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4-LA DISTINZIONE DELLA FUNZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA NELLA COSTITUZIONE

Si è finora evidenziato quanto sia concreto il rischio di una rottura, poi difficilmente ricomponibile, dell’unità del sistema delle fonti; si nota, infatti, che ormai si va smarrendo la stessa natura di atto normativo in quanto tale, non più collocabile nello spettro delle categorie del disporre e del

provvedere136. Occorre, quindi, ripartire dalla Costituzione per rimarcare la distinzione tra la funzione legislativa e quella amministrativa, quale principio affermatosi nella cultura giuridica in chiave garantista, la quale pone come ineliminabile la considerazione che amministrazione e legislazione sono tenute distinte sulla base del concetto fondamentale per cui “l’azione dello Stato debba essere preceduta da statuizioni di ordine astratto e generale, e

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debba a queste conformarsi”137. Il testo costituzionale sottolinea la distinzione organica tra potere legislativo ed esecutivo-amministrativo, e questo è testimoniato dall’articolazione prevista dagli artt. 70 e seguenti, da un lato, e dagli artt. 92 e 97, dall’altro. Emerge quindi una competenza generale del potere legislativo a disciplinare le modalità e gli spazi di intervento del potere amministrativo, ma senza entrare nel dettaglio di una attività che è riservata all’organo esecutivo; in questo modo, il potere legislativo non è tenuto a prendere provvedimenti in qualunque campo a tal punto da consentirgli di esercitare anche la funzione amministrativa. Nel corso della prassi repubblicana, si è invece assistito ad un rovesciamento della prospettiva, fino a svilupparsi una progressiva confusione di ruoli tra il Parlamento che intende allargare il proprio intervento sull’amministrazione, in modo diretto tramite il fenomeno delle leggi-provvedimento, e il Governo che aumenta il ricorso alla decretazione d’urgenza138. Il problema dell’estensione di queste due diverse funzioni risulta centrale non solo per il corretto articolarsi del sistema delle fonti ma anche per il mantenimento di un adeguato equilibrio della forma di governo. Risulta, dunque, necessario rifarsi a quella parte del pensiero giuridico139 che vede nel rapporto tra legislativo ed esecutivo una subordinazione dell’amministrazione alla legge in modo che sia l’attività amministrativa stessa a trovare nella legge il proprio fondamento e limite. Una corretta relazione tra legislazione ed amministrazione ha bisogno di ritornare a porre al centro tematiche classiche, quali il principio di legalità140,

137

Cfr BALLADORE PALLIERI, Appunti sulla divisione dei poteri nella vigente Costituzione

italiana, in Riv. trim. dir. Pubbl., 1952, pag. 815, il quale prosegue affermando che “uno dei

pilastri del moderno Stato di diritto è senza dubbio questo: che non vi sia una pena, un tributo, un onere qualsiasi fissato individualmente per me o per altro cittadino secondo il capriccio del momento di colui che ha il compito di imporlo”.

138

Cfr RUFFILLI, Il governo parlamentare nell’Italia repubblicana dopo quarant’anni, in Dir. e

Soc., 1987, pag. 239.

139

Cfr GUASTINI, Legalità (principio di), in Dig. Disc. Pubbl., vol. IX, Torino, pag. 87; cfr RANELLETTI, Principi di diritto amministrativo, I, Napoli, 1912, pag. 269; cfr SATTA, Principio

di legalità e pubblica amministrazione nello Stato democratico, Padova, 1969, pag. 101; cfr

BASSI, Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti, Milano, 2001, pag. 105.

140

Cfr SPUNTARELLI, L’amministrazione per legge, Milano, 2007, pag. 105, dove si sottolinea che “in particolare, dalla regola per cui la validità dell’esercizio del potere si misura sulla

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la divisione dei poteri, la riserva di legge e la generalità ed astrattezza della legge parlamentare. Secondo questa impostazione, tra ciò che si prevede in via generale e ciò che si cura in concreto si instaura un rapporto che ha il suo punto di equilibrio nella garanzia che la costituzione, modificazione ed estinzione di situazioni giuridiche soggettive avvenga nello specifico grazie all’opera di un organo di esecuzione che proceda alla verifica della ricorrenza dei presupposti di applicazione della previsione legislativa alla situazione data, in modo da ottenere la raffrontabilità del provvedimento concreto rispetto alla previsione astratta che ne regola le modalità di adozione ed esercizio. Questa definizione è utile e va considerata nella presente ricerca, perché proprio su questa si basa il tentativo di evidenziare e dimostrare il carattere provvedimentale della decretazione d’urgenza.

