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Il mito ritrovato

La grandiosa e splendida architettura della villa, innalzata come un immane mausoleo sopra un grande podio elevato sul terrapieno e protetto al piede dalle spesse cortine murarie risparmiate dalla demolizione del vecchio castello, unitamente all’amenità del luogo, mirabile alla vista dall’ampissima terrazza di rigiro, ispirarono al poeta umanista Lorenzo, la storia segreta di Ambra. Si generava così un nuovo mito, disvelando il mistero della nascita della ninfa materializzata nella bella villa che sfuggiva dalle straripanti acque dell’Ombrone. Il fiu- me, poco sotto quel poggetto, attraversava trasversalmente, da ovest ad est, la grande tenuta delle Cascine Medicee di Poggio a Caiano, dove il principe aveva allestito non solo la nuova dimora principesca ma anche, poco distante, al di là del fiume, l’elegantissimo complesso rurale della Fattoria.

Si realizzava in tal modo, nella visione onirica del Magnifico, una straordinaria sintesi

Uptat amconulputat ut lutpate te min henibh eugiam vullaor illamet ipit, sed euisNim ipisis nos aliqui blaore er sustie conse modolum

L’OMBRONE PISTOIESE, IL FIUME CHE NON C’È

Giuseppe Alberto Centauro

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estetica, artistica e letteraria della millenaria civiltà toscana, rendendo omaggio al fiume. La villa, oltre ad ospitare autentiche testimonianze archeologiche, fregi e bassorilievi allegorici d’ispirazione classica, fu finemente decorata e ornata in un compendio architettonico di ori- ginalissima fattura e di stupefacente effetto, con opere pittoriche dei maestri del Rinascimen- to: Pontormo, Franciabigio, Filippino Lippi, Alessandro Allori, Andrea del Sarto ed altri. In questo contesto, istoriata nella lunetta di destra del bellissimo Salone di Leone X, fu inserita l’allegoria mitologica con Vertumno e Pomona che assume il valore di una citazione delle ascendenze etrusche del luogo. Tuttavia fu con il poema Ambra, scritto di pugno dal principe, che si ebbe la vera consacrazione del genius loci.

La creazione di una leggenda mitologica dedicata all’amata villa, che personificava nel- le eleganti forme la trasfigurazione in pietra della ninfa Ambra, rendeva giustizia di un oblio secolare nei confronti di un luogo di particolare bellezza. Lo stesso struggente racconto della fuga della ninfa dalle brame del fiume Ombrone, qui immaginato come un amante, tanto bello quanto brutalmente minaccioso, accentuava la maestosità della scena.

Nelle prime pagine della composizione “l’epica descrizione della piena, ove i fiumi, mitologiche divinità, prorompono con la tremenda gioia distruggitrice delle forze naturali scatenate: l’infrangere le ripe, l’ingorgarsi e fremere e ribollire e, dopo il tumulto, il superbo incedere delle acque nella piana e i giochi pazzi dei pesci intorno alle rovine”68 si restituisce con grande spessore letterario il senso del “mito ritrovato” nel bene e nel male, rendendo ono- re, con realismo, alle acque del fiume per la fertilità apportata nella rigogliosa campagna, ma anche al lavoro dell’uomo per la devastazione scongiurata con le bonifiche.

Non meno incisivo del poema sarà secoli più tardi la volontà del Granduca Leopoldo II che, nel 1833, affidò ad Alessandro Manetti, coadiuvato nel calcolo dall’ing. Raffaello Si- vieri, la progettazione del primo ponte a funi della Toscana. Questo gioiello dell’ingegneria ottocentesca, distrutto dagli eventi bellici del secolo scorso, collegava le due sponde del fiume, consentendo l’allargamento del Parco Reale di Poggio a Caiano, compresa la Villa Ambra e la tenuta di Bonistallo, con i terreni della Bandita delle RR. Cascine di Tavola, ospitante la Fattoria di Lorenzo il Magnifico. L’opera, a sottolineare il permanere degli echi del mito lau- renziano, fu recensita con enfasi dallo stesso Repetti come una moderna “meraviglia dell’arte fusoria”, realizzata con il ferro dell’Elba lavorato nelle officine pistoiesi, grazie al trasporto reso possibile dal fiume. Per rinnovare quella presenza non resta che attendere l’attuazione del progetto per la ricostruzione del ponte, che potrebbe valorizzare la memoria di un archi- tettura eccellente e rinnovare il mito dell’Ombrone.

OMBRONE PISTOIESE

Un fiume nella storia

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Riflettendo sul periodo antecedente a quan- do i Greci ed i Romani iniziarono a scrivere la loro storia, occorre ammettere che le infor- mazioni di cui disponiamo risultano vaghe e gravemente insufficienti.

