Secondo l’impostazione argomentata, il fatto emergenziale rappresenta il contenuto dei presupposti indicati dall’art. 77 Cost.; ora, vanno poste altre precisazioni sulla possibilità di individuare, senza pretesa di esaustività, una tipizzazione dei presupposti stessi secondo categorie di appartenenza e non tramite una elencazione casistica, aspetto, quest’ultimo, che già è stato escluso in quanto inadeguato. Nel paragrafo successivo, sarà svolto un approfondimento dei concetti di necessità ed urgenza alla luce dell’analisi condotta del fatto emergenziale.
Le linee guida di questa ricerca si muovono in due direzioni: il decreto-legge è in armonia con il dettato costituzionale sia se sussistono i presupposti giustificativi sia se il suo contenuto risulti provvedimentale. In questo contesto, si afferma che la presunzione di sussistenza del presupposto legittimante, a prescindere dalla sua reale consistenza, ha un valore comunque relativo, in quanto anche dinanzi al concreto materializzarsi di un fatto emergenziale264, il fumus di legittimità sarebbe vanificato laddove il Governo decidesse di emanare misure non strumentali a ripristinare le condizioni
264 Cfr PALADIN, Art. 77, in Commentario alla Costituzione a cura di Branca, Bologna-Roma,
1977, pag. 59, dove l’autore rileva che, in occasioni di calamità naturali, il Governo ha adottato decreti-legge estremamente complessi e, in parte, destinati a non trovare immediata applicazione.
116
materiali per l’attuazione del diritto e inidonee a contenere gli effetti antigiuridici dell’emergenza; si tratterebbe, infatti, di una normativa priva di particolarità e concretezza, eterogenea, mirata a introdurre misure strutturali che per la loro stessa natura si manifestano come incompatibili a fronteggiare le caratteristiche del fatto emergenziale.
La decretazione d’urgenza, e sul punto si insisterà nei paragrafi successivi, va vista come un unico procedimento articolati in più fasi ma tutte legate tra loro dal nesso funzionale di fronteggiare l’emergenza. Questo aspetto, dunque, si ripercuote sia in fase di analisi della sussistenza dei presupposti, sia in fase di predisposizioni della risposta emergenziale, sia infine in fase di conversione in legge. Ciò premesso, un tentativo di tipizzazione dei “casi straordinari di necessità ed urgenza” è richiesto proprio dalla natura generale dell’istituto che, potenzialmente e pericolosamente, si presta ad interpretazioni confuse. Le situazioni d’emergenza265 in astratto conformi alla disciplina costituzionale e nelle quali è giuridicamente doveroso ricorrere allo strumento straordinario previsto dall’art. 77 Cost. possono essere ricondotte a tre diverse tipologie: le calamità naturali, i fatti emergenziali derivanti da attività umana e le emergenze pubbliche. La prima tipologia consiste in eventi naturali di portata e gravità tale da non essere ricollegate ad alcuna condotta umana, la seconda, invece, riguarda situazioni eccezionali causate, ad esempio, dall’intervento dell’uomo sull’ambiente; potrebbe trattarsi dei diversi fenomeni di inquinamento dovuti a sostanze dannose, oppure anche di casi di epidemie, di malattie particolarmente infettive e contagiose, le quali, in vari modi, attengono comunque al rapporto tra uomo e natura. Le situazioni riconducibili a queste due tipologie devono presentare un grado elevato di intensità; infatti, se ciascuna di queste è caratterizzata dai requisiti della novità e della provvisorietà, non è scontata la presenza degli altri elementi del fatto emergenziale. Va esaminato con attenzione che si tratti di un fatto imprevisto e causa di effetti antigiuridici. Il particolare scrupolo richiesto nel valutare la straordinarietà dell’evento, l’impreparazione del sistema giuridico e l’effettiva
117
compromissione di interessi e valori riconosciuti non giustifica la prassi consolidatasi nel tempo, la quale si è mostrata eccessivamente cauta ad utilizzare lo strumento della decretazione d’urgenza negli eventi ascrivibili alle prime due tipologie individuate che invece ne dovrebbero costituire casi paradigmatici. Senza anticipare troppo quanto sarà oggetto di studio in un capitolo successivo, nel corso ad esempio di gravi disastri naturali si è preferito ricorrere al potere d’ordinanza, sfruttando la sua forza “sostanziale”, paragonabile, per certi aspetti, a quella del decreto-legge e approfittando dell’assenza di controlli significativi266.
