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4. Il popolamento dalla tarda Antichità al primo alto Medioevo

4.3. La struttura del paesaggio dell’entroterra

4.3.3. Casetta Barroccia

Rimanendo lungo il corso del Cornia, nella fascia di pianura compresa tra il sito di Calzalunga a sud e Serraiola a nord, si incontra Casetta Barrocciai presso la quale le ricognizioni hanno individuato tracce di popolamento antico molto interessanti.

Il sito, localizzato nei terreni posti a ridosso di Podere Casetta Barrocciai (lato sud), è costituito da un deposito archeologico piuttosto esteso, inquadrabile tra VII-VI secolo a.C. A circa 200 m in direzione nord rispetto a questo deposito, in un’area delimitata ad ovest dal letto del fiume Cornia, e ad est dalla SP n. 398, è stata messa in luce una seconda concentrazione di materiale ceramico ed edilizio (mattoni, tegole) la cui cronologia è risultata essere nettamente posteriore rispetto alle evidenze sopra menzionate (UT 316, 317). Nonostante il materiale sia estremamente frammentario, si distinguono infatti due piatti/coperchi Ostia III, fig. 332 (I-II secolo d.C., UT 316) e una scodella Hayes 64, n. 1(fine IV-V secolo) tutti di produzione africana; a questi si affianca un gruppo di frammenti non tipologizzabili, che per caratteristiche di impasto e di rivestimento possono essere riferiti alla produzione più tarda di terra sigillata africana (D), associati ad altrettanti frammenti di anfore della medesima provenienza.

Tra le forme di ceramica comune più significative si distingue un coperchio con orlo ingrossato e piatto, la cui tipologia trova stretti confronti con produzioni attestate in ambito urbano nella prima metà del VII secolo392. A questa si aggiunga un testo con orlo arrotondato e bassa parete estroflessa,

e alcuni frammenti di ceramica grezza con impasto di colore arancio e spessa anima azzurro/grigia

visibile in sezione; la loro attestazione sul sito potrebbe costituire una traccia, seppure labile, di una frequentazione del luogo durante il primo alto Medioevo393.

Quanto emerso dal survey ci induce quindi a considerare questo luogo come un’area interessata da una lunga frequentazione antropica che affonda le proprie radici nel periodo etrusco, come evidenziato dal deposito archeologico posto a sud di Podere Barrocciai. Le evidenze riscontrate nella zona a nord del medesimo testimoniano come, in epoca imperiale, sul luogo sorgesse un insediamento di dimensioni medie, interpretabile come una fattoria, presso la quale giungevano, fino a tutto il V secolo, prodotti di importazione africana. La morfologia del luogo e l’ampia disponibilità di acqua fornita dal fiume Cornia inducono ad ipotizzare una vocazione agricola per questo sito, posto lungo l’asse viario principale di comunicazione tra la costa populoniese e l’entroterra394.

La presenza per quanto labile di ceramica altomedievale sarebbe infine la traccia di una frequentazione successiva di questa area, inserita nel quadro insediativo testimoniato dalle fonti scritte e in parte confermato dai dati del survey, come indicherebbe il vicino sito di Calzalunga A partire dal 1035 le fonti documentarie attestano inoltre la presenza del centro demico di Campetroso395, posto sul poggio soprastante Casetta Barrocciai; è possibile che quest’ultimo, nel

corso del Medioevo, possa avere accentrato, almeno in parte, il tessuto insediativo precedentemente stanziato a quota di pianura.

393 Anche in questo caso il confronto è stabilito sulla base degli impasti di VIII-X secolo provenienti dal sito di Cugnano, e con quelli osservati in alcune produzioni di VII secolo rinvenuti su alcuni dei siti principali del territorio indagato. In particolare le caratteristiche osservate sono quelle che

contraddistinguono il gruppo di ceramiche acrome individuate nel territorio di Roccastrada, ed in particolare in corrispondenza del sito produttivo di Montorsi descritto più avanti (4.3.17).

