3. I flussi di migrazione sanitaria in Calabria
3.3 Tre casi di fuga sanitaria: pediatria, oncologia, ortopedia
3.3.1 Il caso dell’oncologia
L’oncologia è l’area sanitaria con il tasso medio di fuga ospedaliera maggiore del 2015, pari al 40,1% relativamente ai DRG oncologici con volume di ricoveri complessivo superiore a 100. Difatti, nella tabella 4, riportata alla pagina successiva, sono stati prese in esame esclusivamente le prestazioni che hanno registrato un numero di pazienti calabresi in regime di ricovero ordinario superiore a 100, al fine di concentrare l’attenzione sui trattamenti sanitari più domandati. Per semplicità di lettura, sono stati riportati in tabella solamente i ricoveri totali e i ricoveri avvenuti in condizione di mobilità, ottenendo dal valore percentuale del loro rapporto il tasso di fuga sanitario per ciascun gruppo di diagnosi. Pima
Fonte: elaborazione dati SDO Descrizione DRG Ricoveri totali Ricoveri in mobilità Tasso di fuga Neoplasie del sistema nervoso con CC 1767 870 49,2 Neoplasie maligne di orecchio, naso, bocca e gola 15189 5667 37,3 Neoplasie dell'apparato respiratorio 4048 1531 37,8 Neoplasie maligne dell'apparato digerente con CC 35461 7918 22,3 Procedure diagnostiche epatobiliari per neoplasie maligne 8696 1660 19,1 Neoplasie maligne dell'apparato epatobiliare o del pancreas 2281 679 29,8 Fratture patologiche e neoplasie maligne del sistema muscolo-scheletrico e tessuto connettivo 11812 3578 30,3 Mastectomia totale per neoplasie maligne senza CC 256 120 46,9 Mastectomia subtotale per neoplasie maligne con CC 178 102 57,3 Biopsia della mammella e escissione locale non per neoplasie maligne 260 151 58,1 Neoplasie maligne della mammella con CC 2673 912 34,1 Neoplasie del rene e delle vie urinarie con CC 4677 1198 25,6 Neoplasie maligne apparato riproduttivo femminile con CC 363 231 63,6 Alterazioni mieloproliferative o neoplasie poco differenziate con interventi maggiori con CC 13063 2794 21,4 Alterazioni mieloproliferative o neoplasie poco differenziate con altri interventi 432 244 56,5 Anamnesi di neoplasia maligna senza endoscopia 3471 1445 41,6 Anamnesi di neoplasia maligna con endoscopia 231 72 31,2 Altre alterazioni mieloproliferative e neoplasie poco differenziate senza CC 105 24 22,9 Assistenza riabilitativa senza anamnesi di neoplasia maligna come diagnosi secondaria 536 191 35,6 Artrodesi verterbale eccetto cervicale con deviazione della colonna vertebrale o neoplasia maligna 16825 6444 38,3 Interventi per tumore maligno prostata: prostatectomia radicale 398 259 65,1 Interventi per tumore maligno laringe 101 68 67,3 Interventi per tumore mailgno colon in laparoscopia 148 86 58,1 Interventi per tumore maligno stomaco 219 113 51,6 Interventi per tumore mailgno polmone 232 215 92,7 Interventi per tumore maligno tiroide 215 143 66,5 Interventi per tumore maligno colon 690 224 32,5 Interventi per tumore maligno fegato 205 124 60,5 Interventi per tumore maligno vescica 118 63 53,4 Interventi sul testicolo per neoplasia maligna 5373 1441 26,8 Interventi sul testicolo non per neoplasie maligne, età > 17 anni 1000 245 24,5 Interventi sul testicolo non per neoplasie maligne, età < 18 anni 326 82 25,2 Altri interventi sull'apparato riproduttivo maschile per neoplasie maligne 1372 171 12,5 Interventi su utero e su annessi per neoplasie maligne non dell'ovaio o degli annessi senza CC 128 52 40,6 Interventi su utero e annessi per neoplasie maligne dell'ovaio o degli annessi 287 99 34,5 Interventi sulla mammella non per neoplasie maligne eccetto biopsia e escissione locale 325 123 37,8 Interventi su rene e uretere per neoplasia 7043 2393 34,0 Tabella 4
di procedere con la descrizione del contenuto della tabella, è bene precisare che la linea blu delimita i DRG più generici (visite diagnostiche, visite di controllo, interventi chirurgici minori) dalle prestazioni chirurgiche a più alta complessità, selezionate tra i tumori maggiormente trattati.
