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A. P ERRET , Notre Dame du

2. il rinnovamento dello spazio per il culto nell’opera di dominikus Böhm e di rudolf schwarz

2.1 l’esperienza comune

L’attività di Dominikus Böhm (1880-1955) e Rudolf Schwarz (1897-1961), oltre che per la mole, si contraddistingue soprattutto per il carattere esemplificativo delle solu- zioni adottate, le quali incarnano i due più importanti modelli linguistici del tempo: quello espressionista in Böhm e quello derivante dalla Neue Bauen in Schwarz. Sulla base di questi aspetti non ci sembra irrealistico considerare l’opera dei due architetti come il fondamento e il modello della maggior parte di chiese-edificio costruite nella seconda metà del Novecento. Per tali motivi, questa parte del lavoro assume un carattere mono- grafico.

L’evidente dissomiglianza, sia nella personalità sia nel carattere delle loro architetture, non fu mai per Böhm e Schwarz motivo di contrasto; al contrario le personali vicende professionali si intrecciarono continuamente nel corso della loro vita. A partire dal periodo di insegnamento condiviso nell’istituto professionale di Offenbach, infatti, essi

ebbero occasione sia di collaborare per la progettazione di alcune chiese sia di sottoli- neare attraverso scritti l’importanza e la qualità delle loro rispettive posizioni. Sintomatica in tal senso è la richiesta fatta da Böhm di prendere con sé Schwarz come assistente quando fu chiamato a Colonia come direttore della sezione per l’arte sacra presso la locale scuola professionale.11Oppure quando Böhm sostenne, avvalendosi

della sua posizione, la candidatura di Schwarz alla direzione della Kunstgewerbschule di Aquisgrana.12 O ancora quando Schwarz, in un suo libro sull’architettura sacra,

incluse Böhm tra i pochi architetti degni di lode.13In tutte le occasioni traspare una reci-

proca ammirazione più per le personali capacità intellettuali e per la ricchezza dei valori che per le particolari connotazioni formali delle loro opere, verso le quali i commenti di ognuno sono sempre stati mediati da un velato senso di riverenza.

Nel metterle a confronto, infatti, si possono distinguere diversi temi contrastanti. Il linguaggio di Böhm è molto ricco di effetti luministici e di gestualità formali ed ogni sua architettura è un evento unico che si carica di una vigorosa espressività; il disegno di Schwarz, al contrario, è molto misurato, ridotto alla sua più radicale essenzialità, egli stesso dichiara di perseguire «la dura semplicità di una grande forma spaziale».14La

ricchezza formale delle opere di Böhm è garantita, oltre che dalla sua estrosità, anche da un libero e costante richiamo agli esempi della storia dell’architettura, in particolare al romanico ed al gotico. Schwarz nella sua attività non si è mai concesso un rapporto così intenso con la storia.

Tra i due esistono evidenti differenze anche per ciò che concerne l’impostazione teolo- gica al problema della chiesa-edificio: Schwarz, chiaramente influenzato dalle idee di Guardini, accolse come elemento imprescindibile dei suoi progetti il carattere teocen- trico dell’impianto ad aula; mentre Böhm, più propenso verso una teologia cristocentrica, sviluppò la maggior parte delle proprie opere sulla base di uno schema a pianta centrale. Va infine sottolineato il diverso approccio dei due architetti al progetto: molto più intellettualistico, meticoloso e riflessivo quello di Schwarz; prag- matico, concreto, tecnologico quello di Böhm.

Sicuramente il più importante progetto nato dalla collaborazione tra Dominikus Böhm e Rudolf Schwarz fu la Freuenfriedenskirkhe, chiesa edificata nel 1927 a Frankfurt- Bockenheim e dedicata alle donne della pace. Essa rappresenta il punto di partenza e la fondazione di tutta la futura linea di ricerca progettuale percorsa dai due architetti nel corso della loro vita. Si tratta di un progetto per un concorso che, nonostante la vittoria, non venne mai realizzato poiché osteggiato dalla committenza. La collabora- zione tra gli architetti fu poco corale poiché, come consentito a quel tempo, vennero presentate cinque varianti, ognuna delle quali fu seguita in modo autonomo dai proget-

tisti o perlomeno nelle soluzioni presentate è possibile rintracciare la predominanza della mano dell’uno piuttosto che dell’altro. Ad ogni progetto venne dato un nome:

Auferstehung (Resurrezione), Communio (Comunione), Opfergang (Cammino sacrificale), Posteritati (Posterità), Rosa Mystica (Rosa mistica).15Opfergang, il progetto vincitore, impres-

siona per la rigorosa unitarietà che riunisce lo spazio riservato ai fedeli a quello dell’altare in un unico volume squadrato. Perfino il campanile si erge complanare al fronte della chiesa e condivide con questa la falda fortemente inclinata del tetto. Lo sviluppo di un prospetto principale assai caratterizzato ci rimanda a precedenti progetti di Böhm.

