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Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 80-87)

2 L’ANTIGIURIDICITÀ: CATEGORIA RICOSTRUITA ALLA LUCE DELL’INTERO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO DELL’INTERO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO

2.4 Categorie analoghe

L’esame della collocazione nella struttura del reato del fondamento e degli effetti della cause di giustificazione consente di definirle come “circostanze” in presenza delle quali una condotta, pur integrando gli estremi di un reato, non presenta per l’ordinamento carattere illecito e non può quindi essere sanzionata. Si tratta dunque di circostanze di carattere oggettivo321, poiché attengono alla qualificazione del fatto tipico; non possono tuttavia essere definite come elementi costitutivi del reato, dal momento che il

318 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

319 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

320 Più problematica è invece la neo-introdotta indennità nelle ipotesi di eccesso colposo verificatosi in una situazione di legittima difesa c.d. domiciliare, che consegue ad una condotta illecita, in quanto colposa e non scriminata, e tuttavia presenta natura indennitaria e non di risarcimento del danno. F.

Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op.

cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

321 Il carattere oggettivo delle cause di giustificazione incide sulla possibilità di estenderle ai concorrenti nel medesimo reato, ai sensi dell’art. 119 c.p., il quale al secondo comma prevede che “Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato”. Pertanto, se il fatto commesso da più persone in concorso tra loro è realizzato in presenza di una scriminante, ne beneficerà ciascun concorrente. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

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perfezionamento della fattispecie criminosa, intesa come fatto tipico, antigiuridico e colpevole, secondo l’impostazione tripartita, postula proprio la loro assenza322. Allorché invece si rilevi la sussistenza di una causa di giustificazione, viene meno l’antigiuridicità della condotta ed il giudice dovrà pronunciare sentenza di assoluzione

“perché il fatto non costituisce reato”; inoltre la condotta non potrà assumere rilevanza neanche ai fini della responsabilità civile, disciplinare o amministrativa, come già è stato affermato323. Le suesposte caratteristiche delle cause di giustificazione consentono di distinguerle da istituti ad esse affini, poiché idonei ad escludere la punibilità del reo, ma differenti sotto il profilo strutturale e funzionale; ci si riferisce da un lato alle cc.dd.

scusanti o cause di esclusione della colpevolezza e, dall’altro, alle esimenti o cause di non punibilità o di esclusione della punibilità in senso stretto324. Le prime incidono sulla colpevolezza, escludendo che possa rimproverarsi il reo per il fatto commesso; le seconde, invece, operano a fronte di un reato perfetto, in quanto tipico, antigiuridico e colpevole, e ne escludono tuttavia la punizione325. Sul piano funzionale, dunque, le scusanti consentono al giudice di assegnare rilevanza a circostanze concrete che incidono sull’elemento soggettivo del reato, facendo venir meno la coscienza e volontà della condotta326 ovvero l’elemento soggettivo del reato, come il dolo, in presenza dell’errore. L’istituto delle scusanti opera pertanto a garanzia del rispetto del principio di colpevolezza e impediscono il perfezionamento del reato in quanto fatto tipico, antigiuridico ma non colpevole. Diversa è la ratio delle cause di esclusione della punibilità in senso stretto, le quali rispondono invece ad una valutazione di opportunità da parte del legislatore - a fronte di una condotta che integri gli estremi di un reato, perfezionandolo sul triplice piano della tipicità, antigiuridicità e colpevolezza, in questo caso – di irrogare la sanzione penale nei confronti del reo: si tratta infatti di situazioni peculiari in cui sull’istanza di punizione dello Stato prevalgono valori altrettanto rilevanti nell’ordinamento, come ad esempio il sentimento familiare o la tutela degli interessi costituzionalmente rilevanti, che permettono di rinunciare all’irrogazione della

322 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss; T. Padovani, “Diritto penale”, Milano, 2019, op. cit., 100 ss.

323 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

324 In senso lato assorbe tutti gli altri istituti. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op.

cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

325 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

326 La c.d. suitas, cioè l’appartenenza soggettiva della condotta al soggetto, che deve averla posta in essere quando è padrone di sé stesso e delle proprie azioni. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F.

Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.T. Padovani, “Diritto penale”, Milano, 2019, op. cit., 100 ss.

