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Nel cercare una strategia necessaria allo studio del rapporto tra moderno e architettura sacra, si presentano sin dai primi passi una serie di difficoltà che non possono essere accolte come semplici problemi oggettuali, al contrario esse richiedono una serie di approfondimenti e considerazioni necessaria a una preventiva definizione del loro esatto valore semantico e a una corretta premeditazione nei riguardi del percorso di studio da seguire. E’ infatti improbabile riuscire a comporre i termini dell’argomento di cui

vogliamo sapere, se non tentiamo di distanziarci da un tipo di approccio esteriore, gene- rico, materialista, che non contempli la possibilità di autentica definizione del problema. La complessità che ci sta a cuore sottolineare riguarda sia i singoli termini, architettura

sacra e Movimento Moderno, sia il modo in cui fino a ora tale relazione è stata pensata e

caratterizzata.

Parlare genericamente di architettura sacra implica il riferimento a una moltitudine di significati che non è in alcun modo possibile ricostruire all’interno di un sintetico quadro d’unione, poiché si trascurerebbero certamente delle singolari qualità la cui presenza è determinante per riuscire a comporre la veridicità del tema. Attraverso l’ag- gettivazione derivante dal sacro, infatti, l’architettura si qualifica come lo spazio più adatto a consentire il dialogo intimo e trascendente tra l’uomo e il divino, cioè diviene il luogo in cui le religioni assumono una espressione oggettuale. I problemi sorgono nel momento in cui si prendono in considerazione le specificità che contraddistinguono le differenti religioni attraverso cui si manifesta la spiritualità dell’uomo, infatti ognuna di esse presenta rispetto alle altre delle differenze sia formali sia sostanziali: le prime, anche se inizialmente sembrano essere le più evidenti, non hanno una particolare rile- vanza nella costruzione dei concetti dato che traggono origine dalle distinzioni culturali e storiche che caratterizzano il cammino dell’uomo; le seconde, anche se in una certa misura subiscono l’influenza di tali distinzioni, acquisiscono la propria essenzialità dal dato della rivelazione che la divinità offre all’uomo.

Il quadro si presenta così complesso, ma soprattutto così multiforme sia nell’immagine sia nei contenuti, che non potrebbe in alcun modo essere considerata plausibile una sintesi che intenda accordare tra di loro le dissomiglianze delle professioni di fede. E anche se tali limiti sembrano essere parzialmente riducibili nel momento in cui si consi- derano le grandi religioni monoteiste, ormai da diverso tempo impegnate in un proficuo dialogo ecumenico, altrettanto però non può dirsi per tutte quelle situazioni in cui i fondamenti delle religioni sono strutturalmente e concettualmente così distanti da non poter lasciar immaginare nessuna forma di avvicinamento.

Al fine di poter garantire l’autenticità e la significatività del nostro studio è perciò fonda- mentale tener conto della situazione appena descritta e proporre una lettura specializzata, ossia limitata alla dimensione di una particolare professione di fede che nel nostro caso corrisponde alla religione cristiano cattolica. Presupporre, come conse- guenza a un’autentica riflessione, un ambito specifico è fondamentale per non cadere nello stesso errore perpetuato da molti testi di recente pubblicazione4che, non dimo-

strandosi sensibili nei confronti dei distinguo religiosi, hanno proposto una lettura omogeneizzante in cui l’elemento qualitativo fondamentale comune a ogni posizione è

la tensione verso il numinoso.5 Appare evidente infatti che gli elementi essenziali carat-

terizzanti l’unicità della religione cristiano cattolica, dei quali si è approfonditamente discusso nel precedente capitolo,6hanno ben poco a che vedere con il numinoso, ovvero

con il totalmente altro e trascurarli comporterebbe una inevitabile frattura tra modello di studio e realtà.

Parallelamente all’ipotesi inerente lo specifico della religione bisogna in modo eguale chiarire che cosa si intende per Movimento Moderno, poiché ci sembra di rilevarne, soprattutto in relazione agli studi che cercano di metterne in luce il rapporto con l’ar- chitettura sacra, una qualificazione superficiale e generica. Molto probabilmente la varietà e la complessità dei linguaggi attraverso i quali questa corrente culturale si è espressa hanno contribuito a far perdere di vista il centro, ovvero quell’insieme di prin- cipi essenziali da assumersi quale fondamento di ogni concreta manifestazione del moderno. In questa distanza purtroppo trovano spazio e si costruiscono tutte quelle opinioni che, limitandosi al dato rilevato, non approfondiscono il percorso a ritroso che lega le forme al significato; da esse nascono tesi in cui gli elementi strutturanti sono aspetti di natura formale o linguistica, ossia manifestazioni epidermiche di qualche cosa che invece ha radici molto più profonde. Esplorare il rapporto tra la chiesa-edificio della religione cristiano cattolica e la manifestazione del modernismo in architettura, implica inevitabilmente il ritornare alle ragioni essenziali, ai principi attraverso cui assumono senso tutte le relazioni di confronto; per questo è necessario fornire una significativa definizione del Movimento Moderno.

