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LA CARENZA DEI PRESUPPOSTI GIUSTIFICATIVI DEL DECRETO-LEGGE COME VIZIO IN PROCEDENDO DELLA

2-DECRETO-LEGGE E LEGGE DI CONVERSIONE COME FASI DI UN UNICO PROCEDIMENTO

3- LA CARENZA DEI PRESUPPOSTI GIUSTIFICATIVI DEL DECRETO-LEGGE COME VIZIO IN PROCEDENDO DELLA

LEGGE DI CONVERSIONE

La Corte costituzionale, già nella sentenza n. 29 del 1995, compie un esplicito riferimento alla unicità della serie procedimentale del decreto-legge e della legge di conversione; infatti, nell’evidente mancanza dei presupposti giustificativi è individuato non soltanto un vizio del decreto-legge ma anche un vizio in procedendo della stessa legge di conversione. La Corte, quindi, ammette l’eventualità che il Parlamento, in sede di conversione, abbia valutato erroneamente l’esistenza dei presupposti di validità in realtà insussistenti e, di conseguenza, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimamente oggetto di conversione.507 In ogni caso si tende ad escludere che il sindacato di costituzionalità vada a sovrapporsi al correlativo esame svolto dalle Camere in sede di conversione, in quanto quest’ultimo, come si è visto in precedenza nell’analisi della giurisprudenza costituzionale, richiede una valutazione del tutto diversa e, precisamente, di tipo prettamente politico sia con riguardo al contenuto della decisione sia con riguardo agli effetti della medesima. Tuttavia, quest’ultimo aspetto può essere considerato superfluo qualora si noti che il sindacato della Corte tende a comportare inevitabilmente un riesame delle scelte operate dal legislatore alla luce dei principi costituzionali, senza escludersi a priori una parziale coincidenza o sovrapposizione tra i due giudizi, quello parlamentare e quello

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Cfr PALADIN, Atti legislativi del governo e rapporti fra poteri, in Quad. cost. 1996, pag. 24, il quale critica fortemente il fatto che la Corte ammetta un proprio sindacato sull’”erronea valutazione” dei presupposti operata dalla Camere, chiedendosi se “dovrà trattarsi di un errore tecnicamente inteso, dovuto ad una falsa od inesatta credenza dei parlamentari, oppure su il vizio imputabile agli organi legislativi consista, molto più semplicemente, nel fatto di essersi basati su criteri di giudizio non condivisibili dall’organo di giustizia costituzionale.”

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costituzionale.508 Semmai, il riconoscimento dell’eventualità che le Camere, in sede di conversione, siano portate a compiere un “errore di valutazione” sulla sussistenza dei presupposti giustificativi appare particolarmente rilevante sotto un altro punto di vista, indice di una profonda evoluzione del modo con cui la Corte si pone rispetto al fenomeno dell’abuso della decretazione d’urgenza e alle cause che ne sono alla base. Si deve, quindi, tenere presente l’argomentazione della Corte nelle sentenze 171/2007 e 128/2008 dove, superando le passate incertezze, afferma che spetta ad essa assicurare una piena effettività alle garanzie di tutela dei diritti fondamentali, che potrebbero essere lesi dal Governo quando abusi della decretazione d’urgenza nell’apodittica enunciazione di circostanze straordinarie di necessità ed urgenza. Posta questa considerazione come premessa generale al suo operato, la Corte ora può aggiungere che persistere nella posizione che vede la legge di conversione come atta a sanare in ogni caso i vizi del decreto-legge significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie. Ed è proprio in questo senso che le disposizioni della legge di conversione si saldano con il decreto- legge in un unicum giuridico,509 assolvendo ad una funzione stabilizzante del secondo che si dispiega nel presupposto che il Parlamento è chiamato a pronunciarsi riguardo ad una situazione giuridica modificata da disposizioni poste dal Governo, al quale, di regola, non è affidato il compito di emanare atti avente forza di legge. Di conseguenza, in caso di difetto originario nel decreto-legge dei presupposti giustificativi si configura un error in

procedendo della legge di conversione, pienamente sindacabile dalla Corte

costituzionale. Questa chiave di lettura porta ad evidenziare che, mentre nella giurisprudenza passata era presente un atteggiamento velatamente

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Si ricordi, in tal senso, il precetto posto dall’art. 28 della legge 87 del 1953, il quale preclude all’organo di giustizia costituzionale di operare valutazioni di natura politica e che coinvolgano l’uso del potere discrezionale del Parlamento.

