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4. L’impatto della mobilità sulla politica sanitaria regionale

4.1 La Rete Oncologica Regionale

quel processo formativo indispensabile per un reparto istituito così recentemente.

Infine, il “Documento di riorganizzazione della rete ospedaliera” cita la possibilità di prevedere accordi di gestione della mobilità di confine con le regioni interessate. La Calabria, infatti, è una delle poche che ancora non ha provveduto alla sottoscrizione di accordi quadro con le regioni limitrofe. Effettivamente, nonostante venga concluso annualmente da tutte le regioni un accordo per la compensazione della mobilità sanitaria, disporre specifiche intese con le regioni di confine, consentirebbe di concordare politiche tariffarie commisurate alle esigenze di ciascun ente e di impiegare efficientemente le strutture disponibili al confine tra una regione e l’altra.

4.1 LA RETE ONCOLOGICA REGIONALE

Tra gli interventi di policy individuati dal “Documento di riorganizzazione della reta ospedaliera” per il contenimento della mobilità passiva vi era l’attivazione della Rete Oncologica regionale163: un programma dalla struttura, almeno sulla carta, chiaramente e dettagliatamente definita. La previsione di un sistema integrato di cura del paziente oncologico deriva dall’estremo incremento delle patologie oncologiche in regione e dalle particolari esigenze di questa tipologia di paziente; di frequente, infatti, egli necessita di essere seguito per un lungo periodo di tempo, secondo diversi livelli di assistenza e di intensità di cura a seconda della fase della malattia. Per questo, è emerso un bisogno crescente di coordinamento, organizzazione e multidisciplinarietà intra-aziendale e inter-aziendale dei professionisti e delle unità operative oncologiche su scala regionale.

La riorganizzazione dell’offerta sanitaria relativa all’area oncologica segue due principi fondamentali: il soddisfacimento dei bisogni del paziente e la valorizzazione dei professionisti medici e infermieristici di reparto. Tenendo conto delle premesse da cui muove l’intero progetto, andiamo ad esaminare il modello organizzativo seguito per la Rete Oncologica.

163 Approvata con DCA n. 10 del 02/04/2015, avente ad oggetto “approvazione Rete Oncologica Calabrese Hub

Lo spazio regionale è stato suddiviso in tre Aree geografiche, Nord (Cosenza), Centro (Catanzaro, Crotone, Vibo Valentia) e Sud (Reggio Calabria), ognuna delle quali è dotata di un Coordinamento Oncologico di Area. Nel Coordinamento di Area rientrano tutti gli erogatori di servizi oncologici che insistono sul territorio, suddivisi per livelli: Hub, Spoke e Centri di offerta territoriali. Gli Hub (AO “Annunziata” di Cosenza, AO “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro e AO “Bianchi-Melacrino” di Reggio Calabria), in cui hanno sede le strutture di Coordinamento Oncologico, garantiscono funzioni di alta specializzazione, come la chirurgia oncologica, la radioterapia, la medicina nucleare, la fisica medica e molte altre. Gli

Spoke164, invece, svolgono attività di primo livello, come prima accoglienza, ricovero in day

hospital, diagnostica per immagini e terapia palliative. Tuttavia, sia Hub che Spoke (questi ultimi, talvolta, si avvalgono di figure professionali degli Hub di riferimento) si occupano della formulazione del Piano Assistenziale Individuale (PAI) per i pazienti oncologici: gruppi multidisciplinari, diretti dallo specialista le cui competenze sono maggiormente richieste per il trattamento del caso clinico in specie, individuano i percorsi diagnostici e terapeutici più adatti ai pazienti, garantendo loro continuità assistenziale nel tempo. Difatti, i professionisti compresi nel case management provvedono a mettere in contatto il paziente con tutti gli erogatori di prestazioni di cui potrebbe necessitare nel corso della terapia: medici oncologi ospedalieri, assistenza domiciliare oncologica, rete delle cure palliative, uffici preposti alla distribuzione di dispositivi o prodotti a domicilio; inoltre, il case management è responsabile di un servizio telefonico costantemente attivo cui il paziente può rivolgersi in caso di bisogno. In sintesi, con il PAI si accoglie il paziente e lo si indirizza verso un percorso di cura personalizzato, commisurato al proprio stato clinico.

I Centri di offerta territoriali sono, invece, chiamati a svolgere attività di bassa complessità, come procedure diagnostiche routinarie o follow up dei pazienti oncologici, secondo le indicazioni del case management dei centri Hub e Spoke. In realtà, l’assistenza territoriale-distrettuale, per quanto sussidiaria all’assistenza ospedaliera, risulta essenziale nel sistema della Rete Oncologica regionale, poiché competente a garantire la continuità dei processi di cura nel passaggio dal territorio all’ospedale e dall’ospedale al territorio, anche sfruttando la collaborazione di attori esterni al settore sanitario (come assistenti sociali, comuni, volontariato e terzo settore in genere).

164 Per l’Area Nord abbiamo lo Spoke Castrovillari, Rossano-Corigliano e Cetraro-Paola; per l’Area Centro

troviamo lo Spoke Crotone (KR), Lamezia Terme (CZ), Fondazione Tommaso Campanella (CZ), Jazzolino (VV), Tropea (VV); infine, per l’Area Sud abbiamo il solo Spoke Locri.

