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11-IL CONTROLLO DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULLA SUSSISTENZA DEI PRESUPPOST

La Corte costituzionale, in passato, è stata più volte chiamata ad esprimersi sulla legittimità di un decreto-legge sotto il profilo della mancanza dei presupposti giustificativi e si era mostrata reticente sul tema, evitando di affrontare direttamente il problema. Il pretesto adottato dalla Corte riguardava il fatto che quasi mai la sua pronuncia poteva avvenire nell’arco dei sessanta giorni di provvisoria vigenza del provvedimento governativo e la successiva conversione in legge del decreto era ritenuta in grado di precludere qualsiasi pronunciamento di legittimità costituzionale. In questo modo, il giudice delle leggi non prendeva alcuna posizione in ordine al vizio della carenza dei presupposti giustificativi e, quindi, non era affatto assodato se fosse possibile o meno la sua eventuale sindacabilità in sede di giudizio di costituzionalità. A sostegno di quanto detto, va ricordata la sentenza n. 55 del 1977380 dove la Corte aveva evitato di pronunciarsi sul punto, ravvisando, nel caso specifico, un ostacolo di tipo processuale381. Tuttavia, in questa sentenza va segnalata una, seppur debolissima, prima apertura alla sindacabilità costituzionale dei presupposti giustificativi, riscontrabile nel fatto che la Corte non escludeva a

priori la propria competenza, non affermando, né implicitamente né

esplicitamente, che questo tipo di valutazione fosse unicamente di natura politica. Infatti, la Corte, soltanto per la peculiarità del caso specifico, escludeva di poter operare un giudizio di tal genere, esprimendo quasi un messaggio rivolto al Governo sulle modalità di adozione della decretazione d’urgenza. Ancora, con la sentenza n. 108 del 1986382 la Corte inaugura la

380

Cfr Corte cost., sent. 55/1977, in Giur. Cost. 1977, pag. 597.

381

La questione verteva su un decreto recante disposizioni in materia di giustizia penale, l’operatività dei principi in materia di successione delle leggi penali nel tempo e il precetto costituzionale che collega la perdita retroattiva di efficacia del decreto-legge nelle ipotesi di mancata conversione.

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giurisprudenza costituzionale che riconosce l’efficacia sanante dei vizi specifici del decreto-legge derivante da carenza dei presupposti giustificativi ad opera della legge di conversione, e la questione è liquidata velocemente affermando che “ a parte ogni altro rilievo, va osservato che nel caso di specie il decreto è stato convertito in legge dal Parlamento”383. In modo più esplicito, la successiva sentenza n. 243 del 1987384 evidenzia di nuovo che l’avvenuta conversione in legge comporta il superamento di ogni rilievo, ritenendo la questione inammissibile. Questa posizione, ribadita più volte, trova il suggello finale nella sentenza n. 263 del 1994385 dove si legge testualmente che “ intervenuta la conversione, perdono rilievo e non possono trovare ingresso nel giudizio di costituzionalità le censure di illegittimità dedotte con riguardo ai limiti del potere del Governo nell’adozione del decreto-legge”386. In questa affermazione trova sostegno la cosiddetta teoria della novazione, sulla quale ci si soffermerà più avanti; qui sarà sufficiente solo anticipare che la Corte qualifica la mancanza dei presupposti giustificativi come un vizio non in grado di ripercuotersi sulla legge di conversione, essendo sanato e reso inoppugnabile da questa. La Corte, quindi, in queste sentenze, non indaga sul carattere oggettivo o soggettivo dei “casi straordinari di necessità e urgenza” ma si limita a precisare che l’emanazione della legge di conversione sana ogni eventuale vizio dei presupposti stessi, sottolineando come questi vizi del decreto non siano in grado di inficiare anche il successivo intervento delle Camere. Il giudice delle leggi, inoltre, si è espresso con pronunce nel senso dell’inammissibilità della questione, ma anche nel senso dell’infondatezza. Infatti, mentre con l’infondatezza387 si attesta o l’assenza del vizio o il suo venir meno per effetto della legge di conversione, con l’inammissibilità388 si

vuole sottolineare in modo più incisivo l’avvenuta conversione in legge del

383

Punto 6 del Considerato in diritto

384

Cfr Corte cost., sent. 243/1987, in Giur. Cost. 1987, pag. 2019.

385

Cfr Corte cost., sent. 263/1994, in Giur. Cost. 1994, pag. 155

386 Punto 4 del Considerato in diritto. 387

Cfr CONCARO, Il sindacato di costituzionalità sul decreto-legge, Milano, 2000. pag. 40.

