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A. P ERRET , Notre Dame du

1. romano guardini e lo spirito della liturgia

Seppur oneroso, l’insieme dei concetti sopra discusso è fondamentale per individuare quegli elementi di incompatibilità che alcune raffinate esperienze progettuali, purtroppo poco considerate, hanno ripensato in modo plurale, accogliendo il linguaggio dell’ar- chitettura moderna e rispettando le peculiarità dei significati inerenti al tema della chiesa-edificio. Così facendo sono riuscite sia ad oltrepassare la barriera fatta di idea- lismo ed assolutismo che la modernità, nelle sue diverse manifestazioni, ha eretto a difesa dei propri intenti sia a dimostrare la fattibilità dell’idea di riuscire a dare allo spazio sacro un volto adeguato alla nuova epoca. La bontà di tali esiti non trae origine esclu- sivamente dalla sapienza progettuale e dalla sensibilità di un ristretto gruppo di architetti, al contrario essa si è resa possibile grazie ad un’autentica ed intensa collabo- razione tra l’anima più avanguardista del cattolicesimo, il Movimento Liturgico e chi, pur appartenendo alla cultura del Movimento Moderno, non ne condivideva pedisse- quamente la deriva verso un materialismo ed un funzionalismo estremizzati.

Il Movimento Liturgico affonda le sue radici parecchio lontano nella storia della cristia- nità occidentale. Si prova una certa sorpresa a rileggere gli atti ed i decreti del concilio diocesano di Pistoia dell’anno 1786 perché vi si trovano espresse parecchie istanze e proposte di riforma accolte, attuate o promosse dal Concilio Vaticano II quali: la parte- cipazione attiva dei fedeli al sacrificio eucaristico, la comunione durante la messa con le ostie consacrate nella messa stessa, l’altare unico, l’introduzione della lingua parlata, il maggior spazio concesso alla lettura della Bibbia, la riforma del Breviario. Si trattava di esigenze basate su motivazioni assai vicine a quelle stesse che dovevano portare alla

‘Sacrosanctum Concilium’ come: la necessità di semplificazione dei riti e delle forme devo-

zionali, il carattere comunitario delle celebrazioni cristiane, l’esigenza di partecipazione e di comprensione da parte dei fedeli.

Ancora all’inizio del nostro secolo le ricerche sulla liturgia non raggiungevano l’interesse se non di pochi eruditi e sembravano dover rimanere confinate in un settore molto marginale degli studi teologici. Ciò era dovuto alla nozione assai ristretta e superficiale che generalmente si aveva della liturgia stessa, limitata all’aspetto formale esterno, cioè al modo in cui si svolgevano i riti cristiani. Della liturgia si parlava come della parte sensibile, cerimoniale e decorativa del culto cattolico o come l’insieme delle norme e rubriche con cui la gerarchia ecclesiastica regolava l’esercizio del culto pubblico. In sostanza non ne veniva contemplato l’aspetto teologico e mancava una chiara perce- zione della sua dimensione pastorale. Il Movimento Liturgico nacque e si sviluppò proprio a partire da queste due questioni.

L’incisività delle nuove proposte trovò un importante contributo, oltre che nel supera- mento della dimensione materiale della liturgia, anche in una rinnovata visione della Chiesa, per via della quale la dimensione del corpo mistico di Cristo riaffiorava e comin- ciava a farsi spazio accanto a quella di società giuridicamente organizzata e gerarchicamente strutturata. Tutto questo consentì di pensare alla liturgia come ad uno dei luoghi privilegiati e più efficaci di esperienza dei valori cristiani direttamente vissuta; in seguito diventò essa stessa la manifestazione diretta del significato più autentico della vita di fede. Tale significato può essere identificato sulla base di due nozioni fondamen- tali: da una parte la liturgia viene sempre più comunemente pensata come il culto di tutta

la Chiesa; dall’altra aumenta la consapevolezza della possibilità di attuare il mistero di salvezza attraverso la pratica delle azioni liturgiche.

