procede da piccole scintille, a loro volta suscitate dalle cose che l’anima dice e
immagina, in modo casuale. Giamblico rigetta questa spiegazione, colpevole di
introdurre la casualità nell’opera divina, condizione ovviamente inaccettabile. Ogni
attività umana, infatti, è prodotta da ciò che è umano, mentre ciò che è divino non può
che discendere da una causa trascendente. L’anima umana, trattenuta nel corpo, non
sarebbe in grado di sviluppare da se medesima un’attività di questo genere. Basta
anche solo partecipare agli dèi ed esserne illuminati per comprendere che tali opere
divine non sono proprie delle anime umane. L’attività teurgica è tutt’altra cosa e solo
gli dèi garantiscono la sua riuscita, ché altrimenti non vi sarebbe neanche bisogno del
culto se gli uomini riuscissero a procurarsi autonomamente i beni divini. Anche questa è
un’opinione da rigettare completamente.
147.16-148.12
åAr'ouÅn e)fe/menoi tou/twn eu)lo/gwj aÄn th\n deute/ran para\ soiì tiqeme/nhn ai¹tiologi¿an501 periì tw½n au)tw½n a)podecai¿meqa w¨j h( yuxh\ tau=ta le/gei te kaiì fanta/zetai, kaiì eÃsti tau/thj pa/qh e)k mikrw½n ai¹qugma/twn e)geiro/mena;502 a)ll'ouÃte eÃxei fu/sin tau=ta ouÃte o( lo/goj ai¸reiÍ w¨diì u(polamba/nein! pa=n me\n ga\r to\ gigno/menon u(p' ai¹ti¿ou tino\j gi¿gnetai, kaiì to\ suggene\j u(po\ tou= suggenou=j a)poteleiÍtai, to\ de\ qeiÍon eÃrgon ouÃte au)to/mato/n e)stin
(a
)nai¿tion ga\r to\ toiou=ton501 147.16-148.3:
åAr'ouÅn … ai¹tiologi¿an, con l’espressione th\n deute/ran ai¹tiologi¿an Giamblico sta probabilmente considerando come prima fase del ragionamento quella descritta nel cap. XIX, a proposito del fatto che il dio si renda presente solo ad alcuni, ma non ad altri. Saffrey, Lettre à Anébon
l’égyptien, cit., p. 31, scrive che anche questa seconda spiegazione di Porfirio è «encore une explication
d’ordre humain («émotions de l’âme»). 502 148.1-3:
le/gei … e)geiro/mena, questo genere di divinazione per cui l’anima, attraverso la sua passione, parla e immagina, sarebbe provocato da piccole scintille.
114
kaiì ou) pa/ntwj tetagme/nonŸ, ouÃte a)p'a)nqrwpi¿nhj ai¹ti¿aj a)pogenna=tai!503 a)llo/trion ga\r kaiì tou=to kaiì u(podee/steron, to\ de\ teleio/teron u(po\ tou= a)telou=j ou)k eÃxei du/namin para/gesqai. Pa/nta aÃra a)po\ qei¿aj ai¹ti¿aj a)poblasta/nei ta\ proso/moia au)tv= eÃrga fuo/mena.504148.12-149.3
¸H ga\r a)nqrwpi¿nh yuxh\ kate/xetai u(f'e(no\j eiãdouj kaiì u(po\ tou= sw¯matoj pantaxo/qen e)piskoteiÍtai!505 oÀper eiãte ¹Ame/lhta potamo\n eiãte Lh/qhj uÀdwr eiãte aÃgnoian kaiì parafrosu/nhn eiãte dia\ paqw½n desmo\n eiãte zwh=j ste/rhsin eiãte aÃllo ti tw½n kakw½n e)ponoma/seien, ou)k aÃn tij e)paci¿wj euÀroi th\n a)topi¿an au)tou= prosonoma/sai.506 Po/te ouÅn u(po\ toiou/tou ei¸rgmou= katexome/nh i¸kanh/ pote aÄn ge/noito pro\j th\n toiau/thn e)ne/rgeian, ou)k eÃstin ou)damw½j tou=to euÃlogon u(polamba/nein.507
149.4-12
Ei¹ ga/r pou/ ti kaiì dokou=men eiånai dunatoiì poieiÍn t%½ mete/xein kaiì katala/mpesqai u(po\ tw½n qew½n, tou/t% mo/n% kaiì th=j qei¿aj e)nergei¿aj
503
148.3-8: a)ll'ouÃte eÃxei … a)pogenna=tai, Giamblico ritiene razionalmente inaccettabile la posizione avanzata da Porfirio. Infatti tutto ciò che viene all’esistenza discende da una causa che è della sua stessa natura. L’opera divina, pertanto, non può essere casuale (ciò che è privo di causa non è sottoposto ad un ordine) e non è generata da una causa umana.
504 148.8-12:
a)llo/trion … fuo/mena, le cause umane sono estranee ed inferiori, laddove ciò che è più perfetto non può essere prodotto dall’imperfetto (cfr. DM 150.14-15; 153.12-13). Sodano ricorda che lo stesso principio si trova formulato da Proclo nella 7a proposizione degli Elementi di teologia (p. 8, 1-28). Si veda anche Plotino, Enn. V 4 [7] 1; V 5 [32] 13; Proclo, In Ti. 79e (I 259,27-29); Porfirio, Sent. 13 (cfr. Sodano, I misteri egiziani, cit., pp. 311-312).
