Prima del raggiungimento dell’indipendenza politica nel 1960, l’agricoltura senegalese era organizzata in maniera tradizionale: le varie etnie, suddivise a loro volta in unità claniche e familiari, si specializzavano nella coltivazione di un solo prodotto e, a tal fine, utilizzavano tecniche di coltura tradizionali che non prevedevano l’impiego dell’energia animale e che non valorizzavano sufficientemente i metodi di concimazione. Si trattava, dunque, di un’agricoltura di autoconsumo scarsamente produttiva. Come in tutta l’Africa occidentale, il prodotto fondamentale dell’autoconsumo era costituito da un solo cereale. Gli agricoltori senegalesi, sotto questo aspetto, potevano essere divisi in due gruppi: quelli che abitavano la zona settentrionale e orientale del Paese, aventi come base di sussistenza il miglio, e quelli stanziati lungo la zona meridionale, coltivatori di riso. L’organizzazione della produzione così rigida rifletteva l’istituzionalizzazione di un sistema di proprietà della terra, il quale creava una serie di complessi rapporti tra clan, famiglie ed etnie. Una struttura socio-economica così solida appariva difficilmente attaccabile attraverso l’introduzione di produzioni agricole commerciali. Riso e miglio non venivano in alcun modo commercializzati, costituendo così la base alimentare dei contadini produttori. Tuttavia, la dieta di questi ultimi veniva debolmente arricchita da altre produzioni alimentari: tuberi, quali manioca, patata dolce e taro, legumi e frutta; inoltre in alcune zone, quali Siné Saloum e Casamance, svolgeva un ruolo importante la pesca, sebbene fosse sottostimata rispetto alle effettive potenzialità del settore. L’allevamento, invece, sembrava costituire una base alimentare non utilizzata per la sussistenza, bensì prevalentemente per il soddisfacimento rituale212.
Una volta raggiunta l’indipendenza nel 1960 e dopo la creazione di istituzioni democratiche, il primo problema che il Senegal si trovò ad affrontare fu quello di assicurare una maggiore produttività al settore agricolo, permettere una più ampia commercializzazione dei frutti di quest’ultimo, nonché fare in modo che il settore primario risultasse pienamente integrato con gli altri settori dell’economia nazionale. La principale strategia che venne perseguita fu quella della creazione di cooperative agricole. Nello specifico, si puntava alla creazione di organismi indipendenti, ma integrati nel sistema economico produttivo dello Stato, rifuggendo dunque i due
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estremi che già erano stati sperimentati durante il colonialismo: organizzazioni troppo rigidamente inquadrate all’interno delle strutture amministrative dello Stato, oppure libere cooperative trovatesi però ad operare in maniera anarchica. Il nuovo sistema cooperativo nacque sotto due impulsi ben definiti: eliminazione degli intermediari e del profitto capitalistico e organizzazione della produzione sulla base di principi democratici e altruistici. Sulla base di questi due principi, in data 20 maggio 1960, il governo senegalese emanò una serie di decreti che costituirono appunto lo Statuto delle cooperative senegalesi. Addirittura, si rileva come quest’ultimo fosse stato emanato un mese prima della proclamazione ufficiale di indipendenza politica. Di seguito, si elencano i punti principali caratterizzanti lo Statuto delle cooperative:
a) Organismi pre-cooperativi: lo Statuto prevedeva degli organismi pre-cooperativi denominati Associations d’interêt rural, al fine di organizzare i contadini prima ancora che le vere e proprie istituzioni cooperative fossero create. Tali organi avevano due anni di tempo al fine di perfezionare la sottoscrizione del capitale sociale e quindi trasformarsi in cooperative, dopo aver ottenuto il consenso del ministero dello sviluppo rurale.
b) I cooperatori: al fine di poter essere ammessi come soci alle cooperative occorrono tre condizioni
- Abitare nei villaggi costituenti la circoscrizione della cooperativa - Esercitare una professione di carattere rurale
- Essere ufficialmente ammessi dalla riunione dei soci.
