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Ciò che ora importa vedere, rapidamente percorrendo

Nel documento A lonely Man (pagine 125-129)

l’insieme delle sue opere, è la funzione che lo scrittore assegna a questi inserti linguistici, il ruolo che essi interpretano nel rap- porto con l’italiano.

L’esordio -ma non dobbiamo dimenticare la prova rappre- sentata da Araj dimoniu che già dal titolo annuncia un’intensa frequentazione dell’idioma sardo- è fulminante. Nomi e topo- nimi (veri, verosimili, così autentici che paiono inventati) co- minciano nell’Apologo del giudice bandito un itinerario che li condurrà fino alla prova estrema di Bellas mariposas. E non si di- ce di quelli che, come Itzoccor o Arsoco, sono plasmati con l’intendimento di evocare una tradizione che risale molto indie- tro nel tempo, né di quelli -come Nazzia, Annicca, Peppineddu- che appartengono a un repertorio onomastico ancora attuale, quanto piuttosto dei nomi che contengono un’aggiunta di si- gnificato, rivelano una caratteristica o un difetto, mettono alla berlina chi li porta ed è vittima (consapevole) della loro defor- mazione caricaturale. Una capra si chiama Arrungiosa ed è “molto amata, vecchia e saggia”148

: peccato che arrung4ós8u si- gnifichi rognoso, tanto in senso fisico quanto, e soprattutto, in senso morale. La “venditrice di zucca”149 spera in un lauto gua- dagno perché vuole comprarsi “la cappillina con la veletta vio- la”150 in modo da suscitare l’invidia di una Chichitta Cugurra che, nella chiesa di Sant’Antonio, ostenta una cappillina simile a quella desiderata. Cugurra, dunque, o meglio ku£úrra, come preferisce scrivere il Wagner che spiega: “Sono del parere che questa voce sia da ascrivere al fondo preromano del vocabolario sardo, anche per l’uscita in -úrra e soprattutto perché figura già

148

Apologo del giudice bandito, cit., p. 18.

149

La norma italiana prevederebbe: “venditrice di zucche”. Nella scelta del singo- lare c’è, probabilmente, una mimesi dell’uso sardo.

150

nei testi antichi come nome di persona”151

. L’elegante Chichitta certamente non è ignara che il suo cognome sia simile a quello della forbicina o forfecchia, orrido insetto che nei più suscita ri- brezzo. Ma ancora non basta, perché occorre sapere che nel ca- gliaritano contemporaneo cugurra indica il menagramo, colui che compie l’operazione di prendere a occhio, di esercitare con lo sguardo un influsso malefico: della qual cosa ha paura la “venditrice di zucca”, forse non casualmente, nello stesso conte- sto in cui è evocata la signora Chichitta152.

Analogo gusto per l’onomastica troviamo ne Il figlio di Baku- nìn153, ne Il quinto passo è l’addio154e in Passavamo sulla terra leg-

151

MAX LEOPOLD WAGNER, Dizionario etimologico sardo, (DES), Cagliari, Trois, 1989, vol. I, p. 419.

Tra gli antichi nomi di persona il Wagner cita Orzoco Cugurra. Varrà la pena di ricordare che il padre di Itzoccor Gunale si chiama Arsoco.

152

E si potrebbe continuare con Cinijiu -che si chiama così, nomina sunt conse-

quentia rerum, perché ha l’incarnato color cenere (inís8u)- e con i suoi amici La- nius Molentinu -molentínu, asinino- e Giulianu Cadhanca -ka+ánka, kar+ánka,

zecca; ma anche persona che si appiccica, noiosa-. 153

Vi compaiono Arremundu Corriazzu (del quale conosciamo soltanto il nome, ma è già sufficiente, perché korriátsu significa forte, tenace), don Sarrabus (il cui cognome è di per sé destinato a suscitare un effetto comico poiché corrisponde al nome di una regione geografica che negli anni in cui è ambientato il romanzo era isolata e aspra e perché di seguito viene caricaturalmente deformato in Sarrastis e

Sarais) e Bassino (lo stesso romanzo spiega: “Bassino era il nome del cane, in sardo

significa vaso da notte, il parroco era uno di quegli spiritosi che si divertono ad ap- pioppare nomi o soprannomi insultanti anche agli amici più cari. Il cane era Bassino, la perpetua Trotrodda, che non vuol dire nulla, ma è un insulto” (p. 60). Personag- gio simile a questo parroco è Michele Misericordia del quale nell’Apologo del giudice

bandito si dice: “se appiccica un nomingiu a qualcuno non c’è anima che possa

staccarlo, passa ai figli e ai nipoti” (p. 69). Nomingiu (nomíng4u) significa so- prannome: anche Atzeni come Michele Misericordia, conosce bene l’arte di an-

noming4ai.

