• Non ci sono risultati.

Elemento costitutivo della struttura del reato

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 52-62)

1.2 La colpevolezza: nozione in una prospettiva sistemica

1.2.1 Elemento costitutivo della struttura del reato

Dopo aver illustrato le due accezioni della nozione di colpevolezza, quale sinonimo di responsabilità penale e come elemento soggettivo del reato, cui si riferiscono rispettivamente i principi costituzionali della presunzione di non colpevolezza, ex art.

27, comma secondo, e del principio di colpevolezza, desumibile dal primo e terzo comma del medesimo articolo, occorre introdurre l’esame della colpevolezza quale elemento soggettivo del reato che, nella struttura dell’illecito penale, si affianca all’elemento oggettivo, secondo la teoria bipartita, o alla tipicità ed antigiuridicità, nella concezione tripartita del reato194. Questo elemento subiettivo, alla luce della concezione condivisa, può dirsi aver conseguito lo status civitatis fra gli “essentialia delicti”, il quale ha rappresentato, per lungo tempo, il “il principale campo di battaglia del pensiero penalistico”195. Infatti la teoria generale del reato in inspecie si avvantaggia della reciproca collaborazione e scambio di risultati nei campi dottrinari dei diversi paesi, in

192 F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

193 F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Findaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

194 F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

195 G. Bellavista, “Annali del seminario giuridico della Università di Palermo”, 1944, XIX volume:

“Questo campo è diviso da tre diverse concezioni della stessa colpevolezza: psicologica, normativa e caratterologica. Ma così dicendo si pone in essere un’approssimazione di utilità didattica e sistematica”.

48

particolare giuristi italiani e tedeschi196. Così come si è dimostrato che è di Carrara la lucida intuizione dell’antigiuridicità, come rapporto di contraddizione tra il fatto e la norma penale, è merito dei giuristi germanici aver elaborato in maniera impeccabile detto concetto, catalogando l’antigiuridicità tra gli elementi essenziali del reato. Ma a proposito del concetto di colpevolezza, le due scienze, quella italiana e tedesca, si sono reciprocamente chiuse in uno “splendido isolamento con qualche sparuta lodevole eccezione”197. Scrive il Vannini198 che per rispondere penalmente di un fatto previsto dalla legge come reato, non basta che questo fatto sia stato realizzato da un soggetto attivo in stato di imputabilità, ma è necessario che il fatto deve essere stato commesso

“colpevolmente”, vale a dire che il soggetto attivo deve essere stato del fatto non soltanto causa materiale, ma anche causa morale, onde la colpevolezza può definirsi “il rapporto causale soggettivo tra il fatto previsto dalla legge come reato e l’autore del fatto. In ogni reato, secondo il Vannini, sia esso un delitto di danno o di pericolo o una contravvenzione, la colpevolezza è conseguentemente, sempre ed esclusivamente, volontà di compiere il fatto vietato dalla legge penale, senza peraltro la necessità di conoscere che quel fatto costituisce reato199. Il concetto di colpevolezza sarebbe unico di fronte a qualsiasi reato appunto perché è dato dalla corrispondenza precisa del contenuto della volontà al contenuto del fatto incriminato. E se questo contenuto della colpevolezza varia, è perché ogni reato ha un suo proprio contenuto speciale, diverso da quello degli altri reati del sistema200. Si insiste, nel Vannini, che l’essenza della colpevolezza consiste soltanto nel rapporto di identità tra volontà e concorrenti a realizzare un “fatto di reato”: codesto rapporto non consentirebbe graduazioni quantitative e qualitative, appunto perché come la libera volizione non è più “in guise libera” per la diversità dei motivi che l’hanno determinata, alla stessa maniera la colpevole volizione non è più “in guise colpevole” per il diverso contenuto della volizione stessa; onde sarebbe falso argomentare del dolo e della colpa come di due opposte forme, di due opposti atteggiamenti della colpevolezza. A queste ultime

196 Tra Mittermaier e Carmigiani. Si veda G. Bellavista, “Annali del seminario giuridico della Università di Palermo”, 1944, XIX volume: “Questo campo è diviso da tre diverse concezioni della stessa colpevolezza: psicologica, normativa e caratterologica. Ma così dicendo si pone in essere un’approssimazione di utilità didattica e sistematica”.

