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L’Ombrone e l’ager pistoriensis

Questa digressione storica era necessaria per poter dimostrare come i dubbi del Repet- ti, prudentemente avanzati dall’autore, fossero pienamente giustificati, seppur infondati. Ecco perché, ieri come ancora oggi, la questione sull’origine dell’idronimo Ombrone risulta essere ancora largamente “aperta”.

D’altro canto l’etimo Ombrone (Umber fl.) non poteva direttamente accreditarsi nelle terre occupate dai Liguri, o piuttosto dai Galli, di matrice celtica. Questa incongruenza è rimasta sostanzialmente sospesa persino per i padri dell’etruscologia moderna e la verità storica fa ancora fatica ad emergere e trovare diritto di cittadinanza anche oggi, nonostante le eclatanti scoperte archeologiche di questi ultimi decenni nell’area lucchese e in quella pratese in particolare.

Una vexata quaestio dunque che per il fiume pistoiese equivale alla negazione dell’ori- gine stessa del tòpos primigenio, confuso nelle evidenti contraddizioni di una lettura crono- logica riferita ad eventi storici legati a periodizzazioni diverse, più tarde rispetto all’origine del nome e conseguentemente degli insediamenti umani. Resta però il fatto che le culture protostoriche vedono associato ai primi popolamenti il nome di monti, di fiumi, di sorgenti e di un gran numero di villaggi, testimoniati dalla capillare diffusione dei toponimi. Se macro- scopico è l’errore storico compiuto nei confronti di un popolo come quello tirrenico-etrusco, che pure ha occupato queste terre almeno a partire dal XI-X al V sec. a.C., dominandole sotto il profilo sociale, economico e culturale (che taluno ha ancora la presunzione di considerare marginale a queste latitudini), ancor più vistoso appare l’oblio al quale sono state condannate senza appello le grandi dinastie umbro-pelasgiche che, come si è osservato, qui abitavano fin dal Bronzo Antico e occupavano vaste aree.

A queste primitive etnie si devono gli atavici culti delle acque e l’emancipazione della caccia e della pesca nella pastorizia transumante. Di questa evoluzione e nuova civilizzazione irradiata nelle regioni italiche interne, restano tangibili segni nella toponomastica, riconosci-

CENTURIA 710 m. 710 m. Heredium1/10 di cent PRATO CANALE CEREALI FRUTTETO VIGNETO VILLA RUSTICA

PARTI COMUNI, BOSCHI E PRATI

Decumanus

Kardo

Uptat amconulputat ut lutpate te min henibh eugiam vullaor illamet ipit, sed euisNim ipisis nos aliqui blaore er sustie conse modolum

OMBRONE PISTOIESE

Un fiume nella storia

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bile con etnonimi talvolta diversi tra loro lungo l’intero asse appenninico fino allo spartiac- que alpino/ ligure.

D’altro canto la completa romanizzazione dell’Etruria Superiore, avviata con le cam- pagne militari del II sec. a.C. avvenne solo con la definitiva annessione allo stato romano, dopo le sanguinose guerre sociali tra Mario e Silla, del 89 a.C. e, poco più tardi, con la sconfitta di Catilina che avvenne tra Pontepetri e Campo Tizzoro ad opera delle milizie del console Gaio Antonio e dell’abile geniere, costruttore di ponti, generale Marco Petreio, detto “Petrino”, che legò quel luogo al suo nome.

A quel tempo le popolazioni della regione appenninica fino alle sorgenti dell’Arno, erano costituite da un coacervo di genti di varie origine e provenienza, una sorta di koinè culturale che gli stessi Etruschi avevano concorso a formare.

