettera ad Anebo, cit., p. 650: «Ho tradotto il termine katapo/seij con

deglutizione (al plurale) […]. Molto spesso nelle sedute spiritiche è usuale utilizzare delle sostanze che

accelerano il processo di alterazione psichica del medium affinché egli possa mettersi in contatto più facilmente con lo spirito e fare previsioni».

383 132.6:

e)p%da\j, il termine compare in tutto il testo un’altra volta soltanto (DM 133.18), sempre in coppia con susta/seij, e fa riferimento agli incantesimi o le formule magiche impiegati per il tipo di divinazione qui esaminato. Spiega Dodds, I greci e l’irrazionale, cit., p. 280: «Nelle Leggi, ejpw/dhv e parole

affini sono adoperate continuamente in questo senso metaforico (659 E, 664 B, 665 C, 666 C, 670 E, 773 D, 812 C, 903 B, 944 B). Si veda il disprezzo con cui Callicle adopera questa parola, Gorg., 484 A. È invece usata nel Carmide (157 A-C) in modo sensibilmente diverso: ivi l’”incantesimo” si rivela un contraddittorio socratico. Ma nel Fedone, dove il mito è un’ ejpw/dhv (114 D, cfr. 77 E – 78 A), c’è già un accenno ala parte che le ejpw/daiv avrebbero rappresentato nelle Leggi».

384 132.6:

susta/seij, sono le formule, ma anche le preghiere per ottenere l’unione con gli dèi. Secondo Van Liefferinge, La théurgie, cit., p. 97, il plesso dei tre termini sopra elencati, vale a dire, katavposi", ejpw/dhv e suvstasi" appartiene al vocabolario della magia e trova riscontro nella terminologia dei Papiri greci magici: «L’incantation (ejpw/dhv, ejpa'/sai) est attestée dans le papyrus magiques grecs. Quant au terme suvstasi", en coordination avec les ejpw/daiv, il est à prendre dans le sens de «formule». Sul significato di suvstasi" vedi anche Sodano, I misteri egiziani, cit., p. 304.

385

132.8: di' uÀdatoj, della divinazione attraverso l’acqua Giamblico parla in questo e in un altro frangente, per la precisione a p. 134.2-3. L’acqua è simpatetica con la luce divina. Sodano, I misteri

egiziani, cit., p. 305, mostra che, al livello inferiore, magico, la hydromanteia è nota ai papiri: «Hopfner

(Offenbarungzauber II 228 ss.) ha trattato dettagliatamente numerosi testi, in cui le essenze superiori sono esorcizzate in recipienti di diverso genere, riempiti di acqua o di olio, e invitate a far conoscere il futuro. Così, ad esempio, PGM VII 320-334».

386 132.9-11:

Pa=n … e)ponoma/seien, Giamblico opera, in questo caso, una sorta di reductio ad unum e riconduce suddette varianti mantiche ad un’unica forma: portare la luce (fwto\j a)gwgh\n).

387

132.11-15: AuÀth … qew½n, mediante la fotagogia la luce divina illumina il veicolo etereo e luminoso dell’anima, cosìcché le immagini divine afferrano la nostra capacità immaginativa, mosse dal volere degli dèi. La fotagogia si realizza attraverso l’illuminazione divina dell’o[xhma aijqerw'de" kai\ aujgoeidev" che avvolge l’anima. Spiega a tale proposito M. Di Pasquale Barbanti, Ochema-Pneuma e Phantasia nel

Neoplatonismo, cit., p. 145: «Questa forma di illuminazione colpisce la parte immaginativa dell’anima, la

quale, ispirata dalla divinità, viene indotta, appunto, a concepire e a raffigurare le immagini della realtà divina […]. Ora la sede o l’organo di questa potenza immaginativa è proprio l’ o[xhma-pneu'ma, in quanto, secondo l’A. del De mysteriis, la luce irraggiata dalla divinità, immateriale, inestesa e indivisibile, non può entrare in contatto con l’uomo se non attraverso una forma di illuminazione esterna che si attua su una sostanza immateriale e pura»; cfr. DM 125.1-6.

388

132.15-18

:

àOlh

e)qe/lwsin

,

solamente in questo caso il movimento assume una valenza positiva: l’anima e le potenze che sono in lei, infatti, si muovono in quanto sottomesse agli dèi che la guidano.