L’impostazione qui affermata consente di ricollocare la legge formale nella sua dimensione consona, intendendola quale ratio, ordine, struttura razionale e coerente, alla quale il potere amministrativo deve ricondurre le proprie manifestazioni particolari141. Lo Stato ha mezzi specifici per intervenire in settori particolari della vita economica e sociale, e questi strumenti sono dati all’interno della sua attività amministrativa, idonei a regolare situazioni precise e circoscritte, riservando alla legge il compito di perseguire interessi unitari. Proprio sulla base di quanto riportato può affermarsi che è il sistema normativo, quale delineato dalla Carta costituzionale, a stabilire oggetto e confini tra legislazione ed amministrazione, e non la prassi, la realtà istituzionale o l’interpretazione giuridica. Le norme costituzionali sull’imparzialità e sulla responsabilità amministrativa assegnano all’amministrazione un ruolo tale da far sì che il legame istaurato tra attività amministrativa ed ordinamento generale permetta che la prima realizzi il

legge deriva il principio di preferenza di legge che progressivamente assoggetta le manifestazioni di volontà del potere pubblico al principio di legalità”.

141

Cfr GUASTINI, Legalità (principio di), cit., pag. 85, il quale rileva che “generalmente parlando, “legalità” significa conformità alla legge. Si dice “principio di legalità” quel principio in virtù del quale “i pubblici poteri sono soggetti alla legge”, di tal che ogni loro atto deve essere conforme alla legge, a pena di invalidità. Detto altrimenti: è invalido ogni atto dei pubblici poteri che non sia conforme alla legge”.

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secondo142. Inoltre, la Costituzione pone una attenzione evidente per la collettività, e in questo senso l’amministrare è uno degli strumenti della democrazia e dell’esercizio della sovranità popolare “nelle forme e nei limiti della Costituzione”143; pertanto, nello stesso momento in cui la Carta costituzionale impone compiti da realizzare riempie l’esercizio delle funzioni pubbliche di contenuti che diventano la misura della legittimità e della responsabilità del loro esercizio144. La disciplina di queste funzioni pubbliche è rimessa alla legge, che ordina l’attività amministrativa proprio grazie alla sua supremazia su qualsivoglia altro atto dell’ordinamento in quanto essa è riferibile alla volontà popolare mediante l’istituto della rappresentanza. A questo va aggiunto il ruolo peculiare che il Governo assume nell’esperienza del cosiddetto “Stato sociale” dove è richiesto un ripensamento delle forme attraverso le quali si esercitano i poteri normativi e si svolge l’intera attività politica statale145. Se si pone attenzione alle più rilevanti novità che contraddistinguono gli atti con forza di legge si può osservare che i cambiamenti importanti riguardano i contenuti e gli oggetti assunti dal

142 Cfr MARONGIU, Funzione amministrativa e ordinamento democratico, (1992), ora in La

democrazia come problema, I. Diritto, amministrazione ed economia, tomo II, Bologna, 1994,

pag. 461, il quale afferma che il legame diretto è istaurato “per il tramite di una situazione doverosa che rende l’intera attività amministrativa, in quanto tale, nel suo nucleo costitutivo, funzione dell’ordinamento generale”; inoltre l’Autore sostiene che “il punto dirimente rispetto alla spiegazione tradizionale è costituito dal fatto che l’amministrazione, prima di appartenere, di essere parte di un ordinamento parziale, appartiene, per così dire, all’ordinamento giuridico generale, proprio in quanto funzione, essenziale ai fini del pieno dispiegarsi e realizzarsi dell’ordinamento stesso”. Quindi, il rapporto con la direzione politica “non è un rapporto di dipendenza privo di una sua qualificazione”, ma si tratta di un rapporto che raccorda la funzione amministrativa alla funzione di governo che necessita di una “reciproca autonomia e di una specifica diversità funzionale”.

143

Cfr ALLEGRETTI, Pubblica amministrazione e ordinamento democratico, in Foro it., 1984, V, pag. 205.