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pena327. Emerge, dunque, che pur conducendo al medesimo effetto pratico, ovvero l’esclusione della punibilità, le scusanti operano su un piano diverso nella struttura del reato, attinente alla colpevolezza e non all’antigiuridicità; nel contempo, si è avuto modo di evidenziare che le cause di non punibilità presuppongono il perfezionamento di un reato e dunque non possono sovrapporsi alle cause di giustificazione, dal momento che operano in relazione ad un reato perfetto, ed in quanto tale antigiuridico328. In entrambi i casi la presenza di una scusante o di una esimente non incide sul carattere illecito della condotta, facendo venir meno esclusivamente la punibilità del reo; ne consegue che, a differenza delle cause di giustificazione, che elidono in toto l’antigiuridicità, queste ultime lasciano intatto il carattere illecito della condotta e consentono, pertanto, di agire in sede civile nei confronti del soggetto attivo per i medesimi fatti329. A questa prima differenza tra scriminanti e altre cause di non punibilità si affianca il carattere eccezionale che presentano le esimenti; mentre infatti le cause di giustificazione sono disciplinate da norme espressive di principi generali dell’ordinamento, altrettanto non può dirsi delle cause di esclusione della punibilità in senso stretto, che invece derogano alle norme incriminatrici escludendo, eccezionalmente, la pena per specifiche e tassative ragione di opportunità330. Le cause di esclusione della colpevolezza condividono invece il carattere generale delle scriminanti, poiché, come già è stato detto, costituiscono applicazione del principio costituzionale di personalità della responsabilità penale331. Il carattere generale delle norme che regolano cause di giustificazione e cause di esclusione della colpevolezza, a fronte dell’eccezionalità delle cause di non punibilità, incide sull’ammissibilità di una eventuale estensione in via analogica, preclusa per le cause di esclusione della punibilità in senso stretto ai sensi dell’art. 14 Preleggi332. Oltre alla funzione e alla natura generale o eccezionale delle norme che le disciplinano, le circostanze che escludono la punibilità, cioè le cause di esclusione della punibilità in senso lato, si differenziano per il proprio carattere oggettivo o soggettivo, a seconda che attengano o meno ad una qualità o

327 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

328 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

329 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

330 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

331 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.; T. Padovani, “Diritto penale”, Milano, 2019, op. cit., 100 ss.

332 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

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situazione personale del reo333. A fronte, infatti, della natura oggettiva delle cause di giustificazione, le scusanti e le cause di esclusione della punibilità in senso stretto attengono al soggetto attivo del reato, poiché afferiscono, le prime, alla sua colpevolezza e, le seconde, ad una particolare condizione in cui il soggetto venga a trovarsi334. Tale distinzione non opera esclusivamente sul piano teorico e descrittivo, comportando importanti conseguenze pratiche in relazione all’estensibilità delle singole esimenti e delle scusanti agli eventuali concorrenti nella commissione del reato335. A fronte, infatti, del disposto del comma secondo dell’art. 119 c.p., “oggettive” che consente l’estensione delle “circostanze che escludono la pena” a tutti i concorrenti, il primo comma della medesima disposizione sancisce che “Le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono”336. Ne consegue che tanto le scusanti, quanto le cause di esclusione della punibilità in senso stretto, non potranno operare a favore dei concorrenti diversi da quello cui si riferiscono. Occorre precisare che, secondo una parte minoritaria della dottrina, l’estensione delle cause di esclusione della punibilità in senso stretto a tutti i concorrenti nel reato è ammissibile quanto queste presentino carattere oggettivo e non siano cioè fondate su condizioni personali del reo337. Riepilogando le principali differenze tra le singole cause di esclusione della punibilità in senso lato, si può affermare che gli istituti rispondono a finalità differenti e si collocano diversamente nella struttura del reato, riferimento all’antigiuridicità ed alla colpevolezza, ovvero al di fuori di essa, come nel caso della cause di non punibilità338; inoltre, le disposizioni che ne dettano la disciplina hanno carattere generale, il quale

333 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

334 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

335 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

336 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

337 Si è quindi sostenuto che la causa di non punibilità ex art. 131 bis , come qualificata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 15449 del 2015, ove riconosciuta per uno dei correi, debba operare a favore di ciascun concorrente nel reato; a tale soluzione si è obiettato che il medesimo articolo prevede, tra i requisiti di applicazione della causa di non punibilità, anche elementi di carattere soggettivo, con conseguente natura quantomeno ibrida di causa di esclusione della punibilità, che impedisce di estenderla de plano a ciascun concorrente: occorrerà dunque verificare, per ciascun soggetto, se risultano soddisfatte anche le condizioni di carattere soggettivo. Tuttavia, riconosciuta la peculiarità della disciplina dell’art. 131 bis c.p., non pare potersi negare che, in astratto, il carattere oggettivo di una causa di esclusione della punibilità in senso stretto possa consentirne l’estensione a tutti i concorrenti nel reato. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E.

Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

338 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

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ammette in astratto l’analogia, nel caso delle scriminanti e scusanti, a fronte del carattere eccezionale delle cause di non punibilità; solo le cause di giustificazione fanno venir meno il carattere illecito o antigiuridico della condotta, che invece permane, insieme alle conseguenze sul piano civilistico, in presenza di scusanti e cause di non punibilità; infine, le cause di giustificazione, al pari tuttavia di alcune ipotesi di cause di non punibilità, presentano carattere oggettivo e sono perciò estensibili ai concorrenti nel medesimo reato, a differenza delle scusanti e delle cause di non punibilità di natura soggettiva339. Nonostante le plurime differenze tra le cause di esclusione della punibilità in senso lato, non è sempre agevole procedere alla relativa qualificazione, che assume notevole rilevanza sul piano pratico. Il problema si è posto nella giurisprudenza con riferimento alla qualificazione di alcune fattispecie disciplinate nella parte speciale del Codice penale, sulla cui natura di scriminanti, scusanti o cause di esclusione della punibilità in senso stretto si è dibattuto a lungo340. Parte della dottrina ha infatti sostenuto che il legislatore abbia previsto ipotesi di scriminanti speciali, contrapposte alle scriminanti comuni di cui agli artt. 50 ss. c.p.; l’opposto orientamento ha invece escluso l’ammissibilità della categoria delle scriminanti speciali, stante il carattere generale proprio delle cause di giustificazione, che mal si concilierebbe con la previsione di “scriminanti di settore”341. Il problema si è posto con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 384 e 598 c.p., dettate in materia di reati contro l’Amministrazione della Giustizia, la prima, e diffamazione, la seconda. L’art.

384 c.p. esclude al primo comma la punibilità di “chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore”, in relazione ad alcuni delitti contro l’Amministrazione della Giustizia. Secondo un primo orientamento, condiviso dalla giurisprudenza di legittimità, con la sentenza n. 38952 del 2006, la disposizione in commento introdurrebbe una causa di esclusione dell’antigiuridicità, quale applicazione speciale dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p. , in forza dell’assimilazione tra il

“nocumento nella libertà o nell’onore” e il grave danno alla persona che caratterizza

339 Va inoltre evidenziato che la formula con cui il giudice penale assolve l’imputato coincide solo in presenza di scriminanti e scusanti, per cui opera la formula “perché il fatto non costituisce reato”, laddove, in presenza di una causa di non punibilità, il giudice orinuncia sentenza di assoluzione “perché il reato è stato commesso da persona non imputabile”, come previsto dall’art. 530 c.p.p. F. Caringella- A.

Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.;

F. Antolisei, op. cit., 196 ss..; T. Padovani, “Diritto penale”, Milano, 2019, op.cit., 100 ss.

340 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

341 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

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invece la scriminante comune342. Ma così interpretata la norma finirebbe per non trovare applicazione poiché la qualificazione in termini di scriminante, quale species dello stato di necessità, implicherebbe l’estensione del requisito di non volontaria causazione del pericolo, che manca nel caso di specie343; Si è quindi sostenuto che l’art. 384 c.p. integri una causa di esclusione della colpevolezza, facendo leva sul conflitto morale che si manifesta in capo al reo allorché la commissione del reato contro l’Amministrazione della Giustizia sia motivata dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto dalle conseguenze pregiudizievoli della verità sull’onore o sulla libertà, propri o di un proprio caro344. È tuttavia prevalsa la terza tesi, che inquadra l’istituto come causa di non punibilità, incentrata sulla valutazione di opportunità da parte del legislatore in merito alla punibilità di chi abbia commesso il reato al fine di tutelare il proprio onore o la propria libertà personale345 ovvero quelle di un prossimo congiunto, con conseguente rilevanza del sentimento familiare, che prevale in tali ipotesi sull’istanza punitiva dello Stato346. Sulla scorta di tale qualificazione la Corte Costituzionale, con sentenza n. 140 del 2009, ha quindi affermato la natura eccezionale della norma e ha escluso la possibilità di integrarne il precetto, estendendo la causa di non punibilità quando il fatto sia stato commesso per salvare la libertà o l’onore del convivente more uxorio, estraneo alla nozione di prossimo congiunto347. Una seconda questione qualificativa si è posta in relazione al summenzionato art. 598 c.p., che disciplina le “Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative”348. Ai sensi del primo comma della disposizione citata non sono punibili le offese contenute negli scritti

