re nelle pagine della rivista “Ippografo”, allo stato delle ricerche non risulta che Atzeni abbia scritto per la stampa periodica nel corso del 1985.
Forse non senza motivo. Siamo, infatti, nella fase di stesura dell’Apologo del giudice bandito che verrà pubblicato nel 1986.
101
S. ATZENI, Hugo Winkler, La cultura spirituale di Babilonia, in “Ippografo”, 1984, a. III, n. 4.
Nello stesso anno Atzeni avvia un rapporto di collaborazione con “L’Unione sarda” che durerà fino al 1989. Ora è, per così dire, in una posizione di forza, il suo nome reso illustre dal suc- cesso ottenuto, lo stile apprezzato oltre misura dalla direzione del giornale. Gli viene assegnato uno spazio libero, una rubrica intitolata Tondo e corsivo della quale può disporre senza limita- zioni, ma la sua firma compare anche al di fuori di tale spazio. Difficile, in questa fase, individuare un criterio sotteso alla se- quenza degli articoli (non molti, invero).
Ancora recensioni di libri, naturalmente, con molto più spazio per la personale visione del recensore, finché il libro di- venta un mero pretesto per divagazioni sul tema; ancora de- scrizioni di quartieri popolari, ma staccate dalla cronaca e orientate verso il racconto. Compone brevissimi racconti, in- terviene su temi generali (ad esempio polemizzando a distanza con l’idea di futuro proposta da Ray Bradbury su “Il Corriere della sera”; non dimentica le fiabe, quelle raccolte da Afanasjev o Calvino, quelle che, partendo dalle più diverse tradizioni, ar- rivano nelle pagine dei Grimm, di Perrault, di Andersen, quelle che da tempo immemorabile si raccontano in Sardegna; non gli sfugge un romanzo di Peter Handke, Il cinese del dolo- re, il cui protagonista compie un breve soggiorno nei dintorni di Alghero. È l’occasione per ribadire i diritti della fantasia. “La Sardegna è un sogno degli europei, l’Europa è un sogno dei sardi; i confini fra realtà e fantasia sono labili, la soglia è sparita; ognuno ha bisogno di un altrove in cui vivere i suoi incubi, come ha fatto Andreas Loser, archeologo assassino. Il romanzo di Handke è bello, merita d’esser letto”102.
Nel complesso un insieme di articoli che non convincono appieno, quasi la rivincita di chi torna al proprio paese dopo es-
102
S. ATZENI, Anche la Sardegna negli incubi di Peter Handke, in “L’Unione sar- da”, 21 ottobre 1988.
Sergio Atzeni: a lonely man 93
sersi allontanato povero e sconosciuto e mostra con soddisfazio- ne il nuovo status.
Più sobrie e significative le recensioni che continua a inviare a “Ippografo”, periodico stampato dalla Cuec, piccola casa editrice alla quale sarà sempre legato (va almeno segnalata la nota del 1986, relativa a La scoperta della lentezza di Sten Nadolny).
Nel frattempo scrive per “Linea d’ombra” (tra l’altro, una doppia recensione dei romanzi L’oro di Fraus di Giulio Angioni e Procedura di Salvatore Mannuzzu) e per “Il Giorno”.
La collaborazione con “Il Giorno” si sviluppa nel 1989 e nel 1990 e non produce molti articoli. Ma è comunque interessante per il tono maturo con cui Atzeni si propone ai lettori di quel giornale, per la scelta dei libri da recensire (tra gli altri, la Storia notturna di Carlo Ginzburg, L’arte di tacere di Joseph Antoine Toussaint Dinouart, La saggezza del deserto di Thomas Merton, Knulp, Il bicchiere scrivente, Francesco d’Assisi di Hermann Hesse) e per l’attenzione che dedica a un romanzo di Cristoph Hein. Di Hein, tedesco dell’ex DDR, le Edizioni e/o pubblicano, nel 1989, La fine di Horn. Il libro non ha un grande successo, ma non sfugge all’occhio attento di Atzeni che ne parla in termini elogiativi. Apprezza l’impostazione strutturale del racconto, l’alternarsi di cinque voci narranti che offrono le diverse sfac- cettature di un’impossibile verità, la scrittura “lucida, asciutta, priva di svolazzi e narcisismi, opaca, magistrale” e conclude: “Un capolavoro. Che non avrà successo: non è facile, né fluviale, né divertente, né avventuroso, né consolatorio, né erotico. Ma non può mancare nella libreria di chi creda che la letteratura debba parlare. Parlare dell’uomo, del mondo, di Dio, in spirito di ve- rità, a occhi aperti, con cuore sanguinante”103
.
Siamo nel 1990. Nel 1991 Atzeni pubblica Il figlio di Baku- nìn. Presentando a Cagliari questo romanzo dichiara: “Il trucco
103
S. ATZENI, Un suicidio secco «made in Rdt», in “Il Giorno”, 27 maggio 1990.
de Il figlio di Bakunìn (che ho usato per motivi di carattere eco- nomico, nel senso che se non avessi usato quel trucco avrei do- vuto scrivere cinquecento pagine e per scrivere cinquecento pa- gine avrei impiegato quindici anni... e non esiste”, l’ho preso da uno scrittore tedesco”104.
Nessuno può dire chi sia questo scrittore tedesco. Forse pro- prio Cristoph Hein; o forse quell’affermazione Atzeni l’ha pro- nunciata solo per depistare l’attenzione di quanti lo incalzavano con domande troppo insistenti sulle sue ascendenze letterarie. Quel che testimonianze inoppugnabili sostengono è che, quan- do il romanzo di Hein è apparso in Italia, Il figlio di Bakunìn era già in lettura presso la casa editrice Sellerio e che i successivi ri- maneggiamenti intervenuti prima della pubblicazione non han- no riguardato la struttura del racconto. In tal caso dovremmo concludere che le parole della recensione dedicata a La fine di Horn sono una dichiarazione di poetica riferibile a Il figlio di Bakunìn, quasi che Atzeni avesse trovato ne La fine di Horn un’impostazione non molto dissimile da quella che aveva appena adoperato per la costruzione del suo secondo romanzo e salutas- se, quindi, con compiacimento il lavoro di Hein.
Certo è, comunque, che ancora una volta l’attività del gior- nalista si intreccia, e quanto strettamente, con quella dello scrittore.