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Fino ad ora, si sono analizzate le strategie per incrementare la produttività agricola attraverso riforme agrarie oppure tramite programmi di assistenza tecnica internazionale. Si ricorda che lo scopo è quello di aumentare la produttività agricola al fine di vendere una maggiore quantità di prodotto sul mercato, di innalzare i redditi dei contadini, permettendo così loro di creare i risparmi e gli investimenti necessari per essere reimpiegati nell'agricoltura, creando così un processo di accumulazione del capitale agricolo. Tale dinamica è quella classica, ossia secondo la quale si accumula il capitale grazie alle fonti di finanziamento interne alla stessa attività agricola. Tuttavia, esiste un'altra possibilità: fare ricorso al credito agrario ed investire proficuamente la somma ricevuta nell'attività agricola; ciò avviene quando le fonti di finanziamento interne, cioè gli investimenti diretti del contadino, non ci sono oppure sono insufficienti rispetto alle necessità e aspirazioni di accumulazione del capitale. L'ottenimento del credito agrario da parte dei contadini è un traguardo importante, tanto che la FAO, ossia l'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa di sviluppo agricolo e problemi di nutrizione a livello internazionale, già nella sua sesta sessione del 1952, ha sottolineato le regole essenziali del credito nel

89 B. Webster Johnson, Problemi di trasformazione delle istituzioni agrarie nei paesi sottosviluppati, "Supplementi alle «Informazioni Svimez» sui problemi dei Paesi economicamente sottosviluppati", n. 75, 1959, pp. 2268-2276.

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campo dello sviluppo agricolo. Essa ha precisato che la concessione ai contadini, di credito a buona mercato, è della più grande importanza, e che di conseguenza tutti i governi “debbono esaminare con attenzione l'entità dei fondi di cui dispongono i loro istituti di credito, come pure le condizioni di concessione del credito ai coltivatori o alle piccole coltivazioni”. La FAO, inoltre, sottolinea la necessità di accordare facilitazioni ai coltivatori per mezzo di istituti pubblici di credito, ritenendo positiva l'incidenza di tale tipo di credito sul reddito e sulla produttività agricola. In particolar modo, gli istituti pubblici di credito devono aiutare principalmente i piccoli coltivatori, con i quali gli istituti privati non sono disposti a trattare, scoraggiati dall'incapacità di tali soggetti a fornire garanzie sufficienti per il ripagamento del credito ricevuto.

Una volta ricevuto il credito, è necessario impiegarlo in maniera efficace affinché possa contribuire ad incrementare la produttività e il reddito dei coltivatori. Tuttavia, ciò dipende, oltre che dalla volontà del singolo soggetto, soprattutto dall'organizzazione della struttura agricola nazionale, cioè da aspetti quali la fiscalità, l'organizzazione del regime fondiario e del mercato di sbocco dei prodotti agricoli. Un aspetto peculiare che è stato osservato nei Paesi in via di sviluppo è il meccanismo per cui, anche se le condizioni della struttura agricola nazionale non sono soddisfacenti per impiegare in maniera proficua il credito, la concessione di quest'ultimo ai coltivatori permette di migliorare le condizioni generali di impiego. Innanzitutto, per meglio comprendere come quanto detto avviene, è bene cercare di rappresentare in maniera veritiera come è organizzato il mercato agricolo nella maggior parte dei Paesi sottosviluppati, soprattutto in America Latina, nel Medio Oriente e in Asia. In tali aree del mondo, il territorio di ogni singolo Stato si trova frammentato in un gran numero di piccoli mercati locali, a causa della mancanza di impianti di immagazzinaggio e di una robusta rete infrastrutturale; tali mercati appaiono del tutto slegati gli uni dagli altri. In tali condizioni, si creano dei veri e propri monopoli locali dei grandi coltivatori, a discapito dei piccoli coltivatori. I primi, infatti, che possono dominare tali mercati grazie ai loro mezzi e alle loro maggiori risorse finanziarie, acquistano il raccolto dei piccoli coltivatori e lo rivendono su tali mercati, restituendo ad essi solo una parte dei proventi, poiché la restante la trattengono per sé; inoltre, i grandi coltivatori concedono essi stessi il credito a quelli più piccoli, a tassi di interesse molto elevati. Ne consegue che, quali

