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Le Cascine Medicee di Tavola

Nel documento L'Ombrone pistoiese, il fiume che non c'è (pagine 100-104)

Le Cascine Medicee di Tavola si inseriscono oggi nella piana pratese a sud della città in un’area che in passato aveva carattere alluvionale-paludoso perché soggetta alle continue inondazioni del fiume Ombrone. Esse furono volute da Lorenzo il Magnifico il quale, già dal momento in cui acquistò la Villa, immaginò un progetto per creare un grande podere agricolo che sarebbe divenuto il centro motore dell’organizzazione aziendale, un modello esemplare per impostazione e produttività. Per attuare questo disegno Lorenzo, intorno al 1479, dette inizio a importanti e indispensabili opere di bonifica di queste terre pianeggianti in concomitanza con i lavori per la nuova Villa del Poggio a Caiano. In primo luogo vennero rinforzati gli argini dell’Ombrone, soggetto fin dai tempi remoti a esondazioni che allagavano continuamente le terre circostanti la Villa e l’adiacente pianura delle Cascine che era più bassa del suo letto. In seguito furono attuate opere di escavazione di tutta una serie di canali per gestire le acque nei prati e negli appoderamenti dei possedimenti medicei; tale canalizzazione subentrò al consolidato sistema idraulico medievale ordinato già a partire dal XII secolo dal libero comune di Prato.16

A partire dal 1477 sotto il dominio della famiglia Medici, iniziarono i lavori di costru- zione della Cascina che doveva essere circondata da un largo canale sui tre lati sul quale si affacciava l’edificio con la sua forma a U, mentre quattro torrette, le tipiche piccionaie, erano collocate ai quattro angoli della costruzione. Tale costruzione è stata concepita secondo criteri di geometria e simmetria con gli stessi princìpi che regolarono la realizzazione della Villa; con lo scopo di ricreare una fattoria antica, Lorenzo realizzò un’architettura che associava la funzionalità alla visione principesca della vita rurale.

Nei primi decenni del XVII secolo le Cascine raggiunsero la loro massima estensione territoriale. Nei terreni circostanti la fattoria si aggiunsero nuove costruzioni, nacquero i primi poderi come quello del Noce, della Fornace e dell’Orto in prossimità della strada Maestra pratese, che da Poggio a Caiano conduce a Prato. Nella zona pianeggiante di Tavola a est delle terre della Tenuta, si estendevano le risaie dalle geometrie regolari che ben disegnavano la geografia del luogo. Insieme a queste nacquero i poderi del Pasco e del Pinzale attrezzati quasi esclusivamente per la coltura del riso. Il riso veniva trebbiato all’interno di un capanno- ne poligonale in muratura col tetto a padiglione (oggi scomparso). Il riso poi trasportato alla Cascina, attraversando lo “stradone che dalle risaie va alle cascine”, veniva brillato nell’edifi- cio del brillatoio costruito dirimpetto a questa. Le risaie erano una delle produzioni agricole più redditizie per l’economia dell’intera tenuta, e lo restarono fino ai primi anni dell’Otto- cento. Furono un’idea del Granduca Francesco I de’ Medici17, uomo di scienza con interessi volti anche alla botanica.

Negli anni del governo degli ultimi eredi della famiglia dei Medici prevalsero le attività di svago su quelle produttive e la Tenuta perse parte del suo originario indirizzo utilitaristico. Gli appezzamenti di terreno che si trovano oggi a ovest della Tenuta sulla strada pratese erano coltivati prevalentemente a foraggio, attività agricola che dimostra come l’attività principale fosse l’allevamento del bestiame per la produzione di latte che veniva trasformato all’interno della Cascina per produrre il formaggio18. Il corpo centrale della Cascina era caratterizzato invece dalla vasca rettangolare interna chiamata “pantiera” e dal fossato circostante. All’inter- no di questi specchi d’acqua si allevava il pesce; molto sviluppata era infatti anche l’attività dell’itticoltura19. Le vaste “prata” delle Polline e di Pantano erano attraversate dai due stradoni principali: lo Stradone dè Barberi e lo Stradone del Caciaio. Inoltre erano circondate da due fasce boscate, le cosiddette “ragnaie”, che insieme alle Pavoniere ed al Bosco della Pantiera, costituivano uno dei principali luoghi di svago per i regnanti. I luoghi destinati alla caccia e agli svaghi della corte erano le fasce boscate ai margini della tenuta,le ragnaie, e il recinto del-

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le Pavoniere. Quest’ultimo costituiva il nucleo centrale delle “delizie” del principe e della sua corte; al suo interno erano infatti allevati non solo i daini ma anche i cavalli da corsa chiamati “barbere”20 .I daini però costituivano la maggiore attrazione, erano allevati nel “quartiere dei daini da razza” e venivano impiegati nella corsa che si svolgeva lungo il Canale che da questa prese il nome, attività che si protrasse almeno fino alla seconda metà del Settecento.