197 G. Bellavista, op. cit.

198 O. Vannini, “Per un concetto unitario di colpevolezza”, in Studi senesi, 1926, cit., pag. 316 ss. Si veda G. Bellavista, “Annali del seminario giuridico della Università di Palermo”, 1944, XIX volume:

“Questo campo è diviso da tre diverse concezioni della stessa colpevolezza: psicologica, normativa e caratterologica. Ma così dicendo si pone in essere un’approssimazione di utilità didattica e sistematica”.

199 G. Bellavista, op. cit.

200 O. Vannini, “Per un concetto unitario”, op. cit. Si veda G. Bellavista, op. cit.

49

conclusioni giunge Vannini collocandosi in una posizione perfettamente opposta a quella tenuta dalla comune dottrina. Quando egli parla di “colpa”, intende riferirsi soltanto ed esclusivamente alla colpa con previsione, cosciente201. L’altra specie di colpa, che tuttavia vive nella realtà giuridica, la c.d. colpa incosciente202 che per alcuni autori è l’unica vera colpa, non potrebbe essere fondamento di imputabilità se, di fronte ad una norma di pericolo, qual è quella che impone prudenza e diligenza, esprime volontarietà dell’azione che si compie perché si ignorano i pericoli che possono eventualmente derivare203. Ranieri e la sua dottrina, invece, incarnano la visione odierna di colpevolezza di “relazione soggettiva di carattere psicologico tra autore e reato”, cioè tra un soggetto capace di colpa ed un avvenimento esteriore: della colpevolezza dolo e colpa sono le due forme. Se però la colpa viene contrapposta al dolo, afferma il Ranieri, perché per essa si ha azione volontaria con evento involontario, mentre nella ipotesi di dolo all’azione volontaria segue un evento anch’esso volontario, sono queste caratteristiche proprie della colpa e del dolo, che nessuna abilità dialettica può eliminare perché fondate in natura prima che in legislazione204. Anzi ogni sforzo volto a sopprimere questo contrasto ineliminabile sarebbe, secondo il nostro autore, destinato a cadere nel nulla, “non potendosi comporre in unità ciò che di composizione unitaria non è suscettivo”205. Si conclude ritenendo il concetto di colpevolezza come superiore, nel quale rientrano il dolo e la colpa, che ne esauriscono il contenuto senza d’uopo di altri requisiti206. La costruzione che ne fa il Ranieri è più profonda di quella che comunemente le si attribuisce: essa non esprime soltanto la relazione soggettiva di carattere psicologico tra autore e reato, ma per essa la personalità del delinquente si riflette nel reato ed il reato è espressione dell’antigiuridicità della personalità del suo autore. Non si esaurisce dunque nell’atto cosciente del volere che unisce il soggetto alla sua opera, ma si estenderebbe anche alla conformità dell’opera alla persona dell’autore, alla conformità dell’avvenimento antigiuridico alla personalità del reo207. Dunque, l’indagine deve rivolgersi al generale stato psichico del soggetto e l’essenza della colpevolezza si fonda sulla conformità dell’intera personalità del suo autore all’avvenimento esteriore antigiuridico; ai fini del magistero punitivo il reato va considerato non soltanto nel suo valore causale ma anche nel suo valore sintomatico,

201 C.d. “Bewuste Fahrlässigkeit” della dottrina tedesca. Si veda G. Bellavista, op. cit.

202 “Unbewuste”. Si veda G. Bellavista, op. cit.

