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Le motivazioni dell’emigrazione sanitaria: chi e cosa muove il paziente nella scelta del

2. La consultazione come strumento di coinvolgimento e metodo di indagine per la

2.3 Le motivazioni dell’emigrazione sanitaria: chi e cosa muove il paziente nella scelta del

Ricorrendo alle tipologie della mobilità sanitaria illustrate nel Capitolo 1, il paragrafo precedente ci restituisce un quadro dominato da casi di mobilità volontaria, ascrivibili ad una scelta più o meno autonoma dei pazienti, i quali, ritenendo indisponibile o inadeguato il servizio offerto dalle strutture regionali hanno scelto di recarsi altrove. Tuttavia, come ribadito più volte, non tutta la mobilità volontaria è da considerarsi dannosa. Due dei ricoveri extraregionali sopradescritti, difatti, sono riconducibili alla categoria della mobilità fisiologica, in cui sono ricompresi tutti i casi di emigrazione sanitaria dovuti alla cura di patologie rare (Paziente 12) o alla volontà del paziente di affidarsi a centri di altissima specializzazione in grado di trattare efficacemente le patologie più gravi e gli stadi più acuti (Paziente 9). Nella fattispecie, il Paziente 12 ha riferito di essere stato indirizzato fuori regione direttamente dal responsabile del reparto di radiologia in cui aveva eseguito i primi accertamenti diagnostici, data l’assenza in Regione di un centro adeguato al trattamento della patologia di cui era affetto. Allo stesso modo, il Paziente 9 ha deciso di rivolgersi ad un centro di riferimento nazionale per il trattamento delle infezioni osteoarticolari su indicazione del medico dell’ospedale regionale presso cui era in cura. In tali casi, l’offerta di prestazioni iper-specializzate da parte di pochi centri selezionati consente di sfruttare i vantaggi derivanti dalle economie di scala della produzione di servizi sanitari e garantire un’assistenza di elevata qualità. Nei restanti casi, tuttavia, la mobilità può considerarsi elettiva, dunque evitabile, trattandosi di ricoveri relativi a prestazioni di medio-bassa complessità disponibili sul territorio regionale, ma non ritenute sufficientemente affidabili.

Premettendo che la decisione di emigrare per la salute dipenda di rado da un solo fattore causale, la consultazione ha permesso di individuare tre aree di motivazioni della scelta migratoria: l’area della qualità, in cui rientra la ricerca di una migliore qualità dei medici, delle tecnologie e delle strutture sanitarie; l’area dell’adeguatezza, che comprende i ricoveri avvenuti fuori regione per via dell’impossibilità di ottenere le opportune prestazioni nel proprio ospedale; l’area logistica, che si riferisce al tentativo di minimizzare i disagi correlati al trasferimento, usufruendo della presenza di un familiare/amico in zona e/o della conoscenza di un medico nella struttura ospitante. Chiaramente, trattandosi di interviste

semi-strutturate i pazienti hanno potuto esprimere liberamente una o più motivazioni appartenenti anche ad aree differenti.

L’area della qualità risulta valida per otto pazienti su undici (escludendo i due episodi di mobilità fisiologica). Nella totalità dei casi la ricerca di medici competenti e professionali è stata indicata come primo fattore causale della mobilità sanitaria. Seguono, in ordine, la qualità delle strutture, valida come seconda motivazione per tre pazienti su undici, e l’uso di tecniche all’avanguardia, che ha contribuito alla scelta migratoria di un solo intervistato. Secondo quanto emerso dalla consultazione, la ricerca di uno standard delle prestazioni superiore a quello offerto in Regione trae origine, talvolta, da una pregressa esperienza negativa presso un presidio regionale, talaltra, da una diffidenza generalizzata nei riguardi del Servizio Sanitario della Calabria, fondata sulla negativa reputazione delle strutture e del personale, nonché, più specificatamente, sugli episodi di malasanità succedutisi negli anni. Tre pazienti su undici, infatti, hanno dichiarato di aver cercato un secondo parere medico poiché insoddisfatti dell’assistenza ricevuta nelle strutture regionali. In particolare, il

Paziente 2 ha attribuito la propria scelta alla scarsa intraprendenza dei medici e

