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Strade, ferrovie, porti ed aeroport

Dopo l’analisi della strategia seguita nel settore primario negli anni 1960-1980, ci si concentra di seguito sulla situazione infrastrutturale del Paese alla fine dello stesso periodo, con particolare riferimento all’anno 1978; si farà riferimento allo stesso anno per quanto riguarda la situazione del settore dell’istruzione, che si svilupperà di seguito238. La considerazione di tale anno non è casuale, ma risponde a un preciso cambio di passo nell’economia senegalese: prima del 1978 l’ideologia del “socialismo africano” venne applicata nella realizzazione delle politiche di sviluppo del Senegal attraverso i vari Piani quadriennali succedutisi a partire dal 1960, tuttavia è proprio a partire dal 1978 che, attraverso il V Piano quadriennale (1978-1981), tale ideologia trovò la sua più completa espressione. Infatti, mentre prima del 1978 il “socialismo africano” senegalese era mitigato da elementi liberisti di stampo occidentale, dopo tale anno si cercò di eradicare anche gli ultimi residui degli stessi. Il V Piano quadriennale fu quello in cui per una precisa indicazione di “socialismo democratico” si cercò di modificare ulteriormente i modelli di sviluppo precedenti, cercando di creare un sistema economico libero dalle leggi classiche dell’economia liberale e dirigista dell’Europa Occidentale, ma basato sul recupero delle comunità rurali e sulla garanzia della ripartizione del prodotto secondo le necessità e il lavoro di ciascuno. Ecco il punto centrale: in virtù di quanto appena detto, fra gli obiettivi

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D. Quatrida, op. cit., pp. 68-70. 237

Ibidem.

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del V Piano quadriennale, venne data preminenza a quelli di carattere sociale, rispetto a quelli puramente produttivi. Per questo preciso motivo viene scelto il 1978 come anno di riferimento: fare un bilancio delle infrastrutture sociali prima di tale anno di piccola svolta e, soprattutto, mettere in evidenza come tale Piano stanziò una quota consistente di fondi per i vari tipi di investimenti sociali239.

Detto questo, si ritorni alla situazione infrastrutturale del Senegal al 1978. La rete stradale del Senegal appariva fra le migliori dell’Africa Occidentale, con uno sviluppo di oltre 14.000 km, suddivisi nelle seguenti categorie:

- Strade asfaltate: 2720 km - Strade stabilizzate: 460 km - Piste: 14280 km

I suddetti dati vanno correttamente interpretati in relazione alla collocazione delle strade e al dislocamento della popolazione.

All’epoca dell’indipendenza, cioè al 1960, le strade asfaltate erano soltanto 765 km, esse dunque si sono sviluppate del 35% in poco più di 15 anni. Ad eccezione di Tambacounda, capitale della regione Orientale, le capitali delle altre sette regioni erano collegate da strade asfaltate o stabilizzate percorribili in ogni stagione dell’anno, allo stesso modo sono collegati tra di loro tutti i centri di maggiore produzione e di più alta concentrazione demografica. Tuttavia, il 65% del territorio appariva privo di strade asfaltate o stabilizzate, bensì dotato di sole piste; il territorio in questione, però, ospitava meno del 15% della popolazione e produceva non più del 5% del PNL del Paese. L’assenza di rilievi, la scarsezza dei corsi d’acqua, la breve stagione delle piogge e l’abbondanza di terra ad alto contenuto lateritico erano e sono tutte circostanze favorevoli alla rete stradale senegalese sia per quanto riguarda i costi di costruzione e manutenzione, sia riguardo la loro percorribilità per buona parte dell’anno, anche sulle piste.