La terza tipologia, sintetizzata con l’espressione “emergenze pubbliche”, ha un’ampia portata e riassume una serie di situazioni che provocano gravi ricadute sulla dimensione pubblica del vivere sociale, compromettendo non solo il rapporto tra l’autorità e i cittadini ma soprattutto le relazioni tra le diverse categorie sociali, con tensioni tali da mettere in pericolo l’ordinata dialettica del consorzio civile. Può trattarsi di fenomeni provocati direttamente o indirettamente da azioni od omissioni umane, con forti effetti antigiuridici. A fini esemplificativi si può pensare all’incremento di condotte penalmente rilevanti, episodi di disordini teppistici267, di terrorismo interno268
266
Cfr MARAZZITA, Le ordinanze di necessità dopo la L. n. 225 del 1992 (Riflessioni a margine
di Corte cost. n. 127 del 1995) in Giur. cost., 1996, pag. 505. Cfr MARAZZITA, Lo stato d’emergenza diretto a fronteggiare l’esodo dall’Albania, in Giur. cost., 1997, pag. 2099.
267
Cfr FORLENZA, Contro i danni dei teppisti in trasferta il “pressing” delle nuove norme anti
disordini, in Guida al diritto, 2001, n. 33, pag. 18, il quale analizza le misure del Governo per
contrastare l’incremento di reati comuni in occasione di competizioni sportive, meglio noto con l’espressione “violenza negli stadi”; in particolare l’attenzione si concentra sul decreto- legge 20 agosto 2001, n. 336, il quale ha modificato la disciplina preesistente per estendere la facoltà del questore di vietare l’accesso agli stadi a soggetti “denunciati o condannati” e quella di imporre agli stessi soggetti l’obbligo di presentarsi presso gli uffici di polizia; inoltre, si aumenta a tre anni la durata massima del divieto di accesso e si introducono nuove ipotesi di illecito penale nell’ambito delle competizioni sportive.
268
Cfr ANGIOLINI, Necessità ed emergenza nel diritto pubblico, cit., pag. 279; cfr PACE,
Ragionevolezza abnorme o stato d’emergenza?, cit. pag. 108. Gli autori riflettono sui
fenomeni di terrorismo politico con particolare riferimento alla legislazione d’emergenza del 1979 e del 1982, espressione di decretazione d’urgenza. Questa disciplina, da un lato, provocò una differenziazione delle forme di repressione penale attraverso una normativa di difficile compatibilità costituzionale, dall’altro, introdusse gli istituti premiali in favore di terroristi pentiti o dissociati; sul punto si ricordi il decreto-legge n. 625 del 1979 e il decreto- legge 304 del 1982. Recentemente, il decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, in tema di sicurezza personale e funzionalità dell’amministrazione dell’interno, istituisce l’Ufficio
118
ed internazionale269, di associazioni criminali particolarmente estese270. Questa casistica di nuovo sottolinea quanto l’emergenza sia condizionata dal grado di adeguatezza del sistema giuridico e dal suo tempestivo aggiornamento. Sempre in questa tipologia emergenziale vanno ricomprese le crisi economiche, le quali, per le caratteristiche globali del sistema economico-finanziario, necessitano di interventi incisivi su ampia scala271. Questa esigenza ha portato ad introdurre, mediante decretazione d’urgenza,
centrale interforze per la sicurezza personale (UCIS) con il compito non solo di gestire il servizio di protezione nei confronti di soggetti ritenuti a rischio, ma anche di raccogliere le informazioni relative dalle forze di polizia e dai servizi.
269
Si ricordi il decreto-legge 28 settembre 2001, n. 353, il quale, in attuazione della risoluzione n. 1333 del 19 dicembre 2000 del Consiglio di sicurezza dell’O.N.U. e del Regolamento CE n. 467/01, dispone il “congelamento” dei capitali e delle altre risorse finanziarie riconducibili ai Talebani. Va rilevato che questo provvedimento condiziona la propria efficacia a quella provvisoria del regolamento CE: l’art. 4, infatti, stabilisce che le disposizioni del decreto “ cessano dia vere efficacia a decorrere dalla data in cui sono sospese o revocate le misure stabilite dal regolamento”. In seguito, con decreto-legge 12 ottobre 2001, n. 369, si è istituito un organo straordinario di durata annuale, il Comitato di sicurezza finanziaria, con il compito di controllare il mercato finanziario e prevenire fenomeni di riciclaggio legati al terrorismo. Poi, il decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, ha introdotto il reato di “associazione con finalità di terrorismo” e l’aggravante del “terrorismo internazionale”, qualificando come “arma da guerra” anche gli “aggressivi biologici e radioattivi” ed estendendo a queste nuove fattispecie l’applicabilità del regime delle intercettazioni giudiziarie e delle perquisizioni di edifici e blocchi di edifici.
270 Ampia è la decretazione d’urgenza in tema di “mafia”. A titolo di esempio va ricordato il
decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, che ha apportato modifiche al codice di procedura penale; degno di nota anche il decreto-legge 25 luglio 1992 che ha disposto l’impiego delle Forze armate in attività di controllo del territorio della regione siciliana, stabilendo, all’art. 1, che i prefetti possano avvalersi di personale militare delle Forze armate, il quale agisce con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza.
