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Occorre quindi ricostruire brevemente i caratteri delle legge per poterla distinguere111dagli altri atti che stanno sul suo medesimo piano gerarchico. L’alterazione del sistema e la mancanza di razionalizzazione tra le varie fonti del diritto hanno fatto perdere le caratteristiche che deve connotare la legge prodotta mediante il procedimento parlamentare, restituendole anche la sua dimensione storica. Già i principi ispiratori della Rivoluzione francese consentivano la limitazione dei diritti individuali unicamente mediante la legge come “espressione della volontà generale”, secondo il disposto dell’art. 6 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, oppure mediante la decisione individualizzante del giudice112. Se la legge è davvero espressione della volontà generale, allora dovrà avere anche un carattere generale, e, in questo senso, la legge è tale a condizione che sia rivolta alla generalità e rechi un contenuto astratto. In un contesto caratterizzato dalla generalità ed astrattezza della legge, al potere esecutivo spettano solo atti particolari che non rientrano nella competenza della legge, con una netta separazione degli ambiti di intervento. Si sottolinea dunque il concetto che la legge generale ed astratta è l’espressione della sovranità della nazione, antitetica al particolarismo113.

111

Cfr SPUNTARELLI, L’amministrazione per legge, Milano, 2007, pag. 73, dove si ricorda che “nell’area continentale europea la tradizione del volontarismo esalta la volontà dell’autorità quale fonte degli atti giuridici e contribuisce all’affermazione nello Stato assoluto del concetto di legge quale voluntas del sovrano; quest’ultima è norma e giurisdizione. Inoltre, il potere del sovrano viene giustificato in virtù della finzione della volontaria scelta da parte dei consociati di affidare al potere politico, di natura artificiale, la propria sicurezza, non per

consenso – come nel pensiero di Locke- ma sulla base di un patto o contratto”.

112

Cfr ROUSSEAU, Il contratto sociale, Milano, 2001, Libro II, cap. 74, il quale afferma che “la volontà è generale o non esiste: essa è quella del corpo del popolo o non esiste: essa è quella del corpo del popolo o solamente una parte. Nel primo caso questa volontà dichiarata è un vero e proprio atto di sovranità e fa legge, nel secondo è soltanto una volontà particolare o un atto della magistratura; tutt’al più può essere un decreto”.

113

Cfr AMORTH, Dallo Stato assoluto allo Stato costituzionale, (1948), ora in Scritti giuridici,

1940-1948, vol. II, Milano, 1999, pag. 1010, il quale rileva che il principio della sovranità

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Dall’affermazione di questa prospettiva emerge che l’azione concreta dello Stato deve essere preceduta da prescrizioni di ordine generale ed astratto, alle quali è tenuta a conformarsi. Uno dei pilastri dello Stato di diritto consiste proprio nel fatto che non può esserci una pena, un tributo o un altro onere qualsiasi fissato individualmente secondo il capriccio del momento di colui che detiene il potere. Sono infatti le norme generali che pongono in astratto i casi in cui ognuno è sottoposto a determinati obblighi, in modo che ciascuno abbia la garanzia che soltanto se si trova in quelle condizioni gli sarà richiesto l’adempimento di quell’obbligo, e che il medesimo adempimento sarà dovuto da parte di tutti coloro che verranno a trovarsi nella stessa situazione114. Si respinge, nell’ottica del presente lavoro, la teoria della legge in senso solo formale, la quale qualifica l’atto legislativo sulla base di criteri formali, come la deliberazione da parte dell’organo titolare della funzione legislativa di una atto predisposto attraverso il procedimento legislativo e avente forma di legge, anche se a contenuto sostanzialmente particolare; si vuole pertanto riaffermare il principio per cui solo un atto con forma di legge, o l’atto dell’Esecutivo a seguito di delega, può recare una norma giuridica dotata di generalità, astrattezza, innovatività al preesistente ordinamento, all’interno di un contesto di equiparazione tra normazione e legislazione115. Non può essere ritenuto

all’ordinamento dello Stato costituzionale. Esso “segna il passaggio dall’appartenenza del potere politico dalla Dinastia alla Nazione e, per essa, in concreto, alla sua rappresentanza” e “va messo in relazione con quella enunciazione della dichiarazione dei diritti che definisce la legge come “espressione della volontà generale” (articolo sesto)”.