In tal modo, si evitava la creazione di organismi elefantiaci, facendo invece ricadere la scelta su piccole organizzazioni; inoltre, per motivi di coerenza, le cooperative non potevano essere costituite che da persone esercitanti la professione agricola proprio per evitare infiltrazioni di persone aventi come obiettivo l’ottenimento di profitti derivanti da attività che nulla avevano in comune con l’agricoltura.
c) Le funzioni delle cooperative: le cooperative avevano un triplice ruolo, ossia - Migliorare la commercializzazione della produzione dei loro aderenti e favorire il
loro approvvigionamento
- Accrescere, per mezzo della garanzia cooperativa, le possibilità di finanziamento individuali
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- Costituire le unità di base per gli organismi di Stato al fine di facilitare la messa in opera dei programmi di azione in ambiente rurale e il controllo dell’esecuzione di questi ultimi.
d) Gli organi delle cooperative:
- Assemblea generale: riuniva tutti i soci facenti parte della cooperativa. Era stabilito si riunisse obbligatoriamente due volte l’anno: ad aprile per preparare la campagna agricola e studiare il programma dei prestiti, nonché ad ottobre per studiare le modalità delle vendite del prodotto e il recupero dei prestiti. All’assemblea partecipa anche un agente del servizio della cooperazione, la cui azione è di consigliere dell’assemblea, anche se poteva assumere una funzione sostitutiva della stessa in caso si fosse riscontrata una lacuna tecnica dell’assemblea.
- Consiglio di amministrazione: è costituita da alcuni soci della cooperativa, eletti dall’assemblea generale a scrutinio segreto. Ad esso sono delegati tutti i poteri amministrativi.
- Presidente della cooperativa: veniva eletto dal consiglio di amministrazione all’interno dei suoi membri. Si trattava di una persona che avesse, oltre alle necessarie conoscenze tecniche in campo agricolo, anche una certa caratura politica e religiosa. Infatti, il suo principale ruolo era quello di fungere da intermediario tra la cooperativa e l’amministrazione centrale.
- Il Peseur: si trattava di una figura molto importante all’interno della struttura della cooperativa, che richiedeva una buona istruzione e un’indole onesta. A causa di tali incombenti esigenze, venne stabilito che esso fosse direttamente nominato dallo Stato ed inserito nella singola cooperativa. I suoi compiti essenziali erano: pagare ai cooperatori il corrispettivo pari al valore del prodotto agricolo da loro apportato, nonché assicurare la distribuzione dei prestiti tra i membri e il loro necessario recupero.
e) Il capitale sociale: alla costituzione della cooperativa ogni socio doveva versare una quota di iscrizione. Il capitale sociale poteva aumentare poiché vi era un aumento del numero di aderenti o perché venivano richiesti versamenti aggiuntivi a coloro i quali già erano soci.
f) Assistenza alle cooperative: a livello locale, gli organi delle cooperative erano affiancati da agenti del Cer; a livello nazionale, invece, il ruolo di assistenza tecnica era assicurato dalla direzione della cooperazione in seno al ministero
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dell’economia rurale. A livello regionale, un ispettore e dei capisettore assicuravano il collegamento tra la direzione nazionale e gli organismi della cooperativa. Le competenze di questo personale si esercitavano essenzialmente in tre campi:
- la creazione degli organismi pre-cooperativi - il controllo di gestione delle cooperative
- l’educazione cooperativa dei contadini, soprattutto in relazione alla formazione tecnica del presidente, degli amministratori e del peseur.
g) Responsabilità solidale dei soci: i soci avevano una responsabilità congiunta sui debiti della cooperativa a cui appartenevano; in tal modo, essi si responsabilizzavano riguardo non solo i loro rapporti con la cooperativa, ma con particolare attenzione alle operazioni finanziarie di quest’ultima, proprio perché ne erano tutti ugualmente responsabili213.
Oltre a promuovere la nascita delle cooperative, il nuovo Stato indipendente del Senegal promosse la creazione di un organo centrale le cui funzioni erano intimamente correlate a quelle delle cooperative: con il decreto 66-60 del 30 giugno 1966 nacque l’Office National de coopération e d’assistance pour le developpement (Oncad). L’Oncad veniva costituito come ente pubblico a carattere commerciale e veniva dotato di un capitale pari a 2.140 milioni di franchi Cfa; attraverso la sua istituzione, lo Stato intese procedere a una riorganizzazione delle funzioni e dei compiti tra gli organismi pubblici legati alla produzione e commercializzazione dei beni agricoli, con particolare riferimento al florido mercato dell’arachide. Ciò era assolutamente necessario: la Francia, infatti, era entrata nella Comunità Economica Europea nel 1957 e ciò aveva cambiato totalmente la natura dei suoi rapporti con i Paesi esteri; il Senegal, dunque, non poteva più godere della presenza di un mercato preferenziale con la sua ex colonia e, in generale, del trattamento di favore garantitogli da essa in termini commerciali. Dalla sua creazione al 1975 l’Oncad fu operativo, sebbene i suoi specifici compiti vennero definitivamente chiariti dall’art 3 del decreto del 1975, i quali possono essere riassunti come segue:
a) Eseguire il programma agricolo, precedentemente approvato dalle autorità competenti. Nell’espletamento di questa funzione, l’Oncad veniva coadiuvato
213 Ivi, pp. 79-84.
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dalla Società di sviluppo e valorizzazione agricola (Sodeva) e dai Centri di espansione regionale (Cer).