Come si legge negli annali storici, nel riordinamento politico ed amministrativo ordi- nato dal primo imperatore, Ottaviano Augusto, quella che era stata terra etrusca d’eccellenza, dalla sponda destra del Tevere fino alla riva sinistra del fiume Macra (Magra), fu compresa nella VII Regio e gli altri territori d’appartenenza ancor più frazionati: la Regio VI era formata da Umbria et ager gallicus, corrispondente in parte alle attuali regioni Umbria e Marche ed oltre, ma a questa dovremmo aggiungere anche il territorio Picenum (Regio V); la Regio VIII era invece la Gallia Cispadana (regione Emilia e parte della Romagna); la Regio IX, infine, era la terra abitata dai Ligures, comprendente la regione Liguria, propriamente detta, le Alpi Marittime e le terre aldilà degli Appennini fino al Po.

In seguito alla riforma dell’imperatore Domiziano (81-96 d.C.), l’Umbria e l’Etruria furono poi riunite in un’unica provincia, governata, come le altre cinque dell’Italia centrale e meridionale, da un vicarius urbis; questa nuova provincia era amministrata da un alto magi- strato che aveva la sua sede in Firenze, chiamato fino all’anno 366, corrector e dall’anno 370, consularis. A noi interessa particolarmente annotare che, dall’anno 367, venne operata anche una radicale modifica nella ripartizione del territorio regionale, spartito in Tuscia annonaria (a nord dell’Arno) e Tuscia suburbicaria (a sud dell’Arno).

Dal V secolo, in particolare, questa parte della regione fu annessa all’Emilia, mentre Umbria ed Etruria rimasero unite fino al ‘400. Alla luce di questi cambiamenti si determi- narono condizioni assai diverse. Infatti, se Tuscia rimase ancora la denominazione ufficiale dell’Etruria intesa nel suo complesso, così come era stato stabilito nel riordinamento ammini- strativo dell’Italia antica operato dall’imperatore Diocleziano (284-305) attraverso l’ulteriore suddivisione della Regio VII, la separazione avvenuta in età Cristiana, circa cinquant’anni dopo l’Editto di Costantino (313 d.C.), ovvero quando si andavano formando le prime dioce- si, viene a connotare una Toscana nettamente distinta, dai due volti. Di fatto, con la creazione della Tuscia Annonaria, come parte residuale di ciò che restava dell’Etruria Settentrionale, a nord dell’Arno, usciva definitivamente dai ricordi delle ascendenze etrusche e pagane, renden- do totalmente oscure le storie delle origini. Di ciò si ebbe conferma con la ripartizione territo- riale delle diocesi che, una dopo l’altra si venivano a creare (Volterra, Firenze, Fiesole, Pistoia, Lucca, Pisa, Luni e Chiusi-Arezzo); pur se queste ripetevano i confini delle antiche lucumonie del V sec. a.C.11, la captazione delle ritualità e dei simbolismi pagani fu totale, causando la perdita delle fragili identità locali. Nelle chiese romaniche e nelle prime pievanie rurali si affa- stellavano, confondendoli i segni della mitologia con le icone dei culti paleocristiani.12

Abbiamo conferma con qualche secolo di ritardo dell’esistenza, principalmente lungo il corso dell’Ombrone, di quelle terre appartenute dell’antica lucumonia che, in epoca roma- na costituirà l’ager pistoriensis.

Concludendo, sopra ogni altra cosa il netto prevalere dell’origine romana di Pistoia su qualsivoglia diversa ipotesi, la scissione della Tuscia Annonaria dalla “madre patria” etrusca,

L’OMBRONE PISTOIESE, IL FIUME CHE NON C’È

Giuseppe Alberto Centauro

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quasi fosse regione satellite o marginale di quella e la successiva formazione nel V secolo della diocesi pistoiese, che vi vuole nata come costola di quella fiorentina, sembrano aver condizio- nato in modo determinante la corretta interpretazione sulla genesi del territorio e conseguen- temente dello stesso idronimo Ombrone, in realtà assoggettato ex ante all’ager pistoriensis.

BIOgeOgrAFIA ed ArCHeOLOgIA