Sicuramente non si tratta di un compito semplice in quanto, essendo il rapporto con il sacro un aspetto secondario dell’architettura moderna, solo recentemente si è comin- ciata a manifestare una sensibilità verso di esso; di conseguenza non esiste ancora un organico e completo punto di vista in grado di restituire la reale immagine dell’argo- mento. E’ nostra intenzione cercare di colmare questo vuoto promuovendo, a partire da altri significativi studi, un’analisi che sia capace di rappresentare un primo solido fondamento su cui poter poi in futuro strutturare qualche cosa di più articolato. Per condensare in una sintesi efficace i principi basilari del Movimento Moderno è prima di tutto necessario capire che cosa ci lascia perplessi di alcune trattazioni teoriche che, da un po’ di tempo a questa parte, stanno cercando di chiarire le ragioni della distanza tra l’architettura moderna e il tema del sacro: la valutazione delle imperfezioni relative al risultato è indispensabile per ricalibrare le eventuali ipotesi di partenza errate. Nel corso dei nostri studi ci siamo accorti della presenza di una similitudine che acco- muna tra di loro la maggior parte dei testi: il senso delle parole che in essi sono scritte

lascia intendere una sorta di critica a senso unico che colpevolizza e denigra l’operato del Movimento Moderno. Come esemplificazione di quanto stiamo dicendo ci sembrano adatte le parole scritte da Sandro benedetti:

«con l’architettura sacra viene a rendersi patente ed esplode il problema dei limiti insiti nelle drastiche riduzioni del Movimento Moderno. Che questa evidenziazione non sia un fatto marginale ce lo dicono almeno due osservazioni. La prima [...] l’improvviso atteg- giamento di quasi distacco da questo ambito tematico (quello dell’architettura sacra) da parte dei maestri del razionalismo non potendosi ascrivere soltanto [...] alla morte del sacro, deve essere visto anche nel quadro dei limiti e della povertà con cui la poetica dell’effi- cientismo industriale ha impregnato l’architettura moderna. Tali da sterilizzare sul nascere avvii formativi diversi, maturabili dagli altri spessori della dimensione umana: quello storico, quello emotivo, quello esperienziale. Emergendo chiaramente la dimensione del sacro da un ambito diverso, rispetto a quelli riducibili nella dimensione del puro raziocinio, della pura utilità, della pura praticità».7

Seppur molto precisa ed efficace nella descrizione delle implicazioni oggettive, questa citazione pone un’esasperata attenzione nei riguardi della presunta limitatezza strumen- tale del Movimento Moderno rispetto al tema dell’edificio sacro: l’incompletezza delle regole compositive e delle forme linguistiche sembrano delinearsi come le cause prin- cipali del distacco dell’architettura moderna da ogni forma progettuale che esuli dalla pura utilità. Soprattutto perché si assiste a una netta propensione verso la purezza geometrica e l’azzeramento decorativo, cioè si pone in evidenza «l’espulsione dal nuovo prodotto architettonico di tutti quegli ulteriori elementi, simbolici, rappresentativi, alle- gorici, semantici, che lo avevano da sempre accompagnato; col risultato di consolidare un livello qualitativo completamente nuovo, in cui la pura astanza dell’oggetto geome- trico si accamperà a protagonista».8

Volendo perciò sintetizzare le argomentazioni proposte, possiamo affermare che come conseguenza a una riduzione linguistica verso geometrie pure, la metodologia proposta

LECORbSIER,

Villa Savoye,

Poissy, 1929-31. Esterno

dall’architettura moderna si caratterizzerà per un’evidente incompletezza e inefficacia nell’affrontare alcune particolari tematiche progettuali. Se valutata genericamente, la constatazione precedente non è in alcun modo contestabile, in particolare perché dal linguaggio purista deriverà una generale involuzione che, a partire dalla semplificazione delle forme, condurrà sino al semplicismo e alla banalizzazione delle stesse.

