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Il presente paragrafo prende in esame la situazione del Senegal a partire dalla metà degli anni Settanta, così come è stato fatto per la regione spagnola dell’Andalusia. Si ribadisce l’importanza di questa scelta al fine di poter analizzare con maggiore precisione ciò che il Paese ha sperimentato dopo il processo di decolonizzazione, culminato con il raggiungimento dell’indipendenza nel 1960. Prima di iniziare la disamina riguardante il Senegal, si ricorda che, tra i tanti Paesi in via di sviluppo, si è preso in considerazione il medesimo per due questioni dirimenti: innanzitutto, esso fa parte di un continente, quello africano, ingiustamente trascurato nel dibattito odierno e quasi del tutto scomparso dall’agenda internazionale con riguardo alle sue problematiche interne; sembra, infatti, che ci si ricordi dell’Africa, con particolare focus sull’Africa sub-sahariana, solo quando si parla dell’urgenza che ha assunto il fenomeno migratorio nel mondo occidentale. In secondo luogo, si è scelto il Senegal perché tale Paese risulta particolarmente interessante da analizzare riguardo la sua esperienza post-decolonizzazione: esso è stato, infatti, all’interno della macroregione dell’Africa sub-sahariana, l’unico a cui si possa attribuire la sperimentazione piena di un fenomeno di democratizzazione delle istituzioni. Nel Capitolo I si è sottolineato con forza come non esista possibilità di vero sviluppo socioeconomico senza democrazia: ecco perché il Senegal assume un ruolo esemplare.

Di seguito si fornisce una descrizione generale del Senegal con riferimento all’anno 1975, appunto 15 anni dopo il raggiungimento dell’indipendenza politica. Il Senegal ha una superficie totale di 197.000 kmq e si estende approssimativamente fra il 18° e il 24° parallelo nord e tra l’11° e il 17° meridiano ovest. Le distanze minime sono rispettivamente di 400 km tra nord e sud e di 600 km tra ovest ed est. Il Paese confina a nord con la Mauritania, la cui frontiera naturale è costituita dall’omonimo fiume Senegal, a est con il Mali, a sud con la Guinea Bissau e la Guinea. Per buona parte della sua larghezza il Paese è diviso in due dallo Stato del Gambia, che occupa il bacino del fiume omonimo. Ciò rende particolarmente difficoltose le comunicazioni tra il nord e la regione più meridionale: la Casamance. L’accesso al mare è garantito da 500 km di costa sull’oceano Atlantico, dove sono situati un porto

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di acque profonde a Dakar e altri porti, in zone interne del Paese, a Kaolak e Ziguinchor.

La popolazione totale del Senegal alla fine del 1975 era pari a 4.300.000 abitanti. Al momento dell’indipendenza, 15 anni prima, gli abitanti superavano di poco i 3.000.000: in questo periodo si è avuto un incremento pari a circa il 2,3% l’anno. La popolazione, in quegli anni, era estremamente giovane, con circa il 42% degli abitanti in età inferiore ai 14 anni. Sempre intorno al 1975, il Senegal, rispetto ad altre nazioni africane, ha subito in maniera meno forte la spinta all’inurbamento. Nel Paese, infatti, la suddivisione della popolazione tra urbana, semi-urbana e rurale non fa rilevare l’esistenza di una concentrazione molto forte nelle aree urbane. La crescita delle città non risulta, dunque, molto elevata in termini assoluti. Solamente Dakar, con i suoi 760.000 abitanti nel 1975, aveva un tasso di crescita piuttosto elevato. Le altre città, invece, facevano registrare incrementi non di molto superiori a quelli delle zone rurali. Le maggiori città, dopo la capitale, erano: Kaolak (109.000 abitanti), Thiès (100.000 abitanti), Saint-Louis (88.000 abitanti) e Ziguinchor (50.000 abitanti). In complesso, dunque, la popolazione urbana rappresentava circa il 30% del totale, quella che viveva in zone semi-urbane il 14%, mentre la popolazione rurale superava il 55% del totale. La densità media era pari a 22 abitanti per kmq. Le zone atlantiche erano densamente popolate, mentre le regioni orientali apparivano semidesertiche198. Di seguito una tabella esplicativa della situazione demografica per regione, sempre al 1975.

Tabella 7 - Senegal: caratteristiche demografiche della regione Regione Popolazione Incremento

annuo Superficie kmq Densità ab/kmq Cap-Vert 843.000 4,4 550 1.533 Casamance 662.000 1,5 28.350 23 Diourbel 679.000 2,0 33.547 20 Fleuve 416.000 1,3 44.127 9 198

G. Sciolli (a cura di), Meccanismi dell’intervento pubblico nei Paesi in via di sviluppo, Franco Angeli, Milano, 1979, pp. 65-66.

166 Senegal Orientale 264.000 3,8 59.602 4 Siné Saloum 871.000 0,8 23.945 36 Thiès 595.000 2,5 6.601 90 Totale 4.330.000 2,3 196.722 22

Fonte: Situations économiques, ripresa da G. Sciolli (a cura di), Meccanismi dell’intervento pubblico

nei Paesi in via di sviluppo, Franco Angeli, Milano, 1979, p. 66.

Vari gruppi etnici coabitavano all’interno del Paese. I principali erano i Wolof, che costituivano il 36% della popolazione senegalese ed erano presenti in tutte le regioni; vi erano inoltre i Peul o Fulani (18%) che occupavano la parte più meridionale e quella più settentrionale del territorio nazionale: si trattava di una popolazione nomade pastorale che però si era in parte sedentarizzata dedicandosi all’agricoltura. Infine sono da menzionare i Sérère (17%), che abitavano il Siné Saloum e i Mandingo (9%) stanziati nella Casamance. Di minore importanza numerica erano i Diola, i Lebou e i Bambara. Stante tale quadro etnico, l’85% della popolazione era musulmana: ossia tutti i Wolof, i Peul e i Mandingo; mentre il cattolicesimo faceva breccia soprattutto presso i Sérère. Infine, buona parte dei Diola erano rimasti legati alle religioni tradizionali.