Le due regioni più favorite dal punto di vista stradale erano quelle di Capo Verde e di Thiès, ossia le più popolate e industrializzate, con un ottimo sviluppo di tutti e tre i tipi di strade. Seguivano le regioni di Louga, Dourbel e Sine Saloum, sempre con lo stesso assetto stradale. Più in fondo vi erano quelle del Fiume e della Casamance, le

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G. Barbina, Politiche di sviluppo e regionalizzazione del Senegal degli anni ’80, Università di Udine-Istituto di Geografia, Udine, 1986, p. 12.

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quali erano attraversate solo da strade appartenenti alle prime due categorie. Fanalino di coda era la regione Orientale, la quale poteva contare solo su piste. Questa situazione dell’assetto stradale, come si è già accennato in precedenza, rifletteva la diversa consistenza demografica e capacità produttiva delle regioni. La strategia seguita per lo sviluppo del settore stradale nel periodo post-coloniale era dunque chiara: costruire strade e potenziarle lì dove vi era maggiore esigenza, per connettere la grande massa della popolazione e i principali centri produttivi. A fine anni ’70, tuttavia, con l’elaborazione del V Piano di sviluppo, non mancò nemmeno l’attenzione alle regioni meno densamente popolate e importanti dal punto di vista economico, come la Casamance e il Senegal Orientale, entrambe interessate dalla costruzione di oltre 600 km di nuove strade, comprese tra i 34 progetti nazionali finanziati da un totale di 27 miliardi di franchi cfa.

Lo scenario che si presentava, a fine anni ’70, era differente per la rete ferroviaria. Essa appariva costituita da un totale di 1286 km, i cui assi principali erano Dakar- Saint Louis e Dakar-Kidira, per un totale rispettivamente di 263 km e 645 km. I restanti 278 km erano rappresentati da bretelle e da raccordi. In sostanza, dunque, vi era un lungo asse orizzontale che tagliava il Paese, quello Dakar-Kidira, e un breve asse verticale, quello Dakar-Saint Louis. L’intera rete si presentava, tuttavia, ad un solo binario, ad eccezione del doppio binario osservabile solo sul tronco Dakar- Thiès. La rete ferroviaria non era stata potenziata dopo il 1960, infatti a fine anni ’70 si presentava pressoché identica a quella osservabile nell’anno dell’indipendenza. Anzi, il traffico di passeggeri risultava, in confronto al 1960, fortemente diminuito e quello delle merci solo timidamente progredito, unicamente per l’incidenza dei fosfati. Le ferrovie senegalesi facevano riscontrare, per tali ragioni, un permanente e consistente deficit di bilancio alla società che si occupava della loro gestione, la RCFS (Regia delle Strade Ferrate del Senegal). È evidente che, negli anni 1960- 1980, non si sono considerate le ferrovie come un’infrastruttura strategica per lo sviluppo socioeconomico del Paese, né come un servizio essenziale da fornire ai cittadini. A fine anni ’70, tale concezione rimaneva inalterata: il V Piano di sviluppo dedicava al sistema ferroviario modesti investimenti dell’ordine di meno di 5 miliardi di franchi cfa. Lo stesso Piano, come si è appena visto, dava una notevole importanza

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al settore stradale e si mostrava maggiormente desideroso dello sviluppo di tale rete infrastrutturale240.

Per quanto riguarda il settore portuale, si registrava, alla fine degli anni ’70, come il principale porto fosse quello di Dakar, per il quale passava il 98% del traffico marittimo del Senegal. Il restante 2% era servito dai porti fluviali di Ziguinchor, da quelli nella regione del Saloum e da Saint-Louis; tale 2% era ripartito tra di essi con percentuali rispettivamente del 60%, del 30% e del 10%. Il porto di Dakar appariva, e appare, situato in una posizione geografica strategica e privilegiata rispetto ai traffici con l’America e l’Europa; esso era fondato su acque profonde 10-11 metri ed era dotato di organiche e moderne attrezzature, tanto da renderlo uno dei più funzionali e sicuri dell’Africa Occidentale. Il traffico delle merci era stato di 5.500.000 tonnellate nel 1976, mentre quello dei passeggeri appariva fortemente sceso, dalle 61.300 unità del 1960 alle 6.770 del 1976, forse a dimostrare che le persone preferivano muoversi all’interno del Senegal sfruttando altre reti infrastrutturali, tra cui soprattutto quella stradale in accordo con quanto detto sopra, e che soprattutto si preferiva raggiungere il Paese, dall’estero, in maniera differente rispetto all’utilizzo della nave. Nel 1976 erano passate da tale porto circa 10.425 navi, registrando un decremento rispetto alle 10.926 del 1967, anno in cui il canale di Suez risultava ancora chiuso; il motivo del decremento era chiaro: dopo la riapertura di quest’ultimo una consistente parte del traffico proveniente dall’Europa, al fine di raggiungere l’Africa, preferiva sfruttare il canale piuttosto che circumnavigare tutto il continente, passando anche per Dakar. Quando invece il canale di Suez risultava chiuso, tutto il traffico marittimo passava obbligatoriamente dalla sponda ovest dell’Africa, e quindi da Dakar. Il settore portuale, dunque, rivestiva essenzialmente un ruolo importante nel settore economico più che turistico, grazie all’ingente movimentazione di merci e navi commerciali appena esposta. In relazione a ciò, si rileva come a fine anni’70 erano stati avviati studi e progetti per la costruzione di un nuovo porto minerario a Sedar, a nord di Dakar, facente parte dell’ambizioso complesso industriale di Cayar, volto allo sviluppo del settore petrolchimico nel Paese. Il nuovo porto, infatti, avrebbe avuto la funzione di sfruttare i grossi giacimenti di ferro del Falémé. Si calcolava che la spesa da sostenere per un’opera del genere era ingente, intorno ai 40-45 miliardi di franchi cfa, ma che essa sarebbe

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stata uno sforzo giustificato dagli ingenti ritorni del settore in questione e del felice avvenire in campo minerario della Falémé. Il V Piano di Sviluppo prevedeva una spesa per il settore portuale di 6 miliardi di franchi cfa, dei quali più di 5 miliardi destinati al porto di Dakar. Si tratta, in relazione con la spesa del settore stradale, di una cifra modesta, ma tutta concentrata sul potenziamento di un porto strategico per l’economia del Paese.

Riguardo la situazione dell’infrastruttura aeroportuale, si confermava la posizione strategica di Dakar rispetto ai traffici con l’America e l’Europa. L’aeroporto di Dakar si presentava, sempre a fine anni ’70, ben attrezzato con ogni moderno genere di strutture aeroportuali, occupando il terzo posto in Africa Occidentale grazie alla movimentazione di 8.300 aeromobili nell’anno 1976, dopo le strutture aeroportuali di Libreville, in Gabon, e di Abidjan, in Costa d’Avorio. La rete aeroportuale del Senegal poteva però contare anche su altri tre aeroporti di interesse nazionale, ossia quelli di Ziguinchor, di Saint-Louis e di Tambacounda, nonché di una ventina di piccoli aerodromi abilitati al traffico di piccoli apparecchi aerei, con particolare riguardo a quelli turistici. Ecco, dunque, la sostanziale differenza rispetto al settore portuale: l’infrastruttura aeroportuale serviva per fini sia economici sia turistici, permettendo la movimentazione delle merci e dei turisti, questi ultimi provenienti sia dall’estero sia dall’interno del Senegal, i quali appunto sceglievano l’aereo come mezzo di trasporto per raggiungere le differenti parti del Paese. Il V Piano di Sviluppo prevedeva investimenti modesti per tale tipo di infrastruttura: poco più di 2 miliardi di franchi cfa per l’infrastruttura vera e propria e 600 milioni per l’acquisto di nuovi apparecchi. Forse, si possono giustificare tali cifre in virtù di una strategia non propulsiva nei confronti di un settore già sviluppato, ma piuttosto di mantenimento della posizione già acquisita a fine anni ’70241

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