203 Per il Vannini colpa cosciente e dolo sono un unum et idem. Si veda G. Bellavista, op. cit.

204 G. Bellavista, op. cit.

205 Ranieri, “Colpevolezza”, Milano, 1933, cit., pag. 32. Si veda G. Bellavista, op. cit.

206 Ranieri, op. cit., pag. 36. Si veda G. Bellavista, op. cit.

207 Ranieri, op. cit., pag. 36. Si veda G. Bellavista, op. cit.

50

esigendo la determinazione da attribuire all’espressione della personalità del reo208. Questa, rivelatasi nel reato, deve intendersi come la generale personalità bio-psichica, come complesso di condizioni morfologiche, fisiologiche, psichiche individuali delle quali il reato è veramente rivelazione in questo ampio significato che il Ranieri riterrebbe di poter attribuire alla nozione di colpevolezza, non costretta nei limiti tradizionali, ma comprensiva della relazione tra reato e personalità del reo. Dunque, esso è sì un elemento complesso che, al pari della tipicità, si compone di ulteriori e altrettanto indispensabili elementi costitutivi, in assenza dei quali il reato non può ritenersi perfezionato209. Può sinteticamente affermarsi che l’elemento soggettivo210 del reato si compone di imputabilità del soggetto agente, della coscienza e della volontà della condotta, definita “suitas”, nonché dell’elemento soggettivo in senso stretto, che può configurarsi nelle forme del dolo, della colpa o della preterintenzione, anche in combinazione tra loro211. Perché un reato possa ritenersi perfezionato occorre che il fatto tipico sia stato commesso in assenza di cause di giustificazione e da parte di un soggetto capace di intendere e di volere, imputabile allora, che abbia posto in essere la condotta criminosa con coscienza e volontà, la c.d. suitas, e con dolo, colpa o preterintenzione a seconda dell’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice, la quale viene meno in presenza di cause di esclusione della colpevolezza o scusanti212. L’elemento psicologico che regge la condotta tipica rileva non solo ai fini della colpevolezza, ma incide a monte sulla configurabilità del fatto tipico. Il legislatore descrive infatti le fattispecie penali, sul piano della tipicità, e cioè, del fatto che integra sul piano oggettivo l’elemento materiale del reato, assegnando rilevanza all’elemento soggettivo richiesto perché il reato possa ritenersi integrato, distinguendo tra forme colpose, preterintenzionali o dolose della realizzazione della

208 Ranieri, op. cit., pag. 75. Si veda G. Bellavista, op. cit.

209 Ranieri, op. cit., pag. 75 ss. Si veda G. Bellavista, op. cit.

210 Per la concezione psicologica, si veda la dottrina: G. Musotto, “Colpev., dolo e colpa”, Palermo, 1939; G. Bellavista, “Il problema della colpev.”, Palermo, 1942; G. Bettiol, “Colpev. Normativa e pena retributiva”, in Annali Triestini di Dir. Econ. e Polit., Padova, 1943; B. Petrocelli, “La colpevolezza”, Padova, 1955; D. Santamaria, “Colpevolezza”, in Enc. dir., VII, 1961; P. Nuvolone, “La concezione giuridica italiana del colpevole”, in Riv.it., 1976; T. Padovani, “Appunti sull’evoluzione del concetto di colpevole., in Riv.it, 1973; G. Vassalli, “Colpevolezza”, in Enc. giur., VI, 1988; G. Fiandaca,

“Considerazioni sulla colpev. e prevenzione, ivi 1987, C. Roxin, “Considerazioni di politica crim. sul prinicipio di colpev., in Riv.it., 1980. Si veda inoltre G. Bellavista, op. cit. F. Mantovani, op. cit., pag.

100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

211 Nei casi di dolo misto a colpa. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

212 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

51

medesima offesa 213. Il Codice prevede tre distinte ed autonome fattispecie penali che, sebbene sia accomunate dall’evento letale cagionato dal reo, si distinguono, già sul piano della tipicità e quindi della condotta punibile, per l’elemento soggettivo richiesto214. Per cogliere le differenze tra omicidio colposo e doloso si può iniziare facendo riferimento alla definizione normativa di delitto colposo ex art. 43, primo comma, terzo capoverso, c.p., in cui si richiede che l’evento si sia verificato a causa di un comportamento contrario a regole cautelari generiche ovvero per violazioni di norme cautelari specifiche; la citata disposizione richiede quindi un elemento costitutivo ulteriore rispetto alla fattispecie dolosa di omicidio, che consiste, già sul piano della tipicità, nella causalità della colpa, ossia nella derivazione dell’evento-morte dalla violazione di una regola cautelare215. Oltre ad incidere sulla fattispecie penale entro cui sussumere il comportamento del reo, l’elemento soggettivo può rilevare ai fini del regime normativo applicabile, come nel caso di omicidio e di lesioni colposi, cagionati tuttavia per violazione delle norme che regolano la circolazione stradale, che comporta, a determinate condizioni, l’applicazione delle disposizioni di cui, rispettivamente agli artt. 589 bis ss. e 590 bis ss. del Codice penale216. Quindi la colpevolezza possiede un duplice ruolo nella struttura del reato, che costituisce elemento indefettibile dell’illecito penale, ed allo stesso tempo incide sulla tipicità del reato e sugli elementi costitutivi della condotta criminosa217. Sulla base della premessa fatta sulla rilevanza della

