3. LE SCRIMINANTI ATIPICHE: COLLOCAZIONE SISTEMATICA ATTRAVERSO I CONTRIBUTI GIURISPRUDENZIALI E DOTTRINALI ATTRAVERSO I CONTRIBUTI GIURISPRUDENZIALI E DOTTRINALI
3.1 Le scriminanti culturali
Un primo ordine di questioni relative all’efficacia scriminante di circostanze non espressamente disciplinate dal legislatore ha interessato le cc.dd. scriminanti culturali o cultural defences, il cui fondamento è legato alle norme etiche, morali e religiose che
407 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
408 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
409 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
410 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
411 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
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caratterizzano l’etnia di appartenenza del soggetto agente. La questione si pone allorché l’ordinamento, in specie il diritto penale, non si rivolga ad una cerchia di individui dal carattere omogeneo in ragione dei valori, del credo e delle tradizioni, bensì ad una pluralità di soggetti appartenenti ad etnie diverse che, grazie all’abbattimento delle frontiere o a seguito di fenomeni di emigrazione, vengano a costituire una c.d. società multi-etnica412. Quando, dunque, le norme giuridiche vigenti nell’ordinamento non risultano espressive di valori condivisi e comuni a tutti i propri destinatari, può verificarsi che il precetto giuridico entri in contrasto con uno o più precetti morali, etici o religiosi, che caratterizzano una minoranza etnica. Occorre pertanto stabilire in che misura tale contrasto possa assumere rilevanza per il diritto e quali strumenti competano all’interprete per superarlo e ricomporlo413. I caratteri della questione sono differenti, allora, a seconda che si tratti di un reato commesso da uno straniero sul territorio italiano ovvero di fatto commesso all’estero ma punibile secondo la legge penale italiana, come nei di cui all’art. 7 c.p., o in relazione ai reati per i quali vige il “principio di ubiquità”414. In questa ultima ipotesi, qualora l’ordinamento estero consenta la realizzazione del fatto che assume invece rilevanza penale nell’ordinamento italiano, si ritiene che il principio di territorialità, secondo cui deve trovare applicazione la legge del luogo in cui il fatto è avvenuto, consenta di ritenere la condotta priva di carattere illecito anche per l’ordinamento italiano415. Occorre precisare, tuttavia, che al principio di territorialità deroga il principio di universalità, in forza del quale, è possibile punire il cittadino italiano o lo straniero che abbiano posto in essere determinate fattispecie criminose all’estero. È quanto previsto dall’art. 583 bis c.p. che, nel punire le pratiche di mutilazione genitale, prevede all’ultimo comma che “Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso al’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia”416. Ulteriore esempio di fatto punibile in Italia, anche se commesso all’estero,
412 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
413 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
414 Esso ne consente la punizione in Italia anche se il fatto è avvenuto all’estero, in ragione della sua particolare riprovevolezza o dell’importanza dei valori tutelati. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op.
cit., 196 ss.
415 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
416 In forza dunque del criterio di collegamento soggettivo, relativo alla nazionalità o alla residenza dell’autore del fatto o della persona offesa, l’ordinamento italiano estende la propria pretesa punitiva
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può essere rinvenuto nella disposizione dell’art. 604 c.p., rubricato “Fatto commesso all’estero”, ai sensi del quale le norme che puniscono i delitti contro la libertà personale e contro la libertà sessuale “si applicano altresì, quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero da cittadino straniero in concorso con cittadino italiano”417. La specialità del principio di universalità (o di ubiquità) della responsabilità penale rispetto al principio di territorialità, consente dunque di ritenere, in siffatte ipotesi, che le norme che facoltizzano detti comportamenti negli ordinamenti esteri, proprio perché estranee al nostro ordinamento e in ragione della deroga al principio di territorialità prevista dal legislatore, non possono assumere rilevanza ed escludere la punibilità del reo secondo la legge penale italiana418. Diverso è il caso in cui il reato sia stato commesso nel territorio italiano da parte di un soggetto che, prescindendo dal dato formale della cittadinanza, appartenga ad un etnia che esprime valori diversi da quelli sottesi alle leggi nazionali, e segua precetti morali, etici o religiosi, che impongono comportamenti penalmente rilevanti per l’ordinamento419. Occorre precisare che la questione relativa alla rilevanza giuridica di tali precetti e alla soluzione dell’eventuale contrasto con le norme giuridiche nazionali presuppone che la condotta penalmente rilevante possa qualificarsi come “culturalmente orientata” e si caratterizzi cioè per la rispondenza della condotta del soggetto attivo a canoni comportamentali riconducibili ad una determinata “cultura” diversa da quella cui la normativa nazionale è ispirata420. In merito alla nozione di cultura, la dottrina ha precisato che occorre che sia riconducibile ad una specifica etnia, individuabile attraverso il riferimento ad un popolo o ad una nazione storicamente e territorialmente definita421. Premesso ciò, si deve dare atto a due possibili modelli di gestione del
anche alle condotte di mutilazione commesse all’estero, al fine di prevenire e scoraggiare la diffusa pratica di condurre la persona offesa in territorio estero dove la mutilazione genitale non costituisce reato, per eludere il divieto penalmente sanzionato dal legislatore italiano. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op.
cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F.