394 A questo proposito si veda quanto scritto in relazione al sito di Serraiola al paragrafo 4.3.2. 395 Repetti 1843, vol. 1, pp. 412-413; Farinelli 2007, scheda 27.8.

4.3.4. Frassine

Nei pressi della Serraiola, a poca distanza da questo insediamento è localizzato il Frassine, piccola frazione del comune di Monterotondo Marittimo, che prende nome dal santuario posto sul poggio soprastante396. Il luogo è caratterizzato da significative manifestazione geotermiche costituite, in

particolare, da una sorgente di acqua calda, attiva fino alla metà del XX secolo, che scaturiva alle pendici del poggio.

La toponomastica odierna del luogo riporta indicazioni interessanti per la ricostruzione del popolamento antico; alla porzione della pianura posta a ridosso del fiume Cornia, dove si trovano i ruderi di un grande edificio a due piani corrispondono infatti i toponimi Bagnaccio/Bagno del Re. In corrispondenza dei resti di un’antica cisterna per la raccolta dell'acqua si conserva il nome Cantinacce/Cisterna del Re, e nei pressi del toponimo Casone, anticamente noto come Casone del Re, i sopralluoghi effettuati hanno individuato alcuni interessanti allineamenti murari 397.

La menzione più antica di questo luogo riguarda l’abitato detto Balneo Regis, riportata in un atto del 25 febbraio 779; da questo emerge il ruolo di riferimento territoriale svolto dall'abitato nella

396 Sulla sommità di questo poggio, attualmente, si trova il borgo del Frassine strutturato attorno ad un santuario titolato alla Madonna del Frassine, importante luogo di devozione al culto mariano di antica origine; secondo Targioni Tozzetti l’impianto originario della chiesa risalirebbe al XIII secolo (Targioni Tozzetti,1770, IV, p. 213).

397 I toponimi Bagnaccio e Cantinacce sono riportati dalla CTR 1:10.000, Bagno del Re e Cantina del Re dalla cartografia IGM 1:25.000.

primissima età carolingia398. L’atto riguarda la cessione fatta a favore della chiesa di San Frediano di

Lucca di alcuni beni posti nelle valli del Cornia e del Pecora, da un abitante “de Balnei Regis”, permutandoli con quelli che la medesima chiesa deteneva in loco Paterno Magno, finibus Balneo

Regis. Dal testo si evince chiaramente come il toponimo Balneo Regis venga impiegato come

elemento utile alla definizione topografica di altre località, quali, ad esempio, Paterno, e come si tratti di un luogo socialmente privilegiato dove potevano risiedere possessores di beni di rilievo, posti sia nella valle del Cornia (in loco Cornino), sia nella valle del Pecora (in Pastorale), quale risulta essere lo stesso autore dell’atto di permuta.

Le indicazioni topografiche riportate nel documento del 779 sembrano suggerire che il Balneum menzionato sia identificabile proprio con quello posto nei pressi del Frassine e trattato in questa sede; una conferma a questa ipotesi è data dal riferimento alla vicina chiesa di sancte Marie, ovvero la chiesa di S. Maria in Cornino399, riportato in un atto del 954 e pertinente all’area di Castiglion

Bernardi, actum loco Balneo400. La stretta vicinanza ancora oggi osservabile tra la zona di Bagno

del Re e la chiesa del Frassine non sembra quindi lasciare molti dubbi a questo riguardo.

Le testimonianze di epoca altomedievale riferibili direttamente al Frassine/Bagno del Re sono dunque poche ancorchè significative; per aggiungere dettagli a quanto attestato dalle fonti più antiche, possiamo fare riferimento alle descrizioni che Giovanni Targioni Tozzetti redasse in occasione del viaggio compiuto in Maremma nella seconda metà del XVIII secolo, implementate successivamente dalle osservazioni di Emanuele Repetti, contenute nel suo “Dizionario”401; da

queste descrizioni si ricavano informazioni relative alle strutture, di probabile origine antica, oggi solo in parte conservate.