271
Il decreto legge 138/2011, chiamata anche manovra bis è un decreto legge approvato dal
governo Berlusconi IV il 29 agosto2011, il quale permetterebbe di risparmiare ulteriori 45,5 miliardi di €, oltre ai 48 già approvati il 18 luglio 2011, sempre per il biennio 2012-2013 su richiesta esplicita della UE per quanto concerne il pareggio di bilancio, ovvero l'abbattimento del deficit pubblico previsto per il 2013. Le misure anti-crisi previste sono oggetto di critiche anche aspre da parte delle opposizioni, di alcuni esponenti della maggioranza parlamentare, dei rappresentanti sindacali e delle associazioni delle categorie produttive perché comporterebbero significativi sacrifici diretti (principalmente maggior pressione fiscale) e indiretti (a causa dei tagli ai servizi) per i cittadini: tra i punti del testo legislativo vi è l'abolizione di circa 54.000 poltrone negli enti locali, tra regioni, province e comuni. Il decreto legge fa seguito e si somma alle misure economiche e finanziarie già adottate con la manovra finanziaria di luglio 2011 (Decreto legge 98 del 2011). E’indicativo rilevare che negli ultimi 15 anni ci sono state ben 19 manovre economiche varate da vari governi, tutte adottate mediante decreto-legge.
119
vere e proprie riforme strutturali e stabili nel tempo, sacrificando sia la natura stessa dello strumento del decreto-legge sia il ruolo delle Camere, che non vengono messe nelle condizioni di esaminare e controllare l’operato governativo. Il tema dell’utilizzo dell’istituto ex art. 77 Cost. per fronteggiare crisi economiche, vista anche l’attualità della questione, merita una attenzione particolare da parte del diritto costituzionale, specie in relazione al fatto che tali misure spesso incidono su diritti sociali acquisiti272. Va dunque analizzato il margine di rischio che caratterizza interventi in ambito economico, i quali raramente rispondono a criteri di provvedimentalità, e, dunque, diviene maggiormente riscontrabile il divario tra la sussistenza dei presupposti giustificativi e il contenuto provvedimentale della disciplina adottata. Riforme importanti, come quelle adottate tramite le manovre economiche, avrebbero bisogno di una adeguata ponderazione sia in sede di redazione dei testi sia in sede di discussione parlamentare; la struttura e la procedura dell’istituto ex art. 77 Cost. non soddisfa una esigenza di tal genere, data anche la non provvisorietà delle misure introdotte dal Governo in simili contesti. Se le congiunture economiche rappresentano di per se stesse fatti emergenziali che
272
Cfr PALADIN, Commento all’art. 77, cit., pag. 59; inoltre cfr SORRENTINO, Le fonti del
diritto, cit., pag. 81, il quale indica il caso dei decreti catenaccio come uno dei sintomi della
perdita di “ogni connotato di eccezionalità e di imprevedibilità che si sarebbe tentati di riconoscere” all’istituto. Effettivamente, solo in pochi casi della prassi, l’adozione di decreti catenaccio era realmente preceduta da un fatto emergenziale che ne costituisse un valido presupposto: molto spesso la vera giustificazione dell’atto era radicata nella necessità del Governo di compattare la propria maggioranza, ponendola dinanzi al fatto compiuto. Ancora cfr PALADIN, in tema di decreti-legge, cit., pag. 555, il quale, sempre in relazione ai decreti catenacci, precisa che “la necessità non sarebbe più testimoniata dal contenuto stesso del provvedimento; e quanto all’urgenza, essa non consisterebbe più in un’esigenza di sollecita soddisfazione di determinati interessi, bensì nell’opportunità di ridurre al minimo grado (onde evitare facili speculazioni) il tempo intercorrente fra la deliberazione governativa e l’entrata in vigore del decreto-legge”. inoltre lo stesso Autore rileva che “il reale significato del riferimento costituzionale ai “casi straordinari di necessità e d’urgenza” non può tuttavia non essere ben più modesto e più comprensivo di quello or ora ipotizzato”. A titolo d’esempio, si ricordi che nel 1948 si emanarono quattro decreti-legge “catenaccio”: il decreto-legge 6 ottobre 1948, n. 1199, recante modificazioni all’imposta erariale sul consumo di energia elettrica, il decreto-legge 6 ottobre 1948, n. 1200, recante modificazioni al regime fiscale degli alcoli e del benzolo, il decreto-legge 14 dicembre 1948, n. 1419, concernente il regime fiscale dello zucchero e degli altri prodotti zuccherini ed il decreto- legge 20 dicembre 1948, n. 1427, recante modificazioni al regime fiscale di taluni prodotti soggetti ad imposta di fabbricazione. Anche i decreti-legge n. 632, 644 e 707, emanati nel 1949, sono classificabili tra i “catenacci”.
