• Non ci sono risultati.

Le riforme agrarie e l'aumento di produttività agricola

L'aumento della produttività della terra è il problema fondamentale affrontato dalle riforme agrarie, le quali, in virtù del ragionamento appena esposto, si pongono tutte il medesimo obiettivo: aumentare al massimo il benessere sociale e assecondare lo sviluppo economico in ogni Paese in cui esse si applicano, grazie a un migliore sfruttamento della terra. A tal fine, vi sono le più diversificate disposizioni: l'eliminazione degli intermediari nella coltivazione della terra, ossia l'assegnazione della terra ai contadini senza il filtro dei proprietari terrieri, i provvedimenti contro lo spezzettamento e in favore del consolidamento delle aziende agricole secondo dimensioni ottime, nonché l'introduzione di metodi di coltivazione moderni. Le riforme agrarie, nel tentativo di aumentare la produttività della terra, cercano soprattutto di affrontare il grande problema della formazione del capitale nel settore agrario; naturalmente, alla base di quest'ultimo, deve esserci una necessaria accumulazione di risparmi, i quali si traducono in investimenti e quindi contribuiscono alla formazione del capitale. In definitiva, è la capacità di risparmio di un Paese che determina la sua possibilità di accumulare capitale, anche nel settore agrario. La propensione al risparmio, a sua volta, si attiva nel momento in cui il reddito eccede le necessità di consumo del singolo individuo; essa, dunque, si manifesta al crescere del reddito. La formazione del risparmio, e quindi del capitale, può essere influenzata in maniera cruciale da politiche pubbliche in tal senso. A tal proposito, emerge una considerazione utile dal punto di vista economico, ma controversa dal punto di vista dell'equità sociale, relativamente alle riforme agrarie: è meglio assommare la terra nelle mani di pochi contadini poiché è molto più facile indurre un ristretto numero di persone a investire i loro ingenti proventi nell'agricoltura, piuttosto che convincere migliaia di contadini a mettere a frutto i loro esigui margini di profitto. A tal proposito, si inserisce la logica dell'esproprio, secondo la quale si tende a sottrarre la terra ad alcuni soggetti per assommarla nelle mani di pochi; i soggetti depauperati della loro proprietà ricevono un risarcimento e possono essere reimpiegati nel campo dell'industria. Una riforma agraria ben strutturata, che cerchi di compensare l'iniquità sociale derivante dall'esproprio, deve comprendere una serie di provvedimenti che facilitino, ai proprietari terrieri espropriati, l'investimento in imprese industriali.

58

Ecco dimostrato, dunque, come una redistribuzione verso le consistenti proprietà di terra, che eviti dunque lo spezzettamento, possa favorire la formazione di capitale in agricoltura e quindi l'aumento della produttività in tale settore.

Un altro problema affrontato dalle riforme agrarie, sempre nell'ottica dell'aumento della produttività agricola, è quello relativo allo status di proprietario piuttosto che di affittuario. L'incentivo al risparmio e all'investimento risulta notevolmente maggiore qualora il contadino coltivi la terra di cui è proprietario, piuttosto che quella di un altro soggetto a cui deve una rendita e che lo riduce allo status di affittuario. In tale ottica, una riforma agraria avvantaggia il fenomeno dell'appropriazione della terra da parte dei contadini che la lavorano, a discapito dei proprietari terrieri che non lavorano il terreno agricolo che possiedono. Per esempio, fra gli Stati del Medio Oriente le condizioni migliori si riscontrano nel Libano, dove la proprietà contadina è solidamente insediata, contrariamente a quanto avviene in Siria, dove è diffusa la coltivazione da parte degli affittuari. In molti Paesi dell'America Latina, la coltivazione da parte di affittuari ha come effetto una minore cura nel mantenimento della fertilità del suolo, mentre questo pericolo non sussiste dove le aziende agricole sono condotte dai proprietari. In sostanza, la proprietà della terra è un incentivo ad una migliore coltivazione, dunque a un maggiore investimento in essa.

Un altro fattore determinante per l'aumento di produttività dei terreni agricoli è costituito dall'introduzione di innovazioni tecniche, quali nuovi macchinari utilizzabili nel processo di produzione. Questi ultimi provocano un cambiamento sia nell'impiego della manodopera che direttamente nella produttività, ossia relativamente alla crescita della quantità di prodotto ottenibile dato un determinato numero di input. Infatti, negli Stati Uniti centro-settentrionali, nel 1945-1948 erano impiegati il 49% di braccianti in meno rispetto agli anni 1925-1928, nello stesso periodo la diminuzione in tutti gli USA era del 26%; il progresso nel settore agricolo permette un passaggio di manodopera ad altri settori, quale quello industriale. Inoltre, intorno al 1820, negli USA un agricoltore produceva abbastanza per sé e per altre tre persone, mentre nel 1920 era in grado di produrre una quantità sufficiente per sé e per altre nove persone.

Infine, le innovazioni tecniche permettono anche una riorganizzazione della produzione agricola in favore delle colture che meglio si adattano ad essere coltivate con tali macchinari.

