• Non ci sono risultati.

gLI OPIFICI deL vINCIO dI MONtAgNANA

Nel documento L'Ombrone pistoiese, il fiume che non c'è (pagine 165-167)

Una trattazione a parte merita uno dei maggiori affluenti dell’Ombrone, in quan- to lungo di esso si attestarono importanti edifici produttivi. Infatti fin dal Medioevo vi si trovavano numerosi mulini ed altri opifici idraulici, la cui più antica notizia risale al 1131, quando in un documento viene citato il mulino di Vicopetroso (San Piero in Vincio)118. Nei pressi dell’omonima chiesa, ancora oggi rimangono gli edifici ove erano presenti due mulini, a cui è interposto un complesso industriale, già adibito a lanificio e carbonizzo. La gora che alimentava questi due mulini, ancora chiaramente leggibile sulle mappe leopoldine, prelevava l’acqua sulla sponda sinistra del Vincio, poco prima dell’attuale zoo di Pistoia, ed alimentava in successione ben otto mulini. Anche tra il 1244 ed il 1255, nella valle del Vincio risultano funzionanti otto mulini, anche se non sappiamo, salvo l’ultimo, se si tratti degli stessi, in quanto altre gore esistono anche sulla sponda destra. Ed in effetti in una successiva ricognizione del 1350, facendo riferimento anche al territorio di San Pantaleo, i mulini del Vincio risultano ascesi a quattordici. L’importanza dimensionale di questi impianti molitori è dimostrata dalla necessità che, già nel 1330, si sentì nel redigere il “Breve dell’Arte dei Mugnai della Valle del Vincio”119.

Sulla sponda destra il primo mulino che troviamo è situato poco a monte di Momigno, il quale era alimentato, oltre che dalla gora che si staccava dal Vincio, anche da dalle due pic- cole forre di Momigno e di Renicci.

All’altezza di Momigno era invece posto il mulino degli Arcangioli, il cui edificio è ancora esistente. Poco prima della confluenza con il fosso del Rio, a monte del paese di Montagnana, si staccava una breve gora che andava ad alimentare un piccolissimo edificio idraulico, che seppur inglobato in una costruzione più grande, è ancora rintracciabile.

In località Giampierone, una breve gora alimentava due mulini, posti in rapida suc- cessione, i cui edifici sono ancora esistenti ed utilizzati come abitazioni ed un negozio di alimentari.

Ma uno degli impianti idraulici più interessanti, che incontriamo sulla sponda destra, è senz’altro la ferriera del Vincio120 che risulta già presente ai primi dell’Ottocento, anche se le sue probabili origini risalgono al secolo precedente121. Essa apparteneva alla famiglia Vivarelli-Colonna, ricchi imprenditori attivi in vari settori economici ma in particolare, come abbiamo visto, in quello siderurgico.

Ad essa fa riferimento anche lo zuccagni-Orlandini quando, nel 1832, la cita infor- mandoci che si trattava di una ferriera a due fuochi, posta nel Popolo di Pieve a Celle, Comu- nità di Porta Lucchese, che i Vivarelli-Colonna possedevano insieme alle altre due di Cireglio, oltre anche ad un distendino, una filiera ed una chioderia in Pistoia.

OMBRONE PISTOIESE

Un fiume nella storia

182

Una più puntuale descrizione dell’impianto la ritroviamo però in un prezioso docu- mento conservato preso l’Archivio di Stato di Pistoia, redatto nel 1854, in occasione di una permuta tra i fratelli Francesco e Giovan Battista, resasi necessaria in seguito all’assegnazione dei beni in eredità.

Al primo, infatti erano toccate prevalentemente le attività produttive, mentre al secon- do il patrimonio rurale. In particolare i luoghi produttivi che costituiscono l’oggetto di questa permuta sono: la Ferriera del Vincio, posta all’interno del podere del Vignano, invece asse- gnato a Giovan Battista, ed una chioderia, collocata all’interno delle mura cittadine, sul Prato a San Francesco. La permuta mirante ad evitare complesse servitù, che nel tempo avrebbero potuto originare discussioni e contenziosi, consisté nel passaggio di alcuni terreni e del solo locale della chioderia, senza le attrezzature interne, da Francesco a Giovan Battista, a fronte di altri terreni ed un conguaglio in denaro.

