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Il procedimento analogico applicato alle scriminanti

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 74-77)

2 L’ANTIGIURIDICITÀ: CATEGORIA RICOSTRUITA ALLA LUCE DELL’INTERO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO DELL’INTERO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO

2.2 Il procedimento analogico applicato alle scriminanti

Con l’espressione “analogia in bonam partem” si intende il procedimento di estensione analogica di norme di favore che, cioè producono effetti favorevoli per il reo quali l’esclusione della pena o l’attenuazione della risposta sanzionatoria per il reato commesso295. Tra le norme di favore rientrano a pieno titolo quelle che prevedono cause di giustificazione, che escludono l’antigiuridicità del reato, ovvero le norme che disciplinano cause di esclusione dell’imputabilità, della colpevolezza, o della punibilità in senso stretto; sono altresì norme di favore quelle che incidono sul quantum della pena, come le circostanze attenuanti, o che prevedono cause di estinzione del reato o della pena296. Tra gli istituti penali di favore più frequentemente oggetto di estensione analogica innanzitutto le già menzionate cause di giustificazione, che possono definirsi come circostanze in presenza delle quali l’ordinamento esclude il carattere illecito della condotta tenuta dal privato e rinuncia pertanto a qualsiasi forma di sanzione, penale, civile e amministrativa297. In più occasioni la giurisprudenza ha dovuto affrontare il problema dell’estensione analogica delle scriminanti, generali o speciali, a casi non espressamente disciplinati dalla legge penale e dell’ammissibilità di tale operazione.

Per la concezione tripartita le scriminanti escludono, invece, l’antigiuridicità oggettiva. Si veda F.

Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op.

cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

294 Sono quindi superate le vecchie dottrine per cui le scriminanti sarebbero fatti giuridici autonomi, con la funzione di impedire o estinguere la punibilità del fatto, che sarebbe pur sempre nato come penalmente illecito. Ambiguo e generico resta, perciò, il linguaggio del codice, che parla di “circostanze di esclusione della pena”, ex art. 59.F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G.

Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

295 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

296 F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

297 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss. T. Padovani, “Diritto penale”, Milano, 2019, op. cit.; C.

Roxin, “Antigiuridicità e cause di giustificazione”, Napoli, 1996, op. cit.

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Superato tuttavia l’ostacolo della concezione assoluta del divieto, con particolare riguardo alle cause di giustificazione, si è posto il problema della loro natura eccezionale: secondo un’impostazione ormai minoritaria, infatti, le cause di giustificazione presenterebbero carattere eccezionale, come tale ostativo alla loro estensione analogica, poiché costituirebbero eccezioni rispetto alle norme incriminatrici298; si è tuttavia osservato, da parte della dottrina maggioritaria, che, in realtà le cause di giustificazione sono espressive di principi generali dell’ordinamento, primo fra tutti di quello di non contraddizione, che impedisce all’ordinamento di sanzionare comportamenti che esso stesso autorizza o impone, e pertanto non assumono carattere eccezionale, ammettendo in astratto un’applicazione analogica delle scriminanti. Esclusa la natura eccezionale delle cause di giustificazione, si è posto tuttavia il problema legato alla loro struttura, che non sempre si presta ad una estensione analogica299. Si pensi al caso della scriminante del consenso dell’avente diritto o dell’esercizio di un diritto o di un dovere: la prima scriminante esclude la punibilità di chi leda o ponga in pericolo un diritto con il consenso di chi possa validamente disporne; in tal caso si è osservato che la fattispecie scriminante dettata dall’art. 50 c.p.

non consente alcuna forma di analogia, dal momento che si presenta di per sé esaustiva e priva cioè di lacune300. L’interprete sarà dunque chiamato a verificare se il consenso sussiste ed è validamente espresso, senza imbattersi in alcuna lacuna normativa; invero parte della dottrina ha osservato che la scriminante in questione potrebbe trovare applicazione nei casi in cui il consenso non sia stato espresso ma il reo abbia presunto che il titolare del bene, ove richiesto, avrebbe acconsentito alla lesione o alla messa in pericolo del bene. Tale ipotesi è stata tuttavia esclusa, poiché la norma di cui all’art. 50 c.p. non può trovare applicazione in relazione ad un’ipotesi priva di affinità strutturali e funzionali301: nel caso di specie, infatti, il consenso presunto non implica alcuna manifestazione di volontà da parte del titolare del bene tutelato dalla norma penale, e, nel contempo presuppone in capo al reo la consapevolezza che il consenso non è stato espresso, poiché solo presunto; mancherebbe pertanto il presupposto dell’eadem ratio,