Fra gli intellettuali che a loro modo hanno rappresentato l’anima del Movimento Litur- gico, il sacerdote e teologo Romano Guardini (1885-1968) occupa una posizione privilegiata. Essa gli deriva dall’influsso che le sue idee riguardanti la liturgia hanno avuto sull’architettura, nonché dal suo fattivo interesse verso l’evento progettuale e costruttivo dello spazio destinato alla Chiesa. Spesso nelle sue lettere rivolte all’amico Rudolf Schwarz, egli esprimeva con autorevolezza la sua personale opinione in merito ai problemi estetici relativi all’architettura1. Questa sua peculiarità ci spinge ad interessarci

alla sua figura ed alle sue idee con l’intento di comprendere in che misura esse abbiano influito sull’attività progettuale dei più famosi costruttori di chiese tedeschi della prima metà del Novecento, Dominiku Böhm e Rudolf Schwarz, e più in generale su tutto il movimento di rinascita della cultura progettuale del sacro, che di li a poco si sarebbe sviluppato in Germania e poi nel resto d’Europa.

In relazione all’attività di Guardini volta a favorire la crescita del Movimento Liturgico, due sono i luoghi importanti su cui è necessario soffermarsi: il monastero benedettino di Maria Laach e il vecchio castello di Rothenfels, situati in Germania.

A Maria Laach, dove ci si ispirò agli ideali di Dom Guéranger ( il celebre priore di Sole- smes), nel 1913 divenne abate una figura fondamentale per il rinnovamento liturgico in Germania: Don Ildefonso Herwegen (1874-1946). Per mezzo della sua guida si sviluppò un’intensa attività teorica volta all’approfondimento degli aspetti teologici sulla liturgia, attraverso la pubblicazione di una serie di importanti testi e mediante l’organizzazione periodica di convegni che raccoglievano i più eminenti studiosi dell’arte cristiana. Nel 1918 il monastero dava il via alla pubblicazione della sua collana di studi teologici

‘Ecclesia Orans’ con il libro di Romano Guardini ‘Vom Geist der Liturgie’:1 si trattava

dell’inizio della stretta collaborazione tra Guardini e Herwegen che, nonostante la sepa- razione avvenuta dopo il 1921 a causa di scelte di vita diverse, fu fondamentale per la crescita del Movimento Liturgico.

Il legame tra Guardini e Maria Laach si caratterizza proprio sulla base di questa sinergia. Nel partecipare al clima culturale del monastero, il sacerdote italiano ha avuto la possi- bilità di conoscere ed approfondire quegli aspetti teorico-filosofici del rinnovamento dei riti cattolici che, grazie alla sua spiccata sensibilità, egli ha poi concretizzato in uno dei testi fondamentali della storia del Movimento Liturgico. Oltretutto a Maria Laach, già a partire dal 1921, si cominciavano a svolgere nella cripta della chiesa abbaziale le prime Missa recitata, o Messa comunitaria, ossia quelle celebrazioni eucaristiche in cui il celebrante officiava sull’unico altare dell’aula volgendo il suo sguardo verso i fedeli che a loro volta partecipavano direttamente alle azioni liturgiche e ricevevano la Comunione consacrata durante la stessa messa. Si trattava di un evento straordinario al quale le persone, soprattutto i giovani, partecipavano con straordinario entusiasmo.3Guardini

vi avrà sicuramente assistito riuscendo a percepire la forza dell’innovazione derivante sia dal ripensamento delle azioni rituali sia dalla nuova configurazione dello spazio archi- tettonico: due temi che, seppur distinti tra loro, rappresenteranno per lui un’unità logica costante in cui la complementarietà dei punti di vista, quello teologico e quello archi- tettonico, caratterizzeranno l’efficacia delle innovazioni di tutto il Movimento Liturgico negli anni a venire.

Nel 1920 Guardini entrò a far parte della direzione del castello di Rothenfels sul Meno situato sulla sommità di un promontorio in arenaria a ovest di Würzburg che nell’anno precedente divenne la sede del movimento giovanile cattolico ‘Quickborn’. In comune con gli altri movimenti giovanili, il ‘Quickborn’ si pone l’obiettivo di stimolare un rinno- vamento morale capace di contrastare la deriva verso cui la civiltà moderna aveva portato l’uomo. Alla base di tale proposito venivano poste le virtù del coraggio, dell’ob- bedienza, della disciplina, dell’essenzialità, della comunità e della fede nella religione

cattolica. Sin dai primi tempi la comunità venne gestita seguendo un modello di ispira- zione salesiana arricchito da elementi culturali appartenenti alla tradizione germanica. La presenza di Guardini diede impulso a una significativa svolta.