La mobilità sanitaria più elevata è registrata per gli interventi di contrasto al tumore del polmone, con un tasso di fuga del 92, 7%, praticamente la totalità dei pazienti affetti da tale patologia. Dai dati contenuti nel Piano Nazionale Esiti dell’AGENAS, risulta che le mete più scelte per l’intervento al polmone da parte dei cittadini calabresi sono il Centro Catanese di Oncologia “Humanitas” e l’IRCCS Ospedale “San Raffaele” di Milano. Per il trattamento chirurgico del tumore maligno alla laringe, invece, che presenta il secondo maggior tasso di fuga (67,3%), le strutture più accreditate sono l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e l’Ospedale “Fatebenefratelli” di Roma. Anche i ricoveri per tumore maligno alla tiroide, con un tasso di fuga superiore al 65%, sono diretti principalmente a Pisa: il 21,9% di pazienti sono stati operati dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Di contro, riguardo gli interventi per tumore maligno alla prostata, che presenta una mobilità al 65,1%, i pazienti si dirigono in diverse strutture di cura, non essendovene una in particolare con un’elevata concentrazione di ricoverati provenienti dalla Calabria.
Portando l’attenzione sulle neoplasie che colpiscono le donne, il trattamento del cancro all’apparato riproduttivo femminile registra una fuga considerevole, pari al 63,6% delle pazienti. Inferiore, ma pur sempre drammatica è la mobilità relativa alla mastectomia per neoplasie maligne, che ammonta al 46,9%, e agli interventi di contrasto a neoplasie maligne dell’ovaio (o annessi), che riguarda 4 pazienti su 10. Per questo tipo di interventi le destinazioni preferite dalle pazienti residenti in Calabria sono il Policlinico “Gemelli” di Roma e l’Istituto Europeo di Oncologia (IRCCS) di Milano.
Riguardo ai DRG più trattati (volume totale di ricoveri superiore a 1.000), la mobilità maggiore è registrata dalle prestazioni per i tumori del sistema nervoso, con un tasso di fuga pari al 49,2%; seguono l’anamnesi di neoplasia maligna senza endoscopia, con una fuga del 41,6%, e il trattamento di neoplasie dell’apparato respiratorio, la cui mobilità supera il 37%.
Al contrario, le diagnosi relative a neoplasie del fegato e delle vie biliari (procedure diagnostiche epatobiliari per neoplasie maligne), presentano una mobilità contenuta, pari al 19,1%, per via dell’elevata attrattività registrata dall’Unità Operativa di Epatologia dell’Azienda Ospedaliera “Mater Domini” di Catanzaro, che, in collaborazione con
l’“Università Magna Graecia”, contribuisce all’eccellente opera di ricerca svolta dal Centro per lo Studio e la Terapia delle Malattie del Fegato.