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che siano le condizioni di produttività della terra, il rapporto tra reddito e produttività per il piccolo coltivatore risulta alterato, proprio perché una parte importante delle risorse che gli spetterebbe è trattenuta dal grande coltivatore sia sotto forma di commissioni per la compravendita del prodotto agricolo, sia a causa dell'alto tasso di interesse da ripagare, imposto sui crediti agrari. Per esempio, si supponga che il piccolo coltivatore guadagni il 50% del prezzo del prodotto, al netto dei costi di produzione, qualora lo venda direttamente sul mercato e senza contrarre debiti; questa percentuale scende al 20% nel momento in cui utilizza il grande coltivatore come intermediario e, inoltre, deve anche ripagare ad esso il debito contratto. Quest'ultimo, dunque, detentore di un monopolio locale dell'area, riceve circa il 30% dell'intero profitto della vendita. Dunque, si sottolinea ancora come il livello del reddito agricolo, per il piccolo coltivatore, è lontano dal corrispondere a quello della produttività, perché nel mercato locale si crea un monopolio a cui esso deve piegarsi. Ecco perché, oltre che sull'innalzamento del livello di produttività, bisogna concentrarsi sul miglioramento di tale rapporto. In tale direzione vanno una serie di misure, volte a spezzare i monopoli locali creatisi: la concessione di credito ai piccoli coltivatori da parte di istituti pubblici, in modo da evitare che essi contraggano debiti ad alti tassi di interesse dai grandi coltivatori locali; inoltre, la creazione di impianti di immagazzinaggio dei prodotti agricoli e di punti di vendita locali sotto il controllo governativo, organizzati in maniera tale che i piccoli contadini possano vendere direttamente il loro prodotto sul mercato senza utilizzare l'intermediazione del grande coltivatore. Dunque, ecco come la concessione di credito agrario si inserisce in un generale programma di miglioramento della struttura agricola nazionale, la quale permetta ai piccoli contadini di allineare il livello di remunerazione a quello di produttività.

Nello specifico, si prevede che il sistema creditizio fornisca prestiti a breve e medio termine, questi ultimi destinati a misure di ammodernamento. I prestiti pubblici non dovranno costituire la totalità dei crediti concessi, ma solo una parte, la quale sarà piuttosto consistente in una fase iniziale e tenderà a restringersi successivamente: infatti, lo scopo è quello di migliorare le condizioni generali del settore agricolo e stimolare sempre più il settore privato a concedere prestiti. L'ampiezza dell'azione governativa sarà modulata a seconda delle reazioni del settore privato.

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Alla luce di quanto appena esposto, un errore che gli istituti di credito devono evitare è quello di concedere credito ai grandi coltivatori. Infatti, nonostante tutte le misure di controllo che è possibile mettere in atto, si ritiene probabile che essi utilizzino le somme ricevute per concedere, a loro volta, un credito ai piccoli coltivatori a tassi di interesse usuranti. Qualora invece tali somme siano impiegate a fini produttivi, ossia per accumulare capitale e accrescere la produttività del proprio terreno, si contribuisce in ogni caso a rinforzare la posizione monopolista del grande coltivatore. In sostanza, la concessione di credito a questi ultimi soggetti, non sembra una buona iniziativa, quale che sia l'effettiva destinazione dei fondi.

Si ribadisce, dunque, l'importanza della concessione del credito agrario ai piccoli coltivatori al fine di contribuire in maniera efficace allo sviluppo agricolo. In tal modo, essi possono sia accrescere la produttività del proprio terreno, impiegando la somma a fini produttivi, sia soprattutto svincolarsi dalla posizione di prestatore di fondi assunta dal grande coltivatore, in modo da riallineare il loro rapporto tra reddito percepito e produttività.

Quanto detto vale però ad una condizione ben precisa: i grandi coltivatori preferiscono comportarsi da monopolisti e sfruttare la loro posizione dominante, piuttosto che contribuire ad aumentare la produttività e la produzione agricola vendibile sul mercato, grazie ai loro terreni. Qualora si verifichi tale situazione, allora occorre puntare sui piccoli coltivatori come volano dello sviluppo agricolo, concedendo ad essi crediti agrari e ponendo in essere altre misure descritte. Tuttavia, se i grandi coltivatori non si comportano nel suddetto modo, allora vale quanto detto in precedenza per l'aumento della produzione agricola vendibile: occorre una dimensione sufficiente di terreno per aumentare quest'ultima; dunque le riforme agrarie devono puntare su una redistribuzione dei terreni che crei appezzamenti di terra consistenti affinché risultino sufficientemente produttivi. In quest'ultima eventualità, il ruolo dei piccoli coltivatori risulta ridimensionato.

In definitiva, al fine di impostare efficaci riforme agrarie, misure a sostegno della produzione e concessione di crediti agrari, occorre studiare con attenzione la struttura

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del mercato agrario e il comportamento dei grandi coltivatori, al fine di operare le scelte più oculate.90