REVISIONATI EDITI
NUOVE IDENTIFICAZIONI TOTALE SITI TARDOANTICHI/ALTOMEDIEVALI
Fig. 2. Sintesi grafica dei risultati del lavoro di revisione dei contesti ceramici dei comprensori analizzati Di questi, come si evince dal grafico, 16 sono localizzati nella Val di Cornia; in 8 casi è stato possibile definire più accuratamente la cronologia.
Per quanto riguarda la Val di Pecora e il Golfo di Follonica, è stato revisionato un campione di 58 siti, dei quali sono stati rintracciati e nuovamente analizzati tutti i materiali, su un record complessivo di 200, per i quali, al contrario, non è stato possibile verificare i dati di prima mano. Su 11 siti già attribuiti alle cronologie oggetto del progetto in 2 casi abbiamo potuto definire datazioni più precise, mentre per gli altri 9 la revisione ha confermato quanto già proposto in bibliografia.
Per il territorio di Roccastrada e dalla Val di Bruna sono stati rivisti i reperti di 145 siti; di questi 14 sono attribuiti alle cronologie oggetto del presente studio. La revisione ha confermato le datazioni proposte per 12 siti, mentre in 2 casi è stato possibile definirle più accuratamente.
Il survey effettuato nel comprensorio di Monterotondo Marittimo ha messo in luce la presenza di 14 siti con cronologie coerenti con quelle trattate in questa sede su un totale di 426 unità topografiche (UT) individuate. Le datazioni sono state tutte confermate.
Come appare evidente dal grafico, nonostante la Val di Cornia sia stata oggetto di numerose campagne topografiche, la revisione da noi effettuata ha portato ad un incremento significativo del numero di siti attribuibili al Tardoantico e primo alto Medioevo che passano da 8 a 16 evidenze (100%).
Anche negli altri territori abbiamo riscontrato incrementi, seppur quantitativamente minori; intorno al 15% del totale per il Golfo di Follonica, per la Val di Bruna, e per il territorio di Roccastrada, e non significativi
per i territori di Monterotondo Marittimo e Massa Marittima. In quest’ultimo caso la quasi totale assenza di siti analizzati mostrata dal grafico è riconducibile all’utilizzo di dati editi di recente acquisizione per i quali non si è proceduto non si è ritenuto di effettuare un nuovo studio diretto del materiale.
Gli elementi fisici peculiari del territorio
Dal lavoro di verifica dei reperti e dalla revisione dell’edito emergono alcuni tratti distintivi del territorio. Il primo è di carattere fisico: appare evidente che l’ossatura portante intorno alla quale si sviluppa il popolamento dell’epoca storica è costituita dalla valli dei principali corsi d’acqua che attraversano questa porzione delle Colline Metallifere grossetane; da nord verso sud essi sono rappresentanti dai fiumi Cornia, Pecora e Bruna
Da sempre queste vallate hanno costituito le vie naturali di collegamento fra la costa ed il suo entroterra, favorendo la nascita e lo sviluppo di un sistema socio-economico incentrato sui flussi di merci e di risorse. (Fig. 3)
Fig. 3. Struttura del paesaggio e direttrici principali.
Anche la maglia insediativa risulta fortemente condizionata dalla presenza di questi tre corridoi naturali; seppur caratterizzati da forti analogie geomorfologiche, dal punto di vista del popolamento antropico essi presentano invece elementi di differenziazione. Gli assetti insediativi mostrano infatti forti omogeneità tra le due valli centro settentrionali, ovvero quella del Pecora e del Cornia, ed una maggiore difformità per quanto riguarda la parte settentrionale della valle del Bruna, che corrisponde grossomodo alla porzione collinare del territorio di Roccastrada (Fig. 4).
L’elemento peculiare di questa porzione di territorio risiede in una sostanziale marginalità rispetto ai principali fenomeni che caratterizzano e definiscono il paesaggio populoniese. Come descritto nelle pagine precedenti, lo sviluppo insediativo dell’attuale territorio di Roccastrada viene collocato tra III e II secolo a.C., e vede il nuclearsi di abitati sparsi disposti nelle aree pianeggianti, talvolta organizzati in vici, e la quasi totale mancanza degli insediamenti di alto rango che caratterizzano invece il vicino comprensorio del Prile ed il populoniese. L’economia di questi abitati è legata a coltivazioni in estensione, facilitate dalla morfologia stessa del territorio, che favorirà nel tempo la formazione di veri e propri latifondi. I dati a disposizione attestano che con il I secolo d.C. il processo di spopolamento, già in atto dal I secolo a.C., si fece maggiormente incisivo, creando un divario sempre più evidente con le dinamiche socio-insediative osservate nelle altre due aree esaminate. Una prova concreta di tale tendenza è costituita dalla quasi totale mancanza di attestazioni di merci di importazione, diffusamente presenti invece nel comprensorio centro-
settentrionale. Con il II secolo le pianure risultano essere sempre più spopolate a favore di uno spostamento degli insediamenti verso le quote collinari, dove si svilupparono modesti nuclei abitativi che sopravviveranno in alcuni casi fino al VI-VII secolo.