388

Cfr ROMBOLI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in Aggiornamenti

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decreto, dalla quale consegue che il giudizio della Corte non ha più ragione d’essere. La Corte non decide perché ritiene di non poter decidere, in quanto la valutazione della presenza dei presupposti giustificativi è completamente demandata alle Camere.

Un primo segnale importante anche se non ancora del tutto sufficiente lo si è avuto con la sentenza n. 29 del 1995389, dove la Corte per la prima volta ha affermato, seppur soltanto in linea di principio, che” la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite decreto-legge costituisce un requisito di validità costituzionale dell’adozione dell’atto, in modo che l’eventuale evidente mancanza del presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell’ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione”390. Questo passo è sicuramente rilevante391, e lo è ancora di più se si considera che la pronuncia avviene nel contesto di un giudizio in via principale, prospettato su ricorso di alcune Regioni, costituendo una sorta di

obiter dictum, poiché la Corte avrebbe potuto omettere qualsivoglia

riferimento sul punto per concentrarsi unicamente sull’argomento dell’inammissibilità per carenza di interesse del ricorrente. Si tratta di una notevole apertura e a tal proposito va rilevato che la questione della possibilità di prospettare un giudizio di legittimità costituzionale dei provvedimenti d’urgenza per difetto dei presupposti giustificativi era sempre stato lasciato “in sospeso” da parte della Corte. Ora si afferma che in linea di principio non va esclusa la sindacabilità costituzionale dei presupposti giustificativi e, semmai, l’aspetto più problematico riguarda la possibilità di configurare quella mancanza evidente degli stessi tale da rendere costituzionalmente illegittimo il decreto-legge. Occorre, quindi, individuare criteri precisi che

389

Cfr Corte cost., sent. 29/1995, in Giur. Cost. 1995, pag. 299

390 Punto 4 del Considerato in diritto. 391

Cfr PITRUZZELLA, La straordinaria necessità ed urgenza: una” svolta” nella giurisprudenza

costituzionale o un modo per fronteggiare situazioni di “emergenza” costituzionale? In Le Regioni 1995, pag. 1100.

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possano fungere da parametro dell’eventuale giudizio di costituzionalità. Anche a voler aderire alla tesi392 che inquadra il sindacato sui presupposti giustificativi secondo il profilo del vizio di eccesso di potere e ammettendo che la Corte arrivi a valutare la palese contraddittorietà del decreto-legge rispetto ai precetti costituzionali, la questione resta insoluta. Infatti, la giurisprudenza costituzionale, in questa sentenza, non elabora una tecnica di giudizio che le permetta di operare, entro canoni predeterminati, il sindacato sulla corrispondenza tra l’utilizzo del decreto-legge e i presupposti richiesti per l’adozione, forse per non correre il rischio dell’elevato tasso di politicità che un simile giudizio comporta. In questo modo, la Corte ritiene di doversi ritrarre dinanzi alla “libera discrezionalità del Governo qualora non sussistano elementi oggettivi per un giudizio di legittimità e spingendosi in avanti qualora questo sia possibile”.393 Se pure è difficile individuare a priori dei criteri oggettivi che consentano di operare un sindacato sui presupposti, vi sono alcune ipotesi “sintomatiche” che, nonostante non siano indicatori univoci della “evidente mancanza dei casi straordinari di necessità ed urgenza”, potrebbero fungere da “campanello d’allarme” e indurre la Corte ad indagare in modo più pregnante il rispetto dei requisiti dell’art. 77 della Costituzione. Anzitutto, fra queste fattispecie, possiamo annoverare, come si è analizzato, i decreti-legge che contengano misure ad “efficacia differita”. E’ stata rilevata394 in toto l’incostituzionalità di decreti-legge che dilazionano l’entrata in vigore delle proprie prescrizioni oltre il termine fissato dall’art. 77 Cost., in quanto si pongono in contrasto con il presupposto giustificativo dell’urgenza395; posizione recepita dall’art. 15, comma 3, della legge 400del 1988, dove si dispone che “i decreti devono contenere misure di immediata applicazione”.

392

Cfr RAVERAIRA, Il problema del sindacato di costituzionalità sui presupposti della

“necessità ed urgenza” dei decreti-legge, in Giur. Cost. 1982, pag. 1461.

393

Cfr RUGGERI, Fonti e norme dell’ordinamento e nell’esperienza costituzionale, Torino, 1993, pag. 332.