Il sito della ferriera in realtà era un piccolo borgo artigiano ove, oltre ad i camerotti per i lavoratori, esisteva anche un mulino posto sulla gora di uscita dell’impianto.

Anche il sistema di adduzione delle acque era abbastanza articolato, almeno ai tempi del documento, in quanto la gora di alimentazione della soffieria, proveniva dallo scarico di un impianto idraulico, posto a monte, di proprietà del sig. Iacomelli. Per giungere all’impian- to dei Vivarelli, la gora doveva però scavalcare, con un ponte-canale, la Forra di Vignano, che questa incontrava sul tragitto.

Figura 59 veduta esterna della ferriera del vincio (ultimo numero Microstoria)

Figura 60 interni della ferriera del vincio(ultimo numero Microstoria)

STORIE DI PONTI, REGIMENTAZIONI E MANUFATTI DELL’OMBRONE

Giuseppe Guanci

183

A proposito dell’impianto idraulico dello Iacomelli è interessante osservare come con- sistesse in un mulino con annessa gualchiera, alimentati direttamente dalle acque prelevate dal Vincio, i quali tuttavia dovevano essere, al momento della stesura del citato documento, di recente costruzione, in quanto nella mappa del catasto leopoldino, risalente al 1822, nel luo- go risultava solo l’attigua osteria di Castagno, che poi estenderà il toponimo a tutto l’abitato, nato attorno ad essa ed al mulino-gualchiera.

L’apice produttivo probabilmente viene raggiunto verso la metà dell’Ottocento, quan- do la conduzione risulta affiancata da un certo Pacini, il quale contemporaneamente gestiva anche quella di Capo di Strada, risultandovi impiegati ben 11 lavoranti, con una produzione annua di 200.000 libbre di ferro di prima specie e di 80,000 di seconda specie122.

Da una descrizione del territorio pistoiese, di qualche anno dopo, di Padre Contrucci sappiamo che la produzione annua della ferriera era di 280,000 libbre di ferro123. Questa, an- cora in piena attività all’inizio del Novecento, risultava gestita, insieme ad un’altra a S. Felice, da Vannini Guglielmo, nella quale lavorano cinque operai adulti ed un fanciullo124.

L’impianto è stato parzialmente attivo fino ai primi degli anni Ottanta, ed ancora oggi, benché dismesso, conserva al suo interno tutte le attrezzature e meccanismi originali, come i magli idraulici e le splendide ruote in legno che li alimentavano.

Figura 59 Veduta esterna della ferriera del Vincio (ultimo numero Microstoria) Figura 60 interni della ferriera del Vincio(ultimo numero Microstoria)

In corrispondenza dell’immissione, nel Vincio, della forra della Casa, si stacca un’altra gora che alimentava altri cinque mulini, tra cui il Mulinaccio e frantoio del Falserone, il mulino del Pagliai, per poi restituire le su acque dopo il mulino della Grotta.

Successivamente, a cavallo del ponte di San Giuseppe esisteva un’altra gora destinata ad alimentare un unico opificio idraulico.

L’ultima gora di destra, ha invece origine in corrispondenza della restituzione di quella che corre sulla sponda sinistra, e serve anch’essa tre opifici idraulici di cui l’ultimo è il mu- lino di San Pantaleo, posto proprio di fronte all’omonima chiesa, per poi proseguire fino all’Ombrone, ove si getta, in corrispondenza dell’antico guado Pollo.

Da questa rapida ricognizione emerge quindi che, in definitiva, agli inizi dell’Ottocen- to, lungo le due sponde del Vincio, si attestavano ben venticinque opifici idraulici, di varia natura e grandezza.

Nel documento L'Ombrone pistoiese, il fiume che non c'è (pagine 165-167)