144

Cfr ALLEGRETTI, Amministrazione pubblica e costituzione, Padova, 1996, pag. 20, il quale rileva che “costituzionale vuol dire ciò che è essenziale all’essere di un certo ordinamento e della vita associata di cui esso è la espressione giuridica, e ciò che è essenziale non è dato solo dall’organizzazione di vertice, dalle istituzioni di governo, né inoltre solo dai diritti e dalla situazioni soggettive fondamentali, ma anche da tutto quell’insieme di istituzioni e di funzioni che interessano i problemi vitali dell’uomo, la soddisfazione quotidiana dei bisogni”.

145 Cfr BARCELLONA, Dallo Stato sociale allo Stato immaginario, Torino, 1994, pag. 207

secondo il quale “le modificazioni connesse all’intervento pubblico e all’attribuzione allo Stato di compiti di regolazione del ciclo economico hanno inciso profondamente sulla funzione dell’attività legislativa.”

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decreto-legge. Mediante questo strumento, e sfruttando la ormai cronica situazione di instabilità economica, si cercano di introdurre, almeno teoricamente, effetti più immediati e concreti nella redistribuzione del reddito e nell’attribuzione di risorse. Interventi di questo genere operati dall’Esecutivo evidenziano la problematica compatibilità tra Stato di diritto e Stato sociale146, dove emerge la questione della socialità posta in termini di una “ripartizione regolata dallo Stato, il quale corregge il meccanismo di ripartizione dei rapporti sociali a favore di determinate persone o gruppi di persone”147. In un tale contesto di delicato equilibrio di logica economica, la combinazione tra Stato di diritto e Stato sociale induce il Governo ad operare direttamente, mediante piani di ripartizione e di composizione degli interessi in contrasto adottati con il ricorso alla decretazione d’urgenza. Gli obiettivi che di volta in volta il Governo si pone se da un lato possono connotarsi per la loro natura concreta dall’altro pongono alcuni interrogativi non marginali: è infatti discutibile che misure di ampio respiro, atte ad incidere stabilmente nell’ordinamento, introducendo regole di comportamento sulla cui base i singoli poi saranno tenuti a modificare le proprie ricchezze, intenzioni e capacità, possano venire disciplinate dalla decretazione d’urgenza, ossia da uno strumento, per sua stessa definizione, provvisorio. Ancora una volta, e a maggior ragione in situazioni di emergenza economica, l’intervento governativo nell’ambito dello Stato sociale dovrebbe attenersi a limiti precisi, e l’eventuale disuguaglianza di fatto che ne dovesse derivare deve mantenere, come suo presupposto imprescindibile, l’intento di ristabilire, quanto più possibile, equilibri violati e pacificare conflitti sociali per sopperire, in un

146

Cfr FORSTHOFF, Concetto e natura dello stato sociale di diritto, ora in Stato di diritto in

trasformazione, a cura di Amirante, Milano, 1973, pag. 40, dove l’autore rileva che “per

rispondere a questo interrogativo occorre tener presente che –per dirla in modo elementare- un mezzo Stato di diritto ed un mezzo Stato sociale non fanno uno Stato sociale di diritto. Con ciò intendiamo dire: non esiste nessuna soluzione di compromesso che possa realizzarsi in modo da minimizzare gli ostacoli da una parte e dall’altra. Si tratta piuttosto di considerare lo Stato di diritto nel suo pieno rigore e di controllare, sulla base dei suoi concetti, forme ed istituti, se ed in che misura esso si accordi con le esigenze ed i contenuti dello Stato sociale e conseguentemente possa accoglierli”.

147

Cfr FORSTHOFF, La Repubblica federale tedesca come stato di diritto e stato sociale, in

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contesto circoscritto, ad incapacità o ritardi o assenze che la situazione di straordinaria necessità ha reso ineludibili. Si profila dunque l’idea che il ricorso all’emanazione di decreti-legge, pur lasciandosi definire come un effetto o una concretizzazione dello Stato sociale, non è soltanto una conseguenza di quest’ultimo, e ne è testimone il fatto che i decreti-legge continuano ad essere emanati anche nel contesto odierno di crisi dello Stato sociale148.

Gli argomenti sopra esposti sottolineano il tema di fondo di questo studio: continuare a considerare la sistematicità delle fonti149 un elemento essenziale della certezza del diritto in modo tale che ogni variazione delle fonti deve essere riconducibile al sistema mediante interpretazioni certe e stabili150.