Fig. 4. Visualizzazione dei siti indagati divisi per comprensorio di appartenenza. Le risorse
Alla forte vocazione agricola del territorio di Roccastrada (o alta Val di Bruna) sembra corrispondere anche una minore varietà di risorse, che è invece alla base dello sviluppo economico dell’area populoniese; se si escludono i giacimenti metalliferi del limite settentrionale del territorio di Roccastrada, (Roccatederighi e Poggio Mozzeta), sono il legname e l’argilla a costituire la materia più preziosa, nell’ottica di un sistema produttivo locale fortemente integrato. Più nello specifico, le fornaci da ceramica individuate sul sito di Montorsi, presentate nel cap. 4.3.7 avrebbero a lungo richiesto combustile e si sarebbero approvvigionate delle argille locali, sulle quali è ora in atto uno specifico studio di carattere archeometrico567.
Per quanto riguarda invece le valli del Pecora e del Cornia, le forme insediative della tarda Antichità e del primo Medioevo mostrano una forte omogeneità tra l’areale costiero ed il suo entroterra. Fin dall’epoca etrusca, ed ancor più dalla tarda Età Repubblicana, si definiscono le aree che per lungo tempo verranno insediate; si tratta di zone di pianura e primi rilievi collinari dove sorgono insediamenti medio-grandi, affiancati da una nuvola di nuclei minori ad essi collegati, posti perlopiù lungo gli assi viari principali che seguono il corso del Cornia e del Pecora.. L’attrattiva di questo comprensorio, dimostrata dallo sviluppo di una maglia insediativa che troverà il suo achmè durante l’alto e medio Impero, può essere ricondotta alla presenza di una pluralità di risorse disponibili nel territorio, sulla base delle quali si svilupperanno attività economiche diversificate. Argilla e sale (quest’ultimo impiegato anche all’interno delle attività di allevamento ittico) costituiscono le materie prime di facile reperimento lungo la fascia costiera; i ricchi giacimenti di ferro, piombo, argento, rame, allume, argilla, legname sono peculiari della fascia interna. Dalla revisione dei materiali effettuata per questa ricerca emerge con chiarezza come tra III e IV secolo si assista ad una progressiva contrazione dell’insediamento, e conseguentemente all’ accentramento in nuclei demici principali. Le grandi ville costiere, sorte ai limiti delle aree umide e lagunari, si definiscono, a partire 567 Per la descrizione delle evidenze individuate sul sito produttivo di Montorsi si veda 4.3.7.
da questo momento, come i centri di riferimento del territorio, ancora pienamente inseriti nei circuiti di distribuzione delle merci africane; queste ultime tra IV e V secolo registrano un decisivo incremento rispetto al secolo precedente, confermando conseguentemente la vitalità delle strutture portuali e dei circuiti di scambio interni al bacino del Mediterraneo. Vignale, Franciana, Casalvolpi, Macchialta, Cafaggio per la val di Cornia (siti descritti rispettivamente nei paragrafi 4.1.1, 4.1.2, 4.1.4, 4.1.5, 4.1.6); Sontrone, Puntone di Scarlino, La Pieve per la Val di Pecora (siti rispettivamente descritti ai paragrafi 4.2.7, 4.2.3, 4.2.5), non sembrano subire alcuna cesura relativa alla loro occupazione, ma anzi sembrano accentrare gli abitati minori che sorgevano intorno ad essi. E’ interessante notare come i siti appena menzionati si dispongano tutti lungo gli assi viari principali, suggerendo la continuità di utilizzo di questi ultimi; si tratta della via Aurelia e della Aemilia Scauri che attraversano con sviluppo nord-sud l’areale indagato (Fig. 3). Da esse si dipartono le direttrici che si inoltrano in direzione est-ovest verso l’entroterra, seguendo, come già detto, il corso dei fiumi.