Il passaggio, a partire dal 1743, dei possedimenti a Francesco Stefano Duca di Lore- na fece sì che la gestione dell’azienda fosse impostata secondo logiche produttive razionali, tendenti a migliorare e potenziare le colture trascurate dalla cattiva gestione degli ultimi Medici. Sotto il regno di Pietro Leopoldo di Lorena, che subentrò al padre Francesco Stefano nel 1765, le Cascine raggiunsero il massimo della loro compiutezza produttiva addirittura superando le aspettative del fondatore Lorenzo dei Medici.

Verso la fine del XVIII secolo si realizzò infatti il disegno del suo fondatore: i campi erano tutti produttivi e coltivati, i prati popolati di bestiame al pascolo e il sistema delle cana- lizzazioni era efficiente e funzionale grazie anche ai continui lavori di manutenzione. La Ca- scina era invece una fabbrica indipendente dove avveniva la lavorazione della materia prima, il latte, trasformata in prodotto di consumo. Nelle Pavoniere c’erano ancora i daini neri e le “barbere” a dimostrazione del fatto che le attività di svago si collegavano con quelle produt-

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tive senza però sopraffarle e la coltivazione del riso era tra le più redditizie21. Purtroppo gli effetti dannosi delle risaie si fecero sentire, le acque stagnanti che le colmavano contribuirono alla diffusione della malaria. Il Granduca era da poco salito al trono di Toscana che dovette provvedere ai primi lavori di risanamento, limitati ad un intervento su alcune case abitate da contadini situate in aree basse e malsane della zona di Tavola. Le risaie furono soppresse a partire dal 1806.

Dal 1824 si insediò al governo di Toscana Leopoldo II e l’indirizzo zootecnico-case- ario e le coltivazioni foraggere sul quale furono impostate le Cascine venne ulteriormente incentivato. In questo periodo vennero introdotte nuove colture e nelle ampie aree nella piana di Tavola furono coltivati cereali e vigneti. A sud della Tenuta, tra il Fosso della Filimortola e le praterie sotto lo “stradone nuovo” fu realizzato l’Argin Grosso, venne innalzato allo scopo di difendere questi territori che per la loro posizione geografica erano più vulnerabili alle inondazioni. L’edificio della Cascina fu interessato a suo modo da modifiche ed abbellimenti iniziati sin dall’epoca di Ferdinando III. Nel 1817 fu costruito il pozzo esagonale. La vasca interna ricca di pesce detta “pantiera” venne interrata per costruirvi “un giardinetto in luogo della medesima”22; i lavori proseguirono nel 1819 con la costruzione di un “cancellato” che circoscriveva il giardino e si conclusero nel 1820. Tale giardino ospitò soprattutto piante di agrumi che nella stagione fredda venivano portate al riparo nello “stanzone degli agrumi” presso la Villa di Poggio a Caiano costruito da Pasquale Poccianti nel 1824. Interventi di manutenzione su fossi, scoli e canali, vennero attuati anche per renderli percorribili in bar- ca con un percorso che, snodandosi all’interno della Tenuta, partiva dalla Villa e giungeva fino alle Pavoniere. L’asse portante di questo tragitto era costituito dal Canale della Corsa mentre il culmine era rappresentato dal canale delle Pavoniere, la cui area fu trasformata in parco romantico a partire dal 1818. Il “Canale Navigabile” venne formato quindi per ordine del Granduca a partire dal 1824. L’ideale integrazione ai lavori che si susseguirono lungo il canale Navigabile fu rappresentata dall’ammodernamento e l’ampliamento della cosiddetta

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Darsena Meridionale era il punto di partenza o di arrivo per le passeggiate in barca, e data la sua struttura a bacino sembra proprio essere stata ideata per servire a tale scopo: accogliere le imbarcazioni che provenivano dalle Pavoniere percorrendo il Canale della Corsa.

