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Le regimazioni idrauliche e il paesaggio fluviale artificiale

La principale caratteristica paesaggistica del fiume che si può descrivere allo stato attuale, quanto meno nel suo scorrere a valle, è data non a caso dagli alti argini artificiali, rilevati su terra battuta oppure contenuti entro solide muraglie in pietrame e cantoni, qua e là affioranti, ma tuttavia inerbiti in superficie a creare una suggestivo profilo verde che si staglia nel piatto orizzonte della pianura. A ciò si aggiunga la sequenza ininterrotta dei lotti fondiari destinati al vivaismo, dotati di un proprio sistema di raccolta e drenaggio delle acque. Questa peculiarità fa sì che l’antico tracciato del fiume e dei suoi affluenti, anch’essi largamente canalizzati, talvolta delimitati per centinaia di metri da pareti verticali di robusto pietrame ben apparecchiato, sia difficilmente rintracciabile, se non attraverso fotointerpretazione, utilizzando foto aeree di repertorio di qualche decennio fa, anteriori alle massicce urbanizzazioni recenti.

In qualche caso il ricordo degli antichi alvei è assicurato dalla permanenza di odo- nimi riferiti alle strade che un tempo li fiancheggiavano, oppure dall’anomalo andamento fondiario di terreni agricoli ricavati dalla messa a coltura dei letti di quelle che erano le vie fluviali di una volta.

C’è da dire che da molti secoli ormai si parla dell’Ombrone e dei suoi tributari quasi esclusivamente per trattare del rischio idraulico, come già testimonia il Repetti fornendo in dettaglio la descrizione delle opere realizzate dall’uomo per contrastare gli straripamenti62. Ancora per tutto il ‘900 si associa stabilmente il pericolo di esondazione al basso corso del fiume, quasi che quella minaccia costituisse un’emergenza irrisolvibile; a questo status si

L’OMBRONE PISTOIESE, IL FIUME CHE NON C’È

Giuseppe Alberto Centauro

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aggiunge negli ultimi decenni un più serio problema di inquinamento, dovuto – come si è detto - al massiccio sversamento in falda di pesticidi e dei fluidi reflui nei canali di scolo.

Si tratta senza alcun dubbio di un fardello ingombrante per la comunità pistoiese e per gli abitanti della piana, che si riverbera su un’area ancora più vasta, confluendo poi quei liquami direttamente in Arno. Si richiederebbero interventi preventivi di filtraggio da asso- ciare agli interventi di tenuta degli argini e costanti riparazioni, comprese tutte le attività di manutenzione e gestione delle opere idrauliche e di completamento della bonifica (canali e corsi d’acqua, argini, paratoie, impianti idrovori, casse di espansione o laminazione, ecc.). A tale scopo, nel 1994 fu istituito con Legge regionale il “Consorzio di Bonifica Ombrone Pistoiese – Bisenzio” che ha richiesto l’iscrizione obbligatoria ai proprietari di terreni e di case interagenti nel comprensorio.

Nonostante queste forti limitazioni d’uso, l’Ombrone rimane un fiume largamente idealizzato nell’immaginario collettivo, icona primaria del territorio, sottolineando in que- sta specifica accezione, una volta di più, le sue “profondissime” radici.

A testimonianza della molteplicità delle deviazioni sopportate dagli alvei fluviali, queste modifiche si mostrano per quanto riguarda i tributari, principalmente come lavori complementari di regimazione delle acque in funzione del corso maestro.

Basti pensare che per regolamentare il corretto deflusso delle acque sono state ese- guite opere davvero ingenti, creando la bellezza di 70 km di alvei artificiali e centinaia di chilometri di argini artificiali: nello skyline della piana tutto ciò è reso evidente dal fatto che gli argini degli affluenti (in particolare Stella, Brana, Calice ecc.), sono stati sopraelevati rispetto al piano di campagna.

Per stabilire quale potesse essere l’ambiente originario, l’archeologia del paesaggio, unitamente agli studi geologici e sedimentologici condotti in situ potrà fornire con indagini mirate le risposte attese e, forse, una risolutiva valutazione della stratigrafia storica dei suoli. Invece, per misurare gli effetti delle “rotte devastatrici” si possono osservare le immani opere idrauliche realizzate nei secoli, dal medioevo in poi.

Tra il XII e il XIII secolo, sappiamo dalle fonti, che il fiume Ombrone si fosse dotato per la prima volta di argini, in precedenza per poter trasportare carichi con zattere si doveva utilizzare il traino animale mediante tiraggio di funi eseguito dalle opposte rive. Dopo avere rialzato le sponde l’alveo andò incontro ad un progressivo riempimento di detriti alluvio- nali che ancora oggi caratterizzano alla vista il letto fluviale. Di modifiche vere e proprie al suo corso si parla in modo circostanziato a partire dal XVIII secolo, come dimostra la chilometrica rettificazione del tratto compreso fra Pontelungo e la Ferruccia. Le pluridecen- nali opere procedettero per segmenti, riducendo progressivamente il rischio di rottura degli argini, particolarmente avvertito nei gomiti e nelle anse più tortuose.