b) Fornire agli organismi cooperativi i mezzi necessari, della più vasta natura, una volta stabiliti i bisogni di questi ultimi. Per esempio, l’Oncad assicurava il trasporto dei beni agricoli.
c) Operare la commercializzazione dei prodotti agricoli. In sostanza, tale organismo raccoglieva i beni del settore primario dalle cooperative e provvedeva alla loro vendita; inoltre, esso interveniva nella distribuzione dei prodotti di consumo agricolo di interesse nazionale. In sostanza, l’Oncad operava da monopolista all’interno del settore agricolo, sia raccogliendo e commercializzando tutto il prodotto delle cooperative, sia distribuendo a queste ultime i prodotti alimentari necessari ai suoi soci.
d) Dedicarsi alla gestione delle sementi, ossia assicurare la conservazione del capitale sementi.
L’enumerazione dei compiti dell’Oncad permette di comprendere in maniera chiara la strategia posta in essere nel settore agricolo in Senegal dopo il periodo dell’indipendenza politica. Le cooperative restavano il punto di riferimento e l’unità centrale di tale settore; esse, dopo aver prodotto una quantità di beni alimentari, procedevano alla distribuzione tra i suoi soci di tutto l’ammontare necessario al loro sostentamento. Il surplus, invece, veniva raccolto in modo monopolistico dall’Oncad, il quale demandava allo Stato la decisione finale in merito alle differenti quote da destinare alla vendita interna e alle esportazioni.
Dal punto di vista organizzativo, l’Oncad era composto dai seguenti membri:
a) Un consiglio di tutela: era composto da sette membri e presieduto dal ministro dello sviluppo rurale. Aveva il compito di deliberare su tutte le misure concernenti la gestione dell’ente, tra cui soprattutto il conto di previsione e il rapporto annuale di gestione. Era stabilito si riunisse almeno una volta al trimestre.
b) Una direzione generale: il direttore generale è nominato dal ministro per lo sviluppo rurale ed esercitava tutti i poteri di amministrazione e gestione in concordanza con il consiglio. In particolare, aveva l’incarico di stabilire ogni anno un conto preventivo di esercizio e il programma di azione, del quale deve
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anche assicurare l’esecuzione. La gestione da essa esercitata è controllata, sotto gli aspetti finanziari, da un ispettore di Stato.
c) Vari servizi e divisioni: avevano ognuno i compiti specifici richiamati dalla propria denominazione; tra le principali spiccavano il servizio di controllo finanziario, relazioni esterne, relazioni interne, la sezione trasporti, la direzione delle cooperative, il servizio contabile e quello dell’informatica.
Si pensi che nel 1975 l’Oncad aveva un organico stabile di circa 1900 agenti214. Dopo aver esplicitato il ruolo delle cooperative e dell’Oncad, occorre necessariamente menzionare anche la funzione assunta dalla Banque Nationale de Développement du Senegal (Bnds), la quale era un organismo controllato dallo Stato il cui ruolo era strettamente collegato con le finalità espresse dal governo di “promuovere ogni progetto per lo sviluppo economico del Senegal”215
. Con altre parole, si diceva che lo scopo della Bnds era quello di “favorire la trasformazione di una società tradizionale in una società progredita”216. La Bnds non poteva, da statuto, fare prestiti ai privati. Essa, infatti, interveniva soltanto con finanziamenti in operazioni che tendevano allo sviluppo dell’industria, dell’artigianato, del commercio, dell’allevamento, della pesca e soprattutto del movimento cooperativo. Si venne a creare, dunque, un altro organismo di fondamentale importanza per il funzionamento del mondo cooperativo.
