invece, non sono altro che un miscuglio di emanazioni e qualità di ogni genere,
contrarie fra loro, che in nessun modo possono assimilarsi ad una potenza pura e
perfetta, tanto sono imperfette ed instabili. Tra le modalità di attivazione di queste
immagini l’Autore menziona quelle che si producono a causa dei vapori che esalano
dall’incenso, screditandole severamente e giudicandole intollerabili, in quanto
pretendono di rivolgersi ad esse come se fossero degli dèi. Per contro, la natura del
saggio non sarà quella di abbandonare la propria anima a realtà che la ostacolano, né
tantomeno a fantasmi oscuri.
171.5-13
Dia\ ti¿ dh\ ouÅn au)to\j me\n o( tau=ta drw½n ei¹dwlopoio\j a)nh\r e(auto\n a)fi¿hsi beltio/na oÃnta kaiì e)k beltio/nwn628 gegono/ta, toiÍj de\ a)yu/xoij ei¹dw¯loij kaiì mo/nv tv= e)mfa/sei th=j zwh=j629 e)pipneome/noij, a(rmoni¿# te e)piskeuastv= kaiì polueideiÍ sunexome/noij eÃcwqen,630 e)fhme/roij te a)texnw½j ouÅsin a)popisteu/ein fai¿netai;
628
172.6-7: e)k beltio/nwn, l’espressione, spiega Moreschini, I misteri degli Egiziani, cit.,pp. 282-283, «è ricavata dal Fedro di Platone (253d), ove designa il cavallo migliore, cioè la parte irascibile dell’anima. Una citazione «nobile» viene applicata da Giamblico a una dottrina che egli respinge, per cui si deve pensare che, in questo contesto, il riferimento a Platone è ironico. Infatti, per Giamblico, il fabbricatore delle immagini è poco più che un ciarlatano».
629 171.8:
tv= e)mfa/sei th=j zwh=j, l’accusa non è nuova. Giamblico, infatti, ha già formulato una simile obiezione alle pp. 129.18-130.6: anche in quel caso egli denunciava la falsità e l’inganno di certi uomini che, mediante artifici, ricavano un’apparizione (e[mfasin) oscura ed immaginaria degli dèi. Tornando al presente passo egli ribadisce che, nelle immagini inanimate, è stata ispirata solamente l’apparenza della
vita. Con il vocabolo e[mfasi" si vuole connotare non già l’inoperosità assoluta dei simulacri, quanto la loro animazione ad opera di potenze inferiori a quelle divine, che Giamblico classifica polemicamente come a)yu/xoij ei¹dw¯loij.
630 171.8-9:
a(rmoni¿# … eÃcwqen, le immagini sono tenute insieme da un’armonia creata artificialmente, e multiforme, giacché ad agire dall’esterno non sono gli dèi, bensì i preparati dell’arte magica.
148
po/teron to\ gnh/sion kaiì a)lhqe\j631 e)n au)toiÍj u(pa/rxei; a)ll' ou)de\n tw½n u(po\ a)nqrwpi¿nhj te/xnhj sumplattome/nwn ei¹likrine/j e)sti kaiì kaqaro/n.632171.13-172.2
¹
Alla\ to\ a(plou=n kaiì monoeide\j th=j e)nergei¿aj hÄ th=j oÀlhj susta/sewj e)n au)toiÍj e)pikrateiÍ;633 panto\j me\n ouÅn lei¿pei! kata\ ga\r th\n fainome/nhn su/nqesin e)k pantodapw½n kaiì u(penanti¿wn poioth/twn sumpefo/rhtai.634 ¹Alla\ du/nami¿j tij a)kraifnh\j kaiì telei¿a diafanh/j e)stin e)n au)toiÍj; ou)damw½j. ¹Epeiì pollaxo/qen e)pi¿kthto/n ti sugkekro/thtai to\ toiou=ton plh=qoj tw½n a)porroiw½n a)sqene\j kaiì e)ci¿thlon e)pideiknu/menon.635
172.2-9
¹
All' ei¹ mh\ tau=ta, to\ mo/nimon pa/resti toiÍj ei¹dw¯loij oiâj le/gousin ouÂtoi; pollou= ge kaiì deiÍ! e)peiì tau=ta/ ge polu\ qa=tton tw½n e)n kato/ptroij o(rwme/nwn ei¹dw¯lwn a)posbe/nnutai.636 ¹Epiteqe/ntoj me\n ga\r tou= qumia/matoj a)po\ tw½n a)naferome/nwn a)tmw½n suni¿statai eu)qu/j! a)nakraqe/ntoj de\ ei¹j to\n oÀlon a)e/ra
631
171.11:gnh/sion kaiì a)lhqe\j, trattandosi di opere effimere Giamblico domanda retoricamente se mai possano trovarsi in esse purezza e verità.
632 171.11-13:
a)ll' ou)de\n … kaqaro/n, la risposta al suddetto quesito è ovviamente negativa: scrive l’A. che nulla di tutto ciò che viene assemblato per mezzo dell’arte umana è genuino e puro. L’espressione a)nqrwpi¿nhj te/xnhj rimanda, prima ancora che all’arte magica, alla tecnica divinatoria che si contrappone alla divina teurgia.
633
171.13-14: Alla\ … e)pikrateiÍ, tali immagini non posseggono, com’è naturale, la semplicità e l’uniformità dell’opera divina e della sua creazione universale.
634 171.15-17:
panto\j … sumpefo/rhtai, più in generale Giamblico si caglia contro questo gran numero di emanazioni, un ammasso di qualità d’ogni sorta, contrarie fra loro, la composizione delle quali è opera dell’arte magica.