114

Cfr BALLADORE PALLIERI, Appunti sulla divisione dei poteri nella vigente Costituzione

italiana, in Riv. trim. dir. Pubbl., 1952, pag. 816.

115

Cfr CRISAFULLI, Atto normativo, cit., pag. 239, il quale rileva che “nel quadro della tradizionale concezione statualistica del diritto, e identificandosi la norma giuridica con la norma posta, direttamente o indirettamente dallo Stato, la figura dell’atto normativo” trova “dapprima origine nella elaborazione dottrinale della figura della legge: di quell’atto dello Stato, cioè, che fuori di ogni dubbio ed a prima vista, si presenta, modernamente, come diretto a costituirne l’ordinamento, a dettare il sistema regolatore della condotta dei consociati, a definire e garantire le libertà individuali, e quindi come fonte del diritto, quasi per antonomasia”. Cfr MODUGNO, Legge (Diritto costituzionale), cit., pag. 890, il quale afferma che “la funzione legislativa era sinonimo di funzione normativa, ossia della identificazione di legislazione e normazione, contrapposta all’esecuzione o amministrazione, propria e riservata al cosiddetto potere esecutivo, la legge sostanziale comprendeva qualsiasi atto di contenuto normativo, accomunando, sotto il profilo sostanziale, leggi e regolamenti. Essa […] rappresentava cioè la più evidente delle deroghe ad una rigorosa

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requisito della legge un comando emanato dagli organi legislativi ma non riferito ad una classe di comportamenti, non configurante, quindi, una tipicità astratta di essi. La generalità, nel momento stesso in cui è considerata condizione della certezza del diritto, è giudicata fondamento delle garanzie di tutela dei diritti che dalla legge si attendono. Come fonte principale del diritto oggettivo, la legge deve distinguersi dalle altre fonti come pronuncia solenne di una proposizione giuridica compiuta da organi a ciò destinati e in forme predeterminate. In tal modo, essa si mostra come il più elaborato prodotto della riflessione giuridica e manifesta, al massimo livello, i caratteri del diritto116, evidenziandone l’astrattezza, che da un lato conferisce alla legge rigidità e una complessa applicazione alla realtà storica, e dall’altro le attribuisce certezza117.

Questa impostazione con l’avvento dello Stato sociale e l’espansione dell’intervento pubblico nell’economia ha perso consistenza, producendo profonde alterazioni tanto nei rapporti tra Stato e società quanto nei meccanismi di produzione e regolazione normativa. La legge ha assunto un ruolo sempre più legato ad una funzione attributiva e regolativa di risorse economiche, compito incompatibile con la generalità ed astrattezza, fino a confondersi con l’amministrazione concreta delle esigenze dei consociati118.

separazione delle funzioni”. Cfr JELLINEK, Legge e decreto, a cura di Forte, Milano, 1997, pag. 206, dove si sottolinea che “leggi nel senso dell’ordinamento costituzionale sono quegli atti di volontà di uno Stato che il Governo, a seconda della forma di Stato, o non può affatto porre in essere ovvero lo può non senza la partecipazione di organi diretti costituzionalmente determinati. Nella repubblica costituzionale di oggi il Governo, con l’eccezione del diritto di iniziativa, non ha affatto una partecipazione positiva alla legislazione, che poggia piuttosto, a seconda del diritto e del suo esercizio, sulle Camere o sugli altri organi diretti dello Stato”.