505 148.12-14:
¸H ga\r … e)piskoteiÍtai, l’anima umana è trattenuta da una sola forma ed è ottenebrata d’ogni parte dal corpo. In altre parole Giamblico sta cercando di spiegare che, in simili condizioni, non sarebbe possibile all’anima sviluppare una qualsivoglia forma di divinazione ispirata.
506
148.14-18: oÀper eiãte … prosonoma/sai, proprio il fatto che l’anima sia trattenuta nel corpo, qualsiasi definizione si offrisse del suo stato, questa esula dalla capacità divinatoria addotta da Porfirio. Giamblico cita il «fiume dell’oblìo», l’acqua del Lete l’ignoranza, la follia, il legame delle passioni, la privazione della vita ed infine il male. Sodano, I misteri egiziani, cit., p. 312, mostra che entrambi i corsi d’acqua sono ricordati insieme da Platone (cfr. Rep. 621a 2-6). Il Lete, spiega lo studioso, «denuncia lo stato di ignoranza dopo che l’anima è caduta nel corpo; cfr. anche Phdr. 250a 1-4 […], Proclo, in Ti. 26b (I 82.30- 83.6) […] Porfirio, Marc. 6; Sent. 29, p. 19, 10-13». Il fiume Ameleto, al pari dello Stige, diviene il simbolo tenebroso e oscuro del corpo.
507
148.18-149.3: Po/te ouÅn
…
u(polamba/nein, per i motivi di cui sopra l’anima è trattenuta(
katexome/nh)
come dentro una prigione, ragion per cui non potrebbe mai rendersi capace di un’attività che, tra le altre cose, pertiene esclusivamente agli esseri superiori.115
a)polau/omen.508 Dia\ tou=to ou)x h( th\n oi¹kei¿an eÃxousa a)reth\n kaiì fro/nhsin yuxh/, auÀth kaiì tw½n qei¿wn eÃrgwn mete/xei!509 kai¿toi ei¹ yuxh=j hÅn ta\ toiau=ta eÃrga, hÄ pa=sa aÄn au)ta\ yuxh\ a)peirga/zeto, hÄ mo/nh h( th\n oi¹kei¿an eÃxousa teleio/thta!510 nu=n de\ ou)dete/ra au)tw½n i¸kanw½j ei¹j tou=to pareskeu/astai! a)lla\ kaiì h( telei¿a w¨j pro\j th\n qei¿an e)ne/rgeia/n e)stin a)telh/j.511149.13-150.2
ãAllh aÃra h( qeourgo/j e)stin e)ne/rgeia, kaiì para\ mo/nwn qew½n h( tw½n qei¿wn eÃrgwn e)ndi¿dotai kato/rqwsij,512 e)peiì ou)d'e)xrh=n oÀlwj tv= qerapei¿# tw½n qew½n xrh=sqai, a)lla\ tou/t% ge t%½ lo/g% aÃneu th=j qrhskei¿aj par' e(autw½n aÄn h(miÍn u(ph=rce ta\ qeiÍa a)gaqa/.513 Ei¹ de\ tau=ta maniw¯dh ta\ doca/smata/ e)sti kaiì a)no/hta, a)fi¿stasqai xrh\ kaiì th=j toiau/thj u(ponoi¿aj, w¨j ai¹ti¿an parexome/nhj a)cio/logon pro\j th\n tw½n qei¿wn eÃrgwn a)poplh/rwsin.514
508
149.4-6:Ei¹ ga/r … a)polau/omen, per il solo fatto di poter far qualcosa ed essere illuminati dagli dèi, gli uomini godono dell’opera divina.
509 149.6-8:
Dia\ tou=to … mete/xei, l’umana virtù, e la prudenza, non influiscono sulla partecipazione dell’anima alle opere divine (cfr. DM 176.10-13). Soltanto la divina mantica produce nelle anime la virtù
perfetta (179.8, hJ teleiva ajreth\), ed è a partire da questo processo di divinizzazione progressiva che l’anima teurgica riveste una funzione politica, dal momento che la celebrazione del rito teurgico adempie propriamente al compito di liberarla dal fato, aprendola all’azione – evidentemente non prevedibile - della divina provvidenza.
510 149.8-10:
kai¿toi … teleio/thta, se, come sostiene Porfirio, le opere scaturissero dall’anima, o le eseguirebbe ogni anima, oppure solamente quella che possiede la sua propria perfezione.
511
149.10-12: nu=n … a)telh/j, per la verità nessun tipo di anima è in grado di traguardare una perfezione tale da sostituirsi all’attività divina: l’anima perfetta, afferma Giamblico, resta comunque imperfetta rispetto all’opera divina.
512
149.13-14: ãAllh aÃra … kato/rqwsij, l’attività teurgica è completamente distinta da quella umana e, per giunta, solamente gli dèi concedono il buon risultato dell’opera divina.
513 149.14-17:
e)peiì … a)gaqa/, Stando al ragionamento di Porfirio non vi sarebbe stato nemmeno bisogno della pratica cultuale, dal momento che i beni divini sarebbero venuti agli uomini da soli. Occorre sempre tenere presente il fatto che, nella sua Lettera, Porfirio difende strenuamente l’ideale filosofico dell’ascesi intellettuale su base non ritualistica.
514149.17-150.2:
Ei¹ de\ … a)poplh/rwsin, la chiusura del presente capitolo disapprova completamente quanto, fino adesso, è emerso dalla confutazione della posizione porfiriana. La sua è una supposizione (uJponoiva"), dalla quale occorre prendere le distanze. Giamblico le ha definite opinioni pazze e stupide,
ma nel capitolo successivo egli introdurrà il terzo argomento addotto dal suo interlocutore a proposito dell’ispirazione mantica.