394

Cfr PALADIN, Atti legislativi del Governo e rapporti fra poteri, in Quad. cost., 1996, pag. 14.

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Il fatto che il decreto-legge contenga misure non suscettibili di immediata applicazione, dovrebbe condurre la Corte costituzionale, se adita, a verificare la reale indifferibilità del “provvedere governativo”396. Analoghe riflessioni riguardano i decreti-legge che recano disposizioni eterogenee o non corrispondenti all’oggetto del provvedimento397, oppure per i “decreti omnibus”398. Un caso significativo dove appare ragionevolmente certo l’uso improprio della decretazione d’urgenza da parte del Governo è rappresentato dalla situazione in cui il decreto-legge sia del tutto privo della motivazione in ordine ai presupposti giustificativi, non essendo in alcun modo sufficienti le mere clausole di stile cui spesso si ricorre, a meno che la necessità e l’urgenza non siano ictu oculi giustificate dal contenuto precettivo del decreto stesso399. L’obbligo di motivazione, pur non essendo esplicitato dalla Costituzione, è desumibile dalla natura eccezionale dell’esercizio del potere di decretazione d’urgenza da parte del Governo, che si giustifica soltanto laddove sussistano precise circostanze straordinarie da fronteggiar.400 L’assenza di motivazione, come si vedrà in seguito, è un indice oggettivo che permette di escludere l’esistenza dei presupposti giustificativi; infatti, una specifica motivazione risulta indispensabile per operare una valutazione attenta riguardo la congruità dello strumento prescelto e delle misure in esso contenute in relazione alle prescrizioni ex art. 77, comma 2, Cost..

Tuttavia, l’atteggiamento della Corte successivo alla sentenza 29 del 1995 mantiene una certa reticenza nell’operare una significativa verifica sui

396

Cfr PALADIN, In tema di decreti-legge, in Riv. Trim. dir. Pubbl. 1958, pag. 551

397

Cfr PITRUZZELLA, La straordinaria necessità ed urgenza, op. cit. pag. 1106, il quale sostiene che l’evidente mancanza dei presupposti giustificativi possa configurarsi unicamente nell’ipotesi appena delineata.

398

Cfr CELOTTO, L’abuso del decreto-legge, Padova, 1997, pag. 448, il quale rileva che il problema non dovrebbe porsi nell’ipotesi in cui tali provvedimenti raccolgano una serie eterogenea di disposizioni che siano comunque finalizzate ad uno scopo comune.

399

Cfr SILVESTRI, Alcuni profili problematici dell’attuale dibattito sui decreti-legge, in Pol.

Dir., 1996, pag 432, il quale sottolinea che solo in caso di catastrofi naturali o attentati alla sicurezza dello Stato o di gravi crisi economiche si possa ipotizzare l’auto evidenza dei presupposti.

400

Cfr VENTURA, Motivazione degli atti costituzionali, in Dig. Disc. Pubbl. Torino, 1995, pag. 43

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presupposti; così, ad esempio, nella sentenza n. 161 del 1995401, la Corte, pur ribadendo che non le spetta la competenza a sindacare sull’esistenza e sull’adeguatezza dei presupposti della necessità ed urgenza”, ha ritenuto che, nel caso in esame, non vi fosse quella evidente mancanza tale da giustificare una pronuncia di illegittimità costituzionale. Ancora, nella sentenza n. 330 del 1996, la Corte nega l’evidente mancanza dei presupposti giustificativi, utilizzando però un criterio argomentativo più specifico, laddove spiega che “il decreto-legge in esame, pur succedendo ad altri precedenti non convertiti e decaduti, è sostenuto da una specifica motivazione, resa esplicita nella relazione governativa che accompagna il disegno di legge di conversione”402. In questo caso, quindi, la Corte conferma il ruolo determinante che la motivazione assume in ordine all’esistenza dei presupposti giustificativi ma si sottrae ad una verifica più incisiva delle circostanze adottate a giustificazione del ricorso della decretazione d’urgenza, limitandosi soltanto a rilevare che la sussistenza di una adeguata motivazione sia un elemento sufficiente, se non per riconoscere l’effettiva sussistenza dei presupposti giustificativi, quanto meno per l’escludere l’evidente mancanza che conduce ad una pronuncia di incostituzionalità. E’interessante anche notare ciò che afferma la Corte nella sentenza n. 398 del 1998403, resa in relazione alla complessa normativa concernente le quote latte, dove afferma che “ l’intervento straordinario operato dal Governo si giustifica in quanto i limiti posti in sede comunitaria ai quantitativi nazionali di produzione lattiera e l’esigenza di introdurre misure intese al contenimento di questa rendono non manifestamente implausibile la valutazione governativa, posta a base degli interventi, in ordine al ricorso alla decretazione d’urgenza”404. Dal quadro di questa giurisprudenza esaminata emerge dunque un atteggiamento timido della Corte costituzionale nell’operare giudizi che rischiano, inevitabilmente, di sovrapporsi alle

401

Cfr Corte cost., sent. 161/1995, in Giur. Cost. 1995, pag. 1346.

