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A. P ERRET , Notre Dame du

3. la continuità della scuola tedesca nella ricerca di emil steffann e gottfried Böhm

3.1 emil steffann

Emil Steffann costruiva con pochi e semplici materiali: pietra, laterizio, legno; ha creato chiese semplici che ricordano gli edifici utilitari che punteggiano le zone rurali. In genere sono costruzioni che si raccolgono intorno ad un nucleo significativo che, per questo, si distinguono dalle più comuni strutture a pianta centrale.

Il suo costruire con materiali comuni appartenenti alla tradizione presuppone una profonda cultura tecnologica che egli sintetizza con l’affermazione «Costruire in coerenza e fedeltà con i materiali», ossia «sviluppare la modalità del costruire partendo dal materiale impiegato, [...] realizzare la costruzione più adeguata al materiale di costru- zione».48

Le chiese di Steffann non sembrano essere la derivazione di modelli precostituiti, ma hanno il sapore della concentrazione di una moltitudine di stimoli provenienti dal contesto in cui si inseriscono: esse parlano con un linguaggio condiviso che il più delle volte è fatto di elementi non moderni come l’arco o il muro portante. La loro qualità non è data dall’alto valore simbolico o dalla complessità dei riferimenti teorici quanto dalla facondia delle forme consuete.

«Steffann ci dimostra come sia necessario, se si vuole ritrovare una maniera architetto- nica a misura d’uomo, affrancarsi dalle mode [...] Le teorie architettoniche sono certo interessanti, ma non sono molto d’aiuto [...] poiché non sanno cogliere il nocciolo, indi- viduare la meta. Rappresentano valori che non possono durare nel tempo».49In questo

senso il costruire diventa un’attività che, rifiutando ogni intellettualismo, si pone in continuità con il lento maturarsi delle tradizioni ed interpreta le condizioni fondamentali dell’esistenza umana.

Emil Steffann sviluppò una sua personale concezione della liturgia, distante da quanto aveva sperimentato fino a quel momento Schwarz. Egli la interpreta come il risultato

della realtà e dell’esistenza umana e non come modelli astratti veicolanti l’assoluto: ai suoi occhi solo una fede viva è capace di costruire una chiesa. Ciò che gli preme non è tanto un segno della glorificazione, un’architettura sacra; ciò che vuole è soltanto dare un alloggio alla comunità raccolta per la preghiera, offrire un luogo che, nel silenzio di uno spazio circoscritto, rimanda a colui che è in mezzo a noi. La chiesa costruita con pietra viva perché «Dove due o tre uomini si riuniscono in nome mio, li sono io» (Mt 12, 20). Per Steffann le persone che entrano in chiesa formano una comunità di credenti e non un assembramento di individui anonimi in occasione di un rito; le sue chiese nascono perciò dall’azione delle persone che le frequentano.

A pianta pressoché quadrata è S. Elisabetta a Opladen (1949), coni fedeli disposti su tre lati intorno all’altare. Questo tipo si colloca tra gli schemi longitudinali e quelli centrali poiché la disposizione dell’altare, della cantoria e del coro, inseriscono nel simmetrico cubo spaziale l’accentuazione di un asse o di un piano. In S. Elisabetta l’in-

EMILSTEFFANN, S. Elisabetta, Opladen, 1949. Sopra a sinistra: pianta della chiesa. Sopra a destra: sezione prospettica. Sotto: esterno

terno è caratterizzato dall’unico spiovente del tetto e dal grande arco della cantoria e da archi minori che mettono in comunicazione la cappella, sul fianco, con lo spazio della chiesa. L’uso del muro pieno conferisce una sensazione di grande forza al blocco parallelepipedo aperto solo da una finestra a tutt’altezza.

Anche S. Lorenzo a Monaco (1955), chiesa degli Oratoriani, presenta una pianta pres- soché quadrata con i fedele su tre lati, un basso portico d’ingresso, un’abside semicircolare e il tetto a due spioventi. All’interno grandi pareti piene spoglie, c’è un senso della massa accentuato dagli archi a tutto sesto che conferiscono allo spazio quasi un’impronta classica. All’esterno la costruzione, connessa con altri edifici, presenta pareti con poche finestre, tetto a due spioventi e contrafforti sui lati minori.