Seguendo la metodologia descritta nel paragrafo 3.3, i dati sulla mobilità oncologica appena trattati sono stati mostrati al Dottor. Schito, Direttore dell’Unità Operativa di Oncologia dell’Ospedale Civile “Ferrari” di Castrovillari e impegnato in prima fila in diverse iniziative di volontariato per l’assistenza dei malati terminali. Naturalmente, simili tassi di emigrazione non hanno sorpreso il Dottore che, in molti casi ha dovuto, lui per primo, indirizzare oltre regione i propri pazienti. In particolare, non è sembrato colpito dai tassi di fuga per i trattamenti di contrasto al tumore della mammella, che, secondo le stime dell’Associazione Italiana Registro Tumori, è la neoplasia più diagnosticata e la prima causa di morte per tumore nelle donne (con 11.939 decessi nel 2013). Come fa notare il Dottor. Schito una delle maggiori cause dell’emigrazione dei malati oncologici dalla Calabria è l’insufficienza delle apparecchiature diagnostiche, riportando proprio un esempio relativo alla carenza delle tecnologie di diagnosi per il cancro alla mammella. Trattandosi di strumenti tecnici, se ne tratterà impiegando una terminologia non proprio usuale per i non addetti ai lavori; ma si ritiene necessario farvi riferimento per via della gravità dello stato di abbandono in cui versano i reparti oncologici regionali, talvolta privi dei dispositivi medici basilari. Uno di questi è il mammotome, un esame di carattere ambulatoriale, che consente di prelevare del tessuto mammario da sottoporre ad esame istologico con una tecnica minimamente invasiva, dunque, alternativa alla tradizionale biopsia chirurgica. Ebbene, il Dottor. Schito dichiara che nessun ambulatorio del distretto e, a suo avviso, del territorio di Cosenza e Catanzaro offre una prestazione simile, nonostante abbia memoria di diversi milioni di euro stanziati per l’acquisto di nove mammotomi da parte del SSR, che, di fatto, non è mai avvenuto. In effetti, ricercando sul web questo tipo di servizio, solo il reparto di chirurgia generale dell’Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria pare offrire la prestazione.
Oltre al mammotome, un altro strumento essenziale che riguarda, però, il paziente cui già si è diagnosticato un tumore alla mammella, ma del quale si deve definire lo stadio, dunque la prognosi, è la scintigrafia per la ricerca del linfonodo sentinella. Trattasi di un esame che consente di identificare il linfonodo ascellare più vicino alla neoplasia, al fine di guidare il chirurgo nella sua asportazione e individuare il percorso che il tumore sta seguendo, prevenendone la diffusione. Anche in questo caso, come suggerito dal Dottore, e confermato,
poi, dalla ricerca sui siti istituzionali, non vi sono strutture che erogano la prestazione in tutta la regione.
Un ulteriore grave carenza cui ha fatto riferimento l’esperto è lo scarso impego dei test genetici che potrebbero rappresentare per il medico la migliore forma di ausilio diagnostico per la prevenzione delle malattie oncologiche, neurodegenerative e cardiovascolari. Nel dettaglio, i test più affidabili consentono di accertare la presenza dei geni
BRCA1 e BRCA2 (del cancro del seno e dell’ovaio) e il gene Ret (del tumore alla tiroide) con
una probabilità di sicurezza del 50%-80%. Naturalmente, con la sola AO di Cosenza che presenta questa tecnologia, è facile che molti soggetti che intendano effettuare il test decidano di recarsi altrove, fermandosi nella struttura in cui si sono sottoposti all’esame diagnostico anche in seguito, per l’eventuale terapia. Come per i test genetici, anche per tutti gli altri sistemi di inquadramento diagnostico, il paziente, una volta emigrato per l’esperimento di questa prima fase del percorso di cura, inevitabilmente, tende a restare nel presidio in cui è avvenuta la prima accoglienza.
Seguendo nell’esame dei fattori che alimentano la mobilità per l’area oncologica, il Dottor. Schito individua tra questi l’inadeguatezza dei reparti per la fase chirurgica della terapia di contrasto al tumore. Come sottolineato dal Primario, mancano le apparecchiature, le equipe di chirurghi con specifiche competenze in chirurgia oncologica e, talvolta, scarseggiano proprio i luoghi fisici per operare in condizioni di sicurezza per il paziente. Oltre a ciò, l’aspetto più grave della mobilità interregionale del paziente oncologico è che, spesso, quest’ultima si trasforma in un vero e proprio trasferimento a lungo termine nel luogo in cui il soggetto ha ottenuto il trattamento medico-chirurgico, per via della carenza di strutture preposte alla degenza. Secondo il Dottore, l’assistenza ospedaliera e territoriale del malato affetto da neoplasie è assolutamente sottodimensionata, al punto che le uniche strutture di accoglienza dei soggetti che non sono autosufficienti nel corso della degenza sono private e, comunque, non risultano specializzate nel trattamento di questa particolare tipologia di paziente153.