509

Cfr DICKMANN, Il decreto-legge come fonte del diritto e strumento di governo, in

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“sanzionatorio” nei confronti del Governo, considerato l’unico responsabile della degenerazione della decretazione d’urgenza,510 ora si vuole attribuire, nel pensiero della Corte, un peso decisivo al ruolo svolto dalle Camere, in modo che il decreto-legge non diventi uno strumento di “iniziativa legislativa rinforzata”511, il cui contenuto può essere il frutto di estenuanti contrattazioni da parte dei gruppi parlamentari, per evitare che questi possano “decidere tutto”, trascurando così completamente la necessità che il provvedimento governativo sia supportato da precise circostanze giustificative.

E’ stato sottolineato nel corso di questo lavoro che il potere di decretazione d’urgenza può essere esercitato solo qualora sussistano determinate condizioni; pertanto, se anche la valutazione sulla concreta presenza dei “casi straordinari di necessità ed urgenza” viene rimessa in misura notevole alla valutazione di opportunità del Governo, presentando così un margine larghissimo di discrezionalità, tutto ciò non significa che la successiva fase di conversione abbia un potere d’azione illimitato, in quanto è sempre subordinato alla sussistenza di un legittimo atto da convertire. Se, quindi, il decreto-legge presenta una “evidente mancanza”, per usare il linguaggio della Corte, dei presupposti giustificativi non si vede in base a quali valutazioni il Parlamento possa fondare il proprio potere di conversione; da ciò si ricava, al fine di ottenere una piena situazione di legittimità costituzionale, la necessaria permanenza dei presupposti giustificativi dal decreto-legge alla legge di conversione. A sostegno di questo, già in passato, alcuni settori della dottrina512 avevano sostenuto che i vizi propri del decreto-legge si traducessero anche in vizi della legge di conversione: queste ricostruzioni, a posteriori, ossia alla luce della giurisprudenza costituzionale delle sentenze 171/2007 e 128/2008, sembrano adattarsi pienamente alla nozione di vizio in

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Si ricordi la sentenza n. 302 del 1988, dove, con specifico riferimento al fenomeno della reiterazione, si pongono in rilievo le distorsioni che esso crea rispetto agli equilibri istituzionali, trascurando completamente il fatto che spesso l’adozione di un decreto-legge avviene proprio su sollecitazione dei gruppi parlamentari, i quali partecipano insieme al governo nella determinazione del suo contenuto.

511

Cfr CONCARO, Il sindacato di costituzionalità sul decreto-legge, Milano, 2000, pag. 99.

512

Cfr SORRENTINO, Spunti sul controllo di costituzionalità sui decreti-legge e sulla legge di

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procedendo accolta dal giudice delle leggi. In particolare, ora, costituiscono

un valido punto di riferimento le posizioni513 che vedevano i presupposti di necessità ed urgenza come condizioni per la valida conversione in legge, la cui assenza è in grado di viziare il decreto-legge stesso e di travolgerne tutti gli effetti. Quindi, prendendo in considerazione queste riflessioni e aggiornandole grazie alla recente presa di posizione della Corte, è possibile affermare che i requisiti e i limiti del decreto-legge siano in realtà i requisiti e i limiti della legge di conversione, ammettendo così che il sindacato della Corte stessa possa esplicarsi nei confronti di entrambi gli atti. Tutto questo va compreso meglio se si tiene presente, ricordandola, la funzione che svolgono decreto-legge e legge di conversione nel contesto dell’unicità procedimentale di fondo. Il primo svolge la funzione di predisporre una disciplina che sia idonea a fronteggiare situazioni che, per la loro imprevedibilità e per la rapidità di intervento di cui necessitano, non sono suscettibili di essere regolate attraverso i normali strumenti messi a disposizione dal legislatore ordinario: una disciplina, dunque, “provvisoria” non soltanto in relazione al particolare regime di efficacia cui è sottoposta, ma anche per la natura “contingente” della situazione che è chiamata a fronteggiare. In quest’ottica, il secondo svolge la funzione di stabilizzare gli effetti prodotti dal decreto, eliminandone proprio il carattere di precarietà e di incertezza; è l’atto che, in sostanza, chiude l’intero procedimento d’urgenza previsto dall’art. 77, comma 2, della Costituzione, limitandosi a consolidare un provvedimento che sia stato oggettivamente indifferibile.514 Nella prassi, tuttavia, si è visto che i decreti-legge assumono, purtroppo, una funzione diversa, e finiscono per porre una disciplina destinata a trovare una immediata applicazione ma sostanzialmente stabile nel tempo, capace di regolare in maniera definitiva

513

Cfr SORRENTINO, La Corte costituzionale tra decreto-legge e legge di conversione: spunti

ricostruttivi, in Dir.e Soc. 1974, pag. 514; RAVERAIRA, Il problema del sindacato di costituzionalità sui presupposti di necessità ed urgenza dei decreti-legge, in Giur. Cost. 1982,

pag. 1465; CARNEVALE, La Corte riapre un occhio(ma non tutti e due) sull’abuso della

decretazione d’urgenza? In Giur. It. 1996, pag. 402.