Antolisei, op. cit., 196 ss.
417 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
418 Fuori da queste specifiche ipotesi, dunque, trova piena applicazione il principio di territorialità e operano di conseguenza le norme straniere che consentono la commissione del fatto, escludendone a monte la rilevanza penale. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag.
269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
419 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
420 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
421 Non potrà invece porsi un problema di rilevanza di valori “improvvisati” da aggregazioni sociali prive di un effettivo sostrato culturale, e quindi non riconducibili ad un popolo o ad una nazione, geograficamente e storicamente individuata. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
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contrasto tra norme giuridiche nazionali e norme extra-giuridiche che caratterizzano una particolare etnia presente sul territorio dello Stato. Un primo modello è definito
“assimilazionista”, e si caratterizza per la negazione di rilevanza giuridica alle diversità culturali riscontrabili in relazione alle minoranze etniche che vivono sul territorio dello Stato: ne deriva che la legge nazionale trova piena e indistinta applicazione nei confronti di tutti i suoi destinatari, sul presupposto della neutralità dell’ordinamento rispetto alla cultura di origine dei soggetti cui si rivolge422. All’opposto si colloca invece il c.d. “modello multiculturale”, che riconosce invece e tutela le diversità culturali delle minoranze etniche residenti sul territorio statale, senza tuttavia consentire che tale riconoscimento e tutela pregiudichino i valori fondamentali dell’ordinamento423. È necessario verificare, dunque, se e come l’ordinamento italiano riconosca rilevanza ai valori propri delle numerose etnie che risiedono sul territorio nazionale e quali strumenti possono trovare applicazione per comporre l’eventuale contrasto tra valori particolari e norme giuridiche, in specie, penali424. Sul piano normativo manca una espressa disciplina della questione in esame, potendosi esclusivamente registrare la previsione di appositi delitti che puniscono comportamenti connotati da una matrice culturale, spesso religiosa propria di alcune minoranze etniche: si pensi al già menzionato art. 593 bis c.p., che punisce le pratiche di mutilazione genitale invalse in alcune popolazioni africane ed asiatiche425. Deve infatti precisarsi che il riconoscimento della rilevanza giuridica della cultura propria di popoli appartenenti ad un’etnia diversa incontra un limite inderogabile nei valori cui è ispirato l’ordinamento nazionale, che, in relazione all’esempio su menzionato, eleva la salute e la tutela dell’integrità psico-fisica dei minori, vittime delle pratiche di mutilazione, a diritti fondamentali della persona, che non tollerano pertanto alcuna forma di compromesso426. Fuori dai casi di espressa punizione del comportamento culturalmente orientato, la giurisprudenza ha invece assegnato rilevanza giuridica alla componente etnica del reato, intervenendo a più riprese sulla questione, in applicazione tuttavia dei medesimi principi. È stata tuttavia
422 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
423 Nell’ottica del modello multiculturale, dunque, gli strumenti per assegnare rilevanza ai precetti extra-giuridici vigenti per una determinata etnia, che comportino la commissione di reati cc.dd. culturalmente orientati, possono essere individuati nel riconoscimento di una causa di giustificazione culturale, cultural defence, ovvero di una causa di esclusione della colpevolezza o, infine, assegnando rilevanza alla matrice culturale del reato in sede di quantificazione della sanzione. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
424 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
425 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
426 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
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costantemente esclusa l’efficacia scriminante dell’appartenenza del reo ad una minoranza etnica caratterizzata da valori e precetti contrastanti con il diritto nazionale, ritenendo invece valutabili tali aspetti con esclusivo riferimento alla quantificazione della sanzione da irrogare427. Con sentenza del 2008428, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tal senso in merito ad una fattispecie di maltrattamento in famiglia, violenza sessuale e sequestro di persona, posti in essere dal marito, di religione musulmana, nei confronti della moglie; nel caso di specie i giudici di legittimità hanno riconosciuto la natura culturalmente orientata del reato, stante l’incidenza sulle modalità della condotta della concezione della famiglia e della donna propria della cultura del reo429; è stata tuttavia negata efficacia scriminante all’elemento culturale del reo, ammetendone la sola incidenza sulla quantificazione della pena, ai sensi dell’art. 133 c.p., dal momento che “la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali, cui è certamente da ascrivere la famiglia (artt. 2, 29 e 31 Cost.), nonché il principio di eguaglianza e di pari dignità sociale (art. 3, comma 1 e 2, Cost.), costituiscono