Schwarz, al contrario, nei suoi successivi progetti, concepisce sempre l’edificio sacro come un volume o un gruppo di volumi con prospetti tra loro equivalenti, in cui non sussiste la necessità di una facciata vera e propria. Il trattamento tessile della parete, costituito da fasce orizzontali alternate di klinker e mattoni, ha il compito di rendere più accettabile al visitatore la dura semplicità dell’effetto delle masse. Lo spazio riservato alla comunità è buio, illuminato soltanto da dietro per mezzo di un rosone. La zona dell’altare, al contrario, viene illuminata da una luce splendente che filtra attraverso due grandi finestre laterali. «Lo spazio esprime una forte aspirazione alla luce, il cui compi- mento è rappresentato dal luogo del sacrificio»,16 da cui appunto Opfergang (Cammino

sacrificale). La navata principale è affiancata da una navata laterale che ospita i confes-

DOMINIKuSBöHM, RuDOLFSCHWARz, FrauenfriedensKirche, Progetto ‘Auferstehung’, Francoforte, 1927. Prospetto principale

sionali e il fonte battesimale e comunica con la prima solo attraverso due stretti passaggi. La predilezione di Böhm, invece, va al progetto a pianta centrale Auferstehung, del quale è sicuramente lui l’artefice principale. Attorno allo spazio centrale destinato ai fedeli e coronato da una torre, si raccolgono dodici torri coperte più piccole, come quella centrale da cupole a cono. All’interno esse formano delle conche absidali che creano una successione ondulatoria. L’abside del santuario è la più grande. Le cupole sarebbero dovute essere rivestite di rame verde e i loro vertici dorati. Lo zoccolo dell’edificio, alto otto metri, invece è rivestito con un klinker scuro.

Böhm non abbandonò più quest’idea architettonica della città celeste a pianta centrale e a forma di tenda. Tanto l’elemento delle torri cilindriche con le cupole a cono prive di spioventi quanto il loro raggruppamento verranno rielaborati nella sua opera più tarda, come anche in quella di suo figlio Gottfried. Nell’opera di Schwarz, al contrario, queste soluzioni non sono documentate anche perché risultavano contraddittorie rispetto alla sua radicale critica nei confronti dell’architettura cristocentrica. Egli si

DOMINIKuSBöHM, RuDOLFSCHWARz, FrauenfriedensKirche, Progetto ‘Opfergang’,

Francoforte, 1927. Sopra: prospetto laterale. Sinistra: prospetto principale

appropriò dei temi del grande spazio unitario di forma scatolare con una navata laterale parallela e del rettangolo improntato alla forma della processione contenuti in Opfergang. Senza scendere nel dettaglio di una trattazione antologica delle migliori opere architet- toniche costruite dai due maestri, ci sembra necessario individuare e chiarire più approfonditamente i modi attraverso i quali essi hanno saputo risolvere il problema del ripensamento della chiesa-edificio.

2.2 dominikus Böhm

Dominikus Böhm può essere inequivocabilmente inserito nella linea di ricerca espres- sionista, non perché aderisca ai vari organi o associazioni che a essa fanno capo, ma perché le sue opere si relazionano in modo chiaro con le idee diffuse da quella avan- guardia artistica. L’espressionismo si concentra soprattutto intorno all’attività dello scrittore Paul Scheerbart e dell’architetto Bruno Taut: la sua Glashaus, il padiglione di vetro costruito nel 1914 a Colonia nell’ambito dell’Esposizione del Deutscher Werkbund, rappresenta la prima vera manifestazione architettonica di quella tendenza che già nello stesso anno il poema in prosa ‘Glasarchitektur’ di Scheerbart aveva prefi- gurato.17Senza volerci soffermare troppo sugli eventi che ne caratterizzano la storia,

possiamo sinteticamente osservare che a seguito del primo conflitto mondiale l’espres- sionismo assunse una connotazione meno individualistica, sensazionalista ed utopica: si rivolse invece a un concreto ed oggettivo impegno in particolar modo finalizzato a

Sinistra: BRuNOTAuT, Glashaus, Colonia, 1914. Esterno

Destra: DOMINIKuSBöHM, RuDOLFSCHWARz,

FrauenfriedensKirche, Progetto ‘Opfergang’, Francoforte, 1927.

superare gli errori della guerra. E’ proprio nel contesto di questo profondo impegno verso il rinnovamento e la riscoperta delle qualità positive dell’uomo che trova una base solida tutta l’attività di Böhm.