153 Il DCA n. 10 del 02/04/2015, avente ad oggetto l’approvazione della Rete Oncologica Calabrese Hub e
Spoke ad Integrazione Territoriale, precisa che, per quanto riguarda la dotazione di posti letto di oncologia medica, dal censimento del 2014, risultano 72 p.l. di degenza ordinaria e 91 p.l. di day hospital, per un totale di 163 p.l., pari ad 8,3 posti in media per 100.000 abitanti. Dunque, la media regionale, di fatto, supera quella nazionale, paria a 6,7 posti per 100.000 abitanti, tuttavia, non esistono posti letto oncologici per riabilitazione e lungodegenza.
Oltre al settore privato, anche il volontariato prova a sopperire alla deficitaria assistenza pubblica. A riguardo, il Dottore riporta un’esperienza che lo ha visto direttamente coinvolto assieme all’associazione di volontariato “La Mongolfiera” nel piccolo Comune di Terranova da Sibari (CS), in cui, con delibera del Sindaco, è stata finanziata l’assistenza domiciliare dei pazienti terminali che ne avrebbero fatto richiesta. Il programma in questione garantisce annualmente al paziente dai due ai cinque interventi medici, otto interventi infermieristici, otto interventi di operatori sociosanitari, quattro visite da parte di un nutrizionista e due appuntamenti di consulenza con un assistente spirituale e un assistente alla fisicità, tutto ciò al costo simbolico di 3 euro a prestazione. Paradossalmente, però, al Comune non è pervenuta alcuna richiesta di accesso al programma, pur essendo comprovata la presenza di malati oncologici all’interno della piccola comunità locale. Ciò dimostra, a detta del Dottore, che i pazienti oncologici, anche quelli in fase terminale, preferiscono trasferirsi stabilmente in strutture extraregionali, arrivando a diffidare delle poche, ma potenzialmente efficaci, iniziative assistenziali del territorio d’origine.
Infine, si è chiesto al Dottor. Schito secondo quali modalità il paziente oncologico è indirizzato verso altri istituti, quando non è possibile garantire un trattamento adeguato all’interno della struttura ospedaliera. Il Dottore ha specificato che non esiste una metodologia precisa, nonostante egli tenda a seguire dei criteri specifici. Difatti, se possibile, egli predilige gestire il caso all’interno del territorio dell’ASP, altrimenti nella AO più vicina, proseguendo, poi, con le strutture del Servizio Regionale e, solo in ultima istanza, si indica una struttura extraregionale. Naturalmente, nonostante, per quanto possibile, si tenda a trattenere all’interno delle strutture regionali il paziente, il medico è tenuto alla massima franchezza nei riguardi di quest’ultimo, informandolo con precisione dei volumi di ricovero delle strutture, dunque dell’esperienza, e della presenza di centri d’ eccellenza in altre regioni.
La scelta dell’istituto di cura verso cui viene indirizzato il paziente dipende da alcuni fattori primari secondo il metodo seguito dal Dottor. Schito, come il volume della refertazione, i tempi di attesa e i tempi di risposta. Di questi dati il medico viene a conoscenza mediante i contributi informativi forniti dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica e da rapporti informali intrattenuti con altri medici. Dunque, ciascun medico costruisce in modo autonomo la propria rete di conoscenze in base alla quale veicolare il paziente nel suo percorso di cura, non essendo previsto alcun sistema istituzionale di raccordo e informazione a livello regionale o nazionale. Il che dimostra l’assenza di una strategia regionale e nazionale
di orientamento del paziente, sulla base delle esigenze del malato e, al contempo, delle capacità ricettive delle strutture di ricovero. Definire linee guida univoche per la collocazione del paziente, ove possibile, in ospedali del SSR potrebbe realmente ridimensionare il fenomeno migratorio; di contro, qualora la mobilità dovesse risultare l’unica scelta plausibile, prevedere dei programmi che notifichino sistematicamente al medico il volume dei ricoveri, i tempi di attesa, i tempi di risposta, il sovraffollamento delle strutture e il livello delle tecnologie, razionalizzerebbe la mobilità inevitabile, rendendola sostenibile.