Sulla sommità di uno dei rilievi che circonda a sud-sud/est la parte più pianeggiante, l’autore descrive , la presenza di “molte rovine di Edifizi, di considerabile magnificenza detti dai paesani il Casone o Palazzo del Re402” . Scendendo dalla collina del Frassine, lungo la strada che conduce

ancora oggi alla piana sottostante, poco sotto le rovine del cosiddetto Palazzo del Re, l’autore descrive un edificio “semi interrato sferoide”, lungo 12 braccia e largo 6, costruito con grandi blocchi in calcestruzzo e coperta da una volta a cupola, che “riceveva ancora in una vasca acque termali”403.

A 300 braccia da quest’ultimo, dal lato opposto della strada, nella parte pianeggiante, egli descrive infine il “Casamento bislungo assai magnifico” che sembra risalire, o essere stato restaurato, al XV secolo, “comunemente detto Bagno regio, o del Re, o del Re Porsenna”, della cui disposizione interna fornisce un’ampia e dettagliata descrizione.

398 Farinelli 2007, p. 63.

399 La localizzazione di questa chiesa, intitolata alla Madonna e attestata dal 769, non è certa. Roberto Farinelli sostiene che questa potesse sorgere non lontano dalla odierna Madonna del Frassine, attestata come cappella rurale a partire dal XI secolo ed oggi ubicata nell’omonimo borgo (Farinelli 2007, p. 110); Maria Luisa Ceccarelli Lemut propone, invece, che la “baptisimalis ecclesie sancte Marie de Cornino” possa essere identificata con la pieve che alla fine del XII secolo fu traslata a Campiglia Marittima (Ceccarelli Lemut 2003, p. 34).

400 Farinelli 2007, p. 63. 401 Repetti 1843.

402 Targioni Tozzetti,1770, IV, p. 213. 403 Idem p. 214.

Il carattere termale dell’edificio è suggerito dalle testimonianze delle persone del luogo, riportate dallo stesso Targioni, circa lo sgorgare originario di polle d’acqua calda al pian terreno della struttura stessa, forse le antiche vasche. Queste polle furono obliterate, nel tempo, dai butteri per poter adibire a stalle i medesimi ambienti, mentre il corso delle acque sarebbe stato deviato nel letto del vicino torrente Malvado dove, al tempo del Targioni, si usava ancora bagnarsi a scopi curativi404.

Una testimonianza altrettanto interessante, fornita da Targioni, riguarda il rinvenimento effettuato nel 1712 di un “Acquidotto sotterraneo con grosso cannoni di piombo lungo il torrente detto Risecco”405, in seguito a lavori agricoli eseguiti nei pressi della struttura del Bagno del Re; secondo

lo stesso Targioni questo sistema idrico sarebbe servito per convogliare all’edificio del bagno, ad uso dei Bagnaiuoli, acque non curative provenienti dalle colline poste a sud.

Riguardo la qualità e la natura delle acque che sgorgavano nei pressi del Bagno del Re fu Giorgio Santi, all’inizio dell‘800, a eseguire delle analisi di tipo chimico sulle acque “acidulosolfuree” che sgorgavano da una sorgente posta nel letto del torrente Malguado, ovvero nel punto in cui le polle erano state deviate, ed erano raccolte in un vasca406. I risultati misero in luce un notevole contenuto

di gas di idrogeno solforato e acido carbonico407 .

Il survey condotto nell’area del Frassine ha messo in luce un contesto insediativo molto interessante, formato da diverse unità topografiche (UT), localizzate in corrispondenza delle quote pianeggianti del Bagno del Re e lungo il versante nord-orientale del poggio del Frassine (Fig. 8). Esse sono costituite da concentrazioni e spargimenti di materiale ceramico ed edilizio che coprono un orizzonte cronologico molto ampio, alle quali si affiancano strutture funzionali, realizzate in pietra e laterizi, di diversa cronologia e stato conservativo.