120
necessitano di interventi rapidi ed efficaci, il ricorso alla decretazione d’urgenza può essere idoneo ad arginare nell’immediato l’emergenza, mediante interventi il più possibile circoscritti, incisivi e provvisori, lasciando al Parlamento, in sede di legislazione ordinaria, la riformulazione e la revisione di interi settori dell’ordinamento in materia economico-finanziaria, viste le possibili e pesanti ripercussioni sociali. Gli strumenti regolamentari delle Camere consentono, anche senza ricorrere sempre e comunque al decreto-legge, corsie preferenziali e tempi ragionevolmente celeri per adottare le misure richieste. A questo, inoltre, si aggiunge il fatto che nella categoria “emergenza economica” sono ricomprese una serie estremamente eterogenea ed articolata di situazioni che meriterebbero ciascuna interventi mirati e singoli, e non un inserimento complessivo in un unico atto di decretazione d’urgenza. In questi ambiti è molto elevato il rischio di compromettere diritti sociali acquisiti, di operare deroghe eccessive in tema di imposizione fiscale, slegate dai criteri costituzionali della progressività273. E’dunque difficile riscontrare un medesimo ed unico disegno di intervento, preferendo, invece, approfittare di negative congiunture economiche, spesso di origine internazionale, per inserire nello stesso decreto-legge una lunga serie di disposizioni eterogenee, non coordinate tra loro, che riguardano ampi e diversi settori del sistema economico, non riconducibili, neppure marginalmente, ad una logica comune.
Altra specie di “emergenze pubbliche” è costituita dalle missioni umanitarie o di polizia internazionale che prevedono l’impiego di forze armate all’estero in
273 Si veda, inoltre, il decreto-legge n. 201 del 7 dicembre 2011, meglio conosciuto come
manovra economica “salva Italia”, dove si introducono una serie di misure di tipo strutturali, destinate ad innovare profondamente l’ordinamento, mettendo a rischio importanti diritti sociali acqusiti; fra tutte, spicca la riforma del sistema pensionistico, l’introduzione di una diversa tassazione sulla prima casa e sugli immobili, lo svuotamento di funzioni e di organizzazione di enti, come le province, che hanno copertura costituzionale e sono eletti a suffragio universale. A questo si aggiungono pesanti riforme della finanza locale, che impediscono ai comuni di disporre delle adeguante risorse economico-finanziare per adempiere alle funzioni loro assegnate. Nello specifico, si noti gli artt. 13, 14, 20,21,23,25, 29.
121
operazioni, almeno tendenzialmente, non ostili274, oppure dirette al ristabilimento dell’ordine pubblico con interventi offensivi limitati a gruppi locali non inquadrati275. Soprattutto in quest’ultima situazione, la condizione basilare per escludere la natura bellica della missione è che lo Stato, all’interno del quale si interviene, mantenga la sovranità sul territorio teatro delle operazioni e che abbia richiesto o, in qualche modo, autorizzato l’azione di reparti militari stranieri. Il manifestarsi improvviso di situazioni di crisi internazionali che richiedono interventi anche di natura militare rientra nella tipologia evidenziata del fatto emergenziale; più incerta e fonte di rilevanti dubbi di legittimità è il ripetuto rifinanziamento di tali missioni, a scadenze periodiche già predeterminate, adottato con decreto-legge. Sul punto si tornerà più approfonditamente in seguito.
274 Si tratta di operazioni concernenti il trasporto di medicinali e viveri, la bonifica delle mine,
la costruzione di infrastrutture, l’osservazione, dove il ricorso allo strumento militare ha una funzione meramente dissuasiva. Per questo è sottoposto a regole d’ingaggio restrittive nel senso che l’uso delle armi è giustificato solo per l’autodifesa individuale e collettiva. A tale tipologia di operazioni appartengono, ad esempio, le missioni in Albania dal 1991 al 1993, nell’ex Jugoslavia dal 1991, in Eritrea ed Etiopia dal 2000, nel Kosovo dal 1998.
275
In questi casi l’uso della forza è regolato in modo simile a quello delle forze di polizia essendo consentito, oltre che per l’autodifesa, in funzione preventiva e repressiva di crimini: protezione della popolazione civile, interposizione tra gruppi ostili, sequestro di armi, scorta di persone e cose, arresto di criminali di guerra. Ad esempio, si è trattato delle missioni in Somali del 1993, in Mozambico dal 1993 al 1995, in Albania dal 1997, a Timor est dal 1999 al 2000, in Libano dal 2006. Di dubbia legittimità sono invece apparse le operazioni militari in Iraq nel 2003 e in Afghanistan dal 2001 e ancora in corso per il verificarsi si situazioni di vera e propria natura militare, nel senso tradizionale del termine.
122