«La concezione di Guardini della Chiesa come comunità, il suo commento delle verità della fede, la sua opinione sul significato dell’azione liturgica, il suo insegnamento circa le nozioni di libertà e obbedienza, ma anche la sua interpretazione di avvenimenti del tempo presente ispirarono gli incontri di Rothenfels. Come molti pensatori moderni, Guardini sperava in una nuova umanità, in una nuova epoca, che secondo lui - a differenza di molti suoi contemporanei - doveva essere percepita religiosamente».4

Guardini nella sua esperienza al castello di Rothenfels porta avanti ed approfondisce quelle idee di cui pochi anni prima si rese pienamente consapevole durante la collabo- razione con Don Ildefondo Herwegen, l’abate del monastero di Maria Laach. Importantissimi da questo punto di vista sono due avvenimenti: la nomina nel 1924 di Rudolf Schwarz come architetto addetto ai lavori di restauro del castello e l’elezione nel 1927 di Guardini al ruolo di direttore della comunità di Rothenfels.

Tra i due ebbe inizio una stretta collaborazione che, nonostante la successiva separa- zione, non si spense mai nel corso della loro vita. Tale sodalizio si costituì in particolar modo attorno al problema fondamentale del restauro degli ambienti del castello, i quali dovevano essere adeguati alle nuove attività proposte da Guardini in seguito al riordino

amministrativo e didattico da lui indicato. Successivamente parleremo in modo più approfondito degli esiti formali che caratterizzarono questi intervenni; ora ci interessa sottolineare l’evidente carattere sperimentale che essi ebbero in riferimento alla possi- bilità di riuscire a rappresentare una concreta trasfigurazione architettonica delle nuove idee sulla liturgia.

Negli ambienti più importanti del castello, cioè nella la sala dei cavalieri e nella cappella, la collaborazione tra Guardini e Schwarz permise all’idea, espressa dal Movimento Liturgico, riguardo una nuova forma di vita comunitaria basata sulla nozione di Chiesa come corpo mistico e sulla partecipazione attiva dei fedeli, di rappresentarsi concretamente sia in innovati schemi comportamentali e rituali sia in originali configurazioni spaziali

RuDOLF SCHWARz, Castello di Rothenfelds, Sala dei Cavalieri, 1927-28 RuDOLF SCHWARz, Castello di Rothenfelds La Cappella del castello, 1927-28

capaci di accogliere la nuova vita che in essi si svolgeva. Fondamentale, in tal senso, fu l’integrazione dei singolari apporti disciplinari, quello della teologia e quello dell’archi- tettura, in funzione di una comune idea di rinnovamento da essi condivisa.

L’importanza e l’eccezionalità di questi fatti assume un valore ancora più rilevante se si pensa che, in un centro del Movimento Liturgico come Maria Laach, l’attività di ricerca era limitata alla sola speculazione intellettuale e mai aveva generato concrete forme di innovazione della vita cultuale. La Missa recitata celebrata nella cripta della chiesa abba- ziale del monastero può rappresentare un compromesso, seppur precursore ed originale, ma non può in alcun modo essere paragonata alle concrete forme di rinno- vamento che vennero realizzate a Rothenfels. Oltretutto, «il castello di Rothenfels assunse un ruolo di mediazione tra il movimento monastico di riforma e la vita della comunità dei fedeli»5divenendo così il primo momento di verifica della validità e dell’ap-

plicabilità a tutta la comunità dei fedeli delle idee riformatrici della Chiesa.

Si vuole infine far notare come i processi di cambiamento riguardanti il mondo cattolico siano collocati, almeno nei primi periodi della loro diffusione, in contesti culturalmente e geograficamente periferici: Maria Laach e Rothenfels che, seppur importantissimi per i molti che si interessavano al Movimento Liturgico, erano quasi del tutto sconosciuti alla massa. Questo decentramento motiva almeno due considerazioni: la prima riguarda le innovazioni culturali dell’identità cattolica che sono sottoposte a processi di matura- zione e di diffusione sempre molto lenti; la seconda sottolinea che la realtà quotidiana ed ordinaria del Movimento Moderno, quella distante dagli ambiti intellettuali più elitari, non può aver conosciuto in modo approfondito le nuove conquiste delle sperimenta- zioni sullo spazio sacro.