I territori dell’interno
Riguardo alla zona interna, i dati ricavati evidenziano i medesimi fenomeni di selezione insediativa avvenuta durante la tarda Antichità lungo la costa; i siti maggiori divengono anche in questo caso i centri demici di riferimento; si tratta di nuclei posti in pianura, in stretta vicinanza con le vie di comunicazione o sulle prime pendici collinari, in prossimità di risorse strategiche. Tale tendenza emerge con chiarezza nel territorio di Monterotondo Marittimo che, come già ricordato, rappresenta un caso studio particolarmente fortunato; la freschezza dei dati acquisiti e trattati più di recente, unita alla relativa marginalità di questo comprensorio in epoca moderna, hanno permesso una migliore conservazione delle forme del paesaggio antico rispetto alla costa. Ciò ha permesso di definire qui meglio che altrove le tendenze insediative di lungo periodo e di verificarne l’esistenza anche nei territori limitrofi.
In quest’ottica, La Serraiola e Calzalunga che, come descritto nella pagine precedenti, si caratterizzano per una lunga diacronia di occupazione, vedrebbero proprio nella gestione dei flussi commerciali e dei prodotti di scambio attraverso il “corridoio” rappresentato dal fiume Cornia, la ragione della loro stabile persistenza, anche in seguito ai mutamenti politici intercorsi tra V e VI secolo568. La presenza delle ultime produzioni
africane su questi siti, seppure in quantità limitata, rappresenta un indizio dell’esistenza di tale sistema, imperniato sulle strutture portuali ancora in uso e su una rete di siti posti a distanze regolari lungo il corridoio stesso.
Castiglion Bernardi, Paterno, Ficarella e San Regolo, sorti nell’area di affioramento di preziose risorse quali l’allume, l’argilla, i solfuri misti, il legname e l’idrotermalismo, avrebbero avuto fin dalle loro origini, e ancor più nel momento di transizione tra la tarda Antichità e l’alto Medioevo, un ruolo diretto nella loro gestione569.
Come osservato per altri comprensori dell’Etruria centro-meridionale570, la riorganizzazione tardoimperiale
indusse ad una sorta di “specializzazione” dello sfruttamento a scala subregionale, tesa a valorizzare le diverse risorse locali; le aree dove erano disponibili materie prime importanti e competenze tecniche consolidate divennero centrali nell’ottica di conservare le condizioni che garantissero lo svolgersi di specifiche produzioni indispensabili all’economia del potere centrale. Tale intervento “centralizzato” determinò una vivacità demografica ed economica anche per i comprensori solo apparentemente più marginali, e l’arrivo di ceramiche di importazione ne costituisce una prova tangibile; il caso del territorio populoniese può essere ben inserito all’interno di tale tendenza.
Nell’ottica di un sistema incentrato sulla gestione congiunta di più risorse, dislocate tra costa ed entroterra, è possibile immaginare che, nel processo di razionalizzazione degli investimenti, alcune avessero pesato maggiormente rispetto ad altre; tra le principali possiamo annoverare il ferro, il piombo, lo stagno e forse anche l’allume. Lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, e del ferro in particolare, rientra pienamente nel quadro proposto di recente riguardo alla nuova vitalità economica che caratterizza Populonia e il suo territorionel V secolo, momento in cui a Lucca si registra la nascita di una fabbrica di armi 571.
568 Cfr. 4.3.1 e 4.3.2.
569 Per una descrizione più ampia delle caratteristiche insediative, dei materiali rinvenuti e delle risorse legate a questi siti si rimanda alle relative schede del cap. 4.3.
570 Un esempio molto puntuale è costituito dal territorio della Valle dell’Albegna, caratterizzato da una forte vocazione agropastorale ampiamente sfruttata durante il tardo Impero (Regoli 2002, pp. 218-221).
571 Gelichi 2016, p. 359-361. Inoltre è interessante ricordare il bisogno di reperire ferro mostrato da parte di Teodorico per fronteggiare la richiesta crescente di armi (Citter 1998, pp. 179-195).
I giacimenti polimetallici di Poggio Trifonti, in prossimità dei quali sorgeva Ficarella, o dell’area massetana, dove si trovavano gli abitati di Poggio Pozzalino e Marsiliana, e ancora le miniere del Campigliese, mettevano a disposizione una quantità rilevante di ferro e piombo. I monti del Campigliese, in particolare Monte Valerio, aggiungevano la possibilità di reperire stagno, altamente ricercato durante l’alto Medioevo per le produzione del bronzo. Quanto all’allume, preziosa e rara risorsa dai molteplici impieghi, è suggestivo pensare che lo sfruttamento di tale minerale fosse la ragione del tentativo estremo di conservare il controllo sulle strutture (difensive?) di Castiglion Bernardi e della sottostante cava, esercitato dal vescovo lucchese ancora nel X secolo, quando ormai il patrimonio vescovile nel Cornino si stava del tutto dissolvendo572 .