Sono edifici che testimoniano la possibilità di fare architettura utilizzando forme che si legano a configurazioni antropomorfe, significando un ordine architettonico vivo a dispetto di tutta la tipologia razionalistica.

EMILSTEFFANN,

S. Lorenzo,

Monaco, 1955. Destra: interno. Sotto: pianta della chiesa e assonometria

3.2 gottfried Böhm

Il senso del sacro, in quanto principio cardine dell’edificio cultuale, è presente anche nell’opera del figlio di Dominikus, Gottfried Böhm. Nato nel 1920, lavorò nello studio del padre dal 1947 al 1955; nel 1955, alla morte di Dominikus, ne portò a termine alcuni progetti, restando l’opera paterna il principale riferimento del suo lavoro.

Il percorso progettuale sperimentato da Gottfried si distingue in una prima fase, fino alla fine degli anni Cinquanta, e in una fase successiva a cui appartengono le opere più significative poiché caratterizzate da un’accentuata ricerca plastica. Le opere costruite nel primo periodo della sua ricerca hanno in comune un’intensa sperimentazione di nuove tipologie distributive capaci di aderire agli stimoli provenienti dal rinnovamento liturgico; in particolare l’intenzione sembra essere quella di favorire un più stretto collo- quio tra il sacerdote, cioè l’altare, ed i fedeli.

Così, tra le prime chiese, va ricordata S. Elisabetta a Koblenz (1952-53) dalla singolare tipologia a parabola. Sulla pianta quadrata insiste invece S. Corrado a Neuss (1953-54), con abside curva sporgente dal volume.

un altro gruppo di chiese sperimenta soluzioni su pianta ovale o centrica. A pianta ovale è S. Alberto Magno a Saarbrücken (1952-53), con l’altare posto su un fuoco,

GOTTFRIEDBöHM, S. Corrado,

Neuss, 1953-54. Sinistra: pianta della chiesa

GOTTFRIEDBöHM,

S. Elisabetta,

Koblenz, 1952-53. Pianta della chiesa

GOTTFRIEDBöHM, S. Alberto Magno, Saarbrücken, 1952-53. Sopra a sinistra: pianta della chiesa. Sopra a destra: interno. Destra: esterno. Sotto: prospetto laterale

elevato su di un podio circolare sottolineato da un’alta lanterna molto luminosa circon- data da quattordici esili colonnine; all’esterno, sempre quattordici pilastri in cemento armato che si piegano a forma di archi rampanti sorreggono il tetto a cupola ribassata della lanterna.

un contributo alla sperimentazione su impianto centrale viene dalle chiese di S. ursula a Kalscheuren e S. Teresa a Colonia Mülheim. In S. ursula (1954-56) l’altare si trova in una delle sei nicchie semicircolari che sporgono dalla circonferenza dell’aula; le altre sono occupate dall’ingresso, perfettamente in asse con l’altare, dal fonte battesimale, dal coro dei cantori e dai due confessionali.

In S. Teresa (1955-57), con pianta perfettamente circolare, l’altare si trova sulla parete opposta all’ingresso; per creare tensione tra gli elementi contrastanti del cerchio e dell’al- tare, Gottfried inserì come due navate laterali e dispose le panche in due file parallele orizzontali, in tal modo cercò di coniugare l’idea della chiesa corridoio con quella ad impianto centrale.

Alla fine degli anni Cinquanta sussiste un maggior impegno nella definizione di alcuni importanti elementi costruttivi della chiesa-edificio. una soluzione tecnica particolar- mente ardita è utilizzata in S. Marien a Kassel-Wilhelmsöhe (1957-59): essa è costituita da un blocco parallelepipedo in cemento a pianta rettangolare con grandi aperture sui lati corti; al centro del soffitto grandi travi longitudinali in cemento armato a sezione triangolare attraversano la navata sottolineando l’idea della chiesa corridoio. All’esterno si affianca la torre campanaria quadrata a terminazione prismatica ed un volume a cono sporge in aggetto su un fianco.