all’atteggiamento di rassegnazione mostrato dall’intera équipe curante nei riguardi della propria malattia. Nel caso della Paziente 5, invece, il genitore che ha riferito sull’esperienza dichiarava di aver optato per un ulteriore consulto fuori regione non tanto per la dubbia competenza dei medici, quanto più per la scarsa umanità con cui veniva assistita la paziente. «Non mi avevano fatto una buona impressione, per cui non mi sono fidato e ho preferito ascoltare un altro parere» ha dichiarato l’intervistato, ammettendo, poi, di aver ricevuto dalla struttura ospitante la medesima diagnosi cui erano giunti i medici del proprio ospedale. Nel complesso, il resto dei pazienti cha ha deciso di migrare alla ricerca di una migliore qualità delle prestazioni, pur non avendo vissuto direttamente un’esperienza di ricovero traumatica, nutriva qualche riserva sulla capacità delle strutture del territorio di affrontare efficacemente la propria particolare patologia. Ad esempio, la Paziente 8 ha dichiarato: «Mi sentivo più sicura andando via, più a mio agio», lasciando intendere che quella di migrare per lei era l’unica opzione ammissibile. Allo stesso modo, nel caso della Paziente 10 i genitori hanno deciso di affidarsi ad una struttura extraregionale senza alcuna esitazione. «Se ne sentono dire tante. Non ce la siamo sentiti di fidarci» così, durante l’intervista, il genitore della paziente rifletteva sulla decisione di andare fuori dalla Calabria.

Segue l’area dell’adeguatezza, che attiene all’impossibilità o alla difficoltà di ottenere le prestazioni richieste presso il proprio ospedale. Ad essa fanno riferimento tre intervistati su undici. Chiaramente, la valutazione dell’inattuabilità di un’assistenza sanitaria adeguata al proprio caso clinico presso una struttura regionale è, inevitabilmente, condizionata dal giudizio del paziente e dalle informazioni di cui esso dispone. È altresì vero che in tutti e tre i casi la decisione di affidarsi ad un presidio extraregionale è stata avallata, se non addirittura incoraggiata, dai medici locali (medici di base, specialisti, medici ospedalieri) che avevano in cura i pazienti. Tuttavia, come ribadito più volte nel precedente capitolo, non sempre i medici sono a conoscenza delle prestazioni offerte sull’intero territorio regionale. Dunque, in tutti e tre i casi non è detto che i servizi ottenuti tramite ricoveri extraregionali non fossero realmente disponibili negli ospedali regionali. Ad ogni modo, quel che conta è che i pazienti in questione abbiano vissuto l’opzione migratoria come una scelta obbligata, sperimentando la presunta o effettiva inadeguatezza dell’offerta sanitaria regionale.

Infine, l’area logistica riguarda le esperienze di mobilità sanitaria condizionate dal tentativo di ridurre gli inconvenienti pratici correlati alle cure extraregionali. Dalle interviste è emerso che per quattro pazienti su undici la presenza di un familiare o di un amico in zona è stato un fattore determinante nella scelta della struttura sanitaria. L’ospitalità, la conoscenza del territorio e la possibilità di ottenere con più facilità informazioni mediche e/o organizzative sono indubbiamente fattori logistici che agevolano l’esperienza migratoria. Tuttavia, la scelta del luogo di cura è affare ben diverso dalla decisione di emigrare. Difatti, la presenza di una persona di riferimento nella zona di ricovero non rappresenta in nessun caso (all’interno del nostro campione) la motivazione primaria della mobilità sanitaria; semmai essa contribuisce ad orientare la scelta dei pazienti tra una pluralità di strutture sanitarie parimenti qualificate.

Concludendo sulle motivazioni della mobilità sanitaria, un’analisi complessiva del campione suggerisce che la decisione di migrare sia primariamente legata alla ricerca di prestazioni sanitarie altamente qualificate. Difatti, risulta piuttosto incerto il confine tra l’ambito della qualità e quello dell’adeguatezza: la convinzione di non poter ottenere un certo tipo di prestazione all’interno della propria regione è fortemente condizionata dalla certezza di trovare un trattamento migliore altrove. In più, l’area logistica riguarda essenzialmente la scelta del luogo di cura, non incidendo direttamente sulla decisione migratoria.

Un altro aspetto della scelta migratoria affrontato nel corso delle interviste è la fonte (persona o strumento informativo) che ha orientato il paziente nella scelta della struttura sanitaria. È evidente che l’opzione migratoria costituisca una scelta informata, basata sulla conoscenza dell’offerta sanitaria locale e nazionale di cui dispone un soggetto. Nel nostro caso otto pazienti su tredici hanno valutato la possibilità di recarsi in un ospedale al di fuori della regione di residenza dietro consiglio di un professionista sanitario. Ad esempio, il

Paziente 1 è stato indirizzato dal fisioterapista presso cui era in cura in seguito al trauma

subito, mentre la Paziente 6 ha scelto, sulla base delle proprie esigenze, uno tra i tanti ospedali indicati dal proprio oculista di fiducia. Il resto del campione ha, invece, seguito i pareri di familiari e amici nella scelta del luogo di cura. In alcuni casi commenti e giudizi positivi derivano da esperienze vissute personalmente da questi ultimi all’interno delle strutture sanitarie, in altri si basano più semplicemente sul “sentito dire”. Ad ogni modo, nessuno degli intervistati ha dichiarato di essersi informato tramite il web, confermando la centralità del medico di riferimento e della rete di conoscenze interpersonali nella scelta della struttura ospitante.