Il centro delle proposte avanzate dall’espressionismo in quegli anni fu l’attenzione alla dialettica tra termini opposti: la protesta e la costruzione; l’utopia e la concretezza; il passato ed il futuro; l’unicità del linguaggio artistico ed il richiamo a stili del passato. La più importante conseguenza fu il rifiuto di ogni legame tra la società e le nuove realtà dell’industria e della tecnica, le quali vennero identificate come le cause principali dell’ac- cresciuto militarismo e quindi dello scoppio della guerra. Ad esse si sostituì l’idea di una cultura fondata sull’artigianato, non in quanto tecnica o forma ma quale manifestazione di una partecipazione collettiva e paritaria ai processi creativi, una sorta di immagina- zione popolare su cui rifondare la nuova società.18Il linguaggio artistico espressionista,

perciò, disapprovando ogni rigido schematismo razionale, si identificò in una costante ricerca dell’opera d’arte unica, sensazionale, appariscente, realizzata grazie al recupero dell’attenta e minuziosa attività artigianale. Ogni artista infondeva in essa la forza delle proprie sensazioni ed emozioni: non c’era più nessuna legge precostituita ad ordinarne l’immagine. Nell’architettura questo indusse a considerare anche il fatto strutturale e costruttivo non solo come diagramma logico ed efficiente, ma come uno stimolo da cui riuscire a sviluppare un’originale ricerca formale.

Il continuo desiderio di innovazione non fu definito in assenza di un riferimento a precedenti esperienze o in modo apodittico, al contrario esso divenne l’esito di un libero

Sinistra: BRuNOTAuT, Immagine tratta da Alpine Architekture, 1919 Destra: Immagine tratta da Alpine Architekture, 1919

recupero e di una deformazione espressiva dei dati offerti dalle culture del passato. La storia, attraverso il ripensamento di un approccio di tipo eclettico, assunse il ruolo di strumento necessario all’espressione individuale.19

Oltre a questi elementi, l’espressionismo si impegnò nel recupero dei valori spirituali dell’opera d’arte. Essa era pensata come il potente mezzo attraverso il quale prefigurare una nuova società ed allo stesso tempo rifondare una morale capace di superare gli orrori e le costrizioni dell’uomo moderno. un progetto ambizioso che vede soprattutto nella cultura popolare e nella grande età delle cattedrali un modello da prendere come riferimento. «Emblema della nuova architettura non dovevano essere più i transatlantici, i silos, le locomotive, cioè i grandi manufatti industriali proposti dal Werkbund nel 1914, [...] , bensì la cattedrale, simbolo di fusione delle volontà e delle arti sotto la guida dell’ar- chitettura».20

Dominikus Böhm ha saputo far propri questi concetti, impiegandoli con successo nella sua proposta di rinnovamento dello spazio sacro; la testimonianza di quest’impegno deriva dai progetti delle sue chiese. Esse ancor oggi ci illustrano la possibilità e la validità di un’ipotesi alternativa al netto disinteresse del modernismo nei confronti del sacro: ci fanno capire in che modo sia stato possibile dare un volto moderno alla chiesa-edificio, pur non cadendo nelle idealizzazioni e negli schematismi delle culture funzionalista e razionalista.

L’enorme merito di Böhm sta nell’aver saputo rifiutare con fermezza l’ipotesi di un uomo e, come diretta conseguenza, di un’architettura interamente dominata dalla ragione, dall’ordine, dalla tecnica e dall’efficienza; un’architettura cioè espressione del solo dato materiale e funzionale. Al contrario, in accordo con l’idea espressionista, egli ha cercato di valorizzare soprattutto la componente spirituale della dimensione umana. Nelle sue chiese questa non ha mai assunto un carattere mistico o magico, errore in cui molti architetti moderni sono incappati, ma è sempre stata fedele alla dimensione teolo- gica della religione cattolica, in particolare alle ricerche condotte dal Movimento Liturgico.