Nell’ottica della ricerca affrontata in questa sede, finalizzata a cogliere il popolamento del periodo tardoantico e del primo Medioevo, rivestono un ruolo di particolare rilievo le emergenze individuate su due aree localizzate nei pressi della struttura del Bagno del Re, rispettivamente ad ovest/sud- ovest e ad est della medesima.

Riguardo alla prima, essa è composta da cinque unità topografiche (UT 123, 124, 155, 353, 425) delimitate a nord- ovest dal torrente Risecco e dal fosso Malguado; tra queste si distingue un’area più grande (UT 155), di circa 50x20 m, alla quale si affiancano due concentrazioni meno estese (UT 123, 124), di 15x10 m, interessate, in tutti e tre i casi, da una significativa densità di rinvenimenti. La cronologia individuata per questo deposito, basata sullo studio delle produzioni ceramiche rinvenute, indica un arco cronologico compreso tra il periodo imperiale e la tarda antichità.

Per quanto riguarda il secondo deposito, esso è situata nei terreni retrostanti podere Bagnaccio, posto immediatamente ad ovest della SP 398 della Val di Cornia, ed è costituito da un insieme di cinque UT all’interno delle quali si distinguono due concentrazioni (UT 125, 126), di circa 55x30 m, alle quali si affiancano spargimenti più labili di materiale ceramico ed edilizio (UT 127, 128, 129).

Le tipologie ceramiche rinvenute suggeriscono che quest’area conobbe una lunga e stabile occupazione antropica la cui origine risale all’età arcaica e che perdurò fino al Medioevo.

404 Idem p. 215. 405 Idem p. 215. 406 Santi 1806, p. 260. 407 Repetti, I, p.46

Gli altri siti rinvenuti durante il survey sono riconducibili a forme insediative di epoca romana, tardo repubblicana e alto imperiale, in alcuni casi interpretabili come edifici abitativi di piccole e medie dimensioni, ai quali si affiancano annessi agricoli; quanto alle tre UT individuate alle pendici sud-orientali del poggio del Frassine, ai limiti della zona boschiva, le piccole dimensioni e la tipologia dei rinvenimenti ceramici osservati408, hanno indotto a interpretare quest’ultime come

sepolture.

L’analisi dei contesti ceramici provenienti dai due depositi principale ha evidenziato, in entrambe le aree, una lunga occupazione che ha inizio nell’età arcaica e prosegue durante tutta la tarda Antichità. Le produzioni più antiche si riferiscono a manufatti da cucina (UT 126), per lo più olle con orli estroflessi e sezione arrotondata o triangolare, affiancate da alcuni frammenti di dolia, un esemplare di anfora, e pochi esemplari realizzati in depurata. Le tipologie riscontate inquadrano l’insieme di questi materiali tra il VII e il V secolo a.C.

La fase tardo repubblicana ed alto imperiale è attestata dalla presenza di ceramica a vernice nera (UT 125), e terra sigillata italica (UT 155) a cui si associano manufatti realizzati in ceramica depurata ed alcuni frammenti di anfore (UT 125), ascrivibili al medesimo arco cronologico

