3. LE SCRIMINANTI ATIPICHE: COLLOCAZIONE SISTEMATICA ATTRAVERSO I CONTRIBUTI GIURISPRUDENZIALI E DOTTRINALI ATTRAVERSO I CONTRIBUTI GIURISPRUDENZIALI E DOTTRINALI
3.2 La scriminante sportiva
Il problema per gli sport a base violenta (pugilato, rugby, lotta, judo, catch, ecc.) e per gli ulteriori eventi lesivi ad essi connessi438 trova la sua soluzione nel fondamento politico-sostanziale della liceità della violenza-base, cioè, nel dilettantismo, la utilità umana dello sport per il miglioramento della salute psico-fisica dei cittadini; mentre per il professionismo, per lo sport-impresa, la motivazione umana suddetta si attenua in funzione di quella della offerta dello spettacolo. Discorso a sé meriterebbe il pugilato, che si giustifica solo in base all’attuale livello di civiltà umana, è ai limiti della
436 Tanto appare confermato dalla decisione in merito alla rilevanza putativa della scriminante culturale, nella forma dell’esercizio di un diritto, che ne ha la configurabilità stante la incompatibilità del diritto preteso con l’ordinamento italiano; si osserva infatti, al riguardo, che “si profila, come essenziale per la stessa sopravvivenza della società multietnica, l’obbligo giuridico di chiunque vi si inserisce di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all’ordinamento giuridico che la disciplina, non essendo di conseguenza riconoscibile una posizione di buona fede in chi, pur nella consapevolezza di essersi trasferito in un paese diverso e in una società in cui vivono culture e costumi differenti dai propri, presume cìdi avere il diritto – non riconosciuto da alcuna norma di diritto internazionale – di proseguire in condotte che, seppure ritenute culturalmente accettabili e quindi lecite secondo leggi vigenti nel paese di provenienza, risultano oggettivamente incompatibili con le regole proprie della compagine sociale in cui ha scelto di vivere”.F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
437 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
438 B. Petrocelli, “La illiceità penale della violenza sportiva”, Padova, 1952; Severino, “Il delitto dello sport”, Napoli, 1930; T. Delogu, “La teoria del delitto sportivo”, in Annali, 1932; G. Vassalli, “Agonismo sportivo e norma penale”, in Riv. dir. sport., 1958; F. Mantovani, “Esercizio del dir.”, op. cit.; F.
Albeggiani, “Sport (dir. pen.”)”, XLIII, 1990; G.A. De Francesco, “La violenza sportiva ed i suoi limiti scriminanti”, in Riv. it., 1983; Per la scriminante dell’art. 50 c.p. vedi: Cass., 30/4/92, in Cass. pen., 1993.
Per la scriminante non codificata: Cass., 8/8/2000, in St. iur., 2001; in Cass. pen., 20/4/10; 14/7/16 in St.
iur., 2017. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
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tollerabilità costituzionale (art. 32 Cost. e 5 c.c.) per la sua dannosità psicofisica e ne viene prevista l’abolizione in proposte di legge439. Il fondamento tecnico-formale della liceità è la scriminante non dell’art. 50, inoperante rispetto agli eventuali eventi lesivi eccedenti il limite dell’art. 5 c.c., ma dell’art. 51, trattandosi anche qui di attività giuridicamente autorizzata, come si desume da tutta la legislazione440, che riconosce, disciplina, favorisce e finanzia le attività sportive. I limiti dell’autorizzazione giuridica sono: il limite soggettivo del consenso del soggetto (e dell’eventuale rappresentante legale), poiché lo sport è per definizione libera partecipazione e competizione; i limiti oggettivi della idoneità psico-fisica dei contendenti, richiesta e tutelata dal D.M.
13/3/95441, e del rispetto delle regole del gioco, fissate da norme scritte o dall’esperienza sportiva. Degli eventuali ulteriori eventi lesivi non si risponderà per mancanza di dolo e colpa “sportivi”, se si sono verificati nonostante il rispetto delle regole del gioco, mentre si risponderà se dovuti alla inosservanza di esse. Analogo discorso vale per gli sports non di combattimento, ma nei quali la violenza è connessa con alto grado di probabilità (calcio, automobilismo, ecc.). Al contrario, sottostanno alle comuni regole della responsabilità i fatti lesivi non finalisticamente connessi con l’esercizio dell’attività sportiva. L’esigenza di leges artis rigide è direttamente proporzionale alla pericolosità del tipo di sport442, tendendo a sparire rispetto agli sports a pericolosità pressoché nulla, quale ad esempio il tennis, che sottostanno però alla “responsabilità comune”, anziché alla “responsabilità sportiva”, ed alla sportività dell’attività, che a sua volta dipende dalla utilità sociale della stessa, per la salute psicofisica dei contendenti, la quale è maggiore per gli sports dilettantistici rispetto a quelli professionistici, fino a dissolversi rispetto a certi altri sports, quale la boxe443.