Le cooperative, l’Oncad e la Bnds, insieme alle varie articolazioni degli organi statuali, concorrevano tutte alla realizzazione di una generale strategia per l’applicazione del programma agricolo. In sostanza, essa prevedeva che i contadini delle cooperative producessero una certa quantità di beni vendibili e la consegnassero tutta alla rispettiva cooperativa di appartenenza, salvo quanto necessario all’autoconsumo, la quale poi la faceva pervenire allo Stato per mezzo dell’Oncad. L’impegno era quello di acquistare i prodotti a un prezzo fissato preventivamente, nonché di favorire il potenziamento della produzione agricola attraverso la distribuzione di sementi, concimi, antiparassitari, animali da lavoro e materiale tecnico in generale. La strategia generale prevedeva, inoltre, l’ampia sostituzione di colture destinate all’autoconsumo con quelle maggiormente adatte alla 214 Ivi, pp. 84-87. 215 Ivi, p. 91. 216 Ibidem.
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commercializzazione; tuttavia, per equilibrare i possibili effetti distorsivi di tale linea guida, lo Stato stesso si impegnava a consegnare ai contadini i beni di consumo necessari ad integrare la loro alimentazione, come il riso e il miglio, la produzione dei quali appariva fortemente diminuita in ragione della loro sostituzione con prodotti più adatti alla commercializzazione. Per essere ancora più specifici, in tale sistema esisteva un doppio monopolio: quello delle cooperative e quello dello Stato. Si ricorda, infatti, che i contadini dovevano consegnare tutto il prodotto alla cooperativa di appartenenza, salvo quanto destinato all’autoconsumo. In concreto, i contadini consegnavano i beni alimentari al pesatore, il quale, dopo aver pesato i sacchi e detratto la tara, iscriveva su un libretto presentato dal socio il peso del prodotto consegnato. La cooperativa raccoglieva così tutti i prodotti e li consegnava all’Oncad, il quale pagava un corrispettivo a seconda dell’entità pervenuta. La cooperativa stessa, dopo l’avvenuto pagamento dell’organismo centrale, contribuiva a redistribuire l’incasso tra i suoi soci a seconda del contributo apportato da ognuno e precedentemente registrato dal pesatore. Ogni singola cooperativa riceveva i pagamenti dell’Oncad ogni settimana, dunque ogni contadino veniva pagato secondo rate settimanali. Questo sistema di organizzazione dei pagamenti faceva in modo di non far pervenire tutta insieme la somma dovuta alla cooperativa e quindi al singolo contadino, pianificando invece una sua rateizzazione; tale astuto sistema permetteva alle cooperative di non gestire troppo capitale contemporaneamente e di stimolare, in un certo senso, la propensione al risparmio del contadino, il quale era disincentivato dallo spendere immediatamente tutta la somma ottenuta forse perché troppo esigua nella sua singola rata. In concreto, il pagamento delle somme alle singole cooperative avveniva attraverso la figura del presidente del Centre operationel régional; di seguito un piccolo focus su tale organismo.
Le cooperative, più specificatamente, erano organizzate all’interno di divisioni amministrative denominate arrondissement. L’Oncad inviava, in ognuno di essi, un agente incaricato: l’agent d’enquadrement de base; esso aveva il compito di mantenere strette relazioni tra l’organismo centrale e le cooperative e di risolvere tutte le questioni inerenti tale rapporto. Tutti gli agenti dell’Oncad che operavano nei diversi arrondissement di una stessa regione erano collegati e dipendevano da un unico centro operativo regionale (Centre operationel régional), avente appunto un presidente. Inoltre, in ogni arrondissement erano installati i magazzini di sementi, la capacità dei quali era stabilita sulla base del livello di produzione delle cooperative
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esistenti. Un gerente assicurava la gestione delle sementi e la loro distribuzione alle cooperative217.
Ancora più nello specifico, l’Oncad pagava a ogni cooperativa una somma corrispettiva al prodotto ricevuto; tuttavia, la singola cooperativa restituiva a ogni contadino una quantità di denaro inferiore rispetto a quella che ufficialmente gli sarebbe dovuta essere assegnata. In questo modo tali organi riuscivano ad ottenere un margine di guadagno utile per una serie di ragioni: innanzitutto, il 25% del denaro non assegnato ai contadini veniva immesso in un conto di riserva costituito per far fronte a spese straordinarie. Un’altra parte veniva pagata all’Oncad per il materiale di immagazzinamento, il pesatore e tutte le altre spese di ammasso del prodotto. La restante parte, una volta terminate tali operazioni, veniva redistribuita ai contadini sotto forma di rimborso. Talvolta i cooperatori destinavano quello che avrebbero dovuto ottenere come rimborso a opere collettive per la comunità, quali scuole, pozzi e strade.
