promuove altre iniziative editoriali. Nel 1977 contribuisce a
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S. ATZENI, Maria al confine tra due mondi, in “La Nuova Sardegna”, 18 aprile 1981.
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fondare il mensile “Altair” (di cui è stato anche direttore respon- sabile) che vive fino al 1981. Il periodico si occupa di turismo e tempo libero e su questi argomenti Atzeni si cimenta, non ri- nunciando, però, agli interessi culturali e al mestiere di recensore. Pubblica, nello stesso 1977, un articolo dal titolo Identità di po- polo o nazione sarda? in cui esplicitamente dichiara di condivide- re le tesi di Umberto Cardia, sia per quanto riguarda la ricostru- zione storica98, sia per quanto riguarda il problema linguistico: “In parallelo con questo processo si svolse quello della lingua: la mancata unificazione politica, il non essere divenuti nazione, impedì l’unificazione della lingua: il sardo non divenne lingua nazionale; anzi, da allora, cominciò lentamente a deperire, e non essere più adeguato alle novità scientifiche e tecniche che il mondo circostante elaborava, e che i sardi si limitavano a subire (quand’anche ne venissero, con secoli di ritardo, a conoscenza). Senza nazione unitaria, senza lingua unitaria, la tesi dell’esistenza di una minoranza linguistica diventa difficile da dimostrare: di- venta affermazione di principio, teoria senza gambe. Allora, la strada che resta da percorrere è quella già indicata da Antonio Gramsci: la strada di un’autonomia regionale molto forte e radi- cale, nell’ambito dello stato italiano e della moderna nazionalità italiana; autonomia fondata sulla coscienza dei connotati distinti e peculiari del popolo sardo”99.
Sono concetti che daranno frutto negli anni avvenire, fino al 1995 di Passavamo sulla terra leggeri. Nel frattempo, su “Altair”, ancora attenzione alle tradizioni popolari e alle fiabe sarde, anco- ra musica e fumetti. Oltre alle recensioni librarie dedicate agli autori preferiti, che pure ritornano nel “periodico di attualità
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“Il popolo sardo (non popolazioni disgregate che solo casualmente convivono assieme in un determinato territorio, ma entità etnica ben precisa e distinta, che per un lunghissimo ordine di secoli ha avuto una vita in comune, tradizioni co- muni, etc.) non è diventato né nazione né stato unitario nel periodo storico in cui poteva, al pari di altri popoli europei, diventarlo”.
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culturale e di informazione bibliografica” “Nuove pagine”, dalla vita effimera (escono pochi numeri tra il 1981 e il 1982) ma comunque utile per ribadire gli interessi di Atzeni che anche di questa rivista era direttore responsabile e ne delineava la fisio- nomia.
Siamo ormai alla conclusione di una prima fase dell’attività giornalistica (la seconda comincerà nel 1986, quando avrà pubbli- cato il primo romanzo, e arriverà al 1995): restano soltanto da se- gnalare due articoli comparsi nel 1984, su “La Nuova Sardegna” l’uno, su “Ippografo” l’altro. Il primo è dedicato all’immagine di Cagliari nell’opera di D. H. Lawrence: “Ma la Cagliari di Lawrence è Cagliari per modo di dire: che per ventitré ore ha os- servato gli uomini e le case, senza parlare con nessuno, senza co- noscere la storia di quelle pietre, e con la testa zeppa di pensieri preparatori per il suo romanzo maggiore. Questa descrizione di Cagliari è amata da molti intellettuali cittadini, che ne citano brani in libri e articoli, compiacendosene. Ma è proprio vero, ad esempio, che i bambini della nobiltà cagliaritana, mascherati, mostravano «la vera, fredda superbia dell’antica noblesse»? Erano «fragili farfalle invernali» prive del «minimo dubbio sul fatto di rappresentare la classe più alta dell’umanità» e capaci di procede- re alteri e regali? Possono essere nati bambini così da una nobiltà come quella ispano-karalitana, quasi sempre pezzente, trafficona e priva di stile?”100.
Siamo anni luce lontani dalle rudimentali, e grevi, polemiche contro i podatari che ricorrevano sulle colonne de “L’Unità”; l’interpretazione politica ha perduto importanza e allo scrittore non è più richiesto un atteggiamento realistico: Atzeni difende il diritto del “delirio creativo e visionario” perché, prossimo al progetto e alla stesura dell’Apologo del giudice bandito, capisce, per esperienza personale, come Lawrence abbia potuto guardare
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S. ATZENI, Città e abitanti da delirio visionario, in “La Nuova Sardegna”, 20 agosto 1984.
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il mondo che aveva sotto gli occhi con la mente rivolta alle figu- re dei suoi romanzi.
Il secondo articolo, una recensione a La cultura spirituale di Babilonia di Hugo Winkler, merita almeno un cenno perché in esso si parla di un’opera che descrive “la visione del mondo di una civiltà arcaica e grandiosa”, una cultura spirituale basata sui principi della matematica e dell’astrologia, sull’ “abitudine alla trasmissione della conoscenza”. Il recensore mostra un profondo interesse per l’intreccio di religiosità e vita sociale che si esprime- va nell’antica Babilonia: “Gli Dei erano molti, e nuovi Dei pren- devano il posto di quelli vecchi, ma una sola e ben più grande era la causa dell’esistenza del mondo: il grande universo stellato che mostrava le sue leggi, ogni notte, ai sacerdoti che lo studiavano dalla cima delle ziggurat. In quella cultura la religione e la dottrina dominavano tutta la vita sociale. I sacerdoti leggevano l’universo per trarne il calcolo matematico, ma anche per profetare sul futu- ro, per dirigere la guerra e la pace, l’amministrazione e la rendita, la tradizione e la storia”101
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È il segno di un’attenzione, il primo manifestarsi di un’idea che arriverà a maturazione, e assumerà forma narrativa, nel ro- manzo Passavamo sulla terra leggeri. L’attività giornalistica sem- pre più appare legata all’elaborazione narrativa che sta per co- minciare, quando, addirittura, non ne rappresenti una necessaria premessa.