439 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
440 L. 16/2/42 n. 426 istitutiva del CONI; ecc. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
441 Cass. n. 516/2005; 3353/2010; 5/06/09 in Cass. pen., 2011. Per il rispetto delle regole del gioco: Cass., 18/4/16, in St. iur., 2016. Per l’inapplicabilità della scriminante alle lesioni personali nel caso di mera esibizione sportiva (scontro tra due natanti nel caso di un’esibizione non competitiva), perché non disciplinata da regole stabilite dagli organismi di categoria: Cass., 14/7/16, in Cass.pen., 2017. Si veda F.
Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
442 Ad esempio nella boxe:l’appartenenza dei contendenti alla stessa categoria, controllo preventivo del peso, preaccertata idoneità al combattimento, interruzione dello stesso in caso di lesioni, divieto di colpi irregolari, controllo dell’arbitro, ecc.). Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
443 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
102 3.3 La scriminante dell’attività medica
A questo punto, ben possono cogliersi i motivi per cui si è reso necessario trattare brevemente le “scriminanti tacite”, id est per una maggior completezza della tematica concernente l’attività del medico, sub specie dello psichiatra. Per individuare il fondamento ed il limite della liceità444, occorre distinguere tra: attività terapeutica;
attività terapeutico-sperimentale; attività sperimentale pura o scientifica; attività estetica pura445. Il fondamento politico-sostanziale della liceità della attività terapeutica, della sperimentazione terapeutica, della sperimentazione pura, sta nella loro utilità umana: per la salute del singolo, ex art. 32 Cost., nei primi due casi e per il progresso della medicina nel secondo, ex art. 9 Cost. Il fondamento tecnico-formale della loro liceità va individuato non nell’asserita atipicità, nel senso della concezione tripartita del reato, del trattamento medico-chirurgico, quale ne sia l’esito, se eseguito secondo la leges artis, perché atipico può essere, al più, l’intervento terapeutico o terapeutico-sperimentale completamente fausto, ma non quello con esito infausto parzialmente446 o, più ancora, totalmente, nel caso di morte, e, comunque, l’intervento di sperimentazione pura; e perché l’atipicità sta ad indicare la mera irrilevanza penale del fatto, ma non il giudizio di approvazione dell’ordinamento, sottostante all’autorizzazione giuridica, e alla doverosità, in certi casi, dell’attività medica, bensì sul piano delle scriminanti, poiché la liceità si fonda sul bilanciamento degli interessi447. Le scriminanti del consenso dell’avente diritto, dell’adempimento del dovere o dello stato di necessità, non offrono una “giustificazione” né adeguata, né realistica, e pericolosa per le ragioni che seguono. Il consenso ex art. 50 c.p., perché esso scrimina sulla base dell’interesse mancante e della conseguente indifferenza dell’ordinamento giuridico, mentre la liceità dell’attività medica, nel caso di specie del chirurgo, si fonda sull’utilità sociale della stessa e, quindi, sul conseguente giudizio giuridico di prevalenza dell’interesse da essa espresso; e perché esso non abbraccia le menomazioni permanenti dell’integrità fisica, mentre l’attività medico-chirurgica sottostà al solo limite del bilanciamento dei
444 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
445 Si veda il F. Grispigni, “ La liceità giuridico-pen. del trattamento medico-chirurgo”, in Riv. dir. proc.
pen., 1914; A. Crespi, “La responsabilità pen. nel trattamento medico-chirurgico con esito infausto”, Palermo 1955; G. Vassalli, “Alcune considerazioni sul consenso del paziente e lo stato di necessità nel trattamento medico-chirur.”, in Arch. pen., 1973; R. Riz, “ Il trattamento medico e le cause di giustificazione”, Padova, 1975; M. e F. Bilancetti, “La resp. pen. e civ. del medico”, Padova, 2010; F.
Mantovani, “La resp. del medico”, in Riv. it. med. leg., 1980. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
446 Ad esempio, arresto della cancrena, ma con perdita dell’arto. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269.
