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le ragioni essenziali della distanza tra il modernismo e il tema della chiesa-edificio

benché il termine moderno abbia una storia molto più lunga alle spalle, il progetto della modernità cominciò a delinearsi chiaramente a partire dal XVIII secolo quando i pensa- tori illuministi proposero un sistema filosofico e formale capace, secondo le loro intenzioni, di migliorare le condizioni di vita dell’uomo e della società. Da quel momento in poi una lunga serie di esperienze ha, con criteri molto diversi tra di loro, cercato di perseguire lo stesso ideale: si sono progressivamente costituiti e sviluppati degli approcci intellettuali e strutturali che, avvalendosi di principi fondanti di volta in volta idealmente più utili, hanno cercato di apportare una rivoluzione sociale e culturale a servizio della libertà dell’uomo.

In tal senso il progetto della modernità non è univocamente definibile: esso si può scomporre in differenti percorsi, a volte sostitutivi e in altri complementari, i cui effetti però non vanno pensati né autonomamente attivi né limitati poiché essi, nel corso del tempo, si sono propagati senza soluzione di continuità e in molti casi intersecandosi gli uni agli altri. Ad esempio il cosiddetto modernismo universale, che divenne egemone dopo il 1945, è l’espressione di una società in cui si cerca di realizzare «una versione capitalistica del progetto illuministico di sviluppo per il progresso e l’emancipazione umana [...] Il modernismo che ne risultava era di conseguenza positivistico, tecnocentrico e

razionalistico e veniva imposto come opera di avanguardia elitaria di urbanisti, artisti,

architetti, critici e altri guardiani del gusto».12

Si assiste a una sorta di riciclo, per via del quale il capitalismo costituito intorno alle grandi società internazionali si carica di quei valori e di quelle aspirazioni che, seppur derivanti da un progetto ormai decaduto come quello illuminista, sono ormai cristal- lizzati e metabolizzati all’interno dei modelli culturali e sociali esistenti.

Ammettere che il moderno si compone di un insieme di percorsi diversi rappresenta, oltre che un atto di onestà storica e scientifica, anche il presupposto necessario a capire gli elementi costanti del progetto della modernità rappresentati da tutti quei sistemi concettuali che, diventati visibili a seguito di una riduzione o rimozione degli aspetti superficiali, costituiscono il substrato strutturalmente rilevante comune a tutta la cultura del ‘900. Ci sono, ad esempio, classificazioni che periodizzano il modernismo in tre grandi fasi: modernismo estetico, modernismo eroico, modernismo universale;13in ognuna di esse

ovviamente appaiono delle peculiarità che giustificano l’esistenza della classificazione stessa, ma che se non rielaborate costituiscono un limite alla comprensione più profonda del problema.

In quanto espressioni diverse di un unico riferimento culturale e concettuale, cos’è che accomuna tra di loro le varie manifestazioni del modernismo?

«La “modernità” scriveva baudelaire nel suo saggio, ricco di spunti, ‘Il pittore della vita

moderna’ pubblicato nel 1863, “è il transitorio, il fuggitivo, il contingente, la metà dell’arte,

di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile”. Vorrei dedicare la massima attenzione a questo incontro dell’effimero e del fuggevole con l’eterno e l’immutabile. La storia del modernismo in quanto movimento estetico ha oscillato fra questi due estremi, dando spesso l’impressione, come osservato da Lionel Trilling [1966], di poter giocare con il proprio significato fino a trovarsi rivolta nella direzione opposta. Utilizzando il senso della tensione proposto da baudelaire possiamo, credo, comprendere meglio alcuni dei signifi- cati contrastanti attribuiti al modernismo e alcune delle sue correnti artistiche così straordinariamente diverse, oltre ai giudizi estetici e filosofici pronunciati in suo nome».14

Le parole di David Harvey, seppur ancora troppo generali e non relazionate al tema della nostra indagine, costituiscono un primo importante contributo per poter riuscire a rispondere alla domanda che poco sopra si è formulata. Infatti, intorno alla relazione dialogica tra il transitorio e l’assoluto sembrano costituirsi una serie di particolari sviluppi che, articolando il concetto generale, forniscono una più ampia e precisa qualificazione dell’essenza della modernità.