342 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

343 La disciplina dettata dagli artt. 198 e 199 c.p.p., nel disciplinare la prova della testimonianza, che trova applicazione anche in relazione alla deposizione del perito, esclude che il testimone possa essere obbligato a deporre “su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale”; nel contempo, il citato art. 199 c.p.p. esclude tale obbligo anche per i prossimi congiunti dell’imputato. Ne consegue che il soggetto che si renda responsabile di alcuno dei reati in relazione ai quali opera l’art. 384 c.p., non potendo essere obbligato a deporre, qualora decida di rendere dichiarazioni determina volontariamente il pericolo di “nocumento nella libertà o nell’onore” per sé o per un prossimo congiunto, con conseguente inoperatività della norma. Uno spazio residuo di applicazione dell’art. 384 c.p. resterebbe in relazione alle deposizioni rese da un prossimo congiunto in procedimenti diversi da quelli in cui sussista la facoltà di astensione ex art. 199 c.p.p. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss..; G. Conso- V. Grevi-M. Bargis,

“Compendio di procedura penale”, Padova, 2018, op. cit.

344 Anche in questo caso, tuttavia, si è fatto leva sulle norme che prevedono espressamente la facoltà di astenersi dalla deposizione nella veste di testimone, applicabili anche in riferimento alle altre ipotesi criminose per cui opera l’art. 384 c.p., che consentono di scongiurare a monte il descritto conflitto morale, lasciando pertanto intatta la colpevolezza del reo, ove non intenda avvalersene. In tal senso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 7208 del 2008. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op.

cit., 450 ss.

345 In linea con il brocardo, “nemo tenetur se detegere”, ovvero “nessuno è tenuto a voltare le spalle a se stesso”. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

346 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

347 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

348 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

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presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro difensori nell’ambito di un procedimento pendente davanti all’Autorità giudiziaria o amministrativa, purché le stesse attengono all’oggetto della causa o del ricorso amministrativo349. Siffatta causa di non punibilità è stata qualificata da parte della dottrina come causa di giustificazione, ritenendo che l’art. 598 c.p. si ponga in rapporto di specialità rispetto all’art. 51 c.p., prevedendo una forma di esercizio di un diritto e, nella specie, del diritto di difesa della parte in giudizio ovvero del diritto di partecipazione del privato nel procedimento amministrativo350. A tale impostazione è stato tuttavia opposto che il secondo comma dell’art. 598 c.p. prevede che il giudice possa disporre, oltre alla cancellazione delle offese dagli atti e l’irrogazione di un provvedimento disciplinare, attraverso la trasmissione degli atti al competente Consiglio dell’ordine degli Avvocati e al competente Consiglio distrettuale di disciplina, anche l’assegnazione alla persona offesa di una somma “a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale”351. Tanto la possibilità di incorrere in responsabilità disciplinare quanto il riferimento al

“risarcimento del danno”, depongono nel senso del carattere illecito della condotta offensiva del difensore e della parte, che mal si concilia con l’effetto scriminante proprio delle cause di giustificazione352. La giurisprudenza di legittimità ha pertanto sostenuto che l’art. 598 c.p. disciplini una causa di non punibilità in senso stretto, che si fonda sull’esigenza di non inibire l’esercizio dell’attività difensiva, specie in considerazione del labile confine che spesso caratterizza veemenza difensiva e offese penalmente rilevanti. In quest’ottica, dunque, la disposizione trova applicazione, al contrario di quanto sostenuto dalla prima tesi, proprio quando il comportamento del difensore esorbiti i limiti dell’esercizio del diritto di difesa ed in ragione della delicatezza e del valore che caratterizza la funzione svolta dagli avvocati, il legislatore ritiene non opportuno che questi siano esposti al rischio di una sanzione penale, ferma la responsabilità disciplinare353. Dalla qualificazione dell’istituto come causa di non punibilità deriva dunque l’impossibilità di estensione in via analogica, stante il carattere eccezionale della disposizione, con conseguente esclusione dall’area di operatività dell’art. 598 c.p. degli scritti difensivi che non siano “presentati” davanti all’autorità

349 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

350 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

351 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

352 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

353 In tal senso la sentenza della Corte di Cassazione n. 39934 del 2005. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

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giudiziaria, come nel caso dell’atto di citazione354. Si segnala, tuttavia, che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 15525 del 2009, ha invece sostenuto la possibilità di escludere la punibilità delle offese contenute in un atto di citazione sul presupposto che l’art. 598 c.p. disciplini invece una causa di giustificazione, secondo l’indirizzo

giudiziaria, come nel caso dell’atto di citazione354. Si segnala, tuttavia, che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 15525 del 2009, ha invece sostenuto la possibilità di escludere la punibilità delle offese contenute in un atto di citazione sul presupposto che l’art. 598 c.p. disciplini invece una causa di giustificazione, secondo l’indirizzo

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