213 Si pensi al delitto di omicidio doloso, che ai sensi dell’art. 575 c.p. punisce “chiunque cagiona la morte di un uomo”, quando il fatto sia stato commesso con dolo, cioè con intenzione; alla disposizione citata si affianca il delitto di omicidio colposo, di cui all’art. 589, primo comma, c.p., ai sensi del quale è altresì punito, con una pena minore, “Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona”. Il quadro normativo è completato dall’art. 584 c.p. che punisce a titolo di omicidio preterintenzionale, “Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli artt. 581 e 582, cagiona la morte di un uomo”. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E.

Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

214 Questa distinzione emerge chiaramente nel caso dell’omicidio preterintenzionale, in cui la causazione della morte di un uomo deve essere derivata dall’ulteriore elemento costitutivo degli atti diretti a commettere i delitti di percosse e di lesioni, poiché la preterintenzione si caratterizza per la volontà di un’offesa meno grave di quella effettivamente realizzata, come nel caso di lesioni della vittima rispetto alla sua morte. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G.

Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

215 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Findaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

216 La particolare natura delle norme cautelari violate e la gravità delle infrazioni commesse comporta infatti una serie di conseguenze rilevanti, tanto sul piano dell’accertamento del reato, quanto in relazione al regime giuridico cui il reo è sottoposto, a partire dalla possibilità di procedere all’arresto in flagranza del soggetto agente. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

217 Questa duplice veste è stata affermata dalla Corte Costituzionale nell sentenza n. 364 del 1988, in cui si legge “La tipicità (oggettiva e soggettiva) del fatto (ovviamente, di regola, vengono richiesti nelle diverse ipotesi criminose, ulteriori elementi subiettivi, come il dolo ecc.), costituisce, così, primo, necessario “presupposto” della punibilità ed è distinta dalla valutazione e rimproverabilità del fatto

52

colpevolezza nella struttura del reato, proseguendo la trattazione di quest’ultima come elemento soggettivo dell’illecito, occorre compiere alcune preliminari precisazioni sulla nozione di colpevolezza. È possibile infatti registrare un’evoluzione nel pensiero della dottrina e nell’impostazione giurisprudenziale accolta, che ha visto alternarsi due concezioni dell’elemento soggettivo218. La prima è definita “concezione psicologica”, configurandosi la componente quale nesso psichico tra il reo e la condotta tipica, come già è stato in precedenza detto, ossia tra il soggetto agente ed il fatto di reato. In questa accezione la colpevolezza è concepita in astratto, e in via generale, quale requisito della punibilità del fatto, e non ammette graduazioni dell’intensità dell’elemento soggettivo, legate alle particolarità del caso concreto219. A tale ricostruzione della colpevolezza è stato obiettato che, limitandosi a richiedere un effettivo nesso psichico tra il reo e la condotta criminosa, la concezione psicologica impedisce di assegnare rilevanza alla diversa intensità del rimprovero che è possibile muovere nei confronti del reo per il fatto commesso, la cui valutazione richiede invece di tenere in considerazione ogni profilo concreto del reato; del pari, si è rilevato che tale accezione della colpevolezza mal si concilia con la struttura della colpa, in cui può anche mancare un’effettiva consapevolezza e adesione psicologica del reo rispetto alla condotta220. Alla luce delle obiezioni esposte è stata sostenuta la “concezione normativa” della colpevolezza, elaborata dalla dottrina tedesca221, che individua il fondamento della colpevolezza nel

stesso”; emerge dunque, attraverso il riferimento alla “tipicità soggettiva”, la rilevanza dell’elemento soggettivo in relazione al fatto tipico che va dunque distinto dalla “rimproverabilità del fatto stesso”, identificabili con la colpevolezza in senso stretto. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

218 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

219 Secondo tale impostazione, infatti, è sufficiente accertare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato, inteso come effettiva adesione psicologica del reo all’azione od omissione, restando invece indifferenti al giudizio del giudice penale le motivazioni del reo, la sua personalità, l’intensità del dolo, cioè l’intenzione, o la gravità della colpa, e ogni altro profilo attinente alla fattispecie concreta;

presupposto della concezione psicologica è infatti la secca alternativa tra la sussistenza o la mancanza dell’elemento soggettivo ai fini dell’accertamento della responsabilità penale. F. Caringella- A.

Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.;

F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

220 Allo stesso modo di una violazione cautelare volontaria: si pensi a chi cagioni un evento lesivo per imprudenza, senza essere effettivamente consapevole, perché ad esempio distratto, di stare violando una regola cautelare. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G.

Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

221 Per la colpevolezza come “condotta di vita”, per il modo di essere del soggetto, si veda: P.

Bochelmann, “Studien zum Täterstrafrecht, Berlino, 1934-40; H. Welzel,“Persönlichkeit und Schuld”, in ZStW, 1941; K. Engisch, “Zur Idee der Täterschuld“, ivi 1942; vd. anche G. Bettiol,“Azione e colpev.

nelle teorie dei tipi d’autore, in Riv.it., 1942; per il concetto di colpevolezza come Gesinnungsstrafecht (atteggiamento interiore) si veda: E. Schmidhäuser, Gesinnungsmerkmale im Strafrecht, Tübingen 1958;

In Italia vedi: G. Bettiol, “Sul diritto pen. dell’atteggiamento interiore”, in Riv.it., 1971; Id., “Stato di diritto e Gesinnungsstrafecht”, in Indice pen., 1973. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F.

53

giudizio della rimproverabilità del reo, avente ad oggetto la divergenza tra la condotta tenuta e quanto prescritto dalla legge. Si tratta di un’impostazione di carattere empirico-normativo, che consente di tenere in considerazione tutte le peculiarità del fatto concreto, per valutare in che misura sia rimproverabile il reo per non aver tenuto o non essersi astenuto dal comportamento prescritto dall’ordinamento; in questo modo è possibile assegnare rilevanza diversa e ponderata alla volontarietà o meno della condotta e graduare la rimproverabilità a seconda della personalità del reo, delle motivazioni sottese alla commissione del reato e ad ogni altra circostanza rilevante222. Il padre della concezione normativa della colpevolezza, Reinhard Frank, poneva a fondamento della necessità di graduazione delle conseguenze del reato, a seconda dell’intensità della colpevolezza e della gravità del rimprovero, l’esempio del furto della medesima somma di danaro commesso dal cassiere scapolo di un negozio, dedito ad una vita dispendiosa, contrapposto al medesimo fatto commesso da un fattorino sottopagato, che debba occuparsi della moglie malata e dei suoi bambini223. Il legislatore penale ha recepito in parte la concezione normativa della colpevolezza, prevedendo all’art. 133 c.p. che la quantificazione della pena va effettuata in considerazione della gravità del reato, desunta anche “dall’intensità del dolo o dal grado di colpa”, nonché dalla capacità a delinquere del reo, che si desume, tra i diversi indici, da “i motivi a delinquere”, “dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato” e “dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo”224. La disciplina dell’elemento soggettivo del reato è principalmente dettata dagli artt. 42 ss.

del Codice penale; in particolare, all’art. 42 c.p., il legislatore individua, nel primo comma, uno dei fondamentali presupposti della colpevolezza, la coscienza e la volontà dell’azione che costituisce, insieme all’imputabilità, elemento indispensabile perché possa ritenersi sussistente l’elemento soggettivo del reato225. Il secondo comma ed il

Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

222 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

223 Osservava che non si potrebbe trattare in modo uguale le due differenti situazioni, nonostante si equivalgano sul piano della tipicità, poiché diversa è l’intensità della colpevolezza e diverso è il grado di riprovevolezza della condotta posta in essere da ciascun soggetto, che la concezione psicologica della

223 Osservava che non si potrebbe trattare in modo uguale le due differenti situazioni, nonostante si equivalgano sul piano della tipicità, poiché diversa è l’intensità della colpevolezza e diverso è il grado di riprovevolezza della condotta posta in essere da ciascun soggetto, che la concezione psicologica della

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 52-62)