Dopo aver evidenziato il contesto ed il modo attraverso il quale si è realizzata l’inter- pretazione di Romano Guardini dell’idea di rinnovamento liturgico, la definizione dei suoi caratteri essenziali ci apparirà più comprensibile. Nell’introduzione al libro del suo amico Rudolf Schwarz, Guardini scrive:

«Sopratutto m’ha colpito qualcosa che in un libro intorno alla costruzione di chiesa diffi- cilmente ci si attende: l’impostazione volta a un’immagine dell’uomo singolarmente intensa. Il tentativo d cogliere l’uomo né muovendo da una definizione astratta, né dal corso del suo sviluppo, ma dai suoi organi - più precisamente, dal rapporto che i suoi organi istituiscono tra lui e il mondo, per esempio in quanto si dice che l’uomo è quell’es- sere, il quale ha la mano. Quest’immagine dell’uomo è costruita in termini del tutto concreti e attraverso tutti gli ambiti dell’essere, dell’elemento materiale fino all’altezza dello spirito, anzi di ciò che proviene dallo Spirito Santo. Ma, con la definizione dell’uomo, si nomina anche l’essenza del mondo - perché a ogni immagine autentica dell’uomo ne è

coordinata una del mondo - e da entrambe sorge una configurazione complessiva dell’esi- stenza, che è mirabilmente viva. Per giungervi, l’autore mette da parte quanto comunemente si può leggere sull’uomo e sul mondo».6

Le parole di Guardini, oltre a commentare l’intensità delle idee di Schwarz, testimoniano la sua sensibilità e consapevolezza verso la proposta di una rinnovata concezione della vita dell’uomo. Egli, infatti, fin dai suoi primi scritti propone una nuova interpretazione della liturgia fondata a partire da un più generale ripensamento della dimensione umana, la quale, oltre ad essere resa più vulnerabile dal materialismo e dal funzionalismo della moderna società tecnicizzata, era imprigionata all’interno dei limiti della sua stessa ragione positivista:

«che l’anima impari a non vedere dappertutto scopi da raggiungere, a non voler essere troppo saggi e adulti, ma ad essere disposti a vivere con semplicità. Essa deve imparare a rinunziare all’affanno dell’attività almeno nella preghiera; deve imparare a perdere tempo per Dio, ad avere parola e pensieri e gesti per il santo gioco, senza subito domandarsi: per quale motivo e per quale scopo? Bisogna imparare a non voler sempre fare qualcosa, raggiungere qualcosa, riuscire a fare qualcosa di utile: bisogna piuttosto imparare a prati- care con lo spirito del bambino e in libertà e in santa letizia, davanti a Dio, il gioco ordinato dal cielo, quello della Liturgia».7

Come sottolineato nell’introduzione al testo di Schwarz, per far in modo che si realizzi un cambiamento dei fenomeni concernenti la dimensione umana, sia che si tratti di architettura o di liturgia, bisogna partire da un più originario ripensamento della stessa essenza dell’uomo. Essa, per Guardini, si configura al di fuori di ogni idealismo sche- matizzante e deve riappropriarsi dell’idea di uomo come forma di vita sensibile.

RuDOLFSCHWARz,Schizzi

«I sensi acquisteranno una nuova validità. Non sensualismo né intellettualismo come dominavano nella modernità, ma ciò che d’ora in poi importerà sarà l’occhio vivente, l’orecchio e la mano viventi, in una parola i sensi. Le cose devono essere di nuovo vedute, udite, toccate, gustate, afferrate in tutta la loro potenza; allora soltanto il pensiero potrà cominciare ad inserirvisi e sarà un pensiero rigenerato e rigenerante».8