447 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
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benefici448. L’adempimento del dovere ex art. 51 c.p. e lo stato di necessità ex art. 54 c.p., perché prescindendo essi dal consenso del paziente, possono portare a negarne l’autodeterminazione, e, pertanto, sono e debbono restare del tutto estranee all’attività medico-chirurgica. Rileva bensì la scriminante dell’art. 51 c.p., trattandosi di attività giuridicamente autorizzate per la loro utilità sociale, e quale servizio pubblico, come si desume dall’art. 32 Cost. e da tutta la legislazione che riconosce, disciplina, favorisce e finanzia tali attività. Tuttavia tra i requisiti ed i limiti della autorizzazione legislativa vi è, innanzitutto, il consenso del soggetto e può rilevare la urgente necessità terapeutica ai fini della sufficienza del consenso presunto, che non sono le scriminanti ex artt. 50 e 54449. E proprio in ragione della sottostante autorizzazione giuridica, e nei limiti di essa, diventa legittima l’assunzione dell’obbligo di garanzia, cioè di cura, da parte del medico, pur sempre sulla base del consenso del paziente, con la fonte nel rapporto contrattuale tra medico e paziente o di lavoro del medico con la struttura sanitaria, e non rientra nell’adempimento del dovere ex art. 51 c.p. I limiti dell’autorizzazione giuridica e dell’obbligo di garanzia dipendono dal “tipo di ordinamento”450. Corollario dell’ordinamento incentrato su una concezione “utilitaristica” dell’uomo è, infatti, il principio dell’indisponibilità dell’essere umano, che trova l’unico limite logico, secondo l’utilitarismo statuale-collettivistico o maggioritario, nella utilità pubblica o
“dei più”, come confermano ricorrenti e abominevoli esperienze storiche451, cui fa riscontro l’ “obbligo di curarsi” del singolo e, quindi, del non rifiuto delle cure; secondo l’utilitarismo edonistico-individualistico, invece, nel consenso del soggetto, che legittima la tendenza ad una illimitata liberalizzazione452. Corollario dell’ordinamento incentrato, come il nostro, sulla “concezione personalistica” dell’uomo, religiosa e laica, è il “principio della indisponibilità” della persona umana manu aliena che si articola nel: 1) “principio della salvaguardia della vita, integrità fisica e salute” del soggetto, ex artt. 32 Cost, 5 c.c., che comporta la liceità dell’attività “terapeutica”, nei limiti del bilanciamento tra benefici e rischi del trattamento; della “sperimentazione terapeutica”, nei limiti di tale bilanciamento, visto in rapporto anche alla trattabilità o meno della malattia con terapie già collaudate, finché, cioè, sussiste il c.d. tentativo di cura o miglior cura; della “sperimentazione pura”, nei limiti dell’art. 5 c.c.; del “prelievo da
448 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
449 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
450 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
451 Eutanasia eugenica, economica, criminale, sanitaria; sterilizzazione coattiva; aborto demografico;
sperimentazione umana e prelievi da vivente consensuali; ecc. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
452 Aborto, droga, sterilizzazione irreversibile, transessualismo, eutanasia pietosa, procreazione assistita, locazione del grembo materno, suicidio, ecc. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
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vivente” a scopo di trapianto, nei limiti dell’art. 5 c.c. (prelievi di sangue, tessuti, ecc.), con conseguente divieto del prelievo degli organi unici, ma anche doppi453; del
“prelievo da cadavere”, nei limiti della morte unica a tutti i fini, encefalica, scientificamente certa, anche se accertata con metodi precoci; della “scelta medica” tra più mezzi terapeutici, se tutti scientificamente seri e nessuno di provata superiorità terapeutica o, altrimenti, di quello avente tale superiorità454. Ulteriori limiti si possono rinvenire nell’ “idoneità tecnica” della struttura e del personale sanitario ed il rispetto della leges artis, nonché “l’utilità e serietà scientifica” dell’esperimento; 2) nel
“principio della salvaguardia della dignità della persona umana”455, che comporta l’illiceità del trapianto, futuribile definito dal Mantovani, del cervello, con la conseguente mostruosità di un nuovo “uomo artificiale”; della conservazione in vita della testa isolata dal corpo; dell’ibernazione del soggetto vivo o vitale per farlo rivivere quando la medicina avrà vinto la malattia di cui è affetto, ma in un mondo che non è più il suo; del trattamento rianimatorio una volta accertata la morte encefalica irreversibile per evitare la degradazione dell’ “uomo pianta” e delle “banche viventi di organi”; della psicochirurgia o psicoterapia, volte non a curare la malattia mentale, ma a modificare la personalità, ad esempio, per estirpare la criminosità o neutralizzare i dissenzienti politici; delle manipolazioni genetiche, volte alla ibridazione uomo-animale o alla riproduzione di uomini in serie; della locazione del ventre materno, degradante la donna ad organismo riproduttore ed il nato a res commerciabile e commissionabile456; 3) nel
“principio di eguaglianza e pari dignità dei soggetti umani”, ex art. 3 Cost., che si oppone alle discriminazioni in materia di sperimentazioni e prelievi457, e di scelte tragiche, o attuate attraverso la programmazione e selezione genetica di uomini, inferiori o superiori; 4) nel principio del “consenso”458 reale, informato, specifico, oppure presunto, nel caso di impossibilità materiale di consentire e di urgente necessità terapeutica, del soggetto o del rappresentante legale, se trattasi di attività terapeutica o terapeutico-sperimentale459. Per la sperimentazione pura occorre il consenso reale,