La capacità di riuscire a non cedere al modello proposto dal Movimento Moderno non gli ha, però, impedito di interpretare il desiderio di un rinnovato linguaggio artistico adatto alla nuova epoca. Böhm ha saputo attribuire ai propri edifici un raffinato equi- librio tra tradizione e progresso, capace oltre che di accordarsi con il moderno anche di mantenere la permanenza di un’abituale immagine della chiesa-edificio, indispensabile per la leggibilità del dato simbolico.

Nella parrocchia dei SS. Pietro e Paolo a Dottingen am Main, presso Francoforte (1922), egli, insieme a Martin Weber, usa delle forme che hanno un forte legame con

l’architettura medievale. L’impianto a tre navate, in cui quella centrale è più alta e larga, si percepisce molto chiaramente all’esterno dove le coperture a falda, impostate ad altezze diverse, enfatizzano ancora di più quest’aspetto. La facciata principale è domi- nata da un portico turrito coronato da una merlatura triangolare. Tutto il paramento murario esterno è in pietra e segnato da fasce orizzontali di laterizi. Nonostante questi aspetti che ricordano le grandi cattedrali medievali della Renania o dell’Italia, Böhm arricchisce il suo edificio di elementi architettonici stereometrici di ispirazione moderna: le finestre triangolari che illuminano la navata centrale, i già citati merli triangolari del portico turrito, il portale d’ingresso quadrato contornato da una ghiera in mattoni. Sono piccoli aspetti ma che già valgono a far considerare la costruzione una delle prime chiese moderne in Germania. Da un punto di vista liturgico l’edificio non risente ancora della rivoluzione che si sta sperimentando in altri contesti: il presbiterio, posto sull’asse della navata principale, è separato da quest’ultima per mezzo di un imponente transetto colle- gato lateralmente ad un battistero; inoltre la posizione dell’altare, addossato alla parete di fondo, non lascia intendere la celebrazione della messa verso l’assemblea.

La chiesa di S. Giovanni Battista a Neu-ulm (1926) rappresenta per molti aspetti la diretta evoluzione delle idee già sperimentate nella parrocchia dei SS. Pietro e Paolo. L’organizzazione planimetrica è a tre navate, anche in questo caso quella centrale è più alta e larga; il transetto non si trova più a contatto con il presbiterio, ma viene spostato

DOMINIKuSBöHM, MARTINWEBER, SS. Pietro e Paolo, Dettingem, 1922. Sinistra: esterno. Destra: pianta della chiesa

verso la facciata principale, immediatamente dietro al portico turrito d’ingresso. In questo modo si crea una vicinanza maggiore tra l’altare, contenuto in una scarsella absi- data, e l’assemblea.

L’esterno della chiesa si caratterizza per una disarmante semplicità e chiarezza, arricchita solo da pochi episodi: l’alto cornicione in mattoni, le tre aperture del portico d’ingresso concluse da archi a sesto acuto, la superficie vibrante della parete esterna delle navate laterali. Il paramento murario, costruito con materiali di risulta provenienti dalla rocca di ulm, anche se arricchito da ricorsi in laterizio, è ispirato dalla volontà di non stupire: le stesse aperture sono semplici forme geometriche incorniciate da stipiti in pietra.

DOMINIKuSBöHM, S. Giovanni, Neu-ulm, 1922.

Sopra a sinistra: pianta della chiesa. Sopra a destra: navata principale. Sotto a sinistra: navata laterale. Sotto a destra: esterno

Questa marcata schiettezza ricorda l’immagine delle chiese povere della tradizione ed enfatizza il contrasto con la modernità della configurazione spaziale dell’interno che è considerato da molti il suo capolavoro per via dell’originalità di certe soluzioni come: l’assenza di ornamenti, i pilastri della navata centrale e le pareti di quelle laterali che si raccordano e si fondono con le volte, il suggestivo soffitto a cassettoni.

In questo spazio la tecnica, elemento che condiziona in modo determinante la creazione formale, non viene mai esibita, ciò che invece risalta è l’espressività degli effetti creati dalle variazioni di luce proveniente dalle fessure nelle pareti della navata laterale e la plasticità delle forme. I riferimenti sono chiaramente le volte delle cattedrali gotiche, anche se l’asciuttezza dell’apparato decorativo le traspone in una dimensione linguistica moderna. Sia S. Giovanni Battista sia SS. Pietro e Paolo testimoniano la ricerca da parte di Böhm di un sapiente equilibrio tra passato e futuro, tra rigore ed estro. Ciò che invece ci appare ancora incompleto nelle due chiese è il processo di rinnovamento liturgico dello spazio il quale, seppur già contempli un riordino dei fuochi della celebrazione, non ci sembra ancora corrispondere al desiderio di partecipazione attiva dei fedeli. Sotto questo punto di vista un’ulteriore evoluzione viene dal progetto per la chiesa di S. Apollinare a Frielingsdorf, nella Renania del nord (1927) e da quello per la chiesa di

DOMINIKuSBöHM, S. Apollinare,

Frielingsdorf, 1926-27. Pianta della chiesa e sezione

Cristo Re a Leverkusen-Küppersteg (1928): in essi la navata centrale ed il presbiterio sono riuniti in un unico ambiente e l’unico altare presente all’interno dell’aula è collo- cato al di sopra di una gradinata.