uno sbarramento invalicabile contro l’introduzione di diritto o di fatto nella società civile di consuetudini, prassi o costumi con esso assolutamente incompatibili”430. Alle medesime conclusioni la Corte è pervenuta in pronunce successive, tra cui la sentenza n. 48272 del 2009, anche questa relativa ad un’ipotesi di maltrattamento in famiglia, ai danni dei minori, in cui si è affermato che la formazione della personalità del minore costituisce valore fondamentale espressamente tutelato dalla Carta costituzionale, agli artt. 2, 3, 30 e 32, che non tollerano deroga alcuna ed impongono a chi si trovi sul territorio dello Stato di astenersi da comportamenti lesivi di tale diritto; nella specie, con riferimento alle condotte violente poste in essere dal padre nel preteso esercizio della propria funzione educativa, la Corte ha precisato che “per il primato che il nostro ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione, se non addirittura di disposizione, da parte degli adulti, le finalità di correzione-educazione del medesimo, che mirano in particolare a conseguire un risultato di armonico sviluppo della personalità, rendendola sensibile ai valori di pace, tolleranza, uguaglianza e solidale convivenza, non possono essere perseguite
427 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
428 Si veda: http://www.cortedicassazione.it/corte-di-cassazione/ , sentenza n. 46300 del 2008 della Corte di Cassazione. Vedi F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
429 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
430 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
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utilizzando un mezzo violento, che tali fini contraddice”431. In una successiva occasione, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla possibile efficacia scusante della matrice culturale del reato, in termini di esclusione della colpevolezza e non dell’antigiuridicità; i giudici di legittimità, con sentenza n. 25153 del 2011, emessa in relazione ad un caso di maltrattamenti ai danni della figlia dell’imputato, che ha invocato quale scusante i costumi propri dell’etnia di appartenenza che consentono al padre di educare la prole, anche mediante l’uso della violenza, specie a fronte di violazioni etiche e religiose, hanno tuttavia negato rilevanza scusante alla componente culturale del comportamento criminoso e confermato la mera possibilità di valutazione di tali aspetti in sede di quantificazione della pena432. Più di recente la questione è stata affrontata dalla Corte di Cassazione, in sentenza n. 14960 del 2015, pronunciata anche in questo caso in materia di maltrattamenti in famiglia, ma sotto un diverso profilo, attinente alla possibilità per il reo di invocare una c.d. scriminante culturale in forma putativa. Secondo la tesi sostenuta dal ricorrente, infatti, “al fine di evitare che l’eguaglianza di trattamento si trasformi in trattamento diseguale se applicato a stranieri, costretti a sottomettersi a costumi da loro non conosciuti e spesso contrari alle loro abitudini”, sarebbe necessario valutare se il diverso patrimonio culturale dell’imputato, specie se appena giunto in Italia, le sue differenti abitudini e la sua diversa percezione della liceità o dell’illiceità dei fatti, possano integrare una situazione di scriminante erroneamente supposta, per errore incolpevole, che renda il fatto non punibile ai sensi dell’art. 59 ultimo comma, c.p.433 La Corte ha tuttavia osservato che
“in una società multietnica non è concepibile la scomposizione dell’ordinamento in altrettanti statuti individuali quante sono le etnie che la compongono, non essendo compatibile con l’unicità del tessuto sociale - e quindi con l’unicità dell’ordinamento giuridico - l’ipotesi della convivenza in un unico contesto civile di culture tra loro confliggenti”434. Sulla scorta di tale presupposto si è quindi sostenuto che occorre invece armonizzare i comportamenti individuali rispondenti alla varietà delle culture, “in base al principio unificatore della personalità umana, quale denominatore minimo comune per l’instaurazione di una societò civile”435. Emerge dunque dai passaggi motivazionali della sentenza in commento, l’adesione al modello assimilazionista, che nega rilevanza
431 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
432 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
433 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
434 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
435 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
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giuridica ai precetti morali, etici e religiosi legati all’etnia del reo436. La Corte di Cassazione nega pertanto la sussistenza dei requisiti del riconoscimento di una scriminante putativa, precisando che non può invocare l’errore sulla supposta sussistenza di una scriminante a proprio favore chi non si sia preoccupato di verificare preliminarmente l’esistenza del diritto nel cui esercizio pretende di aver commesso il fatto; qualora, quindi, il reo sia stato inadempiente a tale dovere non potrà ritenersi che la sua convinzione sia dipesa da un errore, in applicazione della regola sancita dall’art. 5 c.p., secondo cui “Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”437.