Un numero decisamente rilevante di frammenti si riferisce al periodo medio e basso imperiale, per il quale si osserva un’alta percentuale di importazioni provenienti dal nord Africa, costituite da manufatti in terra sigillata, da cucina e da mensa; rientrano tra i primi alcuni esemplari di piatto/coperchio tipo Ostia I fig. 261 (UT 155) prodotti a partire dall’età severiana - fino agli inizi del V secolo d.C., Ostia I fig. 332 (UT 124; II secolo d.C.), Ostia I, fig. 18 (Ut 155; III secolo), Ostia I ( UT 155; fine IV-inizi V), Ostia IV, fig. 61 (UT 123; Tav. 2, 3, fine IV-metà V d.C.) e Atlante, Tav. CIV, n.6. prodotto tra la metà del II e gli inizi del V (UT 123), a cui si associano la casseruola Ostia III, fig. 267 dal tipico orlo a mandorla solcato dall’alloggio per il coperchio e patina cenerognola (UT 155, metà II-inizi V secolo). A questi si aggiungono fondi di tegami, e pareti e anse (UT 125, 155) pertinenti forme anche chiuse (brocche) non meglio identificabili ma di certo riconducibili alla stessa produzione sulla base dell’impasto e delle caratteristiche delle superfici (patina cenerognola, vernice rossa distesa uniformemente o politura a bande e strisce). Il corredo da mensa è costituito da un numero maggiore di esemplari tipologizzabili tra i quali si distinguono con chiarezza diversi tipi di coppe, tra le quali Lamboglia 2a (UT 155, 354), prodotta in A e datata alla seconda metà II-inizi III secolo, e il tipo Hayes 12, n.1 (UT 125), prodotta in sigillata africana D2 e diffusa tra la fine del V e gli inizi del VI secolo; le scodelle tipo Hayes 58B, n.11 (UT 123, 350-375), Hayes 61 (UT 155; 390-450 d.C.), Fevrier 1963, fig. 7, proveniente da Algeria e diffusa dalla metà IV- 500 e oltre, Hayes 50 B (UT 155, metà IV-V secolo ) e Stern IV (UT 155, 350-V secolo d.C.). Sono stati distinti anche diversi tipi di piatti tra cui Atlante tav. LVI, n.17, forma meno conosciuta ma normalmente associata a manufatti in D1, D2 ed E, un piatto Hayes 105 n.13 (UT 155) diffuso tra 560/580- 660 e forse oltre (Tav.1, 1). Sono infine presenti anche due esemplari di scodella Hayes 104 (Tav.1, 2; UT 125, 354) che rappresenta una delle ultime forme prodotte degli ateliers tunisini, dai primi decenni del VI secolo fino al 570/580.

408 Si tratta per lo più di frammenti di coppe in vernice nera e tegole frammentate ascrivibili all'età romana. Rinvenimenti di sepolture di epoca romana nella zona del Frassine sono menzionate nell'Atlante dei Siti Archeologici della Toscana,1992, n, 55.6.

Alle forme riconosciute si associano, come osservato per altre classi, frammenti poco caratterizzanti ma dotati di impasto del tutto simile a quello relativo alla produzione in D1 e D2 a cui appartengono la maggioranza dei frammenti sopra descritti e, per questo, ad essi assimilabili; analogalmente, in base al medesimo criterio è stato possibile riconoscere un significativo, se pure esiguo, numero di frammenti di anfore africane (UT 125) riferibili al periodo di massima diffusione di questi prodotti (III-V secolo d.C.).

Al contrario sono pochi i frammenti di ceramica comune riconducibili con certezza a queste cronologie; tra questi, alcuni frammenti di ceramiche da cucina, con impasto grezzo, per le quali non è possibile definire alcuna tipologia specifica. Quanto alla fase successiva, la percentuale di materiali ceramici ascrivibili all’alto Medioevo risulta essere minore rispetto a quella relativa alla tarda antichità e di più difficile interpretazione; si tratta di materiale estremamente frammentario (UT 124, 155) realizzato in ceramica grezza, di impasto arancio/beige ricco di inclusi di calcite e di colore bruno, che presenta, in alcuni casi, una evidente anima azzurra/grigia in sezione ed è caratterizzato da una certa durezza. L’attribuzione dei frammenti ceramici a questo periodo si basa quindi esclusivamente sulle caratteristiche degli impasti che mostrano una forte analogia, come già osservato per altri contesti di rinvenimenti, con i materiali provenienti dallo scavo di Cugnano datati su base stratigrafica all’VIII-X secolo d.C409.

Analogalmente la presenza di alcuni frammenti di ceramica depurata (UT 125), con impasto duro e privo di inclusi, confrontabile con quello dei materiali di XII-XIII secolo provenienti dal medesimo sito, e di una ciotola e un bacino estremamente frammentati in maiolica arcaica (UT 127 e 425) suggeriscono che le aree in questione abbiano conosciuto, durante la fase pienamente medievale, una qualche forma di frequentazione.