In S. Apollinare viene recuperata l’idea della volta in cemento armato già utilizzata in S. Giovanni Battista, con alcune differenze dovute alla mancanza del soffitto a casset- toni e alla quota di imposta collocata ad un livello molto più basso. Ne deriva uno spazio cuspidale definito da superfici tese, quasi fossero veli, capaci di diffondere in modo spettacolare la luce che proviene dalle enormi finestre a sesto acuto aperte lungo le pareti delle navate laterali. Quest’ultime, sempre più ristrette, sono diventate dei semplici

DOMINIKuS BöHM, S. Apollinare, Frielingsdorf, 1926-27. Interno DOMINIKuS BöHM, S. Apollinare, Frielingsdorf, 1926-27. Esterno

DOMINIKuSBöHM,

Chiesa di Cristo Re,

Leverkusen-Küppersteg, 1928. Pianta della chiesa

DOMINIKuSBöHM, Chiesa di Cristo Re,

Leverkusen-Küppersteg, 1928. Pianta della chiesa

passaggi scavati all’interno dei pilastri delle volte. L’immagine esteriore rimane fedele alla presenza del portico d’ingresso turrito e del tetto a falde usati in SS. Pietro e Paolo ed in S. Giovanni Battista.

La chiesa di Cristo Re in planimetria sembra ripercorrere le soluzioni adottate in S. Apollinare; al contrario la sua definizione spaziale si caratterizza per una maggiore ricerca di semplicità ispirata alle chiese romaniche. L’aula, coperta da un tetto a falde inclinate, è scandita da robusti pilastri in mattone faccia a vista. L’esterno, anch’esso caratterizzato dalla stereometria dei volumi e dalla sobrietà del paramento in mattoni faccia a vista, è arricchito da un gigantesco portale strombato, la cui profondità sembra voler suggerire un grande spessore murario.

I progetti descritti esemplificano i temi fondamentali dell’attività di Dominikus Böhm, tra di essi risaltano: lo stretto legame con la storia e le culture locali, la nostalgia per una vita ricca di spiritualità e la ricerca del primato della Kunstwollen (volontà d’arte). La loro rilevanza è funzionale sia al superamento dei limiti imposti dall’ideologia positivista del Movimento Moderno sia a garantire per la chiesa-edificio un’immagine adeguata ai tempi, anche se non totalmente avulsa dalla tradizione.

E’ soprattutto dal metodo, che Böhm utilizza per dialogare con il passato, che noi possiamo sviluppare importanti spunti di riflessione. La storia per lui non è un insieme di modelli di cui poter disporre liberamente; essa, al contrario, assume i connotati della

DOMINIKuSBöHM,

Chiesa di Cristo Re,

Leverkusen-Küppersteg, 1928. Portale

tradizione culturale che si tramanda e modifica nel corso degli anni. Quando nei suoi progetti utilizza immagini che riportano alla mente il gotico od il romanico, egli non si avvale della citazione, ma piuttosto definisce le forme in quanto espressioni di idee, di valori, che dovrebbero ancora far parte della cultura del tempo. Si tratta di un chiaro richiamo ad un ideale di società redenta, libera dalle bassezze dell’uomo, che aspira ad una spiritualità più alta e propone un maggior rispetto della dimensione umana. Ovvia- mente tutto ciò si arricchisce dell’intenso rapporto con la propria terra, le proprie radici, con quegli attributi peculiari dei Germani.

La nuova struttura di valori consente a Böhm di dare maggiore forza alla Kunstwollen, la quale nelle sue opere trova espressione grazie ad un’evidente capacità simbolica ed all’unicità delle forme. Soprattutto essa trova compimento nelle possibilità offerte dal concetto di Baukunst (arte del costruire), costituita da quell’insieme di regole non scritte che determinano l’esattezza dei processi costruttivi. Attraverso l’aderenza a tale