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A. P ERRET , Notre Dame du

2. la ricostruzione in italia: il confronto tra chiesa e politica

3.2 la ‘Pontificia commissione centrale per l’arte sacra’

La ‘Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra’ in Italia fu istituita nel 1924 da Papa Pio XI e, nei primi anni (1924-1929), venne affidata alla presidenza dell’Abate benedet- tino Ildefonso Schuster. Essa nacque con lo scopo di «mantenere desto ed operoso dappertutto, specialmente in seno alle Commissioni Diocesane, il senso dell’Arte Cristiana e lo zelo intelligente e devoto per la conservazione e l’incremento del patri- monio artistico della Chiesa».22Il capitolo storico più importante della Commissione fu

quello che si aprì nell’immediato dopoguerra a seguito dell’impellente necessità di prov- vedere al restauro e alla costruzione delle chiese, delle case canoniche e dei campanili distrutti dalla guerra. La sua attività, guidata negli anni 1943-1956 da S.E. Mons. Giovanni Costantini, consisteva nell’opera di valutazione e giudizio sulle qualità litur- giche ed estetiche dei progetti che gli Ordinari diocesani presentavano agli organi statali preposti con lo scopo di ottenere i finanziamenti necessari alla realizzazione degli inter- venti. Un’opera straordinariamente significativa i cui dati impressionano sia per la mole sia per le ripercussioni che essi ebbero sugli equilibri economici e sociali di uno stato in via di ricostruzione.23

Indubbiamente più stimolanti sono le esperienze che la Commissione si trovò a dover affrontare a partire dagli anni Cinquanta; la sua attività, a causa dei processi di inurba- mento e il conseguente aumento delle parrocchie, si spostò progressivamente dall’ambito del restauro a quello della nuova costruzione di edifici per il culto. La nuova

fase fu supportata e parzialmente giustificata da alcuni interventi legislativi dello Stato italiano, che risultarono estremamente favorevoli e che furono sicuramente il frutto anche dell’attività politica e di mediazione dell’allora presidente della Commissione Mons. Costantini.

Le leggi n. 2522 del 1952 ‘Concorso dello Stato nella Costruzione di nuove chiese’ e n. 168 del 1962 ‘Nuove norme relative alla costruzione e ricostruzione di edifici di culto’, con le modifiche e gli aggiornamenti successivi, riconoscono la necessità civile e sociale di aiutare i Vescovi nell’opera di dotazione di strutture religiose al servizio delle aree di nuova espansione. Le leggi sono estremamente razionali, intelligenti e mature. Accedono all’istituto ammi- nistrativo della Concessione, affidando appunto all’Ordinario diocesano il compito totale, dal terreno al collaudo, e consegnando un bonus finanziario corrispondente al

grezzo chiuso. L’opera cioè veniva finanziata per l’importo corrispondente all’acquisto del

terreno, alla costruzione del grezzo, alla realizzazione delle tamponature perimetrali e dei sistemi di protezione dall’acqua tanto per la chiesa quanto per le opere parrocchiali e per la casa del parroco. L’Ordinario doveva poi provvedere con fondi autonomi al completamento degli impianti, rifiniture, pavimentazioni, arredo e opere d’arte. A fronte di questo contributo lo Stato ebbe l’accortezza di imporre due forme di riscontro: alla collaborazione tra Genio Civile e Corte dei Conti venne demandato il compito del controllo incrociato del procedimento tecnico amministrativo di ogni progetto, mentre alla ‘Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra’ venne affidata la veri- fica della qualità progettuale degli stessi. La Commissione inoltre doveva redigere il programma annuale di finanziamento delle opere da realizzare, il quale passava poi al vaglio e all’approvazione sia del Ministero dei Lavori Pubblici sia del Ministero degli Interni (Direzione Generale del Fondo per il Culto). Una sinergia tra Stato e Chiesa che fu ritenuta indispensabile a causa di un duplice handicap: la poca competenza culturale e scientifica della maggior parte delle commissioni diocesane e la pressoché totale impreparazione dei professionisti ad affrontare con cognizione il tema dell’edificio per il culto. Di fatto la Pontificia Commissione in un anno poteva prendere in esame dai 100 ai 150 progetti di chiese e altrettanti di opere parrocchiali; a titolo di esempio dal 1956 al 1985, anni caratterizzati dalla vitale presidenza di Don Giovanni Fallani, il successore di S.E. Mons. Giovanni Costantini, vennero analizzati ben 4.453 progetti. Nonostante le inevitabili limitazioni finanziarie che si dovevano porre ai progetti e inoltre tenuto conto delle difficoltà nel riuscire a coordinare la moltitudine di interventi posti in atto, si può dire che la Chiesa abbia comunque tentato di esercitare in modo centralizzato una forma di controllo e di indirizzo sull’architettura cultuale in tutto il territorio italiano. In particolare attraverso l’imprescindibile diritto di veto della Ponti-

ficia Commissione, il cui parere era, come detto, esplicitamente richiesto per avvalorare la rispondenza dell’opera ai precetti della liturgia e dell’arte sacra. Importante è far notare che la Commissione, per poter dare una consulenza la più obiettiva possibile, nel corso degli anni si avvalse dell’apporto esterno di consulenti di altissimo livello, la maggior parte dei quali erano professionisti di fama riconosciuta a livello nazionale e internazionale: gli architetti Sandro Benedetti, Adalberto Libera, Luigi Moretti, Ludo- vico Quaroni, Mario Ridolfi, Giuseppe Vaccaro; gli ingegneri Pier Luigi Nervi, Vincenzo Passarelli, Salvatore Rebecchini. Il loro impegno se non permise un univoco e coerente orientamento nell’attività della Commissione, ancora troppo condizionata da contrasti e idee particolaristiche, almeno garantì tanto un supporto culturale di spes- sore e una predisposizione al dialogo interdisciplinare.

Quello dell’edilizia sacra fu senz’altro l’aspetto più appariscente dell’attività della Ponti- ficia Commissione, in un tempo molto discusso per l’architettura religiosa, in cui prevaleva sia l’angoscia per il divario tra gli orientamenti dell’architettura moderna e la debolezza della committenza ecclesiastica sia per le molte incertezze a livello teorico. L’attività pratica procedette, comunque, parallelamente al tentativo di offrire un contri- buto anche teorico alla riflessione sull’architettura della chiesa-edificio. Lo strumento certamente più noto, in questo senso, fu la rivista ‘Fede e Arte’ pubblicata per quindici anni dal 1953 al 1968, anche se non vanno sicuramente trascurati gli innumerevoli convegni, corsi e dibattiti proposti nel corso degli anni a tutti quelli che a vario titolo potevano essere interessati agli argomenti.