Soprattutto in riferimento alla cultura eneoli- tica, del bronzo e del primo ferro, pur avendo a disposizione molteplici evidenze e reperti, non riusciamo a dare sostanza e certezza circa una ricostruzione storica convincente. Fatta questa premessa, ho notato alcune interessanti coincidenze, dalle quali desumo che molti luoghi termali odierni, in particolare quelli con una più lunga tradizione, siano stati in origine luoghi sacri, luoghi di culto, spesso riferibili in origine alla religione della Madre Terra e della Dea Luna.

Un reperto, trovato a Chianciano, località termale nella Toscana meridionale, e visibile presso i Musei Vaticani, una mezza luna di bronzo appoggiata sulla parte convessa, e quindi somigliando alle corna del toro, riporta la seguente scritta: “Mi tiurs cathuni- iasul”, che l’archeologo De Palma traduce: “Io (sono) della luna di colei che appartiene al sole”.

La diade responsabile della vita e della creazione era composta dal sole e dalla luna, dove il primo era il cielo, la forza e il fulmi- ne, mentre la seconda era responsabile del mondo sotterraneo, delle fonti e della vita, che nasceva al femminile.

Nell’ansa di uno stupendo bucchero, ritro- vato a Gonfienti e proprio in questi giorni mostrato in televisione nazionale, la figura antropomorfa, a braccia e gambe aperte, sta in piedi sulle corna della luna; la diade viene così rappresentata all’origine e a misura della vita, addirittura con sembianze umane. In un altro bucchero, presentato conte- stualmente al precedente, la figura antro- pomorfa viene sostituita dal sole nascente, reso nell’espressione artistica sotto forma di palmetta, mentre l’elemento femminile sot-

tostante viene sostituito dal doppio labirinto, simbolo della capacità riproduttiva e del mistero della vita.

Era questa infatti l’essenza religiosa propria di una civiltà governata forse al femminile, ma- trilineare, dove l’equilibrio tra l’essere umano e la natura era perfettamente rispettato; dove l’uomo cacciava e la donna raccoglieva frutti dei campi e pensava ai figli.

Le sciamane e le sacerdotesse si occupavano del rapporto con il mondo della magia e dell’al di là.

I riti, spesso in grotte e prossimi a sorgenti, privilegiavano la fertilità femminile e la predi- zione del futuro.

Tiur significa “la splendente”, detto anche di una lucerna (e la lanterna che solca il cielo di notte é la luna).

Più interessante cathuniiasul = “colei che appartiene al sole” (quindi due appellativi, per non nominare direttamente la Divinità Lunare).

Il colle di Montecatini Terme é detto “luna- to”, almeno dal medio-evo in avanti, dato che il monte ha due sommità, mentre il paese é sistemato nella sella, tra le due corna, come la gobba della luna.

Bene, sospetto che il toponimo “Catini” si riferisca al culto preistorico della Luna e della Madre Terra, che ha preceduto l’Olimpo degli Etruschi, dei Greci e dei Romani. Contrariamente alla improbabile e frusta derivazione del toponimo da Catilina, riten- go, in altre parole, che Catini si riferisca alla

divinità e al culto di Catha e che quest’aspet- to si vada ricondotto alla splendida testa di giovane donna, esposta al Museo di Villa Giulia e proveniente dal tempio di Pyrgi, dove accanto alla cella della divinità lunare, si apriva quella di Suri/ Apollo, dio del sole. A Montecatini,un fiume termale esce da un sistema di grotte carsiche (Grotta Maona, labirintica e a doppio fondo, esattamente come nella rappresentazione stilizzata del doppio labirinto nel bucchero di cui sopra). Il corso d’acqua entra successivamente in un inghiottitoio detto “Buca delle Fate”, dove furono trovati reperti dell’età del rame, per poi scorrere verso la valle, attraverso i parchi e la città termale.

Le terapie di Montecatini furono utilizzate fino a pochi anni fa anche per curare patolo- gie femminili antinfiammatorie, quindi noto- riamente anche per favorire le gravidanze. Questo aspetto è sicuramente comune ad al- tre località storicamente termali come Chian- ciano (fonte Sellena, in origine Fonte Selene), Bagni di Lucca, Porretta e chi sa quante altre, tra le quali, da studiare senza pregiudizi, il bacino termale dei Colli-Euganei. La ricostruzione del passato, in mancanza di fonti storiche e documentali sufficientemente attendibili, è argomento difficile e scivoloso; ci sono però elementi che possono essere contestualizzati ed interpretati in modo da lasciare intravedere coincidenze sospette e, di conseguenza, interpretazioni di più ampio raggio.

I luoghi e le strutture, a cui mi riferisco, ri- guardano periodi storici tutt’altro che limpidi, per legittima non conoscenza, ma anche per meno legittimo impegno a dimenticare, sottacere e forse anche occultare.

Un esempio per me abbastanza affascinante riguarda Il sistema termale di Bormio in Val- tellina, là dove le vecchi Terme vengono fatte risalire al periodo “pre-romano”.

Ma prima dei romani chi abitava i luoghi