402Cfr Corte cost., sent. 330/1996, in Giur. Cost. 1996, pag. 1025, punto 3 del Considerato in

diritto.

403

Cfr Corte cost., sent. 398/1998, in Giur. Cost., 1998, pag. 1047.

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valutazioni degli organi politici; sicuramente la sentenza 29 del 1995 ha abbozzato indicazioni utili ma non le ha sviluppate, quasi relegandole a venire utilizzate solo in situazioni di “emergenza costituzionale”405, per contrastare episodi clamorosi di uso abnorme della decretazione d’urgenza, lasciando così la risoluzione della questione alla dialettica tra i poteri dello Stato.

Questa ritrosia sarà superata solo a partire dalla sentenza n. 171 del 2007406, che ha rappresentato l’inizio di un nuovo corso; infatti, per la prima volta, la Corte Costituzionale arriva a dichiarare illegittima la legge di conversione nella parte in cui converte una norma di un decreto-legge privo dei presupposti giustificativi.

Vista la rilevanza del tema è bene inquadrare con attenzione la vicenda di cui si tratta.

Poco dopo la proclamazione a sindaco, un neoeletto veniva condannato definitivamente per i reati di peculato d’uso, ex art. 314, comma 2, C.P., e abuso d’ufficio, ex art. 321 C.P., con conseguente interdizione temporanea dai pubblici uffici; a seguito di diverse azioni popolari, la Corte d’Appello giungeva a dichiarare la decadenza dalla carica in base alla normativa sull’ordinamento degli enti locali, ex art. 58 e 59, d.lgs. 267/2000. L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, ma, prima dell’udienza di discussione, entrava in vigore il decreto-legge 29 marzo 2004 n. 80, recante “Disposizioni urgenti in materia di enti locali”, e in forza dell’art. 7, comma 1, lett. a, veniva escluso che la condanna per peculato d’uso costituisse causa di incandidabilità, prima, e di decadenza, poi, dalla carica di sindaco, riconducendo tali conseguenze al solo delitto di peculato, ex art. 314, comma 1, C.P.407 La Corte di Cassazione, allora, sollevava, questione di legittimità costituzionale perché la novella veniva ritenuta priva dei presupposti giustificativi ex art. 77, comma 2, Cost. e prima della decisione della Corte costituzionale la disposizione veniva modificata dalla legge di conversione del

405Cfr PITRUZZELLA, La straordinaria necessità ed urgenza, cit. pag. 1108. 406

Cfr Corte cost., sent. 171/2007, in Giur. Cost., 2007, pag. 1662.

407

E’ solo il caso di ricordare che la condanna per abuso d’ufficio non costituisce, in relazione alla carica di sindaco, causa di decadenza.

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28 maggio 2004 n. 140408, quindi il giudice delle leggi ordinava la restituzione degli atti al giudice a quo per un riesame della questione. Con ordinanza del 6 aprile 2005 la Cassazione riteneva ancora che la medesima questione di costituzionalità fosse rilevante e non manifestamente infondata, “assumendo che il denunciato vizio si è trasferito sulla legge che, pur nella manifesta carenza dei presupposti giustificativi, ha ugualmente provveduto alla conversione del decreto-legge”.409 Con la sentenza in esame il giudice delle leggi ha fatto proprio il punto di vista della Cassazione, annullando l’art. 7, comma 1, lett. a del decreto-legge 80/2004, convertito dalla legge 140/2004. Questa ricostruzione è utile per capire il percorso argomentativo seguito dalla Corte Costituzionale, ed è già possibile focalizzare tre punti ben precisi. Il

primo consiste nella presentazione del quadro teorico che caratterizza i

rapporti tra potere legislativo ed esecutivo per quanto concerne le fonti del diritto. La Corte, infatti, ci ricorda che i commi 2 e 3 dell’art. 77 Cost. “hanno carattere derogatorio rispetto all’essenziale attribuzione al Parlamento della funzione di porre le norme primarie nell’ambito delle competenze dello Stato centrale”410. Questa affermazione ha un valore determinante e si collega a quanto, poche righe prima, la Corte aveva ricordato, ribadendo che “è opinione largamente condivisa che l’assetto delle fonti normative sia uno dei principali elementi che caratterizzano la forma di governo nel sistema costituzionale. Esso è correlato alla tutela dei valori e diritti fondamentali. Negli Stati che si ispirano al principio della separazione dei poteri e della soggezione della giurisdizione e dell’amministrazione alla legge, l’adozione delle norme primarie spetta all’organo il cui potere deriva direttamente dal