Oltre ai depositi appena descritti, i sopralluoghi effettuati hanno individuato altre interessanti evidenze; nei campi posti a circa 200 m in direzione nord-est dal santuario del Frassine, sono stati rintracciati tratti di un sistema di canalizzazione realizzato con pietre, fistulae e grosse tegole sulla cui superficie è evidente uno strato di sedimentazione di colore chiaro che attesta il reiterato scorrere dell’acqua. Le caratteristiche dell’impasto e la tipologia delle tegole impiegate410, orienta la datazione di questa infrastruttura tra l’età arcaica e repubblicana; la presenza di un sito di età arcaica posto a poca distanza da questa canalizzazione, lascia aperta la possibilità che le due evidenze siano in qualche modo connesse. Circa la funzione del manufatto, conservato solo in minima parte, sulla base dell’orientamento si può ipotizzare che fosse finalizzato a convogliare l’acqua, proveniente dalla fonte vicina la chiesa, in direzione della struttura detta Cantina o Botte del Re, sopra menzionata. Le dimensioni e le caratteristiche costruttive di quest’ultima corrispondono a quanto riportato dal Targioni Tozzetti, e la datazione ad una fase pre medievale sembra del tutto plausibile411.

409 Si veda quanto già osservato a proposito dei materiali di Casetta Barrocciai alla nota 171. Per la descrizione del sito di Cugnano si veda la nota 350.

410Ciaghi 1993, pp. 201-206; come interessante confronto sugli elementi costitutivi e le caratteristiche tecniche di un acquedotto di età romana si veda Galoppini, Mazzanti, Menchelli, Taddei, Viresini 2003, dove vengono presentati i dati relativi al sistema di conduttura idrica individuato a Portus Pisanus. 411 Dallai 2006, p.263; Ponta 2009, p.38-39.

Tale sistema di gestione delle acque si sarebbe infine ricondotto all’edificio del Bagno del Re, attualmente inagibile e coperto da vegetazione, e per il quale dunque il survey non ha potuto aggiungere elementi significativi a quanto già descritto dalla fonti.

Un’ultima considerazione riguarda la struttura muraria, a forma di “L”, emersa a circa 200 m in direzione nord-est del Podere Casone; la fitta vegetazione riscontrata al momento del sopralluogo ha permesso di individuare soltanto le creste di due allineamenti murari, composti da bozze irregolari di dimensioni medio-grandi, tra loro perpendicolari. La scarsa visibilità ha condizionato fortemente la possibilità di ricostruire il perimetro e la tipologia di questa struttura che, in mancanza di reperti significativi associati, risulta di difficile interpretazione; tuttavia la localizzazione di rilievo, in corrispondenza dell'antico toponimo Casone del Re riportato dallo stesso Targioni Tozzetti412, suggerisce interessanti sviluppi interpretativi.

Il sito del Bagnaccio si struttura in due grandi concentrazioni intervallate dalla presenza di altre di dimensioni minori; esse restituiscono un quadro omogeneo di materiali ceramici e da costruzione la cui dinamica di distribuzione non consente distinzioni funzionali. . Un aspetto molto interessante riguarda proprio le produzioni ceramiche restituite da questi contesti, dal momento che la percentuale maggiore di frammenti conservati, e pertanto meglio definibili, è costituita da materiale di importazione proveniente dal nord Africa, inquadrabili nella maggioranza dei casi, tra la metà del IV e VI secolo con esemplari che raggiungono anche la prima metà del VII secolo. Questo dato testimonia come la tarda Antichità corrisponda, per questi due nuclei insediativi, ad una fase di occupazione stabile e ben organizzata durante la quale essi sono pienamente inseriti nei circuiti commerciali che consentono anche ai siti interni l’approvvigionamento di merci provenienti dalla provincia africana, romano-vandalica, secondo un modello già chiaramente delineato per i contesti territoriali confinanti413; come già osservato per altri siti della zona monterotondina, l’aspetto più rilevante consiste nella presenza di produzioni di VI-metà VII secolo che, come è noto, costituiscono un elemento distintivo per i siti di rango elevato 414.