Per cercare di oltrepassare questo limite apparente è innanzitutto fondamentale stabilire quale sia il contesto di applicazione di questi concetti. Il modernismo, muovendo i propri passi a partire dalle concrete esigenze della società, ha sempre cercato di ascoltare lo spirito dell’epoca in cui si collocava, di modo che ogni suo nuovo modello estetico non fosse mai percepito come un’imposizione o un’astrazione: i suoi schemi espressivi vanno in generale visti come la concreta manifestazione della temperie culturale del tempo e, seppur indirettamente, la società intera ne è responsabile. Il modernismo, allora, facendosi interprete di un sentimento diffuso, non può essere considerato come il solo artefice e responsabile delle manifestazioni culturali che contraddistinguono l’epoca moderna: esso è la parte cuspidale di un insieme di relazioni concettuali molto più ampio nel cui interno è essenziale focalizzare l’attenzione.

Nell’identità riconosciuta tra modernismo e società, l’intima unione tra il transitorio e l’assoluto si esprime, forse prima di ogni altra cosa, nell’imprescindibile esigenza di inno- vazione e cambiamento che fin dai primi sviluppi dell’illuminismo divenne una costante del pensiero comune. Essa assume i caratteri di una netta frattura con tutta la tradizione storica precedente, recente e passata, dimostrando un chiaro disinteresse non solo per ogni ordine sociale pre-moderno, ma anche per la sua stessa cultura.

CASPARDAVID FRIEDRICH, Abbazia nel querceto, berlino, Castello di Charlottenburg, 1809

E’ chiaro il riferimento alle avanguardie, che attraverso l’utilizzo di improvvisi slanci, hanno saputo determinare l’interruzione di ogni senso di continuità: la loro azione era finalizzata alla produzione instancabile di nuovi significati, addirittura capaci di contrad- dire le loro stesse esperienze razionali più recenti. Questo vortice di transitorietà assume una definizione più coerente se lo si pensa come propedeutico alla costruzione di un ordine ideale completamente nuovo che consiste nel dare forma e nel realizzare un progetto immaginario pensato al di fuori di ogni reale contesto storico, culturale, sociale e finalizzato a raggiungere la perfezione; ciò richiede in modo categorico un’assenza totale di tradizioni e di condizioni pregresse vincolanti.

Diversi sono i modelli di cui la società moderna ha aspirato la realizzazione. I pensatori illuministi avevano come fine lo sviluppo di una scienza obiettiva, di una forma di progresso benevola, di una morale e un diritto universali e di un’arte autonoma. Il movimento romantico cercò di andare oltre e promosse la ricerca dell’esperienza este- tica quale anello di congiunzione tra la conoscenza e la morale. Sull’onda del romanticismo e in seguito ai moti del 1848 in tutta Europa si cercò di superare la fiducia nell’ineluttabilità del progresso e l’unicità del punto di vista del pensiero illuminista, promuovendo un approccio basato su prospettive multiple e sul relativismo visti in quanto strumenti interpretativi di una realtà unificata seppur complessa.

G. DECHIRICO,

Le Muse inquietanti, Milano

collezione privata, 1918

R. DELAUNAy,

La Tour Eiffel, Venezia

Il dramma della prima guerra mondiale, però, impose al modernismo la ricerca di nuovi stimoli che, una volta rifiutata la perfettibilità illuminista e riconosciuto il caos al quale aveva portato l’eccessiva frammentazione dovuta al romanticismo, furono indicati nella concezione di nuovi miti adeguati alla modernità: la razionalità incorporata nella macchina, il positivismo logico, la velocità e la forza, la patria, il proletariato; essi sono declinazioni diverse del medesimo desiderio mitologico. Purtroppo l’esasperazione del mito ben presto condusse verso l’illusione e la pazzia della seconda guerra mondiale; a essa le nazioni vincitrici del conflitto cercarono di opporre una cultura basata sul controllo e il conformismo derivati dall’applicazione di un capitalismo benevolo e universale.

Ognuna delle precedenti espressioni del progetto della modernità che, come si è detto, va pensata sulla base dell’intima unione tra il nuovo ordine ideale e la frattura, persegue un identico fine: l’emancipazione dell’uomo da ogni forma di schiavitù e di vincolo fisico, morale e intellettuale. Attraverso la loro effettiva attuazione, infatti, si cercava di condurre all’autodeterminazione dell’uomo nella ricerca dell’essenza della propria condizione: egli grazie a questo poteva liberarsi da ogni forma di legame esterno, diven- tando l’unico paradigma alle proprie scelte.