La produzione ceramica
Tra le risorse per le quali solo di recente si ipotizza un ruolo chiave nel sistema economico citato c’è anche l’argilla, ampiamente diffusa nel territorio. Dati interessanti provengono dal territorio di Monterotondo e più precisamente dal sito di Poggio alle Travi, dove il survey ha messo in luce tracce di attività produttive di epoca romana e tardoantica, legate appunto ad un notevole affioramento di argilla. Le analisi archeometriche condotte sugli impasti di un gruppo di ceramiche datate tra VIII e X secolo, provenienti dall’areale delle Colline Metallifere, hanno confermato una stretta corrispondenza con questa materia prima, rafforzando l’ipotesi del suo possibile impiego nella produzione acroma altomedioevale573.
In quest’ottica abbiamo ipotizzato che Paterno, sorto in una zona particolarmente favorevole all’insediamento ed all’agricoltura per la disponibilità di acqua e terreni coltivabili, potesse sfruttare anche le argille affioranti nelle immediate vicinanze. Il sistema di gestione delle risorse avrebbe dunque integrato l’agricoltura, come del resto confermano le carte altomedievali che citano l’omonima curtis, con le argille. La stessa lettura può essere data anche per l’ambito costiero, e più precisamente per i siti di Vignale e Podere San Giuseppe, dove le tracce di attività produttive e la presenza di ceramiche tardoantiche supportano l’ipotesi di un legame con le argille del giacimento di Riotorto; anche quest’ultimo, come il già citato affioramento monterotondino, ha infatti restituito analogie con gli impasti delle ceramiche altomedievali analizzate.
Il legname
Anche il legname dovette rivestire un ruolo non secondario nell’economia locale. E’ pacifico ritenere che le attività metallurgiche svolte sin dall’epoca etrusca nel populoniese richiedessero un rifornimento costante di combustile, a cui le colline boscose dell’entroterra potevano facilmente fare fronte. Sulla gestione del legname e del carbone, come osservato da Daniele Manacorda, si sarebbe fondata, a partire dall’epoca della romanizzazione, la fortuna di alcune famiglie senatorie che detenevano proprietà nel populoniese. Il passaggio nella zona del Frassine, cioè nel cuore dell’attuale territorio di Monterotondo, del principale asse viario di collegamento tra la costa populoniese e l’entroterra avrebbe contribuito all’ottimizzazione del sistema, veicolando sia i prodotti finiti che le materie prime (Fig. 3).
La maglia insediativa individuata nell’area del Frassine e di San Regolo (cfr. 4.3.4; 4.3.5), potrebbe essere collegata proprio a questo genere di attività. Come già ricordato, tracce di un legame tra bosco ed insediamento emergono dal toponimo altomedievale “Gualdo”, con cui nella terminologia longobarda si fa chiaro riferimento alla presenza di una foresta di pertinenza regia, erede di antiche proprietà fiscali che, dalla fine del VI secolo, vennero da essa assorbite574.
Il forte interesse mostrato da parte del re goto Teodorico nei confronti del legname, da reperire presso le proprietà dei privati e quelle regie575, costituirebbe un elemento di conferma dell’interesse per questa risorsa
da parte del potere centrale. I caratteri di stabilità ed unitarietà che contraddistinguono il sistema pubblico di gestione delle risorse fin qui delineato, garantirono la sopravvivenza e la vitalità economica di un numero significativo di siti posti tra la costa e l’entroterra per tutta la tarda Antichità e il primo alto Medioevo. Se è vero che le radici di questo sistema affondano nell’epoca tardorepubblicana, è altrettanto evidente che le tracce di una gestione unica e centralizzata risalgono alla riorganizzazione tardoimperiale576.
572 In merito si veda quanto già osservato per il sito di Castiglion Bernardi al paragfrafo 4.3.6.
573 A questo proposito si veda quanto descritto nel paragrafo “Le produzioni ceramiche” all’interno del capitolo 2, e al paragrafo 3.2.