Tutto questo meccanismo, in cui le cooperative e il doppio monopolio giocavano un ruolo fondamentale, funzionò perfettamente fino al 1967, cioè fino a quando la Francia garantì un costante assorbimento di prodotti agricoli dal Senegal. Dopo tale anno, in seguito alle ripetute pressioni della Comunità, la Francia è costretta ad abbandonare tale trattamento di favore alla sua ex colonia, la quale viene così esposta al mercato internazionale. Gli effetti sono subito negativi, con una generale diminuzione dei prezzi dei prodotti agricoli e, dunque, dei profitti dei singoli contadini. Tuttavia, alcune intelligenti misure poste in essere dal governo senegalese, riuscirono a minimizzare l’impatto derivante dall’apertura internazionale subita dal Paese. A partire dal 1970 il governo corse ai ripari con le seguenti decisioni:
- Cancellazione dei debiti dei contadini verso l’Oncad e la Bnds
- Attribuzione di un premio speciale al singolo contadino basato sul volume del prodotto agricolo commercializzato e sulla superficie coltivata
- Aumento progressivo dei prezzi di vendita, in modo da sostenere la crescita dei profitti dei contadini.
Soprattutto quest’ultima misura fu implementata in maniera crescente dal 1970 al 1974 e permise al volume totale di beni alimentari venduti di aumentare218.
217 G. Sciolli (a cura di), op. cit., pp. 91-95.
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La strategia di sviluppo agricolo che passava attraverso le cooperative e la gestione statale centralizzata della produzione costituì la base su cui si fondò lo sviluppo del settore primario del Senegal a partire dal 1960, tuttavia essa è inquadrabile in maniera più ampia all’interno di una strategia di sviluppo globale del Paese. Un’economia cooperativizzata nella produzione e statalizzata nella gestione del commercio costituirono i due pilastri del “socialismo africano”219
, di cui il presidente senegalese L. S. Senghor, in carica dal 1960 al 1980, fu uno dei massimi esponenti. Tale modello si proponeva come non solo adatto per lo sviluppo del Senegal, ma soprattutto come fonte di ispirazione per la maggior parte degli Stati africani che pian piano raggiungevano l’indipendenza. L’obiettivo, infatti, non era applicare un modello già esistente in altri angoli del globo, ma proprio individuare una via originale per lo sviluppo, una sorta di terza via africana. Di sicuro, tale sistema aveva poco in comune con il capitalismo, proprio perché rifiutava lo sfruttamento capitalistico dell’uomo sull’uomo e la logica distorta del profitto. Tuttavia, anche la vicinanza con il tradizionale marxismo è solo apparente, ma in realtà lontana: il “socialismo africano” di Senghor rifiutava, infatti, ogni forma di classismo, opponendosi pertanto sia al liberalismo capitalista basato sulla contrapposizione di classe, sia al marxismo ortodosso che postula il superamento di quest’ultima con la vittoria della classe degli sfruttati. Ambedue queste ideologie non avrebbero potuto risolvere i problemi dell’Africa in quanto essa non conosceva l’esistenza di classi sociali con interessi contrapposti. Il “socialismo africano” era dunque un’alleanza tra uomini, un “umanesimo integrale” fondato sulle basi comunitarie tradizionali proprie e originali dell’Africa. Non vi era alcuna lotta né contrapposizione da portare avanti, ma piuttosto una proficua alleanza ai fini del progresso socioeconomico. In questo senso, il “socialismo africano” appariva finemente pragmatico, essendo svuotato del contenuto ideologico tipico del marxismo220. Secondo Senghor, infatti
Il socialismo, per noi, non è altro che l’organizzazione razionale della società umana, considerata secondo i metodi più scientifici, più moderni, più efficaci221.
In realtà, affianco al grande nome di Senghor, bisogna necessariamente citare anche Mamadou Dia, il vero e proprio iniziatore della ristrutturazione in senso cooperativo e statalizzato della produzione e del commercio relativi ai prodotti del settore 218 Ivi, pp. 96-99.
219
Ivi, p. 105. 220
L. S. Senghor, Socialisme et planification, Le Seuil, Parigi, 1983, pp. 10-37. 221 G. Sciolli (a cura di), op. cit., p. 106.
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primario, con particolare riferimento al ruolo assunto dall’arachide. Mamadou Dia fu capo del governo, nominato dal presidente Senghor, dal 1960 al 1962, ma poi venne fatto arrestare con l’accusa di aver organizzato un colpo di Stato e venne liberato nel 1973. Nel maggio del 1962 Dia emanò una circolare intitolata Doctrines et
problèmes de l’évolution du mouvement coopératif au Sénégal, la quale poneva