Nei primi due capitoli mi sono soffermato su alcuni concetti utili per fornire gli stru- menti operativi funzionali alla soluzione della ricerca. Tali strumenti riguardano la comprensione delle qualità del metodo di studio da dover impiegare e i dati generali che caratterizzano l’argomento in esame. Ritengo ora importante, per continuare lungo il percorso necessario a dimostrare la mia tesi, affrontare una serie di temi che si carat- terizzano per il fatto di essere accomunati da una grande attenzione al dato storico. Verranno prese in esame, descrivendole e interpretandole, quelle vicende appartenenti al secolo trascorso che, in modo molto più netto rispetto alle altre, sono state capaci di presentare il paradigma di uno o più concetti riguardanti il tema della chiesa-edificio. L’obiettivo di questo aspetto della ricerca consiste nell’analizzare i modi concreti, quelli cioè che permettono alle idee di diventare architettura, attraverso i quali in passato altri hanno cercato di definire gli spazi destinati ad accogliere la Chiesa riunita in preghiera. Partendo dal pieno rispetto della metodologia della ricerca storica, per via della quale ogni evento dell’uomo deve innanzi tutto essere ripensato in modo inscindibile rispetto al proprio contesto spazio-temporale e secondariamente essere considerato significativo e perciò attuabile unicamente in riferimento alla propria epoca, dovremmo cercare di svelare la natura delle relazioni logiche e semantiche attinenti al processo di ideazione, progettazione e costruzione, senza mai cadere nella tentazione di pretenderne una immediata spendibilità o rivisitazione. Il proposito infatti è riuscire a comprenderne gli elementi essenziali, avendo però come fine ultimo il bisogno di definire lo stato delle cose e non tanto la ricerca pedissequa di suggerimento operativo. Da questo ragiona- mento analitico sul processo e sulla definizione recente delle pratiche che caratterizzano il tema della chiesa-edificio, sarà più facile desumere i termini di crisi che contraddistin- guono le metodologie impiegate nel passato e conseguentemente trarne degli spunti necessari ad affinare quelle da noi proposte.
In questa dichiarazione coesistono un insieme di concetti implicitamente espressi, per i quali si è già avuto modo di fornire in precedenza una trattazione esaustiva, nonostante ciò può essere utile richiamare i termini essenziali di due argomenti particolarmente significativi per quanto andremmo a esporre. Prima di tutto bisogna essere consapevoli che gettare uno sguardo sulla storia vuol dire osservarla e interpretarla come tradizione che garantisce il perpetuarsi delle conoscenze acquisite. Percepire l’importanza e la necessità di tale contesto, ci permette di avere una solida base da cui riuscire a promuo- vere con maggiore efficacia le innovazioni per il nostro futuro. La storia è in questo senso il primo momento critico per ogni concreto operare in architettura, poiché attra- verso la conoscenza dei suoi elementi determinanti si riesce a ipotizzare una soluzione alle eventuali incongruenze che possono riguardare il tema in questione.
Tali carenze, e questo è il secondo punto d’approfondimento, non riguardano la sostanza cioè il contenuto degli argomenti in questione, i quali come si è detto sono sempre relativi a un ben definito contesto storico-culturale perciò limitati e perfettibili, ma appartengono allo specifico ambito della metodologia. Esistono cioè, all’interno dei processi che determinano la configurazione di particolari eventi storici, delle anomalie e delle imperfezioni che riguardano la definizione e l’applicazione dei modi necessari per poter rendere utilizzabili i principi fondamentali. Un preventivo atteggiamento critico nei confronti delle tradizioni custodite nella storia serve a scovare i suddetti limiti e successivamente a poter proporre delle soluzioni correttive.
E’ generalmente riconosciuto che il Movimento Moderno1 sia nell’attività dei suoi
grandi maestri sia attraverso le organizzazioni e le correnti d’avanguardia che lo hanno espresso, non si è mai avvicinato con particolare attenzione e risonanza al tema dello spazio sacro e benché meno a quello della chiesa-edificio di rito cattolico. L’impressione, che può dedursi dalla conoscenza dei fatti riguardanti quella specifica esperienza cultu- rale, è quella di un preordinato e volutamente ricercato disinteresse, in alcuni casi rifiuto, nei confronti di un approccio sistematico e complessivo al tema degli edifici destinati alle attività cultuali. Infatti, nonostante siano stati molti gli studi che hanno tentato di descrivere le mutate condizioni della vita dell’uomo moderno e altrettante le sperimen- tazioni che si sono cimentate nella ricerca di nuovi linguaggi architettonici e nuove soluzioni spaziali e funzionali, appare evidente che gli interpreti del Movimento Moderno hanno volutamente estromesso dai loro particolareggiati percorsi di rifles- sione ogni aspetto che riguardasse la dimensione spirituale della vita dell’uomo. In verità i fatti, seppur molto vicini alla descrizione proposta, ci raccontano della presenza di molte altre piccole variabili che, confondendosi nel più generale quadro d’insieme, non ci permettono di comprendere l’effettiva articolazione dei significati
relativi all’oggetto del nostro studio. Si pensi, ad esempio, alla importante esperienza di ricerca progettuale in chiave modernista di alcune chiese cattoliche costruite in Germania tra gli anni Venti e Trenta,2 oppure alle precedenti sperimentazioni neogo-
tiche realizzate in Francia a metà Ottocento che si avvalsero delle nuove conquiste tecnologiche dell’acciaio e del vetro.3Esse testimoniano la presenza di un solerte anche
se latente percorso di ricerca che, nonostante l’egemonia culturale del Movimento Moderno, ha creduto nella possibilità di riuscire ad applicare i linguaggi d’avanguardia anche agli edifici destinati alle attività cultuali.
Proporre un cammino interpretativo del tema della chiesa-edificio nella tradizione catto- lica che tenga conto della complessità dei fatti appena esposti, presuppone una particolare sensibilità nella lettura anche di quegli elementi fino a ora trascurati poiché all’apparenza meno rilevanti. Ha senso allora chiedersi non solo perché il Movimento Moderno ha volutamente ignorato il tema dello spazio sacro, ma anche perché la storio- grafia ufficiale non ha mai dato particolare risonanza a quelle esperienze secondarie, seppur interessanti, a cui abbiamo precedentemente accennato e delle quali non è ancora stato chiarita la reale portata.
Oppure perché, nonostante questo esplicito disinteresse verso il tema dello spazio sacro da parte della cultura architettonica ufficiale, negli anni tra le due guerre e successiva- mente per tutti gli anni Sessanta moltissime chiese-edificio sono state costruite rifiutando ogni interazione semantica con la cultura della società allora presente. Non è infatti inusuale imbattersi in edifici adibiti al culto che, pur essendo stati costruiti nell’arco temporale a cui prima si è fatto riferimento, ripropongono temi architettonici ormai da molto tempo desueti. Infine, potrebbe essere di notevole importanza capire l’atteggiamento avuto dalla committenza, cioè la Chiesa Cattolica, sia di fronte alle intemperanze e alla alterigia del Movimento Moderno e più in generale di tutto il modernismo sia nel sostegno e nella compiacenza verso quelle manifestazioni architet- toniche volutamente declinate nei procedimenti formativi eclettici.