298 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

299 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

300 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

301 F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

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necessario per procedere in via analogica302. Un’ulteriore ipotesi di incompatibilità tra la struttura della scriminante e l’analogia è rappresentata dalle scriminanti dell’esercizio di un diritto e dell’adempimento di un dovere, entrambe disciplinate dall’art. 51 c.p., che esclude la punibilità di chi abbia commesso il fatto nell’esercizio di un diritto o nell’adempimento di un dovere giuridico. Anche in questo caso, infatti, la fattispecie astratta espressamente disciplinata presenta un ambito operativo talmente vasto da prevenire ogni forma di lacuna normativa: l’espressione diritto è infatti interpretata estensivamente come ogni posizione giuridico-soggettiva di vantaggio; del pari l’art. 51 c.p. prende espressamente in considerazione, quale fonte del dovere ogni norma giuridica o ordine legittimo dell’autorità, così esaurendo le fattispecie astrattamente riconducibili alla scriminante303. Diverso il caso in cui l’analogia non operi in riferimento alla norma penale che prevede le scriminanti, ma alla norma giuridica, extrapenale, che funge da base normativa del diritto o del dovere: in siffatte ipotesi, infatti, l’estensione analogica a monte della norma giuridica che riconosce un diritto può legittimamente far nascere una posizione giuridico-soggettiva di vantaggio rilevanti ai fini dell’art. 51 c.p., purché sussistano tutti i requisiti che consentono di estenderla analogicamente, tra cui il suo carattere non eccezionale304. Di estensione analogica in senso proprio di cause di esclusione dell’antigiuridicità può invece parlarsi con

302 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

303 Anche in questo caso non sono mancate invero istanze di estensione della disciplina ex art. 51 c.p. a casi ritenuti analoghi a quelli disciplinati dalla norma, come nell’ipotesi del reato commesso nell’asserito esercizio di un interesse legittimo o dell’adempimento di un dovere morale. E’ stato tuttavia osservato che, nel primo caso, la posizione giuridico-soggettiva dell’interesse legittimo non è assimilabile a quella del diritto soggettivo e, pertanto, non presenta il requisito dell’eadem ratio, in quanto si tratta di una posizione giuridico-soggettiva strettamente connessa all’esercizio del pubblico potere, che non consente al privato di agire in autonomia, disinteressandosi delle determinazioni della Pubblica Amministrazione.

Basta pensare al privato che, ritenendo di essere titolare di un interesse legittimo a edificare, proceda ai lavori di costruzione senza permesso edilizio, opponendo la scriminate di cui all’art. 51 c.p. Del pari, nel caso di adempimento di un dovere morale, non sarà possibile estendere analogicamente la scriminante in questione poichè manca l’identità strutturale tra la fattispecie espressamente disciplinata, che richiede una base giuridica del dovere, e quella priva di disciplina, che si fonda invece sul dato mutabile e contingente della morale. F. Caringella- A.Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

304 Si pensi al caso in cui il curatore dell’eredità, dopo la cessazione del suo ufficio ma prima di averne notizia, abbia alienato un bene dell’asse ereditario a un terzo che, a fronte della richiesta da parte degli eredi di riconsegnare il bene, abbia opposto il suo rifiuto e sia stato pertanto querelato per appropriazione indebita, sul presupposto che non esistono norme che prevedano la validità degli atti compiuti dal curatore a seguito della cessazione dell’ufficio; nel caso di specie la giurisprudenza civile estende analogicamente il disposto dell’art. 1729, che fa salvi gli atti posti in essere dal mandatario prima di aver avuto notizia della cessazione del mandato, con la conseguenza che l’atto dispositivo del curatore, anche dopo la cessazione dell’ufficio ma prima di averne avuto conoscenza, è efficace e fa nascere in capo al terzo, per analogia, un valido diritto che opera in funzione scriminante, ai sensi dell’art. 51 c.p. F.

Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit.

pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

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riferimento alle ipotesi di legittima difesa anticipata: parte della dottrina ha infatti sostenuto che la scriminante dell’art. 52 c.p., che consente la legittima difesa, in caso di pericolo attuale di un’offesa ingiusta, possa essere ravvisata anche quando il pericolo è solo futuro ma inevitabile per il soggetto agente, che è pertanto costretto ad agire in propria difesa prima che esso si manifesti; la medesima soluzione estensiva, in via analogica, è stata prospettata per lo stato di necessità, che esclude la punibilità di chi abbia agito per salvare sé o altri da un pericolo attuale di un grave danno alla persona, quando il pericolo non sia attuale ma il comportamento necessitato non possa essere ritardato, in vista di un pericolo certo sebbene futuro305.

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 74-77)