154

In uno scambio di battute pronunciate in sardo compare, prima come nome comune con funzione di insulto e poi come nome o, verosimilmente, sopranno- me, caddaioni, che il Wagner scrive ka……ayòni e definisce “caccole o pillacchere

Sergio Atzeni: a lonely man 127

geri155

. Ma è Bellas mariposas il testo che rappresenta, sotto que- sto profilo, un vero fuoco d’artificio. Nomi -diminutivi e vez- zeggiativi- usuali, in italiano e in sardo (Tonio, Gigi, Caterina, Federico, Massimo, Luisella, Simonetta, Silvia, Lenijedda Aleni), nomi e diminutivi della modernità che si declina nella sotto- cultura e nelle periferie per l’influsso di personaggi famosi, atto- ri, calciatori, vip, protagonisti di soap opera156, pornostar e così via (Mandarina, Alex, Moana, Ricciotti, Luna, Ele), nomi -e so- prannomi- costruiti con accostamenti fantasiosi e insoliti (Konkimbirdi, Kulezippulas), insiemi strabilianti di nome di battesimo e cognome (Malcom Puddu, Giulietto Conkebagna, Patrick Merdonedda, Battistina Puresciori, Giulio Cardanera, Fi- sino Aligas, Samantha Corduleris, don Prendas, Aldangelo Suga- ni, Giorgio Sirboni, Antoncarlo Piringinus, Kicu Barramina, Giulio Cesare Uddonas, Filiberto Agenore Crocorigas, Pinguino Corduleris, professor Bocomero)157

.

giante [...] a Cagliari si dice ka……ayòni nel senso di sudicione” (DES, I, p. 564).

A conferma cita Raffa Garzia, e la citazione ha per noi un particolare significato perché è tratta dal volume Mutettus Cagliaritani (Bologna, 1919) che per Atzeni ha rappresentato un sicuro punto di riferimento: “kussu £ad7d7aiòni s’è ppóst a

fastig5g5ai” (“quel sudicione si è messo ad amoreggiare”). Il termine ha tutt’oggi

ampia diffusione a Cagliari. 155

Va almeno segnalata Lujia Rabiosa, (arrabbiòsu, per lo Spano significa “rabbioso, stizzoso, furioso, trasportato dall’ira”: G. SPANO, Vocabolariu sardu italianu, Ca- gliari, 1851, Ed. anastatica Trois, 1972, p. 76).

Lucia stizzosa, quindi. Anche in questo caso: di nome e di fatto.

156

Il testo fa esplicito riferimento a “Biutifùl” (Bellas mariposas, Palermo, Sellerio, 1996, p. 97).

157

Anche in questo caso, soprannomi e nomi racchiudono un significato. Ad esem- pio: Kulezippulas può essere tradotto Culo-di-fritella; Conkebagna (letteralmente: Testa-di-salsa) definisce un individuo rosso di capelli; Merdonedda (da merdòna, sorcio di fogna) è soprannome che si applica a individui di bassa statura; Puresciori significa puzza; Sugani, Il cane; Sirboni, cinghiale (ma l’effetto qui è dato, nell’abbinamento con Giorgio, dall’assonanza con Giorgio Asproni, insigne per- sonalità della Sardegna ottocentesca cui, in effetti, molte città isolane hanno dedi- cato una via o una piazza e dal gioco semantico che si svela quando si sappia che

Per quanto concerne i toponimi Atzeni semplicemente im- piega il corrispondente termine sardo (anche se alle volte si ha il dubbio che non sia applicato per definire la località così chia- mata ma per conseguire un effetto fonico). Nell’Apologo del giu- dice bandito compaiono Sarasgiu (Selargius) e Lapola (nome sto- rico del quartiere Marina di Cagliari); ne Il figlio di Bakunìn, Aristanis (Oristano) e Seddori (Sanluri), ne Il quinto passo è l’addio, Paulli (Monserrato), in Campane e cani bagnati, Su Bru- gu (nome storico di una via di Cagliari); in Passavamo sulla terra leggeri, accanto a un più normale Seddori, lo scrittore colloca to- ponimi costruiti secondo uno schema tipico del sardo, per quanto improbabili nei contenuti sottesi (ad esempio: Corr’e faulas -ricalcato sul tipo Corr’e boi- o Sa bogh’e is canis158

). E poi, ovviamente, Caglié: “così gli aragonesi ribattezzarono la millena- ria Karale”159

, da principio Kar Ale e, nell’ultima scrittura di Bellas mariposas, Kasteddu (con alternanza Casteddu)160

, come la città è chiamata, in sardo, dal nome del suo quartiere più illu- stre, Castello, appunto.

In Bellas mariposas il procedimento toponomastico adottato risponde bene al progetto che vuol scoprire il meraviglioso nel reale. Abbiamo, quindi, un’esatta definizione della topografia urbana con i corrispondenti nomi dei quartieri, delle strade, dei monumenti e perfino dei bar (Mulinu Becciu, viale Poetto, Monte Urpinu, viale Marconi, via Manno, il Bastione, i bar Ge- novese ed Europa), ma, quando poi occorre definire più da vicino il piccolo mondo dei protagonisti, tutto sfuma nel favoloso: il quartiere si chiama Santa Lamenera, l’emittente privata è Tele

sirboni indica metaforicamente un individuo poco socievole, selvatico e Asproni

allude a un carattere aspro). Bocomero, infine, esprime in sardo quel che in Italia si rappresenta col termine francese voyeur.

158

Costruito con una mistura di logudorese e campidanese. 159

Passavamo sulla terra leggeri, cit., p. 172.

160

Bellas mariposas, cit., rispettivamente alle pp. 66 e 70. La squadra di calcio, in-

Sergio Atzeni: a lonely man 129

Campiranis (un Campidano che termina in -anis, forse model- landosi su Aristanis), le danze sono quelle antiche di Arbarei e l’abitazione della protagonista è sita in via Gorbaglius (che è il nome di un pesce ma indica anche un individuo intellettual- mente non brillante o, addirittura, tonto)161.

Nel documento A lonely Man (pagine 125-129)

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