116

Cfr BILANCIA, La crisi dell’ordinamento giuridico dello Stato rappresentativo”, cit. pag. 324, il quale afferma che “tra i criteri sostanziali di identificazione degli atti normativi, infatti, la generalità ed astrattezza finiranno con l’occupare un posto di primo piano, proprio in virtù della loro valenza politica, per il fatto cioè di disporre in modo eguale per tutti e di garantire il rispetto di criteri oggettivi di razionalità e giustizia. La centralità della legge nel sistema politico, pertanto, ha condizionato –già prima dell’ingresso sulla scena politica delle costituzioni rigide- la sua sovranità in materia di produzione normativa”.

117 Cfr FASSO’, Legge, cit., pag. 793. 118

Cfr FONTANA, Crisi della legge e negoziazione legislativa nella transizione istituzionale

italiana, in Trasformazioni della funzione legislativa, II, Crisi della legge e sistema delle fonti,

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Settori della società civile penetrano nello Stato, rivendicando riconoscimenti economici e normativi perseguiti mediante procedimenti negoziali di decisione legislativa; in questo modo è proprio tale tendenza corporativa a favorire la frammentazione e la personalizzazione della legge, provocando la sua sostanziale riduzione a provvedimento119. La funzione originaria e tradizionale della legge parlamentare come garanzia delle libertà individuali ha ceduto il passo a favore di una legislazione settoriale120, dalla prospettiva limitata, unicamente predisposta ad occuparsi della situazione contingente, ma priva di un disegno generale e di ampio respiro121. Il fenomeno della negoziazione legislativa, pertanto, oltre a provocare la perdita della generalità, dell’astrattezza e della sovranità della legge, ridimensiona il ruolo delle Camere, le quali, rinunciando a disciplinare determinati rapporti sociali, finiscono per accettare la forte attenuazione del carattere imperativo delle proprie determinazioni legislative a vantaggio di nuovi modelli di decisione di tipo consensuali, procedurali e riflessivi.

Per ovviare a queste situazioni degenerative va nuovamente posta l’attenzione sulla struttura della norma che si evidenzia nello studio dei caratteri della prescrizione giuridica. Si ricordi quanto la dottrina classica ha sostenuto sul concetto di norma intesa come giudizio di dovere, dove “il senso in cui la proposizione giuridica unisce una fattispecie come condizione con l’altra come conseguenza giuridica” è il dovere122. Il comando generale non

119

Cfr CAPOTOSTI, Concertazione e riforma dello stato sociale, in Quad. cost., 1999, pag. 485.

120

Cfr LIPARI, La formazione negoziale del diritto, in Rivista di diritto civile, 4/1987, pag. 312, dove si sostiene che “nel momento in cui lo stato sociale, superando l’originaria tendenza compensativa verso le categorie più emarginate e sfruttate, si è venuto trasformando in Stato erogatore universale di garanzie economiche e di sicurezze esistenziali, il meccanismo ha inevitabilmente incentivato la spinta rivendicativa dei gruppi forti o meglio organizzati, anche in funzione della loro rilevanza politica, ed ha comunque indotto un effetto di moltiplicatore nei modi di produzione delle regole assunte come formale strumento di garanzia delle nuove conquiste”.

121

Cfr BOBBIO, Dalla struttura alla funzione, Milano, 1977, pag. 108.

122 Cfr KELSEN, Problemi fondamentali della dottrina del diritto pubblico, a cura di Carrino,

Napoli, 1991, pag. 12, il quale afferma che “la norma, come giudizio di dovere si contrappone alla legge naturale” e, ivi pag. 15, l’imputazione è “la legalità specifica del diritto […] il legame esistente tra gli elementi racchiusi all’interno della proposizione