L’onestà nei confronti del dato storico, però, ci impone di sottolineare l’autentica natura del principio originario posto alla base del modernismo in architettura, il quale non sembra essere realmente avulso da ogni interesse per quelle esigenze progettuali legate ai temi del simbolo, del significato, della poetica, delle emozioni. A riprova di quanto si sta dicendo, è utile sottolineare che il progressivo avvicinamento alla purezza geometrica

Destra: LECORbSIER, Immeuble-villa, 1922. Esterno Sotto: W. GROPIUS A. MEyER, fabbrica modello all’esposizione del Werkbund, Colonia, 1914. Esterno

e all’azzeramento decorativo nei progetti del Movimento Moderno corrisponde all’esi- genza di proporre un’architettura idealmente capace di caratterizzarsi come simbolo della macchina e del progresso. In tal senso si può con fermezza sostenere che ogni edificio razionalista non è aprioristicamente incapace di elevarsi al ruolo di significante e di gettare un legame verso dei concetti e delle emozioni apparentemente inattese: la sua poeticità dipende esclusivamente dalla fedeltà che il progettista ha avuto nei confronti dell’essenza delle tematiche culturali dominanti.

Tra di esse l’architettura moderna individua in particolar modo quelle del razionalismo e del funzionalismo, pertanto si avverte all’interno del suo programma progettuale una palese attenzione al costruire tecnico e all’utilità. La loro apparente ovvietà, dato che si sta parlando di un ambito tecnico quale è l’architettura, trae in inganno, perché intorno al loro valore ruotano gran parte delle tesi sia di sostegno sia di biasimo al moderno. In particolare tutta la critica post-modernista si è organizzata in relazione alla consta- tazione della presenza nel Movimento Moderno di un approccio meccanicistico e standardizzante esageratamente radicale, il quale come diretta conseguenza avrebbe portato all’ideologia del falso utile, alla riduzione dell’opera a cosa e a processi di alie- nazione.

«Razionalismo e funzionalismo si saldano nel fondare la nuova processualità architetto- nica, che sarà propria del Movimento Moderno europeo. Attraverso questo atteggiamento l’architettura verrà a contatto con un altro aspetto decisivo dell’epoca industriale: lo spirito del costruire tecnico. L’edificio, ogni parte del costruito, nascerà e si costituirà non più in nome di leggi spaziali o formali tradizionali o canoniche, non derivando più da una espres-

P. bEHRENS,

fabbrica di turbine AEG,

berlino, 1909. Esterno

sività ancorata nella memoria dell’artista, ma aderendo e rispondendo alla stretta esigenza del programma funzionale: come la parte di una macchina aderisce alla particolare funzione meccanica che la fa nascere».9

E’ ovvio che anche questa considerazione sia stata accolta nell’archivio delle motivazioni che sostengono l’incapacità del metodo dell’architettura moderna nei confronti del tema dello spazio sacro, ma nell’osservare e vivere molte delle opere architettoniche dei maestri del moderno non ci sembra possibile dare una reale caratterizzazione a queste parole. Il problema ci sembra ancora una volta posto e affrontato superficialmente poiché, in architettura, la tecnica o la funzione o il bisogno sono elementi imprescindi- bili che non possono essere sottratti al loro ruolo o criticati genericamente. «Prima di tutto l’architettura nasce da un bisogno e tale condizione è innegabile poiché, sia che si tratti di chiesa, palazzo, teatro, essa deve servire a qualcosa, oppure è vuota sceno- grafia»10. Quel bisogno pratico nel quale «l’architettura fonda la condizione stessa per

essere arte, poiché in quel bisogno darà la sostanza conoscitiva all’immagine che altri- menti dovrebbe configurarsi come un atto gratuito e non come un’immagine».11

Sia nel caso della semplificazione formale e dell’astrazione purista sia in quello dell’ec- cessivo interesse rivolto verso la tecnica e la funzione, dobbiamo cercare di superare le critiche costituite a partire da aspetti epidermici e al contrario argomentare dei percorsi logici che, scrutando la base del problema, siano capaci di definire il distacco tra archi- tettura e progettazione dello spazio sacro. Per questo, bisogna oltrepassare i confini della disciplina architettonica e una volta ampliata la visuale è necessario cercare i prin- cipi essenziali che accomunano le varie manifestazioni culturali del moderno.

3. le ragioni essenziali della distanza tra il modernismo e il tema della