Dal punto di vista istituzionale, il Senegal si presentava diviso in 7 regioni con densità demografica molto diversificata, come già si evince dalla tabella di cui sopra. Il Cap-Vert faceva registrare una densità elevatissima: più di 1.500 abitanti per kmq, dovuta all’esistenza, in questa regione, della conurbazione Dakar-Rufisque. La densità tendeva a decrescere rapidamente spostandosi verso est. Era ancora elevata nella regione di Thiès, subito nell’entroterra di Cap-Vert, ma scendeva progressivamente fino a raggiungere i 4 abitanti per kmq del Senegal orientale. Le regioni erano a loro volta suddivise amministrativamente in 28 dipartimenti, mentre questi ultimi si dividevano in 90 arrondissement.

Sulla base delle condizioni agro-climatiche, il Paese può essere suddiviso in cinque regioni naturali:

- La valle del fiume Senegal: si estende lungo 450 km a sud del fiume Senegal, presenta un clima sahaliano ed è una zona di colture di irrigazione, quali riso e

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miglio. Inoltre, nel 1975 costituiva l’area di massima produzione pastorale del Paese

- La zona marittina, da Saint-Louis fino alla foce del fiume Gambia: è la zona che affaccia sull’oceano Atlantico, presenta un clima mite sub-canariano, sotto la doppia influenza del mare e degli alisei invernali. È la regione economicamente più sviluppata del Paese, comprendendo le maggiori città, i centri industriali e i porti. Dal punto di vista agricolo assume grande importanza l’area di Niayes, dove sono possibili colture molto redditizie quali l’orticoltura e la frutticoltura. - La zona arachidea, da Louga al Gambia: il clima è soudaniano, lo sfruttamento

arachideo ne ha fatto la regione agricola strategicamente più importante per lo sviluppo economico del Paese.

- Il Ferlo, a nord-est della zona arachidea: è una regione di steppe, semidesertica, a vocazione essenzialmente pastorale.

- La Casamance, tra il Gambia e le Guinee: il clima è sub-tropicale e sub-guineano. Tale regione si distingue per la risicoltura irrigua. Inoltre, le piogge abbondanti permettono anche redditizie coltivazioni a secco di miglio, riso, frutta e la pratica dell’allevamento199

.

In generale, dal punto di vista climatico, il Senegal è caratterizzato da una sola stagione delle piogge che dura in media dall’inizio di agosto alla metà di ottobre. Tuttavia, vi sono notevoli variabilità territoriali in merito, che influenzano la vocazione agricola delle varie regioni. Infatti, le precipitazioni diminuiscono da sud a nord e, nello stesso senso, subiscono un decremento i giorni di piovosità. Presso la frontiera della Guinea, nel sud del Paese, le precipitazioni annuali superano i 1.500 mm, ripartiti in un centinaio di giorni. Al nord, nel bacino del fiume Senegal, i millimetri annuali si riducono a 400, concentrati in una stagione delle piogge di poco più di 30 giorni. Tra questi due estremi, ossia nei due terzi del territorio dello Stato, le precipitazioni annuali non superano i mille millimetri e le piogge si concentrano in 60 giorni200.

Dal punto di vista della struttura dell’economia nel 1975, si faccia riferimento alla seguente tabella.

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Ivi, pp. 66-69. 200 Ivi, p. 73.

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Tabella 8 - Popolazione attiva e prodotto nazionale lordo in Senegal: 1975 (percentuali di composizione per settori produttivi)

Settore produttivo Occupazione settoriale % sul totale della popolazione occupata

Prodotto lordo settoriale, % sul totale della produzione nazionale

Settore primario 54 29

Settore secondario 12 22

Settore terziario 34 49

Fonte: G. Sciolli (a cura di), Meccanismi dell’intervento pubblico nei Paesi in via di sviluppo, Franco Angeli, Milano, 1979, p. 69.

Nel 1975, nel Senegal vi era una notevole concentrazione della popolazione nelle zone rurali e un suo conseguente massiccio impiego nel settore primario, sia con attività di pura autosussistenza, sia con attività finalizzate alla commercializzazione del prodotto. In esso, infatti, trovava occupazione circa il 54% della forza lavoro. Tuttavia, anche il settore terziario contribuiva fortemente all’occupazione, a causa della notevole polverizzazione degli esercizi commerciali, cioè di negozi di vendita al dettaglio di dimensioni ridotte. Questa caratteristica accomunava numerosi Paesi allora considerati del terzo mondo. Il settore terziario, infatti, assorbiva il 34% della forza lavoro. Molto modesta, invece, risultava la quota di popolazione attiva occupata all’interno del settore secondario. L’ossatura di quest’ultimo, infatti, era costituita da piccole imprese artigianali e qualche media industria di trasformazione, soprattutto nel settore alimentare. Sebbene impiegasse più della metà della forza lavoro, il settore primario risultava scarsamente produttivo, contribuendo solo al 29% del PIL nazionale. Ciò evidentemente perché l’attività agricola era esercitata sulla base di piccole comunità domestiche che impiegavano tecniche tradizionali. Il settore terziario, invece, con solo il 34% degli occupati, produceva quasi la metà del PIL nazionale: ciò era riconducibile agli elevati profitti dei grandi commercianti e delle attività bancarie e finanziarie, nonché agli elevati stipendi dei dipendenti della pubblica amministrazione201.

201 Ivi, pp. 66-69.

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