La libertà da ogni limitazione o bisogno di natura esogena veniva perseguita grazie alla piena consapevolezza nella bontà della logica materialista. In base a essa si strutturava un rapporto oggettivo, concreto, razionale con la realtà, verso la quale aveva senso rife- rirsi esclusivamente attraverso gli occhi della scienza. Ovviamente, i fallimenti conseguiti nell’epoca del moderno e la successiva critica post-modernista hanno messo in evidenza il poco realismo delle posizioni considerate: infatti l’uomo si è trovato a essere schiavo di quegli stessi schemi da lui messi a punto con il fine di essere pienamente libero.15

Nonostante ciò, è per noi fondamentale riflettere su di essi poiché, a prescindere dagli esiti che conosciamo, il loro scopo comune palesa in modo inequivocabile una delle motivazioni più importanti del disinteresse manifestato dal Movimento Moderno verso il tema dello spazio sacro. Nella definizione degli schemi illustrati, infatti, l’uomo moderno aspira a essere l’unico artefice della propria storia; affidandosi a una profonda fede positivista e razionale, egli rifiuta ogni compromesso con quegli elementi poten- zialmente capaci di limitare le sue facoltà. In tale contesto, la natura, il mito, la religione, le tradizioni sono aspetti della vita umana da trascurare poiché non adeguati alla nuova società fondata sulla base del progetto della modernità.

La maggior parte dei modelli teorici delle diverse discipline assumerà questo assunto come principio fondante del proprio percorso evolutivo, sradicando così sul nascere ogni forma di declinazione pre-moderna. Anche l’architettura, con il Movimento

Moderno, vivrà la rivoluzione in atto in modo radicale e proficuo, promuovendo nel proprio ambito d’azione una stagione di profondi cambiamenti che, oltre a tagliare i rapporti con la propria storia, adotterà il principio dell’epurazione di quei riferimenti culturali appena esposti.

La religione e i temi a essa connessi, perciò, non rientreranno più nell’orizzonte degli ambiti di intervento possibili dell’architettura moderna: in base agli ideali derivati dalla consapevolezza della nuova identità sociale e culturale, essi non saranno più necessari alla definizione della libertà dell’uomo. In definitiva, possiamo con buona approssima- zione sostenere che le ragioni dell’incomunicabilità tra il Movimento Moderno e il tema dell’architettura sacra derivano in larga parte dalla disarmonia che viene a costituirsi tra gli scopi perseguiti dai singoli ambiti disciplinari e non, come qualcuno vorrebbe soste- nere, nella inadeguatezza dei mezzi e nei linguaggi propri all’architettura moderna. Una lunga serie di approfondimenti potrebbe essere esposta a corollario dell’assunto fino a ora discusso, ma per chiarire meglio la nostra tesi basterà aggiungere pochi altri concetti che derivano in particolar modo dall’idea di frammentarietà caratterizzante i diversi ambiti del moderno. Come si è già chiarito, la ricerca estetica condotta dal modernismo è stata per lungo tempo uno dei pochi strumenti capace di connettere l’aleatorio e l’assoluto in un rapporto di stretta interdipendenza e sicuramente la consape- volezza di questa possibilità deriva in larga parte dalle idee contenute nella riflessione filosofica di Nietzsche.

Egli ha spiegato in modo ineccepibile che alla base dell’evoluzione della vita moderna esiste un complesso insieme di energie vitali potenti e imprevedibili che, nel loro irre- frenabile turbinio, rappresentano l’elemento generativo del cambiamento e della trasformazione. In particolare il netto distinguo da ogni tradizione o riferimento

P. bEHRENS,

fabbrica di turbine AEG,

inerente al passato, definito in modo estremamente esplicito distruzione creativa,16diventa

la manifestazione più chiara di questa evoluzione. Data l’evidente novità di tale pensiero si poneva, però, il fondamentale problema di riuscire a farne comprendere il senso più autentico alle persone comuni. L’ipotesi proposta da Nietzsche, poi confermata dall’esperienza, identifica nell’opera prodotta da ogni attività estetica lo strumento capace di ricercare nella fugacità dell’esperienza moderna quei valori immutabili che la contraddistinguono.

Si trattava di un concetto rivoluzionario che, data la sua rilevanza, aggravava di enormi responsabilità ogni artista che se ne faceva carico:

«Artisti, scrittori, architetti, compositori, poeti, pensatori e filosofi occupavano un posto speciale in questa nuova concezione del progetto modernista. Se l’eterno e l’immutabile non potevano più essere presupposti automaticamente, allora l’artista moderno aveva un ruolo creativo da svolgere nel definire l’essenza dell’umanità. Se la distruzione creativa era una condizione essenziale della modernità, allora forse l’artista in quanto individuo aveva un ruolo eroico da svolgere».17