635 171.17-172.2:
Alla\ …e)pideiknu/menon, viene qui sostanzialmente ribadito il medesimo concetto delle righe precedenti. Nulla di puro e perfetto può rintracciarsi nell’arte magica: la sua consistenza, proveniente dall’esterno, appare come qualcosa di disordinato, di debole ed effimero. Sulla debolezza di queste immagini cfr. DM 130.5.
636 172.2-6:
¹All' ei¹ … a)posbe/nnutai, nessuna stabilità può essere accordata alle immagini di cui parlano coloro che le fabbricano: esse, infatti, si dissolvono più velocemente di quelle che si vedono negli specchi. L’espressione e)n kato/ptroij era già stata impiegata a proposito delle apparizioni dei fantasmi: «ma gli dèi e i loro seguaci svelano le loro vere immagini e non propongono affatto dei fantasmi di sé, alla maniera dei riflessi che son prodotti dall’acqua o dallo specchio (DM 94.1-5, trad. Moreschini).
149
au)tou= kaiì diaxuqe/ntoj, kaiì au)to\ eu)qu\j diale/lutai, kaiì ou)d' a)karh= pe/fuken e)pime/nein.637172.10-173.2
Dia\ ti¿ dh\ ouÅn eÃstai perispou/dastoj a)ndriì filoqea/moni th=j a)lhqei¿aj h( peritth\ auÀth qaumatopoii¿a;638 e)gwÜ me\n ou)deno\j a)ci¿an au)th\n h(gou=mai. Kaiì ei¹ me\n gignw¯skousa au)ta\ tau=ta e)f' oiâj e)spou/dake kaiì periì aÁ diatri¿bei, ta\ pla/smata th=j pampaqou=j uÀlhj a)spa/zetai, a(plou=n aÄn eÃxoi to\ kako/n. Plh\n e)keiÍno/ ge au)tv= u(pa/rcei, to\ a)fomoiwqh=nai toiÍj ei¹dw¯loij e)n oiâj th\n pi¿stin e)n au)toiÍj iàdrusen.639 Ei¹ de\ kaiì w¨j qeoiÍj prose/xei toiÍj ei¹dw¯loij tou/toij, ouÃte lo/g% r(hto\n ouÃte eÃrg% forhto\n eÃstai to\ aÃtopon.640
173.2-8
Ou)de/pote ga\r ei¹j th\n toiau/thn yuxh\n e)pila/myei tij au)gh\ qei¿a! ouÃte ga\r pe/fuken e)ndi¿dosqai au)tv= toiÍj aÀpac a)ntidrasqeiÍsin, ouÃte eÃxei xw¯ran ei¹j hÁn
637 172.6-9:
¹Epiteqe/ntoj … e)pime/nein, il richiamo è alla tecnica del bruciare incenso, grazie alla quale si addensano dei vapori che generano delle immagini. Quando, tuttavia, l’incenso si mescola alla totalità dell’aria e viene disperso, allora svanisce subito anche l’immagine, che si dissolve rapidamente. Spiega Sodano, I misteri egiziani, cit., p. 314: «Con questa specie di mantica – non testimoniata da altre fonti – si pretendeva divinare il futuro interpretando le volute e le figure che prendeva il fumo esalante dall’incenso bruciato su carboni accesi. Si aggiungevano probabilmente altri espedienti, mediante i quali si potevano creare vapori di forma e di colore diversi o si riflettevano immagini di dèi e demoni sulla massa del fumo ondeggiante e fluttuante, sì da farle apparire piene di vita […] Nel libro IV della Refutatio
Omnium Haeresium Ippolito ricorda numerosi stratagemmi magici che potrebbero dare un’idea
approssimativa di questo metodo divinatorio». 638 172.11:
qaumatopoii¿a, alla lettera prestidigitazione, illusionismo; cfr. Platone, Resp. 602d.
639 Commento 172.10-173.2: la verve polemica di Giamblico si fa ancora più aspra: per quale motivo, egli domanda, colui che vuole contemplare la verità dovrebbe prestare attenzione a simile cialtroneria? Il danno sarebbe poco qualora quest’anima si accontentasse di conoscere suddette creazioni artificiali della materia sensibile, per la quale ha dimostrato interesse e sulle quali si affatica: ad essa, precisa Giamblico, avverrà solamente di somigliare alle immagini di cui ebbe fede. Secondo des Places, Les
mystères d’Égypte, cit., p. 142, quest’ultima affermazione imiterebbe due passi biblici, Dt. 32,17 («essi
sacrificarono a degli idoli che non sono Dio, a divinità che non conoscevano…, che i loro padri non veneravano») e Sal. 115,8: «Siano simili a loro quelli che li fabbricano, quelli che confidano in loro». 640 172.17-173.2:
Ei¹ de\ … aÃtopon, la cialtroneria di chi crede in questo tipo di arte degenere, qualora veramente guardasse a questi idoli come a delle divinità, non si potrà né esprimere a parole né sopportare nei fatti.
150
de/cetai au)th\n ta\ katexo/mena u(po\ tw½n skioeidw½n fantasma/twn! skiaiÍj ouÅn sune/stai pollaiÍj a)po\ th=j a)lhqei¿aj h( toia/de tw½n fantasma/twn qaumatourgi¿a.641641 Commento 173.2-8: La conclusione del capitolo è quasi sprezzante. Secondo Giamblico l’anima di tali ciarlatani non verrà mai illuminata dal raggio divino: questo, infatti, non ha la natura di concedersi a chi una volta le si contrappose, né ha spazio in cui possono riceverla gli esseri dominati da fantasmi tenebrosi. Pertanto, questa magica produzione di fantasmi resterà unita a molte ombre, che la terranno lontana dalla verità.