Sulla base di questa fondamentale svolta gnoseologica prenderà forma ogni successiva riflessione di Guardini in merito alla liturgia e non solo poiché, come già accennato, anche Schwarz nella progettazione delle sue chiese terrà molto in considerazione quest’aspetto. Essi parleranno di forma simbolica, intendendo con ciò ogni aspetto rituale o immagine architettonica capace, in seguito ad un recupero della dimensione sensibile dell’uomo, di connotarsi come generatrice di eventi. Attraverso la rappresentazione della forma, infatti, si darà immediatamente slancio alla genesi ed alla comprensione del signi- ficato che, per tali ragioni, non dovrà più essere ricercato attraverso processi analitici: esso si dispiegherà e sarà esperito direttamente nello svolgersi dell’evento. Questa bella espressione permetterà di superare la concezione funzionalista ed espressionista della forma che non dovrà più essere necessaria all’ottenimento di uno scopo, non avrà più l’obbligo di esprimere un’idea precostituita poiché la sua immagine, al contrario, si configurerà come poiesi: «La forma simbolica è forma operante, mentre la forma espressiva è solo manifestativa del già operato. Il simbolo esiste sempre come atto, mai come cosa, perché è relazione».9

Per Guardini, nella liturgia l’atto creativo dovuto alla forma simbolica assume sempre i connotati di un’epifania del sacro: l’uomo come unità vivente; l’uomo dell’occhio, dell’orecchio, della mano, incontra la divinità. La ricezione sensoriale, fino all’intensità del mangiare e del bere, sono fatti operanti nella liturgia e rendono possibile la perce- zione di ciò che viene dall’eterno. In ogni caso, non formule, non concetti ma immagini. Perciò nell’esperienza liturgica non si va con i discorsi, si va con le azioni. Guardini defi- nisce la liturgia appunto azione, più precisamente azione disinteressata nella quale si entra

agendo disinteressatamente.

Ecco la grande lezione di Guardini. Non ci si può permettere che la liturgia sia ridotta a mezzo di istruzione e di esortazione o a espressione; nel primo caso sarebbe funziona- lismo, nel secondo intellettualismo. In entrambi i casi si tratterebbe di una concezione debole del rito, mentre la liturgia è evento epifanico: è quello spazio in cui l’uomo vive in sacre immagini il suo incontro con il divino.

Il Movimento Liturgico in Germania negli anni Venti presentò delle distinzioni che, nonostante la loro apparente irrilevanza, costituirono un importante motivo di discus- sione tra gli studiosi dell’epoca. Accanto alla riflessione di Guardini del 1918, nel 1922

si aggiunse quella espressa nel testo ‘Christozentrische Kirchenkunst’ 10dal padre spirituale

Johannes Van Acken, il quale raccolse in esso i risultati delle ricerche condotte durante i simposi organizzati nell’abbazia di Maria Laach fin dal 1921. La sua posizione, pur traendo origine dagli stessi fondamenti sulla liturgia contemplati da Guardini, si diffe- renziava da quella di quest’ultimo per via di un evidente approccio cristocentrico. J. Van Acken, infatti, non rifiutava l’idea di Chiesa come corpo mistico di Cristo e benché meno la necessità di una partecipazione attiva dei fedeli al culto; egli però riteneva che il sacrificio della Messa, in quanto memoriale della morte di Cristo, fosse il centro della liturgia e della vita di ogni cristiano: nella sua visione teologica Gesù Cristo veniva pensato come il principio intorno al quale far gravitare ogni cosa. Guardini concepiva, invece, le verità della fede con uno sguardo più ampio, uno sguardo per via del quale la liturgia assumeva caratteri maggiormente teocentrici: attraverso di essa poteva essere svelato all’uomo il volto misterioso ed assoluto di Dio.

L’accogliere l’una o l’altra posizione determinò, nella sperimentazione architettonica dell’epoca, il raggiungimento di esiti formali profondamente diversi che possono essere chiaramente esemplificati dall’opera di Dominikus Böhm e Rudolf Schwarz. Essi sono a tutti i diritti considerati i due più grandi costruttori di chiese del Novecento, nonché i riferimenti, per quel che riguarda sia la forma sia i principi teologici, che condiziona- rono tutte le successive sperimentazioni relative al tema della chiesa-edificio.

2. il rinnovamento dello spazio per il culto nell’opera di dominikus Böhm