59

Tuttavia, un aspetto importante da prendere in considerazione è proprio la ritrosia dei contadini ad accettare le nuove condizioni di lavoro: laddove vi è tradizione agricola, spesso ci si imbatte in una forte resistenza all'educazione tecnica e al cambiamento nei metodi di lavorazione.

Una riforma agraria deve accompagnare e favorire l'introduzione di innovazioni tecniche e di riorganizzazione della produzione all'interno del settore agricolo. In Inghilterra, per esempio, quando fu sentita la necessità delle enclosures, il numero di atti del Parlamento intesi a facilitare tale fenomeno aumentò notevolmente. Durante i 10 anni dopo il 1740 vi erano solo 38 di questi atti, nel decennio ancora successivo il numero salì a 156, mentre nel decennio che inizia nel 1760 ve ne erano 480.

Un altro aspetto di notevole importanza, che una riforma agraria deve prendere in considerazione, è quello relativo al controllo dei prezzi della terra, in quanto quest'ultimo è un fattore produttivo, insieme al capitale e al lavoro. Innanzitutto, si ricordi il concetto di prodotto marginale: esso è la quantità di output aggiuntiva che si produce aumentando di una unità il fattore di produzione considerato. Dunque, esiste il prodotto marginale del capitale, quello del lavoro e anche quello della terra. Un principio cardine di una riforma agraria deve essere quello di influenzare e modellare il prezzo della terra in modo tale che vi sia stabilità tra il valore dell'unità marginale della terra e il valore dell'unità marginale degli altri fattori di produzione, in considerazione dei cambiamenti in atto, per esempio tecnici e organizzativi, nel settore agricolo. In tal modo, si può conseguire la stabilità tra i rapporti dei prezzi delle singole unità di fattori di produzione. Ciò permette di mantenere in equilibrio il settore agricolo e quello non agricolo all'interno di una economia nazionale, con il beneficio della comunità.

Il prezzo della terra equivale all'ammontare che gli interessati sono disposti a pagare per entrarne in possesso. Questo prezzo, quando il mercato fondiario è concorrenziale, è determinato da vari fattori: dal valore produttivo della terra, da quello non produttivo e dal suo valore prospettico. Il primo è calcolato in base al rendimento della terra, sulla base dei prodotti agricoli che può assicurare. Il secondo ha un impatto più di carattere sociale ed è incluso nel prezzo da pagare per la terra, pur non essendo possibile isolarlo e quantificarlo in maniera precisa da punto di vista monetario; esso è costituito da vari fattori: il senso di sicurezza derivante da un investimento fondiario piuttosto che di altra natura, l'elevazione sociale

60

dell'acquirente della proprietà rispetto a chi non ne possiede, la possibilità di potersi assicurare una casa sullo stesso terreno agricolo e di avere una prospettiva sicura di lavoro per i propri figli, nonché i vantaggi di posizione, come la prossimità a una scuola o ai servizi assicurati da un centro di vita sociale.

Il terzo è relativo alla futura evoluzione della zona circostante la terra: la previsione dello sviluppo di una rete di trasporti e di un centro urbanistico o industriale, influisce sicuramente sul prezzo del terreno agricolo.

Dunque, finora si sono esposte le componenti che determinano il prezzo della terra, il quale è evidente come sia variabile nel tempo; il principio è appunto quello di controllare il prezzo della terra in modo tale che non cambi il rapporto con il prezzo degli altri fattori di produzione, ragionando sempre in relazione ai prezzi delle unità marginali di tali fattori di produzione.

A tal fine, sono indispensabili provvedimenti che variano a seconda del Paese preso in considerazione. Si possono riportare alcuni esempi: in Germania, il Decreto del 26 gennaio 1937 limitava seriamente l'uso e la libertà di disporre della proprietà terriera: il trasferimento di un appezzamento di terreno non veniva più considerato come una transazione tra compratore e venditore, ma come un atto che interessava la comunità nel suo insieme. Allo stesso modo, il Decreto emesso dal Consiglio Federale Svizzero il 19 giugno 1940, si ispirava a simili principi, contenendo provvedimenti contro la speculazione terriera e misure protettive in favore dell'agricoltore. In Olanda, le Segreterie Generali dei Ministeri dell'Agricoltura e Pesca, Finanza e Giustizia, promulgarono un decreto il 27 novembre 1940, secondo il quale ad ogni vendita di terreno era necessario produrre una dichiarazione del competente ufficio catastale, dalla quale risultasse che non vi erano obiezioni alla modalità di transazione o alla persona dell'acquirente, ma soprattutto che gli interessi generali e particolari dell'agricoltura non venivano in nessun modo lesi.

In definitiva, il controllo del prezzo della terra deve essere inquadrato nell'ottica del benessere generale della comunità, assicurabile attraverso un adeguato equilibrio nell'economia nazionale tra il settore agricolo e quello non agricolo88.

88 B. Behari, Alcuni aspetti delle riforme agrarie nelle economie in sviluppo, "Supplementi alle «Informazioni Svimez» sui problemi dei Paesi economicamente sottosviluppati", n. 33, 1955, pp. 862- 871.

61