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Fondamento e ratio delle cause di giustificazione

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 70-74)

2 L’ANTIGIURIDICITÀ: CATEGORIA RICOSTRUITA ALLA LUCE DELL’INTERO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO DELL’INTERO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO

2.1 Fondamento e ratio delle cause di giustificazione

Le cause di giustificazione sono individuate dal legislatore agli artt. 50 ss. c.p., e costituiscono ipotesi tipiche, nonostante parte della dottrina e della giurisprudenza di merito abbia sostenuto la possibilità di estenderne la portata attraverso il procedimento analogico277. In questa sede introduttiva occorre dare atto del carattere eterogeneo delle cause, che ha sollevato in dottrina dubbi riguardo la ratio sottesa alla categoria; in via di approssimazione, l’art. 50 c.p. prevede la scriminante del consenso dell’avente diritto, che esclude la punibilità quando l’offesa del bene giuridico tutelato sia stata autorizzata da chi possa validamente disporne; l’art. 51, invece, esclude la punibilità allorché il fatto tipico sia stato posto in essere nell’esercizio di un diritto ovvero in esecuzione di un dovere imposto da una norma giuridica o di un ordine legittimo della pubblica Autorità;

l’art. 52 esclude l’antigiuridicità quando il soggetto attivo abbia agito per legittima difesa, mentre l’art 53 c.p. prende in considerazione l’uso legittimo delle armi da parte di un pubblico ufficiale; infine l’art. 54 c.p. disciplina lo stato di necessità, che ricorre

aggiornamento di un intero sistema penale, alla realizzazione del quale, se non interviene il potere legislativo, sarà fatalmente sempre più tentato il giudice: attraverso le vie nebulose e pericolose dell’antigiuridicità materiale”. Si veda F. Mantovani, op. cit., pag. 104.

276 L’illiceità speciale può essere: 1) espressa, quando la legge richiede espressamente che il fatto sia commesso “illegittimamente”, “abusivamente”, “indebitamente”, “arbitrariamente”, “abusando dei poteri” o “delle qualità”, ecc. (es. artt. 348, 328); 2) implicita, quando il requisito della illiceità speciale si desume implicitamente dalla considerazione complessiva della fattispecie legale: es. per i concetti di

“usurpazione” di un potere politico (art. 287 c.p.) e di “distrazione” (art. 323), che implicano la contrarietà alle norme amministrative relative alla assunzione dei pubblici poteri o alla destinazione delle cose della pubblica amministrazione. Va distinta però l’illiceità speciale reale da quella apparente, che si ha nei casi in cui il richiamo all’illiceità speciale si limita a ribadire la necessità dell’assenza di scriminanti e, perciò, non occorre a descrivere il fatto tipico (es: artt. 615 bis, 615 ter). Una particolare qualificazione dell’illiceità si ha pure nei casi in cui la legge richiede, tra i requisiti del fatto tipico, anche gli elementi negativi del “senza giusta causa” (artt.616-622), del “senza necessità” (art. 638), ecc., per cui ricorrendo la giusta causa, la necessità, ecc., il fatto è lecito oltre le ipotesi previste dalle scriminanti codificate, ma pur sempre sulla base di bilanciamento e di giudizio di proporzione, affidati però al giudice, stante la difficoltà di codificare tutte le ipotesi riconducibili a tali categorie. Si veda F.

Mantovani, op. cit., pag. 104.