E’ certamente negli anni Sessanta che Gottfried sviluppò il suo indirizzo di ricerca più interessante, concentrandosi in particolar modo sul tema della copertura, come già fece suo padre. Egli sperimentò l’uso di lastre sottili in calcestruzzo liberamente piegate le quali permettevano di ottenere edifici sacri di straordinaria suggestione spaziale e volu-

Sinistra: GOTTFRIED BöHM, St. Ursula, Kalscheuren, 1954-56 Destra: GOTTFRIED BöHM, St. Theresina, Köln-Mülheim, 1955-57

metrica. un percorso che comprende S. Giovanni a Rheda (1961-65), la piccola chiesa del villaggio Betania presso Refrath (1963-65), S. Gertrude a Colonia (1963), la chiesa del Cristo Risorto a Colonia-Melate (1964-70), S. Matteo a Garath presso Düsseldorf (1968-69), il santuario di Maria Königin des Fridens a Neviges nel Bergischen Land (1966-72).

S. Gertrude a Colonia è una chiesa ad impianto centrale ma a pianta poligonale e con cappelle poligonali irregolari. Le cappelle sporgenti dal volume dello spazio dell’aula sono segnalate da alti volumi turriti che raccolgono le pieghe asimmetriche delle coper- ture prismatiche convergenti in punte orientate in modo diverso; il lato costituito dalla poligonale termina in un campanile anch’esso poligonale.

In S. Matteo a Garath l’interesse è concentrato sui volumi in mattone e cemento dove prevalgono le masse cubiche e i cilindri delle torri che rimandano alle chiese fortificate medioevali; di grande forza espressiva è anche lo spazio interno caratterizzato da strut- ture di copertura in cemento armato variamente sfalsate ed articolate a blocchi.

GOTTFRIEDBöHM, S. Elisabetta, Koblenz, 1952-53. Destra: pianta della chiesa. Sotto a sinistra: esterno. Sotto a destra: interno

Sopra: GOTTFRIED BöHM, S. Giovanni, Rheda, 1961-65. Esterno Sinistra: GOTTFRIED BöHM, Parrocchiale, Betania-Refrath, 1963-65. Esterno GOTTFRIED BöHM, S. Gertrude, Colonia, 1963. Pianta della chiesa e sezione

Anche nella chiesa del Cristo Risorto a Colonia-Melaten l’accostamento tra mattone e cemento crea un organismo di grande effetto plastico con volumi spezzati ed articolati in un crescendo di masse, una poderosa scultura che culmina nel campanile affiancato da una torre scalare spiraliforme. All’interno l’aula è movimentata da un complesso disporsi degli elementi di copertura.

La chiesa di pellegrinaggio di Maria Königin des Fridens a Neviges nel Bergischen Land, tra Wuppertal ed Essen (1966-72), rappresenta il culmine della ricerca di Gott- fried nella creazione di spazi ecclesiali e più di ogni altra si pone nel segno di un recupero di valori della tradizione medievale. Ci si accosta alla chiesa percorrendo la strada di pellegrinaggio con bassi gradini curvi che permettono il lento avvicinamento

Sopra: GOTTFRIEDBöHM, Cristo Risorto, Colonia-Melaten, 1966-70. Esterno Destra: GOTTFRIEDBöHM, S. Matteo, Garath-Düsseldorf, 1968-69. Esterno

a un affascinante evento architettonico: l’immagine dominante è la serie di cuspidi che compongono come un enorme cristallo a più facce, sui cui piani diversamente inclinati la luce crea effetti molto articolati. Il collegamento con gli architetti dell’Espressionismo è immediato, anche se è altrettanto significativo il riferimento alla figuratività gotica reinterpretata attraverso il particolare uso del cemento armato. La pianta ha la forma di un poligono irregolare con cappelle poligonali che si aprono nell’aula centrale. Pareti opache si alternano ad angoli interamente vetrati, così da generare violenti effetti di chiaro scuro. Ciò che però qualifica l’opera come straordinaria è l’originalità dello spazio interno, il quale è definito dall’articolato gioco di coperture attuato con volumi prisma- tici che richiamano le volte gotiche; cristalli che inducono il pensiero verso l’astrazione dalla materialità.

GOTTFRIED

BöHM, Santuario di Maria Königin des Friedens, Nevignes, 1966-72. Sinistra: esterno. Sotto a sinistra: esterno. Sotto a destra: interno

4. la gestualità formale come elemento preminente nella progettazione