Nel modello organizzativo della Rete Oncologica troviamo, peraltro, i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), prodotti dai Coordinamenti di Area. Si tratta di interventi volti a determinare, sulla base delle migliori pratiche ed evidenze scientifiche, le fasi del processo di assistenza per gruppi specifici di pazienti. La riorganizzazione e standardizzazione dei processi di cura consente, da un lato, di ridurre la variabilità dei percorsi, in modo da monitorarne l’impatto clinico ed economico, dall’altro, di disporre di percorsi diagnostico-terapeutici completi e differenziati a seconda delle condizioni del paziente. Il modello indica le fasi che dovranno essere prese in esame per la definizione del PDTA per ogni singola patologia: screening oncologici, sospetto diagnostico, accertamento diagnostico, trattamento, stadi iniziali, malattia localmente avanzata, malattia metastatica,

follow up, cure palliative/hospice. Inoltre, per ciascun PDTA si sarebbero dovuti prevedere

adeguati indicatori di processo e outcome (con i relativi standard), in quanto oggetto di valutazione della performance dei Direttori Generali, dei Direttori delle Unità Operative di Coordinamento e dei Dipartimenti aziendali, ove presenti.

Il quadro appena delineato descriverebbe un sistema di assistenza del paziente oncologico adeguato o, comunque, non disastroso come quello descritto nel paragrafo 3.3.1 dal Dottore Schito. Tuttavia, come spesso accade, tra l’ideazione del disegno di policy e la concreta implementazione di quest’ultimo passano anni, ovvero addirittura interviene una nuova proposta di policy che rende vana la precedente. Nel caso della Rete Oncologica, il modello si può dire non essere mai stato concretamente attivato. Il DCA di approvazione del programma, datato 2 aprile 2015, indicava tempistiche di attuazione ben precise: entro 30 giorni dovevano essere istituiti i Coordinamenti Regionali e d’Area, entro 60 giorni dovevano essere costitute presso Hub e Spoke le Unità di valutazione multidisciplinari oncologiche, entro sei mesi dovevano definirsi i Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali e, infine, annualmente sarebbe stato necessario rivedere il modello organizzativo, sulla base della valutazione dell’attività oncologica svolta dai soggetti erogatori della rete. Ebbene, la Sezione Regionale calabrese dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica ha monitorato i passaggi operativi di attuazione della Rete Oncologica165. Secondo quanto indicato nel report, a giugno del 2015 il Dipartimento di Tutela della Salute ha assegnato ai tre Coordinatori di Area il compito di definire la rete della rispettiva zona di responsabilità; ad

165 P. Tagliaferri, U.O. Oncologia Medica AO “Mater Domini” Catanzaro, Le reti oncologiche regionali:

situazione attuale, problematiche, prospettive. Le problematiche della mancanza di una Rete, Associazione Italiana di Oncologia Medica, Sezione Regione Calabria, 20 ottobre 2016.

ottobre del 2015 un solo Hub su tre ha individuato la propria Unità di valutazione multidisciplinare oncologica (il termine scadeva a giugno); ad oggi in nessuna area è stato definito integralmente e reso operativo almeno un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (il termine scadeva ad ottobre 2015). Inoltre, come anticipato dalle parole del Dottore Schito, non è ancora stata realizzata alcuna forma di integrazione tra l’assistenza ospedaliera e le forme di assistenza oncologica territoriale, come l’assistenza domiciliare e gli hospice.

Ad ogni modo, il caso della Rete Oncologica è solo uno tra tanti. Anche il Documento di riorganizzazione della rete ospedaliera, il PDTA tiroide, la Rete del sistema trasfusionale e la Rete delle cure palliative ed Hospice sembrano solo buoni propositi che non vedranno mai luce. Un forte vincolo all’implementazione di simili programmi è l’incapacità di coordinamento tra i diversi livelli e apparati amministrativi coinvolti (Struttura commissariale, Dipartimento di Tutela della Salute, ASP, “Aree geografiche”, Hub, Spoke e Centri di offerta territoriali). Si pensi, ad esempio, alle divergenze che insistono, di frequente, tra l’indirizzo politico del commissario ad acta, nominato dal governo nazionale, e quello dei dirigenti delle Aziende Sanitarie, nominati dal Presidente di regione. D’altra parte, il contesto politico, socioeconomico e culturale in cui si dovrebbero attivare le politiche

pubbliche certamente non contribuisce positivamente alla loro riuscita166. La propensione da

parte della classe dirigente a conservare lo status quo, nel tentativo di non intaccare interessi locali consolidati, l’assopita coscienza politica di una popolazione che è, ormai, indifferente al degrado del sistema di salute regionale e una struttura economica arretrata sono tutti fattori che influenzano e, di conseguenza, complicano, le “modalità attuative”167 delle politiche sanitarie in programma.

166 Così A. La Spina e E. Espa, Analisi e Valutazione delle politiche pubbliche, il Mulino, Bologna, 2011, pp.

69-71.