277 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

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quando il fatto risulti commesso per evitare un danno grave alla propria o altrui persona278. Forti sono le differenze che caratterizzano, specie sul piano funzionale, le diverse scriminanti e che hanno diviso la dottrina riguardo l’individuazione della relativa ratio. Sul punto si sono divisi due orientamenti, di cui il primo ha inteso individuare un’unica e comune funzione delle cause di giustificazione ed il secondo ha invece ritenuto che ciascuna scriminante risponda ad una ratio autonoma e distinta279. I sostenitori della c.d. teoria monista si sono a propria volta divisi in merito alla funzione da assegnare alla categoria delle scriminanti; in particolare, secondo una prima impostazione, le scriminanti risponderebbero al principio di non contraddizione dell’ordinamento giuridico, in forza del quale non è consentito sanzionare, specie in sede penale, una condotta che l’ordinamento stesso autorizza o impone280. Tale ricostruzione si fonda principalmente sul disposto dell’art 51 c.p. che esclude la punibilità quando il soggetto abbia agito nell’esercizio di un diritto o nell’adempimento di un dovere giuridico; i sostenitori di tale impostazione osservano inoltre che la presenza di una causa di giustificazione esclude l’illiceità del fatto e la relativa sanzione non soltanto in relazione alla responsabilità penale, ma anche con effetti in ogni altra branca del diritto, ivi compresa dunque la responsabilità amministrativa, civile o disciplinare281. Si è tuttavia rivelato che questa spiegazione in merito al fondamento e alla funzione delle cause di giustificazione mal si concilia con alcune ipotesi di scriminanti, come ad esempio il consenso dell’avente diritto, in cui l’offesa non è autorizzata dall’ordinamento ma dal titolare del bene leso; del pari, non è dato ravvisare una ratio di non contraddizione nel disposto dell’art. 52 c.p. o dell’art. 54, che prendono in considerazione il rapporto tra l’offesa realizzata dal soggetto attivo ed il pericolo di un’offesa futura, senza perciò tendere a prevenire un contrasto tra norme giuridiche282. Alla luce delle descritte obiezioni è stata pertanto elaborata una seconda ricostruzione del fondamento delle cause di giustificazione e della loro funzione, sostenendo che l’istituto risponda ad un’esigenza di bilanciamento di interessi, che consente di escludere la punibilità allorché l’interesse di cui sia portatore il soggetto attivo risulti prevalente o quantomeno equivalente al bene giuridico leso dalla condotta283. Anche

278 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

279 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

280 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

281 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

282 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

283 Ad esempio, nel caso della legittima difesa, l’interesse a proteggere i propri beni o la propria integrità da un’offesa ingiusta altrui prevale sull’interesse dell’aggressore, stante il carattere illecito della sua

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questa ricostruzione è stata tuttavia criticata per il suo carattere parziale, che non si adatta a tutte le ipotesi di scriminanti individuate dal legislatore284. Proprio il carattere parziale e non esaustivo delle teorie moniste ha indotto parte della dottrina a rinunciare ad una ricostruzione unitaria del fondamento e della ratio delle cause di giustificazione, ricercandoli in maniera puntuale per ciascuna di esse. Si è pertanto sostenuto che la funzione di prevenire contraddizioni all’interno dell’ordinamento giuridico sia propria delle scriminanti disciplinate ex art. 51 c.p. e, in particolare, dell’esercizio di un diritto e dell’adempimento di un dovere giuridico, nonché dell’uso legittimo delle armi, di cui all’art. 53 c.p., stante l’inerenza della condotta offensiva all’esercizio di una pubblica funzione, disciplinata legislativamente285. Nel contempo si è fatto ricorso alla teoria di bilanciamento di interessi con esclusivo riferimento alla legittima difesa ed allo stato di necessità, in presenza dei quali il giudice penale è chiamata a valutare se sussista un’effettiva proporzione tra l’offesa arrecata e l’offesa pervenuta, bilanciando gli interessi in gioco286. Parte della dottrina estende tale soluzione anche alla scriminante del consenso dell’avente diritto, precisando che in tal caso il consenso farebbe venir meno l’interesse della persona offesa, con conseguente prevalenza, nel bilanciamento, dell’interesse del soggetto attivo287. A tale impostazione si contrappone tuttavia la teoria della carenza di interesse, che individua così una terza ed autonoma ratio della causa di giustificazione ex art. 50 c.p.: il venire meno dell’interesse renderebbe superfluo operare il bilanciamento. Il Mantovani sostiene infatti che le cause di giustificazione o scriminanti sono particolari situazioni in presenza delle quali un fatto, che altrimenti sarebbe reato, tale non è perché la legge lo impone o consente288. Esse sono “variabili storiche”, attraverso cui la dinamica dei mutamenti sociali penetra nel diritto penale e sposta, a seconda dei vari ordinamenti, i confini dell’illecito. Problematico è il fondamento e la collocazione dogmatica di queste. Anche il Mantovani sottolinea la

azione; del pari, nel caso di esercizio di un diritto si può escludere la punibilità quando il diritto esercitato presenti un valore superiore o almeno equivalente a quello leso. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

284 Si menziona il caso del consenso dell’avente diritto, in cui non occorre procedere ad un bilanciamento di interessi, posto che il titolare del bene protetto ha autorizzato a monte l’offesa. F. Caringella- A.

Salerno, op. cit., 450 ss.

285 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

286 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

287 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.

288 Si veda in generale: P. Nuvolone, “I limiti taciti”, Padova, 1972; R. Dolce, “Lineamenti di una teoria generale delle scusanti nel dir. pen.”, Pavia, 1960-61; L. Santamaria, “Lineamenti di una dottrina delle esimenti”, Napoli, 1961; G. Contento, “Limiti della norma e fattispecie non punibili”, in Arch. Pen., 1965; Carlo F. Grosso, “Cause di giust.”, in Enc. giur., VI, 1988; F. Bellagamba, “I problematici confini della categoria delle scrim.”, Milano, 2007; M. Donini, “Antigiuridicità e giustificazione”, Milano, 1996. Si veda inoltre F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G.

Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

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distinzione tra il fondamento politico-sostanziale della illiceità del fatto, che si rinviene, secondo il dominante criterio pluralistico, nell’interesse mancante o nell’interesse prevalente o equivalente289. Il fatto scriminato è lecito sotto il profilo penale ed extrapenale, cioè per l’intero ordinamento giuridico, stante l’unitarietà dello stesso;

perciò non giuridicamente sanzionabile e non impedibile, ad esempio mediante la legittima difesa, con eccezione per lo stato di necessità. Tuttavia profondamente diverse sono le ragioni della liceità, che illuminano la essenza delle varie scriminanti e giustificano i differenti limiti cui sottostanno290. Il fondamento logico-giuridico è dato invece, dal “principio di non contraddizione”, per cui uno stesso ordinamento non può, nella sua unitarietà, imporre o consentire e, ad uno stesso tempo, vietare il medesimo fatto senza rinnegare se stesso e la sua pratica possibilità di attuazione. Onde le norme scriminanti posso essere situate in qualsiasi ramo del diritto. Il fondamento tecnico-dommatico291, come lo definisce il Mantovani, consiste nell’assenza di tipicità del fatto scriminato292. Le scriminanti, infatti costituiscono, sotto il profilo formale- descrittivo, elementi oggettivi negativi della fattispecie criminosa, che debbono cioè mancare perché esista il reato293. Sotto il profilo sostanziale le scriminanti escludono l’offesa,

289 Per il consenso dell’avente diritto, con la rinuncia del titolare alla conservazione del proprio bene, viene meno lo stesso interesse da tutelare, onde non susssiste qui conflitto di interessi. Tutte le altri scriminanti postulano, invece, un conflitto di interessi, il cui bilanciamento si risolve con la prevalenza dell’interesse, attuabile mediante l’adempimento del dovere o l’esercizio del diritto o ingiustamente aggredito nella legittima difesa o di valore superiore nello stato di necessità, o in base all’equivalenza degli interessi di pari valore in quest’ultima scriminante. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

290 Secondo una decrescente intensità scriminante, nell’adempimento del dovere il fatto lesivo è imposto perché valutato necessario per l’interesse generale. Nell’esercizio del diritto è positivamente autorizzato perché utile. Nel consenso dell’avente diritto è permesso perché indifferente per l’ordinamento. Nella legittima difesa è invece, giuridicamente accettato come autotutela privata per l’impotenza dello Stato a prevenire o arrestare l’ingiusta aggressione. Nello stato di necessità è soltanto tollerato data la inevitabile soccombenza di almeno uno dei due beni e la obiettiva inesigibilità umana di un diverso comportamento.

Tant’è che l’agente deve sottostare all’onere di corrispondere un equo indennizzo all’offeso secondo l’apprezzamento del giudice, ex art. 2045 c.c. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F.

Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

291 L’assimilazione, ovvero la trasformazione della “g” nella “m”, la quale ha assorbito la prima, è stata, presumo, una scelta della lingua italiana, per rendere il suono più dolce e la pronuncia più fluida, dato che la parola originaria, del greco antico da cui proviene, è “δογματικός”, dunque vi è un suono gutturale ed uno nasale, liquido.

292 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.

293 Ad esempio, l’omicidio consiste nel cagionare la morte, ma in assenza degli estremi della legittima difesa, stato di necessità, uso legittimo di armi, adempimento del dovere. Esse sono infatti soggette ad una disciplina simmetrica a quella degli elementi positivi, i quali debbono esserci perchè sussita il reato.

Parimenti essenziale è, infatti, l’esistenza e degli elementi positivi e di quelli negativi, cioè l’inesistenza delle scriminanti, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo: la loro mancanza oggettiva esclude la illiceità; la loro mancanza putativa esclude la colpevolezza, cioè il dolo, e, se scusabile, anche la colpa; la loro esistenza putativa è irrilevante. (artt. 49, comma 1e 59, comma 1, artt. 47 comma 1 e 59 comma 3).

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costituendo dei limiti alla tutela del bene: in presenza di queste manca l’offesa per la semplice ragione che il bene non è più tutelato dalla norma. Vi sarà un’offesa in senso naturalistico, come ad esempio la perdita della vita nell’uccisione per legittima difesa;

ma non un’offesa in senso giuridico, perché appunto giustificata294.

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