408

Vale la pena soffermarsi sulla portata del cambiamento introdotto da parte della legge 140/2004. nel testo del decreto-legge il punto che ci interessa si presentava come segue:” al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modifiche: a) all’art. 58, comma 1, lett. b, dopo il numero “314” sono aggiunte le parole “primo comma”.” Ora veniva aggiunta, in sede di conversione, il seguente enunciato: “ per chiarire e definire i presupposti e le condizioni rilevanti per il mantenimento delle cariche pubbliche ai fini dell’ordine e della sicurezza pubbliche, all’art. 58, comma 1, lett. b, dopo il numero “314” sono aggiunte le parole “primo comma.”

409

Cfr Corte Cost. sent. 171/2007, cit., punto 1 in fatto.

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popolo.”411 Il ribadire la centralità del Parlamento nella produzione legislativa consente di comprendere, che l’elemento della “straordinarietà”, compreso tra i presupposti giustificativi del decreto-legge, esprime giuridicamente l’eccezionalità del percorso legislativo contemplato dall’art. 77 Cost., il cui uso è giustificato dal dover fronteggiare situazioni di fatto emergenziali e dal dover legiferare con rapidità ed efficacia, nel rispetto dei requisiti costituzionalmente richiesti. Questa impostazione è confermata dalla stessa Corte quando dice che “in determinate situazioni o per particolari materie, attesi i tempi tecnici che il normale svolgimento della funzione legislativa comporta, o in considerazione della complessità della disciplina di alcuni settori, l’intervento del legislatore può essere posticipato”412. E’ una affermazione importante, che spinge a dare una precisa rilevanza ai presupposti giustificativi, e specie in questo passaggio, alla “straordinarietà”, e a sottolineare che il sistematico mancato rispetto del comma 2 dell’art. 77 della Costituzione comporta una alterazione degli equilibri istituzionali con conseguenze talmente importanti da modificare indirettamente le tutele predisposte dall’ordinamento per i valori e i diritti fondamentali. Il secondo punto rilevante consiste nella precisazione da parte della Corte del proprio ruolo che è quello di “preservare l’assetto delle fonti normative e, con esso, il rispetto dei valori a tutela dei quali tale compito è predisposto”, senza sostituirsi o sovrapporsi “a quello iniziale del Governo e a quello successivo del Parlamento in sede di conversione”. L’elasticità della formula costituzionale, infatti, consente il ricorso alla decretazione d’urgenza in un’ampia pluralità di situazioni ma questo non significa far venire meno i principi costituzionali che regolano i rapporti tra le fonti in relazione alla forma di governo413. Questa precisazione vuole evidenziare come l’attribuzione del potere legislativo alle Camere, quali organi che direttamente rappresentano il corpo elettorale, conferisce necessariamente alla

411 Cfr Corte Cost. sent. 171/2007, cit, punto 3 in diritto. 412

Cfr Corte Cost. sent. 171/2007, cit, punto 3 in diritto.

413

Cfr SIMONCINI, Corte e concezione della forma di governo, in Corte costituzionale e

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decretazione d’urgenza una natura particolare. Strettamente legata ai rapporti tra le fonti, ed in particolare ai rapporti tra legge parlamentare e decreto-legge, si pone la specifica censura sollevata dal giudice a quo, con la quale viene denunciata la violazione del divieto, stabilito dal già più volte citato art. 15, comma 2, lett. b), della legge 400 del 1988, di disciplinare, mediante decreto- legge, la materia elettorale. La Corte costituzionale non si pronuncia espressamente sulla questione, cosa che avrebbe comportato, come si preciserà meglio più avanti, una presa di posizione riguardo la possibile interpretazione della legge 400 quale norma interposta, tuttavia esclude che la materia possa rifarsi a quella dell’ordine pubblico e della sicurezza, affermando che “la determinazione delle cause di incandidabilità e di incompatibilità attiene alla materia elettorale”414. Il terzo punto sottolinea la