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La manodopera agricola eccedente e i piani di sviluppo zonale

Al fine di aumentare la produttività agricola, si sono precedentemente presi in esame gli aspetti principali delle riforme agrarie. Tuttavia, fino ad ora, non è stato preso in considerazione un aspetto centrale: la migliore organizzazione e utilizzazione della manodopera agricola al fine, appunto, di aumentare la produttività del settore. Qualora si desideri esaminare il ruolo della manodopera nella produzione agricola, occorre sin da subito mettere a fuoco il problema principale che si riscontra: quello della disoccupazione e della disoccupazione nascosta. Nella prima categoria rientrano i soggetti che, pur potendo lavorare nel settore agricolo, non sono impiegati; nella seconda, invece, rientrano in sintesi due sottocategorie di persone: coloro i quali offrono la loro prestazione solo per un orario lavorativo ridotto rispetto a quello standard, nonché coloro i quali lavorano a tempo pieno, ma lo fanno in maniera poco produttiva. Fornire una statistica esaustiva riguardante un Paese in via di sviluppo, relativa alle due categorie suddette, è piuttosto difficile, tuttavia si può fare affidamento sul National sample survey on rural employment and unemployment per quanto riguarda i dati occupazionali indiani, rilevati tra luglio 1958 e giugno 1959. Secondo tali dati, i disoccupati veri e propri, ossia appartenenti alla prima suddetta categoria, ammontavano all'1,74% della popolazione rurale indiana, per un totale di circa sei milioni di persone. Inoltre, gli addetti agricoli che lavoravano meno di 15 ore a settimana, rientranti dunque nel primo sottogruppo della seconda categoria, ammontavano a 18 milioni di persone. Infine, per quanto riguarda il secondo sottogruppo della seconda categoria, si stimava che le giornate da considerarsi improduttive oscillavano tra 100 e 160 l'anno. Tutto ciò, considerando che la popolazione rurale indiana ammontava a poco meno di 360 milioni di persone, nel periodo considerato, mentre la popolazione complessiva raggiungeva i 438 milioni di persone.

Il problema, dunque, risiede nell'elaborare misure concrete in grado di superare il problema della disoccupazione e disoccupazione nascosta nel settore agricolo, al fine

90 V. Marrama, Il credito agrario nei Paesi insufficientemente sviluppati, "Supplementi alle «Informazioni Svimez» sui problemi dei Paesi economicamente sottosviluppati", n. 3, 1953, pp. 80- 83.

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di promuovere una migliore utilizzazione della manodopera. Innanzitutto, a tal fine, occorre considerare la necessità di elaborare dei piani di sviluppo specifici e tarati su unità funzionali costituite dai villaggi principali o da zone di sviluppo comunitario, ossia composte da un centinaio di villaggi, piuttosto che fare affidamento su programmi nazionali o regionali il cui respiro è troppo ampio, rischiando così che essi rimangano dei meri schemi teorici. In linea generale, un piano di sviluppo zonale deve tenere conto dei seguenti aspetti per poter essere compiutamente elaborato: 1) composizione, aspetti e problemi riscontrati presso la totalità della possibile popolazione attiva, ossia del gruppo di persone compreso tra i 15 e i 55 anni di età 2) stima delle risorse locali, ossia: superficie agraria disponibile, risorse idriche, bestiame, concimi naturali, con particolare riguardo alle capacità professionali della manodopera e al capitale privato che è possibile mobilizzare per l'attività agricola 3) identificazione dei fattori sociali e culturali locali più importanti, i quali possono influire sull'utilizzazione e organizzazione della manodopera

Solo dopo lo studio specifico zonale di tali aspetti si può procedere all'elaborazione del relativo piano di sviluppo per la piccola area in esame, considerando sempre una pianificazione costituita da azioni di diverso grado di priorità, dato che le suddette risorse naturali non sono illimitate. I piani di sviluppo nazionali e regionali fungono solamente da raccordo e coordinamento generale di tali piani zonali.

Dal punto di vista concreto, le maggiori possibilità di occupazione immediata e permanente dei disoccupati e disoccupati nascosti, sono rappresentate dal miglioramento degli impianti irrigui, l'adozione di colture multiple, il livellamento del terreno, le opere di arginatura e terrazzamento, nonché l'uso di concimi e anticrittogamici. Se per ogni acro di terreno agricolo, in India, si fossero impiegate altre sette giornate lavorative grazie alle attività suddette, si sarebbe creato lavoro per un totale di altri 2.289 milioni di giornate lavorative, assicurando un'occupazione, o una piena occupazione, per un intero anno, ad altre sette milioni di persone, sempre nel 1958-1959. Le possibilità di miglioramento in relazione alle attività suddette ci sono e sono palesi, per esempio: sui 540 miliardi di metri cubi potenzialmente disponibili per la irrigazione, solo 150 miliardi venivano utilizzati, nel 1961, per lo scorrimento superficiale. Inoltre, negli anni 1960-1961, la superficie totale netta

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seminata in India era valutata a 327 milioni di acri, mentre la superficie su cui erano state praticate colture multiple era stimata solo attorno ai 51,5 milioni di acri.