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una determinata materia515. Il successivo intervento parlamentare è forzato, sia nel metodo che nel contenuto516, ed in questo contesto le circostanze giustificative perdono rilevanza e significato, trasformando lo stesso decreto in una forma di iniziativa legislativa,517 la quale finisce per assimilare il procedimento parlamentare a quello di una qualsiasi legge, avente come unica peculiarità il fatto che la discussione è costretta a vertere non su un progetto, su un’idea di legislazione, ma su un atto già pienamente operativo.518

Si è, dunque, fin qui cercato di evidenziare che la Corte costituzionale, con la sua recente giurisprudenza, ha fatto propria una configurazione del decreto e della legge di conversione nei termini di una unità procedimentale, andando oltre a quelle teorie519 che configurano la decretazione d’urgenza come strumentale rispetto all’attività legislativa ordinaria delle Camere, della quale rappresenterebbe solo una anticipazione. Infatti, il decreto-legge, se qualificato come un mero atto “preparatorio” in relazione alla legge di conversione, tende a perdere la propria valenza esterna, risultando del tutto appiattito sul procedimento di conversione e svalutando la sua natura di fonte del diritto.520 Pertanto, la qualificazione del difetto dei presupposti

515

Cfr LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, Torino, 1985, pag. 323, il quale evidenzia i due diversi aspetti della provvisorietà: quella intesa come temporaneità che deriva dallo stesso carattere straordinario delle fattispecie regolate, e che, dunque, è rigorosamente conforme all’interpretazione dell’ art. 77 Cost. ; e quella relativa ai casi di “necessaria anticipazione di

effetti che solo la legge formale può produrre” che si basa su una interpretazione storica ed

estensiva del ruolo del decreto-legge nel sistema; FRESA, Provvisorietà con forza di legge e

gestione degli stati di crisi, Padova, 1981, pag. 75, il quale sottolinea come nella seconda

ipotesi appena richiamata, il Parlamento, in sede di conversione, recuperi pienamente la propria funzione, determinando la “sostituzione” del proprio provvedere al provvedere del Governo.

516

Cfr CARLASSARE, Conversazioni sulla Costituzione, Padova, 1996, pag. 123.

517

La definizione del decreto-legge come “ disegno di legge rinforzato a urgenza garantita” si è visto, nei capitoli precedenti, essere stata coniata da PREDIERI, Il governo colegislatore, in AA. VV. Il decreto-legge fra Governo e Parlamento, Milano, 1975; tale definizione, che inizialmente è servita alla dottrina per descrivere l’evolversi della prassi della decretazione d’urgenza prevalentemente sul paino dei rapporti istituzionali tra Governo e Parlamento, ha via via assunto una valenza autonoma anche sul piano giuridico, tanto da atteggiarsi ad elemento di qualificazione del decreto-legge nel quadro del sistema delle fonti.

518 Cfr CARLASSARE, op. cit. pag. 125. 519

Cfr PREDIERI, op. cit. ; RUGGERI, Gerarchia, competenza e qualità nel sistema

costituzionale delle fonti normative, Milano, 1977, pag. 222.

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giustificativi come vizio in procedendo della legge di conversione indica l’adesione della Corte costituzionale alla prospettiva che vede il decreto- legge e il successivo atto parlamentare come tappe di un procedimento521 sostanzialmente unitario; un procedimento caratterizzato dal susseguirsi di una serie di atti che, seppur formalmente autonomi e dalla precisa identità, possono essere valutati congiuntamente, in quanto cooperano ad una finalità unica.522 Di conseguenza, è proprio il medesimo scopo, quello di introdurre una disciplina originata da “casi straordinari di necessità ed urgenza”, verso il quale sono preordinati, che rappresenta il legame che unisce il provvedimento d’urgenza del Governo alla legge di conversione; e questo visibile nesso teleologico determina che la validità dell’uno condiziona necessariamente la validità dell’altro.523

In conclusione, in presenza di un decreto-legge che sia stato adottato dal Governo in carenza dei presupposti giustificativi viene meno il relativo potere parlamentare di conversione; un potere che, in tal caso, può essere attivato unicamente per disporre la tempestiva reiezione del provvedimento governativo, al fine di evitare che esso esplichi compiutamente la propria efficacia nell’ordinamento giuridico, sia pure per il ristretto arco di tempo prescritto dall’art. 77 della Costituzione.

521

Cfr GALEOTTI, Contributo alla teoria del procedimento legislativo, Milano, 1957.

522

Cfr ANGIOLINI, op. cit. pag. 238.

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4-EMENDAMENTI

IN

SEDE

DI

CONVERSIONE

E