88

132.19-133.8

Kaiì tou=to dixw½j gi¿gnetai hÄ paro/ntwn tv= yuxv= tw½n qew½n hÄ prodramo/n ti ei¹j au)th\n fw½j a)f' e(autw½n e)pilampo/ntwn: kaq' e(ka/teron de\ to\n tro/pon xwristh\ kaiì h( qei¿a parousi¿a e)stiì kaiì h( eÃllamyij.389 ¸H me\n ouÅn prosoxh\ kaiì dia/noia390 th=j yuxh=j parakolouqeiÍ toiÍj gignome/noij, e)peidh\ tou/twn to\ qeiÍon fw½j ou)k e)fa/ptetai: e)piqeia/zei de\ to\ fantastiko/n,391 dio/ti ou)k a)f' e(autou=, a)po\ de\ tw½n qew½n e)gei¿retai392 ei¹j tro/pouj fantasiw½n, e)chllagme/nhj pa/ntv th=j a)nqrwpi¿nhj sunhqei¿aj.393

133.9-15

¹Epeiì de\ kaiì hÄ to\ e)nanti¿on dektiko/n e)sti tou= e)nanti¿ou kata\ metabolh\n kaiì eÃkstasin a)f' e(autou=, hÄ to\ suggene\j kaiì oi¹keiÍon di' o(moio/thta, dia\ tau=ta dh\ ei¹ko/twj to/te me\n sko/toj sunergo\n lamba/nousin oi¸ fwtagwgou=ntej, to/te de\

389

132.19-133.3

:

Kaiì

eÃllamyij

,

la fotagogia può compiersi in due modi diversi: o quando gli dèi sono presenti nell’anima, o quando fanno brillare su di essa una luce che li precede. In entrambi i casi la presenza del dio e l’illuminazione sono trascendenti. Commenta J. Finamore, Iamblichus on Light and

the Transparent, in H. J. Blumenthal, E. G. Clark (eds.), The Divine Iamblichus, cit., pp. 55-64, spec. p. 59:

«the divine power is separated from the lower realmanoscritto The recipient of their power is said to participate in it. There is no mixture or compound of the two elements. The divine light remains whole and incorporeal».

390 133.3-4:

prosoxh\ kaiì dia/noia, cfr. Protr. 35.21 (pa'n to\ th'" prosoxh'" o[mma): ai procedimenti discorsivi dell’intelletto va indirizzato l’intero sguardo dell’attenzione; Protr. 119.7 (eujtonwtavth"

prosoxh'")), in cui si afferma che l’insegnamento filosofico esige un’attenzione continua nell’apprendimento delle varie discipline. Nel caso del De mysteriis prosoxhv viene citato esclusivamente in quest’occasione, e se ne può dedurre il fatto che l’attenzione, in accordo con il raziocinio (dia/noia), non solo sono esclusi dall’operazione mantica, ma decretano l’assoluta indipendenza del fantastikovn.

391

133.6: to\ fantastiko/n, commentando questo passo del De mysteriis M. Di Pasquale Barbanti,

Ochema-pneuma e Phantasia nel Neoplatonismo, cit., p. 149, afferma: «Esistono dunque per Giamblico

due forme di fantasiva, una pura che agisce sotto la spinta della volontà degli dèi e che accoglie le immagini che vengono dall’alto, e una più bassa, legata alla sensibilità». Di questa seconda forma Giamblico parla a p. 250.11-15, distinguendola nettamente da quella intellettuale e divina qui presa in esame.

392 133.7:

e)gei¿retai, grazie all’azione degli dèi la capacità immaginatrice dell’anima si desta alle diverse immagini. Nel caso dei sogni umani di p. 103.5, invece, questi sono destati dalle nostre immaginazioni (ajpo\ fantasiw'n ejgeivretai), il che sembra conferire alle immagini un carattere autonomo ma prettamente fisiologico, essendo i residui delle impressioni raccolte durante lo stato di veglia, conseguentemente impresse nella memoria.

393

133.3-8:¸H … sunhqei¿aj, in tale frangente l’attenzione dell’anima ed il suo pensiero sono coscienti di ciò che accade, in quanto la luce divina non li tocca ma agisce specificamente sul fantastikovn, cioè la capacità immaginatrice dell’anima, che viene così ispirata dagli dèi e resta sotto la loro azione, incapace di produrre da se stessa le diverse immagini, quando l’abitudine umana è stata totalmente espulsa.

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