In sostanza, si sta affermando che la disoccupazione e la disoccupazione nascosta, ossia i due principali problemi che ostacolano una migliore organizzazione della manodopera agricola, possano essere fortemente ridimensionate attraverso l'impiego delle persone, rientranti in tali categorie, in attività sempre del settore agricolo. Infatti, l'assorbimento della manodopera rurale eccedente da parte dello stesso settore agricolo appare una soluzione nettamente migliore rispetto al suo spostamento nel settore industriale, soprattutto in una fase iniziale del processo di industrializzazione. Tuttavia, si ribadisce che l'assorbimento della manodopera agricola eccedente da parte del settore industriale rappresenta la soluzione definitiva, ma essa ha bisogno di tempo prima di poter essere messa in pratica, a causa dei programmi a lungo termine di industrializzazione, i quali possono garantire tale assorbimento solo in una fase di compimento avanzata. Dunque, nel lungo lasso di tempo necessario per il decollo del settore industriale, è bene impiegare i disoccupati e disoccupati nascosti nello stesso settore agricolo. Si consideri anche che il settore industriale ha la caratteristica di essere ad alta intensità di capitale, mentre quello agricolo è caratterizzata da alta intensità di manodopera: in sostanza, grazie a questa caratteristica, quest'ultimo si presta maggiormente ad assorbire una quantità di lavoro eccedente.

Inoltre, vi è un aspetto sociologico da considerare, che è possibile comprendere sempre dall'esempio indiano: i contadini non si sentono attratti da occupazioni extra- agricole, oppure provano avversione verso di esse; dunque, mentre si attendono i tempi necessari per digerire la modernità e superare tale iniziale rigetto, l'occupazione nel settore agricolo rappresenta un'ottima scelta.

Al di là delle attività principali precedentemente esposte, un altro importante settore in cui è possibile impiegare la manodopera rurale eccedente è rappresentato dalle attività supplementari in agricoltura, quali: l'allevamento di animali da cortile, la pesca, la sericoltura, la frutticoltura e l'orticoltura. Per esempio, in India il pescato annuale, nel 1961, ammontava ad appena 1,4 milioni di tonnellate, mentre il consumo nazionale di pesca richiesto si aggirava attorno ai 4 milioni di tonnellate annue; dunque è facile immaginare un'espansione del settore in relazione alla già inevasa domanda di consumo. Nel campo della pollicoltura, la produzione annuale, nel 1961, era valutata a circa tre miliardi di uova, ma sarebbe stato possibile

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raddoppiarla nell'arco di cinque o sei anni grazie all'aumento delle uova prodotte per ogni gallina. Infatti, le galline indiane producevano circa 70 uova l'anno, mentre nei Paesi più progrediti l'ammontare era di circa 150.

Un settore di importanza nevralgica per lo sviluppo economico di un Paese, in cui è possibile impiegare la manodopera agricola eccedente, è quello delle opere edili e d'ingegneria civile: la costruzione di una rete infrastrutturale di trasporti e gli interventi nel campo dell'edilizia creano occupazione immediata per gli abitanti dei villaggi, tuttavia essa è temporanea poiché legata al tempo di realizzazione dell'opera, seppure quest'ultimo sia di lungo termine. All'interno di questo stesso settore si possono far rientrare la costruzione di impianti di magazzinaggio dei prodotti agricoli, essenziali affinché si proceda successivamente alla loro vendita; l'importanza di tali costruzioni cresce con l'aumento di intensità degli scambi commerciali del singolo villaggio.

Una volta stabilite tutte le attività che possono assorbire la manodopera rurale eccedente, è bene chiarire chi siano i soggetti atti ad elaborare i piani locali di sviluppo, sempre in accordo con i tre punti fondamentali di cui sopra. Essi sono organizzati in équipes inviate in ogni singolo villaggio, o gruppo di villaggi, dal governo centrale, le quali devono essere sempre disponibili in loco. Di tali équipes devono far parte: un consulente qualificato per i problemi della manodopera, addetto alla formulazione generale del piano locale, nonché un sociologo rurale, un agronomo specializzato in problemi colturali, un esperto di problemi idraulici per piccole opere irrigue e di conservazione delle risorse idriche, un ingegnere civile per le opere pubbliche e un esperto in campo statistico.

La realizzazione di un piano locale di sviluppo può essere coadiuvata dalla creazione di un “fondo comunale per l'occupazione”, dal quale si può attingere, a determinate condizioni, per il finanziamento delle attività appena esposte. Tale fondo può essere costituito a partire da diverse fonti di finanziamento, quali: l'imposizione di un'aliquota sull'utile netto annuo realizzato da ciascuna attività produttiva del villaggio, le entrate derivanti da beni pubblici (come il demanio comunale), i contributi delle famiglie più abbienti del villaggio, una piccola trattenuta sugli stipendi del personale addetto ai progetti, nonché altre fonti come le donazioni da parte di persone od organismi non residenti nel villaggio. Inoltre, alla fine di ogni anno, il governo può versare a questo fondo un contributo nella misura del 20% del

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totale raccolto. I fondi vanno spesi solo per iniziative produttive a beneficio dell'intera comunità e la loro utilizzazione deve essere soggetta all'approvazione del funzionario di zona preposto ai problemi dell'occupazione, di cui sopra.

Ecco dunque illustrato come la manodopera agricola eccedente, se efficientemente organizzata e impiegata, risulta essere una straordinaria risorsa per aumentare la produttività agricola, piuttosto che un inutile peso di cui liberarsi91.