Si rese necessaria la costruzione di nuovi ponti e la rimodellazione estesa delle sponde. Le acque del fiume, correndo sempre più velocemente a valle, crearono non pochi problemi nell’area pratese e si resero necessari interventi di restauro dei sistemi idraulici preesistenti e dei vecchi ponti: tra il 1723 al 1731 toccò a quelli di Bonelle, Castellare e la Ferruccia. Tutti questi lavori hanno determinato la necessità di continui adattamenti perché il corso artificiale dei torrenti poneva, una stagione dopo l’altra, nuove problematiche travolgendo di volta in volta le originarie briglie. Ciononostante una volta creatosi il nuovo percorso artificiale, il lavoro non era certo terminato perché la manutenzione delle sponde non fu mai più interrotta. All’indomani della caduta dell’Impero fino all’epoca Comunale, durante la lunga fase dell’abbandono delle terre dissodate, venuta meno la sapiente cura assicurata dal corretto drenaggio delle centurie agricole63, si era registrato un vasto impaludamento che perdurò fino alla realizzazione dei primi imponenti provvedimenti di regimazione delle

OMBRONE PISTOIESE

Un fiume nella storia

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acque. Oggi è possibile, almeno in parte, simulare il paesaggio post-medievale, seguendo in prima battuta, le variazioni toponomastiche e studiando i vecchi tracciati viari64.

Con i moderni mezzi introspettivi (remote sensing) si è in grado di produrre, utiliz- zando le riprese da satellite, un’ipotetica ricostruzione degli alvei soppressi. Altra occasione di verifica è offerta dalla valutazione topografica comparativa, analizzando i vecchi tracciati delle viabilità storiche del territorio. A tale scopo, ad esempio, possiamo utilmente seguire la strada che transita da Bonelle per San Pierino - Casa al Vescovo, che è denominata “Via Ombrone Vecchio”.

In sinistra idrografica, il corso del torrente Brusigliano, recentemente oggetto di ope- re di laminazione in prossimità della strada tangenziale ad ovest di Pistoia, potrebbe colli- mare con il primitivo alveo del fiume Ombrone, come si evince dalla cartografia storica65.

Un altro esempio, per certi versi ancor più emblematico per illustrare il paesaggio la- custre che ha lungamente caratterizzato il territorio a sud- sud est di Pistoia, è dato dal trac- ciato della “Via Vecchia Fiorentina” che, esaminando la conformazione plano-altimetrica, potrebbe avere lambito le zone palustri alimentate dalle tracimazioni del fiume, segnando le località che erano maggiormente soggette alle esondazioni stagionali, queste ultime poste a ridosso delle ultime coste collinari dei versanti settentrionali del Montalbano.

Le “terre basse” prossime alle località di Masiano, Castel de’ Fedi, Madonna dei Por- ciani, Valenzatico, Villa La Magia, coi limitrofi appoderamenti, terreni di grande fertilità e produttività agricola, sono state periodicamente oggetto di sommersioni che non avevano neppure risparmiato ampie zone delle antiche centurie quarratine, interessando, più ad ovest, anche i suoli limitrofi a La Costaglia, alla Catena e i campi oggi ricadenti nel territo- rio provinciale pratese.

Rimanendo in sinistra idrografica l’alveo del torrente Brana, comprendendovi le ope- re che avevano interessato il corso della Bure, fu modificato rispetto al percorso originario nella zona di Canapale al fine di scongiurare il rischio di allagamento nel delicatissimo pun- to d’immissione nell’Ombrone, che era ubicato in prossimità della zona urbana di Pistoia.

Allo stato attuale il torrente, dopo un percorso di circa 20 chilometri, confluisce nell’alveo artificiale del fosso Calice. Tuttavia, in epoca medievale, servendo gore e mulini, il torrente andava a lambire addirittura la prima cerchia di mura.

La chiesa di S. Maria di Ripalta (riva alta) testimonia con la sua stessa denominazio- ne la presenza in città del primitivo alveo che doveva essere attraversato in sede urbana da ponti e passerelle di collegamento tra le opposte sponde66.

Nonostante i benefici indotti dalla presenza della risorsa idrica in città, i danni cau- sati dalle tracimazioni erano molto consistenti e ripetuti, tanto da rendere opportuno l’al- lontanamento in altra sede del corso d’acqua. Le ripetute esondazioni avevano certamente causato sacche acquitrinose, con formazione di ambienti insalubri.

In questo contesto, vista la caratterizzazione del toponimo, si può pensare che anche la chiesa di San Bartolomeo in Pantano fosse ubicata in una di quelle aree rese malsane.

Come la Brana, così il corso del torrente Bure, che nasce sopra Baggio e oggi si unisce dopo 15 km all’alveo deviato dell’Agna (detta anche “Agna delle Conche”), fu spo- stato.

Del preesistente alveo, che si vuole transitasse sotto il ponte detto delle “Sei Arcole” per dirigersi verso la località Nespolo, andando a confluire nell’Ombrone nella zona di Badia, rimane testimonianza nel tracciato della strada che si chiama “Via Bure Vecchia”. Unitamente all’Agna, nella zona del cantone di S. Michele Agliana, origina il fosso Calice che, a sua volta, ricevute le acque della Brana si getta nell’Ombrone in località “Bocca di Calice”.

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LA LeggeNdA deLLA NINFA AMBrA