574 Per questo specifico argomento si veda il capitolo 2 “La definizione del publicum e dei luoghi ad esso legati”.
Le grandi proprietà pubbliche
Riguardo alla possibile presenza di una grande proprietà imperiale nella val di Cornia, il caso di San Regolo e di Bagno del Re propone alcuni elementi di particolare rilievo; per quanto si tratti di notizie riportate da fonti agiografiche, la presenza nel Cornino di un esponente di alto rango quale era Regolo, unito alle notizie riportate dai documenti scritti, andrebbero a sostegno di tale ipotesi. I dati archeologici non registrano significativi mutamenti nel paesaggio antropico durante la fase gota; dal punto di vista fiscale sappiamo che si ebbero concessioni di grossi patrimoni fondiari, a volte solo temporanee, a favore di esponenti della famiglia del sovrano, della chiesa ariana e dell’élite gota. In questi casi però non si intaccò la proprietà privata senatoria confiscandone i beni, ma si attinse direttamente dal demanio pubblico, ovvero dal patrimonium regio che aveva assorbito i beni terrieri della res privata imperiale. Il centro amministrativo di San Regolo potrebbe rappresentare un buon esempio di come, a partire da una grande proprietà fiscale, un vasto territorio abbia mantenuto una fisionomia giuridica di natura pubblica fino all’età Longobarda. A favore di tale mantenimento è possibile che abbia pesato anche la presenza di sorgenti di acque termali, che costituiscono in moltissimi casi una risorsa di natura pubblica e sacra. Le analogie di carattere archeologico riscontrate tra il sito del Frassine-Bagno del Re ed il vicino San Regolo indicherebbero l’appartenenza al comprensorio unico di “Gualdo del Re”577. All’interno della medesima proprietà, che corrisponderebbe al
Cornino citato ancora dalle fonti documentarie lucchesi, sarebbero rientrati i siti costieri e dell’immediato entroterra vocati allo sfruttamento delle risorse locali e allo scambio dei prodotti interni al circuito costa- entroterra. L’appartenenza al sistema centralizzato sarebbe dimostrata dalla omogeneità delle tendenze insediative emerse per i “corridoi” della val di Cornia e della val di Pecora, diversamente da quanto osservato per i territori limitrofi. In quest’ottica, il territorio di Roccastrada, almeno nella porzione da noi analizzata, così come quello di Montieri rappresentano ottimi confronti al negativo, mostrando forti segnali di marginalità già in epoca imperiale resi ancor più evidenti nella fase tardoantica578. Se la lunga tenuta
insediativa dei grandi siti litoranei, e l’attestazione presso di essi delle produzioni più tarde di sigillata africana, potrebbero trovare confronti con altri comprensori costieri dell’Etruria579, il dato che nostro avviso
risulta essere particolarmente significativo è che tale modello si spinga fino ad un’area dell’entroterra con confini ben determinabili. Tale dinamica può essere letta, ancora una volta, come l’indicatore della presenza di una proprietà di carattere pubblico, imperiale prima e regio successivamente, e della volontà di mantenere il controllo di risorse attraverso un sistema integrato di gestione580.
576 I beni senatori o di pertinenza della Repubblica passati al fisco, contribuirono a definire il patrimonio controllato direttamente dall’imperatore. Dove presente, la proprietà pubblica svolse dunque un ruolo stabilizzatore contribuendo a potenziare e rendere immutata la vocazione produttiva di un territorio,
favorendo le condizioni necessarie per un circuito commerciale e la tenuta insediativa (Maiuro 2012, pp, 15- 17).
577 Per una ampia descrizione delle fonti disponibili si vedano i paragrafi 4.3.4; 4.3.5.
578 Siamo certi che l’avanzare delle ricerche condotte a Roselle e nel territorio circostante da un team di docenti e ricercatori del Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali dell’Ateneo senese, potrà fornire indicazioni interessanti riguardo alle dinamiche intercorse durante la tarda Antichità, in un areale confinante ma caratterizzato da sempre, da un assetto socio-economico differente da quello riscontrabile nel populoniese.
579 Pasquinucci Menchelli 2004, pp. 281-290. Tracce del medesimo trend si riscontrano nell’area costiera meridionale; l’area orientale dell’Ager Cosanus presenta una situazione simile con 10 grandi siti soggetti a stabile frequentazione caratterizzati da una significativa presenza di merci africane (TSA, produzione D) che attestano per la prima metà del VI secolo l’approvvigionamento di prodotti di importazione in un momento di forte riduzione dei commerci transmarini (Cambi 2002, pp. 246, Citter, 1994, pp. 194-196); per la zona grossetana si veda Vaccaro 2005, pp. 179-185.