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concerne una pluralità di persone o di azioni, determinato o determinabile, ma riguarda un ambito di persone o azioni indeterminato o indeterminabile123. L’elemento essenziale della legge consiste, dunque, nella novità del precetto, nell’effetto innovativo che questo produce, determinando una modificazione delle condizioni giuridiche esistenti, in quanto regola i rapporti in esse contemplati; siamo dinanzi ad un atto creativo di nuovo diritto nei confronti di una universalità di soggetti e di situazioni, in grado di far sorgere diritti ed obblighi che in precedenza non sussistevano, costituendo l’ordinamento giuridico dello Stato. Il criterio della novità124 della legge va compreso se si considera la relazione intercorrente tra l’effetto e il contenuto precettivo della legge, nell’ottica di una considerazione dinamica del sistema giuridico; si richiede, infatti, che l’effetto precettivo che ne deriva trovi nella legge la sua preventiva determinazione, in modo che sia dalla legge stessa costituito, previsto e disposto. In tal senso, la novità, intesa come costitutività della fattispecie, e la generalità, compresa come ripetitibilità, insieme concorrono ad integrare la nozione di disporre, in contrapposizione al provvedere. Nel campo del diritto, la generalità della norma risponde ad esigenze di certezza e di giustizia sostanziale125. Secondo questa impostazione, la generalità va posta in relazione con l’efficacia costitutiva dell’ordinamento dello Stato, attribuita specificamente alla legge parlamentare così da rappresentare un riflesso

giuridica […] quel legame che viene posto grammaticalmente dal “deve””. In tal senso, ivi, pag. 12, “nella proposizione giuridica ad una determinata condizione viene ricollegata una determinata conseguenza”.

123

Cfr DONATI, I caratteri della legge in senso materiale, in Riv. trim. dir. Pubbl. 1910, pag. 299.

124

Cfr CRISAFULLI, Atto normativo, cit., pag. 243.

125

Cfr RIMOLI, Certezza del diritto e moltiplicazione delle fonti: spunti per un’analisi, in

Trasformazioni della funzione legislativa, II, Crisi della legge e sistema delle fonti, a cura di

F.Modugno, Milano, 2001, pag. 80, il quale afferma che “la certezza dei rapporti giuridici, dunque, ancor prima che la certezza (o la chiarezza, ad essa strumentale) delle norme, costituisce esigenza primaria della vita sociale. E tuttavia, il ruolo di stabilizzazione delle aspettative di comportamento cui il diritto in via di medium intersistemico deve assolvere non potrebbe ritenersi realizzato allorchè fosse, per ipotesi, conseguita una totale prevedibilità delle decisioni assunte, e, con questa, la completa assimilazione tra legge giuridica e legge di casusalità.”

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dell’oggettività dell’ordinamento stesso, il quale, nel suo insieme ed in ogni sua parte, si impone indistintamente a tutti i soggetti che vi sono compresi. Per quanto concerne l’astrattezza, essa va intesa nel senso di essere “astraente da tutto ciò che costituisce l’individualità, irriducibile a tipo, di ogni manifestazione di attività”126, è sempre distaccata dall’azione che concretamente la realizza; si configura, dunque, come un precetto posto in ipotesi, in ordine a un caso possibile, anziché in ordine a un caso esistente. Questa impostazione, secondo autorevole dottrina127, ha il pregio di rivelare la risoluzione dell’astrattezza nella generalità che rappresenta il punto centrale della questione: l’astrattezza come riferibilità della norma ad una classe di azioni conformi ad un tipo.

Viceversa, disposizioni temporanee ed eccezionali, come quelle che dovrebbero contraddistinguere la natura provvedimentale della decretazione d’urgenza, rivolte a fronteggiare esigenze contingenti, prive di generalità , pur concorrendo a costituire il sistema del diritto statale, mantengono, all’interno di questo, una propria specifica individualità originaria e restano, pertanto, legate ai presupposti di fatto che ne determinano l’emanazione.

126

CAMMARATA, Limiti tra formalismo e dommatica, Catania, 1936, pag. 36.

127

Cfr CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, Roma, 1951, pag. 42, il quale sostiene che “poiché il precetto concreto non si pone se non per quel caso, che esiste ed esistendo ne provoca la posizione, si dice anche “specifico” o “speciale”; poiché, d’altra parte, il precetto astratto si pone per ogni caso, il quale sia conforme all’ipotesi (…), si dice anche precetto “generico” o “generale””.

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3-LEGIS LATIO, LEGIS EXECUTIO ED AMMINISTRAZIONE