A partire dal 1818 le Pavoniere diventarono un luogo di sperimentazioni dove, come in una sorta di “laboratorio”, si creavano stili e si anticipavano tendenze architettoniche. Que- sto valse anche per le sperimentazioni botaniche con l’impianto di vivai, le “pepiniere”, dove venivano coltivate le più svariate specie vegetali tra cui anche piante esotiche.

Dal 1818 fino al 1835 circa il parco si arricchì di manufatti e i suoi canali divennero non solo luoghi di pesca, ma anche vie d’acqua percorribili con barche custodite da persone appositamente incaricate. L’estrema cura dell’aspetto estetico dei luoghi, fino al più minuto particolare degli accessori dimostrano l’interesse dell’allora regnante Leopoldo II per la cul- tura del bello. A compimento della trasformazione venne costruita, a partire dal 1823, circa anche “una fabbrica situata all’ingresso presso il parco delle Pavoniere per mettere al riparo le carrozze dell’I. e R. Padrone”23. Qui il riferimento va alla Rimessa delle Barche,come oggi viene chiamata, o “Stanzone delle Carrozze”.

Il 1859 segnò la fine della gestione dei possedimenti da parte dei Lorena con l’esilio definitivo di Leopoldo II24 e l’avvento dei Savoia. Le Cascine, dopo l’unità d’Italia entrarono nei possessi della dinastia sabauda e non subirono sostanziali mutamenti nel loro assetto organizzativo e ambientale. In questo periodo furono numerosi i lavori di manutenzione eseguiti anche alle Pavoniere, che conservarono inalterato il loro aspetto romantico per tutto il XIX secolo. L’armonia, la simbiosi ed i delicati equilibri instauratisi tra le Cascine, la Villa e tutto il sistema ambientale circostante che tennero unite le due realtà per tutti questi secoli, vennero a mancare a partire dal 1919.

Infatti, con il Regio Decreto del 1919 n. 1892, la Villa di Poggio a Caiano e la sua tenuta vennero assegnate all’Opera Nazionale Combattenti, compresi i beni agrari, ovvero le Cascine, che da questo momento vennero separate dalla Villa perdendo per sempre il loro legame aulico con essa. Durante periodo della seconda guerra mondiale fino agli anni ‘50 le Cascine con tutti i terreni risultavano in stato di avanzato degrado, danneggiati dai bom- bardamenti aerei; in seguito, i mezzadri abbandonarono i vari appoderamenti per impiegarsi nell’industria tessile del comparto pratese, e i territori della tenuta posti a ovest, dove nei secoli passati si estendevano le fertili risaie, apparivano ormai distaccati dal nucleo centrale della Fattoria e isolati nella piana della zona di Tavola.

Fino 1966 l’azienda mantenne un indirizzo prevalentemente zootecnico con alleva- menti bovini da carne, ma nel novembre dello stesso anno l’alluvione decimò il numero di capi. Con i primi anni ’80 ebbe inizio la disgregazione fisica dei terreni delle Cascine. Nel 1980 la tenuta venne acquistata dalla società privata Agrifina; una porzione di terreni fu alie- nata al Comune di Prato e un’altra parte alla società Montemorello.

Negli anni ’90 cominciarono i lavori per adattare i terreni alla loro nuova destinazio- ne, snaturandone completamente l’antico assetto geometrico per lasciare il posto all’attività sportiva del Golf Club “le Pavoniere” e ad una nuova costruzione adiacente alla vecchia casa del podere San Leopoldo. Stessa sorte hanno subito i terreni posti a sud nelle ex “prata di Fon- daccio”, dove negli stessi anni l’attività del maneggio si è con troppa superficialità sostituita ai campi coltivati. La porzione rimasta al Comune di Prato, limitata al parco delle Pavoniere e al bosco-parco Canale della Corsa con parte dei prati delle Polline adiacenti il viale del Caciaio, è stata aperta al pubblico nel 1997, quando è stata recuperata anche la Casa del Caciaio sull’omonimo viale, diventata sede del presidio Slowfood e “centro di educazione al gusto”. Contemporaneamente sono stati messi in sicurezza gli edifici della Casa delle Polline e la Casa del Guardia nelle Pavoniere, con il rifacimento delle coperture.

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