453 Con l’eccezione della l, 1967 per il rene. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
454 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
455 Artt. 3, comma 1, 27, comma 3, 32, 41 Cost, 1 Carta europea dei diritti. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
456 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
457 Sui c.d. “soggetti esposti”: condannati a morte, detenuti, moribondi, incapaci, vecchi, malati non paganti, di basso livello culturale, di colore, ecc. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
458 Artt. 13, 32, Cost; 33 L. sanitaria n. 833/1978; 1 L. psichiatrica n. 480/78; 3 L. n. 219/05 sul sangue; 5 L. sull’AIDS n. 135/90; D.M. 1997 sulla sperimentazione farmacologica; 5 Conv. Di Oviedo; 3 Carta europea dei diritti. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
459 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
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specifico, spontaneo, informato, ed altresì personale. Il principio personalistico si oppone, contro l’utilitarismo collettivistico o maggioritario, agli interventi extraconsensuali che da sempre vengono effettuati, secondo una temibile mentalità, dimentica che i poteri-doveri del medico trovano il fondamento primario nel consenso del paziente, mai sacrificabile per il progresso e la felicità dei più460. E, contro l’utilitarismo individualistico-edonistico, agli interventi consensuali, che superino i limiti oggettivi sopraelencati. Anche la c.d. “libertà di cura” non è diritto a qualsiasi trattamento, richiesto dal medico, ma libera scelta tra i soli trattamenti di documentata terapeuticità461 o, comunque, con le garanzie ed i limiti delle sperimentazioni terapeutiche462. Sul solo consenso del soggetto si fonda invece il trattamento estetico puro, di mera vanità, diverso quindi da quello estetico-terapeutico, che è scriminato nei limiti dell’art. 5 c.c. Sulla base dell’art. 51 c.p. e nei limiti suddetti è giustificato il trattamento medico-chirurgico come tale, cioè per le lesioni e sofferenze in cui si concreta463. Non certo, invece, l’esito infausto, poiché esso non rientra nella autorizzazione legislativa della attività del medico-chirurgo, ma anzi contrasta con la finalità di questa, che è quella di autorizzare le cure, non di far morire464. Il medico, se rispetta i suddetti limiti, oggettivi e soggettivi, va esente da ogni responsabilità, dolosa e colposa. Altrimenti risponderà: di omicidio o lesioni dolosi o colposi, se ha agito col consenso del paziente e tali eventi sono dovuti alla violazione doloso o colposa dei suddetti limiti oggettivi; dei reati ex artt. 605, 610, 613, qualora ne ricorrano gli estremi, se ha agito senza il consenso e l’esito è positivo465; di omicidio preterintenzionale, se ha agito senza il consenso e l’intervento, non consentito e non urgentemente necessario, ad esempio in occasione di altro intervento consentito, comporti una lesione personale, da cui derivi la morte; o del reato dell’art. 586, se la morte è dovuta a delitto doloso, ex artt.
610 e 613466. Dunque, la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza di legittimità sono
460 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
461 Ad esempio, tra intervento chirurgico meno invasivo, ma con minori prospettive terapeutiche, e intervento più invasivo e con maggiori prospettive terapeutiche. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269.
462 Cass., 13/1/11, in Cass. pen., 2011, per l’omicidio colposo in caso di intervento chirurgico consensuale, ma senza verosimili benefici per il paziente. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
463 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
464 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
465 Per il consenso informato quale presupposto della liceità dell’attività medica si veda: Cass., 14/2/06;
16/9/08 in Cass. pen., 2009. Per la non identificazione del consenso con quello dell’art. 50 c.p. e per l’esistenza del delitto di lesioni anche nel caso di esito favorevole, in assenza del consenso si veda: Cass., 11/7/01, in Cass. pen., 2002. Sulle mutevoli posizioni giurisprudenziali: Marzano, “Trattamento sanitario in assenza del consenso del paziente”, in Cass. pen., 2007; S. Riondato, “Consenso e responsabilità penale in ambito medico-sanitario”, in Scritti Marini, Napoli, 2010. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag.
269 ss.
466 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.
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pervenute, con riferimento all’attività del medico, in particolare del chirurgo, alla non ammissibilità ed utilità del ricorso alle scriminanti atipiche, quali il c.d. stato di necessità generalizzato o la non meglio definita “scriminante medica”, equiparabile alla
“scriminante sportiva” e fondata sulla “accettazione del rischio consentito”, dal momento che la condotta del medico non assume rilevanza penale già sul piano della tipicità, ferma la responsabilità del sanitario allorché agisca in violazione delle cc.dd.
leges artis, incorrendo in colpa467.
467 F. Mantovani, op. cit., pag. 269 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
107 CAPITOLO II
IL “CONSENSO” QUALE FONDAMENTO DEL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE